GR ORE 13.00

Esteri

Palestina

Ad al Beit al Bahar, la Casa sul Mare residenza estiva del re di Giordania Abdallah, sono in corso gli incontri bilaterali tra il presidente americano George W. Bush e i premier israeliano Ariel Sharon e palestinese Abu Mazen. Sul tavolo, gli impegni che ogni parte è disposta a prendere nell'attuazione della prima fase della Roadmap. Che nella sua ultima fase prevede la nascita di uno Stato palestinese, come ripetuto alla Abc dal segretario di Stato americano Colin Powell. "Non dovranno agire come noi riteniamo opportuno, bensì come prevede la roadmap per cominciare ad avviarsi verso due Stati che coesistano in pace", spiega Powell alludendo a Sharon e Abu Mazen. "Quando il Presidente dice che è disposto ad assumersi un impegno -dice ancora Powell- è proprio quello che intende dire, e nel corso della sua amministrazione lo già dimostrato. Non sto parlando di fare una telefonata o due -sottolinea il Segretario di Stato americano- ma di impegnarsi personalmente, con determinazione, con le parti in causa e di chiedere ai leader arabi di fare altrettanto, proprio per non perdere questa opportunità". "Credo -spiega Powell- che il fatto stesso che il Presidente sia arrivato qui dimostra il suo impegno in questo processo". Sono 17 gli insediamneti nei Territori che il premier Ariel Sharon è disposto a sgomberare come prova di buona volontà nell'avvio della Roadmap. Lo rivela il presidente della Knesset, il Parlamento israeliano, Reuven Rivlin, dello stesso partito di Sharon, in un'intervista al quotidiano Haaretz, che sostiene che nel vertice di oggi con Bush e Abu Mazen ad Aqaba Sharon ribadirà che è necessario garantire la "contiguità" delle varie aree autonome palestinesi in Cisgiordania. Sharon, secondo Rivilin, "è giunto alla conclusione che bisogna sgomberare un certo numero di colonie per consentire ai palestinesi di spostarsi senza passare attraverso le nostre zone". "Già nei colloqui avuti a suo tempo con l'allora premier laburista Ehud Barak - rivela Rivilin - Sharon giunse alla conclusione che dovrebbero essere sgomberate 17 colonie". "Il loro sgombero - prosegue Rivlin, nella intervista a Haaretz - è necessario per stabilizzare un cammino verso un qualche genere di accordo. Oggi in Cisgiordania ci sono cantoni. Questi cantoni dovranno essere uniti, allacciati. Per realizzare questa operazione, bisognerà colpire gli insediamenti ebraici. E dunque obbligatoria la rimozione di 17 colonie". Nella intervista, Rivlin non elenaca i nomi degli insediamenti che dovrebbero essere sgomberati.

Francia

Une forte explosion s'est produite, mercredi 4 juin en fin de matinée, dans un immeuble du 2e arrondissement de Paris, 2 rue d'Uzès, provoquant plusieurs victimes. Le bâtiment s'est effondré.

Le plan rouge a été déclenché. Ce plan permet, en cas de catastrophe ou événement occasionnant un grand nombre de victimes, de déclencher l'ensemble des secours d'urgence pour l'accueil des victimes en extérieur, mettant en œuvre les sapeurs-pompiers, les SAMU (Service d'aide médicale urgente), les SMUR (Service médical d'urgence et de réanimation) ainsi que les services de police et/ou de gendarmerie pour la sécurisation ou l'assistance aux secours.

Cina

Des proches des victimes du massacre de Tiananmen, qui avait fait des centaines de victimes, se sont rendus, mercredi 4 juin, dans les cimetières de la capitale chinoise pour honorer la mémoire de leurs morts et marquer l'anniversaire du mouvement étudiant, le 4 juin 1989. Si, pour bon nombre de Chinois occupés à s'enrichir, le "printemps de Pékin" n'est plus qu'une lointaine histoire, quatorze ans plus tard, les proches des victimes, eux, ont du mal à pardonner et encore plus de mal à oublier.

"Cela ne quitte pas ma mémoire. Un grand nombre de personnes n'oublieront jamais cet événement", explique une femme de 65 ans, ingénieur des communications à la retraite, dont le fils cadet, Wang Nan, avait 19 ans lorsqu'il a été tué place Tiananmen. "Il faut que les assassins soient punis. L'aveu d'une culpabilité est une condition indispensable au pardon", estime cette femme, l'une des vingt "mères de Tiananmen" qui ont écrit en mai aux nouveaux dirigeants chinois pour demander l'ouverture d'un dialogue afin que le gouvernement réévalue sa position sur les événements de 1989.

Cependant, le gouvernement continue de considérer le mouvement étudiant du "printemps de Pékin" en faveur de la démocratie comme une rébellion contre-révolutionnaire destinée à renverser le Parti communiste, et persiste à penser que le recours à l'armée était justifié. Selon lui, il n'y a pas lieu de revenir sur cette position.

Le nouveau gouvernement chinois, avec à sa tête le président Hu Jintao et le premier ministre Wen Jiabao, s'inscrit donc dans la continuité en refusant toute révision, si ténue soit-elle, du verdict officiel justifiant le massacre ayant fait plusieurs centaines de morts par la "nécessité de la répression des troubles révolutionnaires". "Le comité central du Parti communiste a statué sur les troubles politiques survenus à la fin des années 1980. Ses conclusions ne changeront pas", a déclaré la semaine dernière la porte-parole du ministère des affaires étrangères, Zhang Qiyue.

DES DIZAINES DE PERSONNES EMPRISONNÉES

Par ailleurs, quatorze ans après le massacre de Tiananmen, de nombreux Chinois restent emprisonnés pour leur participation au mouvement de 1989.

"Selon des résultats d'enquêtes que nous avons effectuées et des informations de Chinois proches du pouvoir, au moins 500 démocrates sont toujours en prison", selon Frank Lu, directeur du Centre d'information sur les droits de l'homme et la démocratie en Chine. Installé à Hongkong, le centre base cette estimation sur les indications d'un responsable de l'appareil judiciaire, extrapolant à partir de la situation dans sa province, en l'absence de toute statistique officielle.

De son côté, Amnesty International dispose d'informations sur "82 personnes toujours emprisonnées à la suite de procès expéditifs et inéquitables", selon un communiqué. Mais "de nouveaux cas continuent de faire surface, indiquant que le vrai chiffre est probablement beaucoup plus élevé", selon l'organisation basée à Londres.

Perù

Decine di migliaia di persone hanno dato vita ieri ad un’ondata di manifestazioni contro la politica economica del governo, nonostante lo stato d’emergenza proclamato la settimana scorsa dal presidente Alejandro Toledo. Solo a Lima sono stati almeno 20mila i peruviani scesi in piazza per partecipare alla mobilitazione convocata dalla Confederazione generale dei lavoratori del Perù (Cgtp), al grido di “Democrazia sì, dittatura no”. Hanno esortato Toledo ha bloccare la militarizzazione del Paese revocando lo stato d’emergenza ma soprattutto ad accogliere le richieste dei sindacati degli insegnanti, degli agricoltori, dei lavoratori della previdenza sociale e del settore giudiziario che invocano un aumento dei salari. “Restiamo insodisfatti per l’offerta del governo di concederci cento nuovi soles (circa 28 euro): vogliamo di più” ha ribadito il presidente del Sindacato unitario dei lavoratori dell’educazione (Sutep) Nilver Lopez, assicurando che l’astensione dal lavoro andrà avanti. Per oggi è prevista, tra l’altro, una nuova mobilitazione della Federazione nazionale degli studenti del Perù. Intanto il Congresso ha designato una commissione d’inchiesta incaricata di indagare sulle violenze di Puno, la località situata sulle sponde del lago Titicaca dove giovedì scorso uno studente è rimasto ucciso e decine di altri sono stati feriti in violenti scontri con la polizia. La decisione dell’assemblea segue una raccomandazione in tal senso formulata da una ‘delegazione di alto livello’ inviata domenica scorsa a Puno per ascoltare la versione dei fatti fornita dalle autorità locali e dagli universitari coinvolti nei disordini. Secondo gli studenti i morti sarebbero stati in realtà almeno quattro ma i cadaveri sarebbero stati “fatti sparire” dai militari.

Kenia

“Le gente non paga gli affitti e i proprietari assoldano dei ‘picchiatori’ per farli sloggiare. Ieri per la prima volta gli inquilini hanno reagito” così una fonte locale spiega alla MISNA gli antefatti delle violenze che hanno causato la morte di tredici persone e il ferimento di una decina in uno stabile di Nairobi. Martedì un centinaio di uomini ha iniziato a sgomberare con la forza degli abitanti abusivi da una palazzina nel quartiere di Mathare nord, una vasta zona che comprende baraccopoli insalubri ma anche case popolari costruite con il contributo del governo tedesco, oltre a piccoli complessi edilizi serviti di luce ed acqua. Proprio in uno di questi condomini ieri la situazione è degenerata in un violento scontro tra i ceffi mandati dai proprietari e gli inquilini morosi, che per la prima volta si sono organizzati per rispondere all’aggressione. Gli assalitori, infatti, sono stati presi di sorpresa e linciati dagli abitanti del palazzo, che, precedentemente armatisi con spranghe e coltelli, hanno chiuso le vie d’uscita. “Gli affitti sono molto alti e gli inquilini si rifiutano di pagare” continua la nostra fonte che di situazioni del genere ne ha viste molte ripetersi a Nairobi ma mai con un esito così drammatico. “Dopo ogni notizia di aggressione o sgombero forzato, l’amministrazione cittadina insiste col dire che le due controparti dovrebbero risolvere le loro questioni attraverso la vie legali; ma la legge in Kenya è lentissima. Un procedimento può durare diversi anni. Tra gli inquilini c’è anche chi approfitta di queste lentezze. Da parte loro i proprietari non vogliono calmierare gli affitti. In questa situazione, come spesso accade, la gente preferisce risolvere la questione da sé passando alla violenza”.

Italia

Bologna

Questa mattina, alle otto e mezza, Chourmo è stato sgomberato.

Questo spazio, condiviso da studenti di nove scuole superiori e quattordici facoltà universitarie, dottorandi, ricercatori è nato come uno spazio aperto, restituito alla città.

Lodo maccanico

L'Aula di Palazzo Madama ha approvato l'emendamento sulla sospensione dei processi per le cinque cariche istituzionali, presentato dalla Cdl al disegno di legge Boato sull'immunità parlamentare. I voti favorevoli sono stati 146 contro 101 contrari.

Nella giornata di oggi l'Assemblea dovrà concludere la votazione di tutti gli altri emendamenti, circa 500, presentati dall'opposizione. Domani mattina si terranno invece le dichiarazioni di voto e il voto finale sul provvedimento.

Il testo dell'emendamento

La Costituzione L'art. 90 della Carta costituzionale stabilisce che "il Presidente della Repubblica non e' responsabile degli atti compiuti nell'esercizio delle sue funzioni tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione. In tali casi è messo in stato di accusa dal Parlamento in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri".

L'art. 96 prevede: "il Presidente del Consiglio dei Ministri ed i ministri, anche se cessati dalla carica, sono sottoposti, per i reati commessi nell'esercizio delle loro funzioni, alla giurisdizione ordinaria, previa autorizzazione del Senato della Repubblica o della Camera dei Deputati, secondo le norme stabilite con legge costituzionale".

Referendum

Tutti quelli che erano partiti con i comitati per il No, si sono adeguati alla linea del boicottaggio del referendum. Noi useremo tutte le nostre iniziative, anche scioperi e assemblee, in questi ultimi quindici giorni, perche' sia raggiunto il quorum e ci sia un esito positivo sul referendum, cui diamo grande impiortanza. Lo ha detto il segretario nazionale della Fiom Gianni Rinaldini, intervenuto oggi ad un incontro promosso presso la sede di Napoli della Cgil, dal titolo La battaglia per i diritti dei lavoratori ed il referendum per l' estinzione dell'art. 18. Presenti tra gli altri Maurizio Mascoli, segretario generale della Fiom Campania, Paolo Cagna Nicchi, presidente comitato per il Si, Michele Gravano segretario generale della Camera del Lavoro di Napoli ed Ersilia Salvato, sindaco di Castellammare di Stabia. La vittoria dei Si- ha aggiunto Rinaldini- puo' costituire un'inversione di marcia rispetto ad alcune scelte, che Governo e Confindustria stanno praticando e che sono quelle di uno sviluppo basato sulla riduzione dei diritti e delle tutele dei lavoratori.

Alitalia

trattativa in corso al ministero delle Infrastrutture, sulla vertenza degli assistenti di volo.

Sul fronte giudiziario, dopo la bufera di polemiche scatenata dall'astensione dal lavoro degli steward e delle hostess, una telefonata Roma-Civitavecchia ha annullato l'annunciato vertice tra la Procura di della capitale e quella della città del litorale laziale. Il reato più grave tra i vari configurati fino ad oggi sarebbe quello di interruzione di pubblico servizio, per il quale è competente Civitavecchia. La Procura di Roma, comunque, ha chiesto una relazione dettagliata ai carabinieri che dovrebbe essere consegnata in breve tempo. Non sono, invece, ancora giunti gli elenchi dei dipendenti che si sono astenuti dal lavoro. Il fascicolo aperto ieri dalla Procura della capitale e' ancora "contro ignoti".

Quanto ai medici che hanno firmato i certificati che autorizzavano l'astensione dal lavoro dei dipendenti dell' Alitalia per motivi di salute, secondo gli inquirenti e la Procura di Roma, il rilascio di un certificato a fronte di un malore o un problema di salute denunciato da una persona non può costituire reato.

Non è esclusa invece la contestazione dell'altro reato, il tentativo di truffa, che scatterebbe qualora nello stipendio percepito dai dipendenti venissero pagati anche i giorni di malattia.

G.R. ore 9,30

PALESTINA HAMAS, TREGUA POSSIBILE MA CON GARANZIE - Hamas e' pronta a fermare gli attentati contro Israele se avra' garanzie che l'esercito israeliano si ritirera' gradualmente dai territori palestinesi. E' stato Ismail Abu Shanab, esponente del Movimento di resistenza, a lanciare segnali positivi in un'intervista rilasciata alla televisione americana Abc alla vigilia del vertice di Aqaba tra il presidente americano George W. Bush, il premier israeliano Ariel Sharon e il primo ministro palestinese Abu Mazen. Alla domanda se Hamas sia pronta a non compiere piu' attacchi durante le trattative, Shanab ha risposto: "Assolutamente si'. Siamo pronti ad offrirlo in qualsiasi momento se vi fosse una garanzia che questi passi preliminari saranno parte di un ritiro completo o su vasta scala, e non il passo finale". Su questo, ha aggiunto, "vogliamo che gli Stati Uniti si facciano garanti di tutte queste cose, di un ritiro israeliano anche se dovesse essere graduale". Intanto: ABU MAZEN E’ A COLLOQUIO CON MUBARAK PRIMA DI PARTIRE - Il primo ministro palestinese Abu Mazen ha avuto stamane un colloquio di circa mezz'ora con il presidente egiziano Hosni Mubarak, prima di ripartire in aereo per Aqaba, dove incontrera' il presidente degli Stati Uniti, George Bush, ed il premier israeliano Ariel Sharon. A quanto si e' appreso, nel colloquio sono stati esaminati aspetti del vertice tenutosi ieri a Sharm tra Bush e cinque dirigenti arabi, incluso lo stesso Abbas. A margine dei colloqui di Sharm el Sheikh,, il primo ministro palestinese Abu Mazen ha criticato oggi la decisione americana di mettere da parte nella ricerca di soluzione del conflitto mediorientale il presidente dell' Autorita' nazionale palestinese Yasser Arafat con il quale ha detto di avere 'buone relazioni' e di 'cooperare'. Arafat non dovrebbe essere isolato e non dovrebbe essere trattato in questo modo. Rappresenta un simbolo per il popolo palestinese ed e' un Presidente democraticamente eletto, ha detto Abu Mazen in un' intervista alla rete televisiva americana Abc. Questa maniera di trattarlo e' inaccettabile, ha aggiunto il premier palestinese che ha spiegato di aver fatto notare cio' sia a 'diversi responsabili americani' sia agli israeliani. Abu Mazen ha aggiunto che il rapporto con Arafat e' normale e buono, e ciascuno di loro conosce i limiti del suo lavoro. Cooperiamo l' uno con l' altro e non ci sono problemi - ha detto ancora Abu Mazen - Lui e' il presidente eletto dall' Autorita' palestinese, il presidente ufficiale, ed io ho un ruolo complementare in seno all' esecutivo DA PARTE SUA BUSH E' ARRIVATO IN GIORDANIA PER IL SUMMIT DI AQABA per lo storico vertice a tre con i leader israeliano e palestinese che dovra' far decollare la 'roadmap', il piano di pace per il Medio Oriente. Bush -che e' al suo primo viaggio da presidente in Medio Oriente- e' giunto in Giordania, proveniente dall'Egitto dove ieri, al vertice di Sharm el-Sheikh, si e' guadagnato l'assenso dei Paesi arabi moderati al piano di pace messo a punto dai mediatori internazionali di Usa, Onu, Ue e Russia. Il primo appuntamento che lo attende e' quello con il padrone di casa, Re Abdullah di Giordania. Subito dopo, il presidente statunitense avra' colloqui separati con il premier israeliano, Ariel Sharon e il primo ministro palestinese, Abu Mazen. E solo al termine degli incontri bilaterali si terra' il previsto vertice a tre con tutti i protagonisti seduti attorno allo stesso tavolo.

GERUSALEMME AVRA' UN SINDACO ULTRAORTODOSSO = LUPOLIANSKI VINCE ELEZIONI LOCALI - Gerusalemme avra' un sindaco ultraortodosso. Le elezioni comunali sono state infatti vinte da Uri Lupolianski, che gia' svolgeva le funzioni di sindaco ad interim. Si e' votato anche ad Haifa, dove per la prima volta in 55 anni non vi sara' un sindaco laburista. A vincere e' stato l'ex laburista Yona Yahav, passato al partito laico Shinui. Il voto nelle due citta' si e' reso necessario dopo che i due sindaci, rispettivamente Ehud Olmert (Likud) e Amram Mitzna (partito laburista) sono stati eletti alla Knesset, il parlamento israeliano. Olmert e' oggi ministro dell'Industria e del Commercio nel governo Sharon, mentre Mitzna, che era diventato il leader laburista, si e' poi dimesso dall'incaric

SPAGNA Madrid, Scontro tra due treni in Spagna: 5 morti, 20 dispersi Almeno cinque persone sono morte, ma una ventina risultano ancora disperse per lo scontro di due treni avvenuto ieri sera in Spagna, nei pressi di Albacete. A quanto riferiscono le ferrovie spagnole lo scontro è avvenuto tra un treno merci e uno passeggeri. Le carrozze del treno passeggeri sono deragliate e si sono riversate accanto ai binari. A bordo c'erano circa 90 persone. (red

IRAQ Accusa britannica all'Iran: aiuta le milizie religiose sciite in Iraq. L'accusa è dell'inviato speciale del primo ministro britannico a Baghdad, John Sawers. La notizia è riportata sul sito Internet del quotidiano "Guardian". "Al momento è molto difficile tenere sotto controllo il traffico di persone e di beni alle frontiere - ha detto Sawers in un intervista - ma è chiaro che non viene fatto con intenti puramente umanitari". Sawers sostiene che l'Iran appoggia i Badr, un'unità armata del potente Supremo Consiglio per la rivoluzione islamica in Iraq. Il partito, e gran parte del corpo d'armata Badr, sono stati in esilio a Teheran per quasi tutto il tempo in cui Saddam Hussein ha governato l'Iraq. Nonostante la presenza di alcuni estremisti del clero sciita, pochi iracheni appoggiano una teocrazia di tipo iraniano. "Non è nell'interesse di nessuno in questo Paese", ha detto Sawers. Alle milizie religiose sciite, come alle altre milizie politiche, è stato chiesto di disarmare

Napoli, 08:33 Camion della nettezza urbana precipitato in un tunnel Un camion dell'azienda addetta alla raccolta dei rifiuti di Napoli è precipitato questa notte dal secondo livello del sottopassaggio dello stadio San Paolo prendendo fuoco e solo l'intervento di un carabiniere di passaggio ha salvato i tre addetti che si trovavano a bordo. L'autocompattatore ha sbandato, ha urtato il guardrail a destra, poi è sbandato a sinistra ed è finito di sotto. Il carabiniere che passava è riuscito a frenare e a estrarre i tre dalla cabina in fiamme. Tre auto che arrivavano hanno tamponato per evitare di finire nel rogo. (red)