per paoletta e cristina che si scambiamo informazioni per i gr - OK Olanda - Berlusconi - Algeria - Palestina -McDonald's

le notizie su cui ho dato ok le ho postate sopra o sotto quelle già inserite da te... PROPOSTA SOMMARIO: Italia marocchino in coma: c'è l'audio di frisullo , io tento di sentire il medico mc donalds day: adesso chiamo per vedere se è possibile fare audio - ho aggiunto napoli (da rivedere!) Fiat: notizie di agenzia, non trovo i numeri (boh, non capisco com'è andata)

Esteri: PALESTINA, HO DUE NOTIZIE DA hAREETZ: LE HO TRADOTTE CON ALTAVISTA, MA IL SENSO è CHIARO, QUINDI POSSO FARE IO (scusa il maiuscolo) Olanda: è postata sotto Spagna: concessa manifestazione dell'estrema destra a Bilbao, mentre il governo argentino dovrebbe votare a favore dei baschi

Iraq: le solite di agenzie, più queste tradotte

Palermo, 15:44 Fiat, rimosso blocco di operai ditta di Vicari

E' stato rimosso il blocco stradale lungo la strada statale 121 'Palermo-Agrigento' in prossimità del bivio 'Manganaro', attuato questa mattina dagli operai di una ditta di Vicari dell'indotto che fornisce componenti auto per lo stabilimento Fiat di Termini Imerese. La circolazione è ripresa regolarmente, regolata dalle pattuglie della polizia stradale che presidiano la zona.

Bruxelles, 15:14 Olanda, premier annuncia dimissioni governo

Il premier olandese Peter Balkenende ha annunciato oggi al Parlamento che presenterà le dimissioni del suo governo alla Regina Beatrice. (red) All'origine della caduta del governo di centrodestra guidato dal democristiano Balkenende vi e' lo scontro, che si protrae ormai da settimane, fra il vicepremier e ministro della sanita', Eduard Bomhoff, e il ministro dell'economia Herman Heinsbroek, entrambi del partito populista Lista Pim Fortuyn. La ragione della guerra fra i due e' la lotta per la leadership della formazione creata dal nulla da Fortuyn, che e' stato assassinato il 6 maggio scorso. Dopo le elezioni del 15 maggio, la Lista Fortuyn e' andata al potere assieme agli altri due partiti che sostengono la coalizione di governo, i democristiani del Cda e i liberali del Vvd.

Mosca, 15:07 Iraq, Berlusconi per la doppia risoluzione

Per Silvio Berlusconi occorre "prendere pragmaticamente" atto che la risoluzione che l'Onu si accinge ad approvare sull'Iraq non potra' contenere alcun riferimento, neppure implicito, all'eventuale uso della forza. In una conferenza stampa all'ambasciata italiana a Mosca, tenuta dopo la colazione di lavoro con il presidente russo Vladimir Putin al Cremlino, il presidente del Consiglio ha ribadito che "sul piano pratico" l'Italia avrebe ritenuto "piu' opportuna" una risoluzione unica, come auspicato dagli Stati Uniti. "Le cose sono andate pero' in una direzione tale per cui oggi, con realismo, bisogna dire che non c'e' alternativa alle due risoluziloni, vista la posizione di Cina, francia e Russia", ha spiegato. Il premier ha detto comunque di ritenere che "non vi siano ormai in Iraq armi di distruzione di massa perche' c'e' stato il tempo per la loro distruzione o riallocazione" da parte del regime di Saddam Hussein.Penso quindi - ha aggiunto - che ci siano buone possibilita' che ci siano ispezioni approfondite, senza condizionamenti, e che i risultati possano essere positivi per tutti. Se invece gli ispettori Onu dovessero rilevare inadempienze da parte irachena, ha rilevato ancora il premier, sara' facile ricorrere a una nuova risoluzione Onu che potra' anche consentire l'intervento armato

Baghdad, 13:58 Iraq apre la porta a eventuale nuova risoluzione Onu

Il numero due del regime iracheno Izzat Ibrahim ha detto che "c'è un accordo dettagliato sul lavoro degli ispettori (preso) con il segretario generale dell'Onu (Kofi Annan); se il consiglio di Sicurezza approva una risoluzione che contraddice quell'intesa noi decideremo di conseguenza". Le parole di Ibrahim, che è vicepresidente del consiglio del comando rivoluzionario, la massima istanza decisionale e politica irachena, suonano in contrasto con quelle rilasciate da altri esponenti del regime, che nei giorni scorsi avevano bocciato senza appello la possibilità che Baghdad potesse collaborare con le indicazioni di una nuova risoluzione dell'Onu.

Ibrahim si è comunque augurato che i paesi vicini all'Iraq in seno al consiglio di Sicurezza riescano a far arenare i propositi di Usa e G.B.. E pur augurandosi che non si giunga a uno scontro aperto, ha assicurato che l'Iraq combatterà con ogni sua forza. (red)

Milano, 13:57 Fiat, assemblea Arese contesta rappresentante Fim-Cisl

Nel corso dell'assemblea dei lavoratori Fiat di Arese è stato fortemente contestato il rappresentante della Fim-Cisl regionale Nicola Alberta. Durante il suo intervento, durato circa un quarto d'ora, Albertaè stato ripetutamente sommerso di fischi e la sua voce è stata più volte coperta dal rumore dei campanacci abitualmente usati per le manifestazioni operaie. Alberta è stato l'unico ad essere contestato dall'assemblea, tenuta fuori dai cancelli dello stabilimento di Arese, alla quale sono intervenuti anche esponenti di Alleanza nazionale e della Lega, applauditi durante i loro interventi. I contestatori hanno più volte rivolto ad Alberta l'invito a non parlare più rimproverando alla sua organizzazione sindacale di aver firmato il Patto per l'Italia con il governo.

"Ciò che ora conta - ha detto Alberta dopo l'intervento - è difendere i lavoratori e il polo produttivo. Sono deluso, sul piano personale, ma gli obiettivi sono comuni. Noi siamo contro nuove forme di assistenza agli Agnelli che devono invece mettere risorse per uscire da questa situazione". (red)

Roma, 13:21 Fiat, domani incontro governo-sindacati

Governo e sindacati si intreranno domani pomeriggio, giovedì, per discutere sulla crisi della Fiat. Nella riunione, convocata a Palazzo Chigi, le parti si limiteranno a una "verifica" della situazione, ha spiegato il sottosegretario al Welfare Maurizio sacconi: "Non siamo in una fase negoziale - dice Sacconi - ma di verifica della situazione attuale. Stiamo acquisendo tutti gli elementi e per questo è in calendario l'incontro con sindacati; vogliamo acquisire l'opinione di tutte le parti". (red)

Algérie: quinze personnes tuées dans deux attaques islamistes

Tredici persone sono state assassinate e una e' stata ferita la notte scorsa da un commando di integralisti islamici a Bukaat El Hajaji, nella regione di Chlef, 210 chilometri ad ovest di Algeri. Lo hanno reso noto i servizi di sicurezza citati dall'agenzia algerina Aps. Non si conoscono l'identita' delle vittime e le circostanze della strage, per la quale si sospetta il gruppo islamico armato (Gia) di Rashid Abu Turab, attivo nella regione di Chlef e in tutto l'ovest dell'Algeria. Si tratta della seconda strage di civili a Chlef negli ultimi 15 giorni. Il 1/o ottobre scorso, 13 persone sono state assassinate da una 'falange' (katibat) del Gia nella stessa zona. Le violenze legate ai gruppi integralisti armati hanno causato 49 morti dall'inizio del mese e oltre 1.100 vittime dall'inizio dell'anno, secondo un conteggio effettuato sulla base di notizie di stampa e di comunicati ufficiali. I sanguinosi attacchi contro i civili sono imputati al Gia e al Gruppo salafista per la predicazione e il combattimento (Gspc) di Hassan Hattab. I due movimenti rivali si oppongono alla politica di concordia nazionale inaugurata dal presidente Abdelaziz Buteflika dopo la sua elezione nell'aprile 1999.

Quinze personnes, dont treize enfants, ont été tuées dans la nuit de mardi à mercredi par des groupes islamistes armés dans la région de Chlef (200 km à l'ouest d'Alger), ont indiqué les services algériens de sécurité. Treize enfants ont été assassinés et un blessé par un groupe islamiste armé dans l'école coranique du douar isolé de Boukaat El Hadjadj, selon cette source. Un enfant, qui a essuyé des tirs du groupe armé, a réussi à s'échapper, ont ajouté les services de sécurité, précisant que l'intervention de civils armés avait évité un bilan plus lourd. Deux personnes, dont l'âge et le sexe n'ont pas été précisés, ont aussi été égorgées à Guentra Zerga, près d'Ouled Ben Abdelkader, par un autre groupe armé, selon la même source. Dans la même région, treize personnes avaient été assassinées le 1er octobre par un groupe islamiste armé à Oued Chorfa. Dans ce secteur opèrent des éléments du Groupe islamique armé (GIA) qui rejette la politique de réconciliation nationale du président Abdelaziz Bouteflika. En outre, cinq militaires ont été tués et cinq blessés mardi par l'explosion de plusieurs bombes dans les maquis de Theniet El-Abed près de Batna (430 km au sud-est d'Alger) dans les Aurès, selon le quotidien Er-Raï paru mercredi. Deux organisations armées, hostiles à la politique de réconciliation nationale du président Abdelaziz Bouteflika, poursuivent leurs attentats et tueries: le GIA de Rachid Abou Tourab, actif près d'Alger et dans l'ouest du pays, et le Groupe salafiste pour la prédication et le combat (GSPC) d'Hassan Hattab, présent dans l'est et la Kabylie. Rachid Abou Tourab avait succédé à la tête du GIA à Antar Zouabri, tué le 8 février par l'armée à Boufarik (35 km au sud d'Alger). Il avait affirmé qu'il poursuivrait la ligne radicale de son prédécesseur et "égorgerait sans répit". Au cours des trois derniers mois, la plus meurtrière des attaques islamistes avait fait 38 morts et des dizaines de blessés, lorsqu'une bombe avait explosé le 5 juillet, jour anniversaire de l'indépendance de l'Algérie, sur un marché à Larbâa (20 km au sud d'Alger). Vingt-six personnes avaient aussi été massacrées par le GIA, le 15 août, à Archoun dans la région de Chlef. Depuis le début d'octobre, au moins 56 personnes ont été tuées en Algérie dans des violences impliquant des groupes armés, et près de 1.200 depuis le début de l'année, selon un décompte établi d'après des bilans officiels et de presse. Depuis le début des violences des groupes armés en Algérie, en 1992, plus de 100.000 personnes ont été tuées, selon un bilan officiel, plus de 150.000, selon des partis d'opposition et la presse.

AFP | 16.10.02 | 15h44 Israël dit avoir en partie quitté Hébron, les Palestiniens démentent

L'esercito israeliano, dietro ordine del ministro della Difesa Benjamin Ben-Eliezer, sta preparando lo smantellamento di due insediamenti illegali in Cisgiordania. Le operazioni sono però ostacolate dalla protesta di centinaia di coloni che stanno cercando di bloccare il lavoro dei militari. Secondo il portavoce dei coloni, Yehoshua Mor-Yosef, oggi è previsto lo smantellamento dell'insediamento di Havat Gilad, localizzato nei pressi della cittadina palestinese di Nablus. Il secondo insediamento illegale è quello di Givat Asaf, che si trova poco fuori Ramallah. Entrambi gli insediamenti sono costituiti da poche case mobili situate su aride colline. L'iniziativa di smantellare le colonie ebraiche nei Territori non esprime la reale volontà del governo israeliano di mettere fine alle operazioni illegali di insediamento, quanto le difficoltà dell'esercito israeliano di arrivare a proteggere le enclave più nascoste dal rischio di agguati palestinesi. E' l'opinione espressa dal ministro per l'Informazione dell'Autorità Nazionale Palestinese, Abed Rabbo, dopo l'annuncio dell'imminente evacuazione delle colonie abusive di Havat Gilad e Givat Asaf, in Cisgiordania. "Non si tratta di una posizione di principio, non è una decisione intrapresa (dal governo israeliano) contro le attività di insediamento" ha dichiarato Rabbo. Oltre 200.000 israeliani vivono sparsi in circa 150 insediamenti fra la Striscia di Gaza e la Cisgiordania, una zona abitata da oltre 3 milioni di palestinesi. Sharon, proprio con l'inizio dello smantellamento degli insediamenti, decide di aggiungerne un altro: Si dedicheranno all'agricoltura biologica i circa 200 agricoltori che faranno parte del primo insediamento formato unicamente da ebrei neri che il primo ministro israeliano Ariel Sharon si appresta ad approvare. Gli agricoltori, tutti cittadini statunitensi che si trovano in Israele come 'residenti temporanei', lavoreranno in una zona vicino a Ketsiot nel deserto del Neghev. Di ebrei americani neri, Israele ne conta tra i tre e i quattromila e il progetto di agricoltura biologica e' destinato ad allargarsi nel tempo per poter ospitare tutta la comunita' di colore che vive a Dimona. I membri della comunita', per lo piu' ultraortodossi animati da uno spirito messianico, non sono riusciti ad ottenere la cittadinanza israeliana ma stanno ora lottando perche' questa venga riconosciuta in futuro ai loro figli che nasceranno nell'insediamento agricolo. I primi neri ebrei americani giunsero in Israele negli anni '70

Un ministre israélien a affirmé que l'armée israélienne avait commencé à se retirer des secteurs autonomes palestiniens réoccupés dans la ville d'Hébron (sud de la Cisjordanie), mais les Palestiniens ont catégoriquement démenti mercredi l'existence d'un tel retrait. Cette controverse est survenue alors même que le Premier ministre israélien Ariel Sharon s'apprêtait à rencontrer dans la journée à la Maison Blanche le président américaine George W. Bush. "Franchement, il n'y a pas du tout de retrait d'Hébron. Le blocus est toujours maintenu", a affirmé le dirigeant palestinien Saëb Erakat en réaction aux propos tenus la veille par le chef de la diplomatie israélienne, Shimon Peres, qui avait affirmé que l'armée israélienne avait "déjà partiellement quitté Hébron". "Nous n'avons pas réoccupé les villes palestiniennes (de Cisjordanie) pour y rester indéfiniment", avait ajouté M. Peres. Selon M. Erakat, M. Peres a tenu ces propos en raison des entretiens de M. Sharon à la Maison Blanche, les Etats-Unis attendant de l'Etat hébreu qu'il prenne des mesures pour améliorer le sort des Palestiniens, et en raison de la réunion prévue jeudi à Paris des membres du Quartette sur le Proche-Orient (Etats-Unis, UE, Russie et ONU). Sur place, une journaliste de l'AFP a constaté mercredi qu'il n'y avait pas de changement visible dans le dispositif de l'armée israélienne à Hébron. Un porte-parole militaire a indiqué pour sa part que "l'armée a depuis plusieurs jours levé le couvre-feu sur le secteur autonome d'Hébron et ne se trouve donc plus sur place (...) Il n'y a pas de redéploiement en cours de nos forces sur place, hormis des mouvements opérationnels ponctuels". D'autre part, l'armée a annoncé qu'elle levait pour la journée le couvre-feu dans les villes palestiniennes autonomes de Cisjordanie où il est encore en vigueur : Jénine, Naplouse, Ramallah et Tulkarem. A la suite de deux attentats suicide meurtriers à Jérusalem, l'armée israélienne avait réoccupé en juin toutes les grandes villes autonomes palestiniennes de Cisjordanie, hormis Jéricho. Elle s'est retirée de Bethléem le 19 août à la suite d'un accord avec les Palestiniens, et le ministre de la Défenseisraélien, Binyamin Ben Eliezer, a indiqué mardi que l'armée quitterait la partie autonome d'Hébron d'ici à dimanche "si les conditions le permettent". Dans le nord de la Cisjordanie, un millier de colons ont empêché mercredi matin le démantèlement prévu du point de colonisation sauvage de Havat Gilad, près de Naplouse, selon une correspondante de l'AFP. Les colons, en majorité des jeunes qui ont passé toute la nuit sur place, se sont livrés à des actes de violence contre des journalistes, brisant leur matériel à coups de pierres, endommageant des véhicules et frappant une photographe travaillant pour une agence photo étrangère. Havat Gilad est l'un des deux points d'implantation sauvage qui étaient censés être démantelés ce mercredi, selon la radio publique, l'autre étant Givat Assaf, près de Ramallah. Ces deux colonies sauvages figurent sur une liste de vingt-quatre implantations habitées créées sans l'autorisation des autorités que M. Ben Eliezer s'est engagé à démanteler. Aux yeux de la communauté internationale, toutes les colonies juives installées dans les territoires palestiniens occupés sont illégales. Selon le ministère de la Défense israélien, dix-sept points d'implantation sauvage inhabités ont été récemment démantelés en douceur. D'autre part, Israël était dans l'expectative avant l'inauguration prévue dans la journée au Liban sud d'une station de pompage des eaux du Ouazzani, une des sources qui alimentent le lac de Tibériade, principal réservoir d'eau douce de l'Etat juif.

Saddam Hussein organise son triomphe pour défier George Bush

• LE MONDE | 16.10.02 | 11h24

Tikrit (nord de l'Irak) de notre envoyé spécial

La question posée, mardi 15 octobre, aux douze millions d'électeurs irakiens était simple : "Acceptez-vous la candidature de M. Saddam Hussein au poste de président de la République d'Irak ?" Il leur suffisait de répondre par "oui" ou par "non", en cochant l'une des deux cases prévues à cet effet, puis de glisser leur bulletin dans l'urne.

Lors du premier référendum du genre, en 1995, celui que la télévision appelle si souvent le "leader adoré", avait obtenu 99,96 % d'avis positifs. Un score difficile à battre. Sauf en Irak. Mercredi matin, Ezzat Ibrahim, numéro deux du régime et président de la commission électorale, en a fait la démonstration. La participation était de "100 %" et "le président Saddam Hussein, que Dieu le garde, a remporté 100 % des voix". "La participation a été absolue et le oui a été absolu", concluait-il.

Une aubaine dans le contexte actuel. Le régime, en tout cas, n'aura pas ménagé ses efforts en matière de propagande. Plusieurs centaines de journalistes étrangers avaient été conviés à assister au vote. Le ministère irakien de l'information, maître d'œuvre de l'opération et interlocuteur incontournable pour la délivrance des visas, avait fortement insisté pour prendre en charge une partie de leurs frais d'hôtels. A l'approche du grand jour, chacun d'entre eux avait reçu divers documents : une photo du président, douze autocollants à sa gloire, un texte sur "l'arrogance américaine", un livret sur l'embargo... Et aussi une brochure en couleur où l'on pouvait lire cette vérité : "La démocratie est un droit." Il ne restait plus qu'à en juger sur le terrain.

Deux heures de route, en filant vers le nord, et voilà Tikrit, la ville natale du candidat unique. Une bourgade de dix mille habitants, située dans une zone semi-désertique. En périphérie, dans les rares oasis de verdure, on devine de belles demeures à colonnades et escaliers de marbre. Saddam est, paraît-il, généreux avec les notables des environs ; il sait les récompenser de leur fidélité. Le centre-ville est beaucoup plus modeste, mais tout aussi acquis à la cause de l'enfant du pays. Les gamins arborent des T-shirts à son effigie, les échoppes sont décorées de banderoles.

"WE LOVE YOU SADDAM"

A l'école primaire de Darek Khatar, transformée en bureau de vote, la démocratie à l'irakienne prend toute sa mesure. Deux isoloirs ont bien été entreposés dans la cour de récréation, mais nul n'osera les utiliser. Ici, la case "oui" se coche au grand jour, et souvent devant témoins. L'endroit n'en manque pas. Comme dans tous les bureaux de vote d'Irak, il y a là des cadres du parti Baas, des militants zélés, des fonctionnaires chargés de veiller aux listes électorales. Tous s'assurent que chaque citoyen de plus de 18 ans a fait son devoir, tout son devoir. "On a pas encore vu un seul non !", se réjouit un étudiant. Il n'y en aura pas : les 100 % sont garantis. Avant même le dépouillement - rapide, car les bulletins sont rarement pliés et la loi ne prévoit aucune enveloppe. L'heure est donc à la fête.

Les visiteurs étrangers ne sont pas accueillis en observateurs sceptiques, mais en hôtes de marque. Que des journalistes franchissent la porte avec le chef local du parti Baas et une mécanique bien rodée se met en route dans une ambiance de kermesse... Les femmes voilées se mettent à chanter "oui, oui, oui à Saddam". Les anciens frappent des mains en scandant "Saddam nous sommes fiers de ton nom !". Puis c'est la distribution de bonbons, de badges, d'autocollants du "leader adoré". Et voilà bientôt que des enfants, des dizaines de gosses au sourire facile, débarquent à leur tour au rythme de la trompette et du tambour. Un homme les précède, un moustachu au regard fou. Il tape des pieds en hurlant "we love you Saddam Hussein, we love you Saddam Hussein". Et la foule reprend "we love you Saddam Hussein !".

L'aiment-ils tant que ça ? A Tikrit, sans doute, où la ferveur confine au conditionnement. Mais pas ailleurs. Malgré un contrôle très puissant de la société et un sens toujours aussi aigu de la mise en scène, le régime peine à cacher la réalité. Seules l'hostilité à l'administration américaine et l'exaltation du sentiment nationaliste trouvent encore un écho réel dans la population. A l'exception d'une minorité de fidèles, mobilisés pour fêter la victoire dès mardi soir dans les rues de la capitale, la plupart des Irakiens ont vécu ce référendum comme un énième exercice imposé.

Philippe Broussard


Les raids aériens s'intensifient dans le Sud

Avec un nouveau bombardement, mardi 15 octobre, de la base de Kut al-Havy, à 160 km au sud-est de Bagdad, les Américains et les Britanniques semblent s'acharner, depuis la mi-septembre, contre les centres de commandement de la défense aérienne dans le sud de l'Irak, et non plus sur les seuls sites de missiles sol-air. Outre celles de Kut al-Havy, les installations les plus visées sont celles de Bassorah, Al-Amarah et de Tallil, cette dernière, à 260 km au sud-est de la capitale irakienne, ayant été touchée pour la sixième fois consécutive.

Depuis la fin août, on dénombre 23 raids alliés dans le sud du pays et aucun dans le nord. Le choix des cibles donne à croire que le Pentagone prépare le terrain à une éventuelle expédition des forces terrestres américaines, si George W. Bush le décide. En neutralisant le réseau des centres de commandement, les frappes actuelles aboutissent à frayer un accès du territoire irakien à des actions de commandos héliportés chargées de traquer, en priorité, les missiles mobiles de Saddam Hussein. - (AFP., AP.)


La crise du modèle McDonald's

Sacchetti di immondizia ed un cassonetto davanti all'ingresso del McDonald's di via Luigi Sanfelice, nel centro di Napoli, scritte tracciate a terra con la bomboletta spray, ed uno striscione con l'invito a generalizzare lo sciopero. Cosi' i no Global hanno celebrato a Napoli la giornata mondiale di mobilitazione dei lavoratori dei McDonald's. Una ventina di aderenti al movimento ha occupato poco dopo le 12 l'ingresso del locale, senza impedire l'accesso alla clientela, e vi ha collocato un cassonetto dell'immondizia e sacchetti di spazzatura. A terra sono state tracciate scritte rosse con bombolette spray ed e' stato aperto uno striscione con la scritta Generalizziamo lo sciopero. La protesta e' durata circa mezz'ora ed e' terminata quando in via Sanfelice e' sopraggiunto il corteo dei disoccupati del Coordinamento di lotta per il lavoro, di Edn e degli autorganizzati di Acerra, diretto alla giunta regionale. Stamattina i no global hanno attuato un'altra protesta ad un call center della Cosmed, che lavora in outsourcing per conto di alcune compagnie telefoniche. Prima e' stato organizzato un presidio davanti agli uffici della societa', all'isola F 2 del Centro direzionale, poi un gruppo di no global e' entrato negli uffici distribuendo volantini con la scritta rivendichiamo i diritti, generalizziamo lo sciopero e scandendo slogan contro il lavoro interinale e precario con un megafono. L'azione e' durata una ventina di minuti ed ha avuto lo scopo - ha spiegato un portavoce della rete no global di sottolineare la condizione dei lavoratori atipici, che non possono aderire allo sciopero indetto dalla Cgil per il 18 ottobre. Per la giornata di sciopero i no global annunciano una serie di azioni a sostegno dei lavoratori atipici.

• LE MONDE | 15.10.02 | 11h14

• MIS A JOUR LE 15.10.02 | 11h43

C'est tous les ans le même rituel. Chaque 16 octobre, le groupe américain McDonald's fait l'objet d'une campagne de protestation. L'entreprise, qui sert 46 millions de repas par jour sur la planète, est prise à partie, essentiellement aux Etats-Unis et en Australie, par un assemblage hétéroclite d'opposants : partisans antimondialisation, végétariens, défenseurs des animaux, etc.

La manifestation 2002 intervient, pour l'entreprise, dans un contexte délicat. La chaîne de restaurants est au creux de la vague boursière. Son cours a baissé de plus de 32 % depuis le début de l'année. Un niveau jamais atteint depuis sept ans. Les performances boursières du leader américain sont, depuis mi-septembre, en deçà de celles de l'indice Standard & Poors, qui réunit les principales chaînes de restaurants américaines. Le 27 septembre, l'agence de notation financière Moody's a évoqué une possible dégradation de la note financière du groupe.

Que se passe-t-il ? McDonald's, qui emploie 395 000 salariés dans 121 pays, est toujours le leader mondial de la restauration rapide. Sur les cinq dernières années, l'entreprise a fait passer son nombre de restaurants d'environ 20 000 à près de 30 000, en doublant notamment sa présence en Amérique du Sud et en Asie. Mais cette croissance effrénée n'a pas réussi à doper ses profits ni à compenser l'essoufflement de son marché historique, les Etats-Unis. Ce qui constitue pour McDonald's un problème de taille : l'entreprise y réalise 60 % de son résultat d'exploitation.

En 2001, la chaîne de restaurants a enregistré une croissance de 4,4 % de son chiffre d'affaires, à 14,8 milliards de dollars (15 milliards d'euros), mais cette hausse est principalement venue des pays émergents. Le profit, lui, s'est érodé de 17 %, mis à mal notamment par des mesures de réorganisation aux Etats-Unis. Depuis janvier 2002, la situation ne s'est pas arrangée : les profits ont reculé de 8 % au premier semestre, et les ventes mondiales n'ont progressé que de 2 % sur la période janvier- août 2002 par rapport à 2001.

L'Europe aussi, pour le groupe, est décevante. Seule la France tire la croissance sur le Vieux Continent, alors que l'Allemagne et le Royaume-Uni sont à la peine. Sans parler des pays latins, comme l'Espagne et l'Italie, qui ont du mal à s'enflammer pour le hamburger. La situation est telle que Jack Greenberg, le PDG de l'entreprise, à dû prévenir les marchés, mi-septembre, que l'année 2002 "devrait pâtir de ventes plus faibles que prévu au cours de l'été aux Etats-Unis et en Europe".

Un autre problème est venu s'ajouter à la liste : McDonald's est poursuivi devant la justice américaine, avec trois concurrents, par un client obèse, qui les accuse de vendre une nourriture trop grasse. Le groupe a répliqué en annonçant, début septembre, qu'il allégeait l'huile de ses frites.

Depuis son arrivée à la tête de l'entreprise, en avril 1998, le PDG a multiplié les plans pour doper la machine McDonald's. A l'international, il a voulu prouver que l'entreprise était "multi-locale", et la chaîne s'est adaptée aux goûts nationaux : gaspacho en Espagne, salades en France... L'image de l'entreprise s'est adoucie, notamment en abandonnant, dans certains endroits emblématiques, ses violentes couleurs rouge et jaune.

Mais le PDG tarde à trouver des solutions efficaces aux Etats-Unis, où l'entreprise, omniprésente, ne voit plus évoluer ses 43 % de part de marché. Le groupe a lancé, en 1999, un plan d'ampleur intitulé "Made for You" pour proposer des hamburgers "sur mesure". En 2001, il a également élargi sa gamme de recettes (près du double de celles proposées en France).

Pourtant, cela a juste suffi à stabiliser le chiffre d'affaires par restaurant. L'université du Michigan, qui mesure la satisfaction des consommateurs américains, a placé, en 2001, la chaîne McDonald's derrière ses deux principaux concurrents, Wendy's et Burger King, notamment à cause de l'attente aux caisses et de la différence entre ce que l'on a dans l'assiette et ce qui est représenté sur les photographies. Pour mieux contrôler le réseau de restaurants franchisés, Jack Greenberg a intensifié en 2002 son réseau de "clients mystères", qui viennent vérifier la qualité, la propreté et la rapidité du service. Près de 200 000 visites seront réalisées d'ici à la fin de l'année. Des efforts qui semblent porter leurs fruits : un nouveau sondage sur la qualité de service, publié par le magazine américain QSR, en octobre 2002, a fait passer McDonald's de la 10e place du classement à la 4e en un an.

Jack Greenberg continue à multiplier les annonces : mi-septembre, il a expliqué qu'il allait freiner l'ouverture de nouveaux restaurants aux Etats-unis et comptait investir entre 300 et 400 millions de dollars dans les restaurants américains, qui sont vieillissants. L'entreprise vient même de s'offrir les services du milliardaire Donald Trump, pour faire la promotion de burgers à 1 dollar.

La problématique McDonald's pourrait être comparée à celle du groupe américain Coca-Cola. Après avoir imaginé un concept mondial efficace, copié par de multiples concurrents, le groupe doit désormais trouver de nouveaux relais de croissance. McDonald's a dans ses cartons quatre projets mais, pour l'instant, ces activités de diversification représentent moins de 1 % dans le chiffre d'affaire mondial.

La chaîne de pizzas Donato's (200 points de vente aux Etats-Unis) devrait arriver en novembre en Allemagne. L'enseigne Tex Mex Chipotle (200 restaurants) "devrait en ouvrir 200 supplémentaires aux Etats-Unis", précise Denis Hennequin, PDG de McDonald's France. Les cafétérias Boston Market (650 restaurants), spécialisées dans le poulet, sont désormais bénéficiaires. Enfin, la chaîne britannique de sandwich "Prêt à manger", dont McDonald's détient le tiers du capital, a ouvert 8 restaurants à New York, 2 à Hongkong et un au Japon.

Par ailleurs, l'entreprise est en train de tester, dans l'Indiana, un nouveau concept, le "dîner", inspiré des restaurants des années 1950, décorés avec du Skaï. Six implantations sont déjà prévues dans les douze prochains mois. McDonald's s'interroge : le groupe doit-il, pour accélérer le développement de ces enseignes, utiliser son réseau de franchisés, qui gèrent 80 % de ses restaurants ?

En 1999, Jack Greenberg annonçait : "Le pire est derrière nous." Mais les résultats décevants alimentent depuis plusieurs mois des rumeurs sur son départ. Il vient d'annoncer que le plan de renouveau "prendrait un certain temps avant de se voir dans les comptes". Le temps demeure un luxe dans le secteur de la restauration rapide.

Laure Belot

• ARTICLE PARU DANS L'EDITION DU 16.10.02

"La commissione è neutrale tra proprietà privata e pubblica e non ha nessun pregiudizio né favorevole né contrario all'uno o all'altro settore. Tuttavia dobbiamo vegliare a che qualsiasi intervento pubblico, eventuale, sia rispettoso delle regole di concorrenza". Monti, accettando di rispondere a una domanda sulla Fiat in una conferenza stampa indetta su altro tema ha sottolineato il criterio guida della Commissione: eventuali interventi si sostegno dello Stato a Fiat Auto devono ispirarsi ai principi della concorrenza fra privati.

"In un caso ipotetico di uno Stato, supponiamo l'Italia, che acquista una partecipazione o conferisca una partecipazione nel capitale di una società - ha spiegato Monti - è necessario che questo intervento sia guidato da solidi principi economici".

Il commissario Ue alla concorrenza ha ribadito "il principio dell'investitore privato: se lo Stato agisce nello stesso modo in cui un normale investitore in economia di mercato agirebbe, allora c'è intervento dello Stato ma non c'è aiuto dello Stato". Monti ha sottolineato l'importanza della partecipazione di soggetti privati in una operazione su Fiat: "Uno dei modi importanti per determinare se uno Stato agisce o meno in relazione al principio dell'investitore di economia di mercato quando impegna risorse in una società - ha concluso Monti - è di controllare se azionisti privati prendono anch'essi un simile impegno".

161002 (last edited 2008-06-26 09:52:36 by anonymous)