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Tre donne irachene che lavoravano in una base militare Usa a Mosul sono state uccise ieri in un agguato contro il veicolo in cui viaggiavano. Una quarta donna è rimasta illesa, ma gli assalitori hanno ferito l'autista. In un altro incidente avvenuto stamane, una bomba è esplosa al passaggio di una pattuglia della polizia, ferendo una donna e un bambino, mentre gli agenti sono rimasti illesi. L'agguato è avvenuto ieri sera mentre le donne stavano rientrando a casa, ha riferito il primo tenente della polizia di Mosul Ziyad Mahmoud Danoun. Non è stato chiarito che mansione avessero le vittime all'interno della base, ma i miliziani hanno spesso preso di mira i civili iracheni che 'collaborano' con le truppe multinazionali. Mosul si trova a 360 chilometri a nordovest di Baghdad.
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"Le proteste di piazza stanno prendendo di mira anche i cristiani. Le autorità ci hanno ordinato di non uscire dalla parrocchia perché è pericoloso. La gente dà la colpa agli Stati Uniti per la morte dei 12 ostaggi. Gli americani sono considerati cristiani dai nepalesi: e quindi siamo anche noi siamo in pericolo". È il resoconto che fa padre Justin, sacerdote nepalese nella parrocchia di Nostra Signora dell'Assunzione, a Kathmandu, dopo l'esecuzione in Iraq dei 12 cittadini nepalesi. Nella capitale nepalese sono iniziati dimostrazioni contro il governo, responsabile - secondo i dimostranti - di non aver fatto niente per salvare gli ostaggi. Una moschea è stata attaccata e ora anche chiese cristiane sono minacciate. "I dimostranti -ha detto padre Justin all'agenzia dei missionari Asianews- accusano gli Stati Uniti di essere responsabili della morte degli ostaggi perché erano a lavorare per loro in Iraq. In Nepal gli Stati Uniti sono considerati una nazione cristiana: per questo la gente accusa tutti i cristiani di quello che è successo agli ostaggi". Su una popolazione di 23 milioni di abitanti (75% indù; 8% buddisti; 4% musulmani), i cristiani in Nepal sono circa 500mila; i cattolici sono 7 mila.
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L'associazione degli Ulema algerini si e' unita al coro di proteste del mondo musulmano per il rapimento dei due giornalisti francesi in Iraq, e in un comunicato diramato ad Algeri rivolge ''un pressante appello ai sequestratori'' perche' li rilascino ''senza indugi, sani e salvi''. Il comunicato precisa che nei testi sacri ''non vi e' nulla che giustifichi la condizione posta dai rapitori nella loro macabra impresa, per rilasciare gli ostaggi'', cioe' la revoca della legge francese sul velo islamico. Gli Ulema algerini esortano percio' i rapitori ''a rispettare la shaaria islamica, il cui scopo e' di difendere il diritto e la dignita' umana''. ''L'Islam, si legge ancora nel comunicato, condanna l'assassinio ingiusto di ogni anima umana, come e' espresso nel Corano: ''Non fate morire un'anima umana, cosa proibita da Dio, che in esecuzione di un diritto''. Per i saggi musulmani algerini, la questione del velo ''si puo' risolvere con il dialogo pacifico tra la comunità musulmana e le autorita' francesi''.


Il ministro di Stato iracheno Qassim Dawoud ha smentito che il governo d interim di Baghdad abbia mai raggiunto un accordo con i rappresentanti del leader sciita Muqtada al Sadr, per una tregua nel quartiere sciita di Baghdad, Sadr city. Dawoud ha così smentito quanto dichiarato da un portavoce di al Sadr, Naim al Kaabi, che oggi ha fatto sapere che un primo accordo di cessate il fuoco era stato concluso nella giornata di ieri con i rappresentanti del governo. Accordo saltato oggi, ha detto al Kaabi, dopo che i delegati dell'esecutivo hanno espresso duubbi riguardo al divieto per le truppe Usa di entrare a Sadr City. Accettando tale condizione - hanno detto i delegati del governo citati dal portavoce di Sadr - si potrebbero incitare altri, a Baghdad come in altre città irachene, a chiedere simili limitazioni per le truppe Usa. "Non era un accordo, non gradiamo raggiungere alcun accordo con le milizie", ha detto Dawoud ai giornalisti, a margine della prima riunione a Baghdad del Consiglio nazionale iracheno. "Non vogliamo negoziare con alcun gruppo armato", ha aggiunto il ministro. Tuttavia, la stampa ha visto rappresentanti del governo, funzionari Usa e rappresentanti di al Sadr riunirsi domenica scorsa in una stazione di polizia di Baghdad. Un portavoce dell'esercito Usa, il maggiore Phil Smith, ha dichiarato che i comandanti Usa non partecipano al negoziato e che per quanto ne sappia il comando Usa, "nessun accordo è stato raggiunto". Al Kaabi ha precisato che la proposta di tregua è articolata in sei punti: divieto per i militari statunitensi di entrare a Sadr City, rilascio dei detenutui, consegna delle armi pesanti, tra cui lanciagranate e mortai, pagamento di un rimborso a chi ha perduto congiunti o proprietà, e il ripristino dei servizi pubblici danneggiati nel quartiere. Il ministero della Sanità iracheno ha intato fatto sapere che gli ultimi scontri scoppiati sabato scorso a Baghdad tra le forze Usa e i miliziani di al Sadr hanno causato la morte di 10 persone e il ferimento di altre 126. Da allora a Sadr City non si sono più registrati combattimenti. Lunedì scorso, lo stesso Muqtada al Sadr ha invitato i suoi miliziani a deporre le armi.






Sette autisti di diversa origine (Egitto, Kenya e India), rapiti il 21 luglio scorso in Iraq, sono stati rilasciati oggi, secondo la televisione Al-Arabiya.

'''Gb'''

La polizia britannica ha lasciato cadere le accuse legate alla violazione delle leggi antiterrorismo per Abu Hamza al Masri, l'imam di Finchley Park già noto per le sue dichiarazioni contro l'occidente e detenuto in una prigione londinese in attesa della decisione sulla richiesta d'estradizione formulata dagli Usa. Scotland Yard gli aveva notificato i nuovi capi d'accusa la scorsa settimana, quando Abu Hamza stato trasferito dal carcere di massima sicurezza di Belmarsh per essere interrogato in una stazione di polizia. Gli agenti avevano fino a domani per formulare delle accuse formali contro di lui, ma hanno deciso di non incriminarlo per aver ordinato, preparato o istigato degli atti terroristici in Gran Bretagna. La polizia non ha fornito altri dettagli, ma in precedenza aveva specificato che le accuse britanniche per terrorismo non erano in alcun modo legate alle accuse che gli Stati Uniti hanno formulato contro l'imam.

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Un gruppo di terroristi armati e dotati di cinturoni esplosivi ha fatto irruzione stamane in una scuola di Beslan, cittadina della repubblica russa dell'Ossezia del Nord non lontana dalla frontiera cecena, ed ha catturato 200 bambini ed una quarantina di adulti, fra insegnanti e genitori, che tiene in ostaggio. Una cinquantina di bambini sono riusciti a mettersi in salvo scappando a piccoli gruppi dai terroristi, che minacciano di far saltare in aria la scuola in caso di tentativo di assalto della polizia. Una sparatoria c'e' gia' stata, e secondo alcune fonti sono rimasti uccisi diversi insegnanti ed uno dei terroristi. Nel gruppo degli assalitori figurano alcune donne. I terroristi hanno chiesto di conferire con il capo del governo dell'Ossezia del Nord, dal quale vogliono ottenere il rilascio dei ribelli catturati e incarcerati nella repubblica.

Almeno tre insegnanti sono morti e due ufficiali di polizia sono stati feriti nel corso degli scontri a fuoco fra assalitori e forze dell'ordine. Una fonte di polizia ha reso noto che i 400 ostaggi, di cui 200 bambini, sono stati raggruppati nella palestra. Intanto gli assalitori, alcuni dei quali indossano cinture esplosive, hanno minacciato di far saltare in aria la scuola se la polizia tenterà di fare irruzione. Gli assalitori avrebbero richiesto di aprire un negoziato con le autorità regionali. Non è chiaro quali potrebbero essere le richieste degli assalitori

Il ritiro delle truppe russe dalla Cecenia e la scarcerazione di alcuni guerriglieri. Sono le altre richieste del avanzate dal commando di terroristi che questa mattina si e' asserragliato in una scuola di Beslan, nell'Ossezia del Nord, sequestrando 400 persone, tra cui oltre 200 bambini. Lo ha riferito l'agenzia di stampa Itar-Tass, citando un messaggio che i rapitori hanno fatto arrivare alle autorita'
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I soldati israeliani hanno demolito a Hebron la casa di uno dei kamikaze responsabili del duplice attentato terroristico compiuto ieri a Be'erSheva, nel sud di Israele. A darne notizia e' stata questa mattina una portavoce dell'esercito. La distruzione della casa di Ahmed Kawasme segue di poche ore la riunione tra il premier israeliano Ariel Sharon ed i vertici delle forze armate nel corso della quale e' stato deciso di aumentare la pressione sull'infrastruttura terroristica ad Hebron
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Conoscerà oggi la propria sorte, dalla Suprema Corte di Tel Aviv, il pacifista veronese Giordano Tommasi, 23 anni, arrestato venerdi' scorso a Gerusalemme, processato, assolto ma ancora trattenuto in Israele per aver filmato la cattura di un altro pacifista americano durante una manifestazione contro la costruzione del Muro di separazione dai Territori palestinesi. Nonostante sia stato assolto, sabato, nel processo per direttissima che lo vedeva imputato di spionaggio, Tommasi da cinque giorni non e' stato ancora rilasciato: prima detenuto in carcere, poi, da domenica, trattenuto in un centro di raccolta a Maasiahu, nei pressi dell'aeroporto di Tel Aviv, in attesa delle decisioni delle autorita' israeliane. La sua vicenda viene seguita dall'ambasciata italiana a Tel Aviv, che e' in contatto con la famiglia a Verona. Dal giorno del processo, Tommasi sta attuando lo sciopero della fame. Nell' ultimo contatto telefonico avuto con l'Italia, ha tuttavia rassicurato i familiari sul fatto che sta bene. Ieri la Corte Suprema di Tel Aviv - ha riferito la famiglia - ha accettato di esaminare l'istanza in appello del legale di Tommasi contro l'eventuale misura di espatrio nei suoi confronti. Il giovane - questo e' il motivo del suo sciopero della fame - chiede invece che le autorita' israeliane, rispettando la sentenza del tribunale che lo ha assolto, semplicemente lo rilascino, consentendogli di rientrare in Italia da cittadino libero. La Corte Suprema comunicherà oggi la propria decisione. Il padre, Lorenzo Tommasi, ha spiegato che il figlio era stato arrestato dalla polizia per essersi rifiutato di consegnare le riprese filmate con cui aveva documentato, davanti alla Porta di Damasco, il comportamento dell'esercito israeliano durante l'arresto di un suo amico americano, Peter Kevin Lawny. Nel processo cui era stato sottoposto il giorno seguente, il giudice aveva pero' assolto Tommasi, decidendone la scarcerazione. Nonostante cio' - rileva sempre il padre - il giovane veronese e' stato trattenuto dalla polizia per ''motivi di sicurezza' e tradotto al carcere di Tel Aviv. ''Tutto questo - conclude Tommasi - senza che noi famigliari fossimo messi al corrente di alcunche', se non da una telefonata domenica da parte di una cittadina italiana occasionale testimone dell'accaduto'' Il Consiglio legislativo palestinese (il parlamento monocamerale di Ramallah) ha deciso di sospendere le proprie sedute per un mese, in un gesto di protesta verso l'esecutivo dell'Anp. Lo ha annunciato oggi alla stampa il presidente del parlamento, Rawhi Fattuh. A quanto risulta, il lavoro delle commissioni parlamentari proseguira' invece senza alterazioni. I deputati sostengono che il presidente Yasser Arafat e il premier Abu Ala non tengono in considerazione almeno una dozzina di leggi gia' approvate dal parlamento. Si tratta - e' stato spiegato - di leggi concepite per rilanciare una serie di riforme istituzionali.


'''Palestina'''

Conoscerà oggi la propria sorte, dalla Suprema Corte di Tel Aviv, il pacifista veronese Giordano Tommasi, 23 anni, arrestato venerdi' scorso a Gerusalemme, processato, assolto ma ancora trattenuto in Israele per aver filmato la cattura di un altro pacifista americano durante una manifestazione contro la costruzione del Muro di separazione dai Territori palestinesi. Nonostante sia stato assolto, sabato, nel processo per direttissima che lo vedeva imputato di spionaggio, Tommasi da cinque giorni non e' stato ancora rilasciato: prima detenuto in carcere, poi, da domenica, trattenuto in un centro di raccolta a Maasiahu, nei pressi dell'aeroporto di Tel Aviv, in attesa delle decisioni delle autorita' israeliane. La sua vicenda viene seguita dall'ambasciata italiana a Tel Aviv, che e' in contatto con la famiglia a Verona. Dal giorno del processo, Tommasi sta attuando lo sciopero della fame. Nell' ultimo contatto telefonico avuto con l'Italia, ha tuttavia rassicurato i familiari sul fatto che sta bene. Ieri la Corte Suprema di Tel Aviv - ha riferito la famiglia - ha accettato di esaminare l'istanza in appello del legale di Tommasi contro l'eventuale misura di espatrio nei suoi confronti. Il giovane - questo e' il motivo del suo sciopero della fame - chiede invece che le autorita' israeliane, rispettando la sentenza del tribunale che lo ha assolto, semplicemente lo rilascino, consentendogli di rientrare in Italia da cittadino libero. La Corte Suprema comunicherà oggi la propria decisione. Il padre, Lorenzo Tommasi, ha spiegato che il figlio era stato arrestato dalla polizia per essersi rifiutato di consegnare le riprese filmate con cui aveva documentato, davanti alla Porta di Damasco, il comportamento dell'esercito israeliano durante l'arresto di un suo amico americano, Peter Kevin Lawny. Nel processo cui era stato sottoposto il giorno seguente, il giudice aveva pero' assolto Tommasi, decidendone la scarcerazione. Nonostante cio' - rileva sempre il padre - il giovane veronese e' stato trattenuto dalla polizia per ''motivi di sicurezza' e tradotto al carcere di Tel Aviv. ''Tutto questo - conclude Tommasi - senza che noi famigliari fossimo messi al corrente di alcunchè, se non da una telefonata domenica da parte di una cittadina italiana occasionale testimone dell'accaduto''
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'''Fiat'''

I circa novemila lavoratori delle aziende dell' indotto dello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat hanno ricevuto in busta paga 20 euro in meno di quelli previsti in base ad un accordo che, il 19 maggio scorso, pose fine ad una lunga protesta degli operai. Lo ha reso noto la Fiom-Cgil di Basilicata, secondo cui il mancato pagamento dei 20 euro rappresenta ''uno dei tanti tentativi da parte delle aziende che mira a screditare chi ha lottato, proprio nella fase di rinnovo della Rsu''. Il segretario della Fiom lucana, Giuseppe Cillis, ha espresso l' auspicio che ''si tratti soltanto di un errore materiale, per quanto strano e inspiegabile''. Nell' invitare le aziende dell' indotto ''a rispettare l' accordo'' in ogni parte, la Fiom della Basilicata ha informato della vicenda i dirigenti nazionali del sindacato, che chiederanno un incontro con le imprese. L' obiettivo e' ''ripristinare la corretta applicazione dell' accordo di maggio, per evitare che si ricorra ad altri strumenti anche piu' drastici per difendere le conquiste fatte dai lavoratori''

GR ORE 13.00

Irak

Si preannuncia tesa la giornata in Iraq, dove a Baghdad oggi si dovrebbe tenere la seduta inaugurale del Parlamento nazionale provvisorio. Secondo le notizie diffuse dalle principali agenzie internazionali, ci sono state una serie di esplosioni, almeno cinque, nei pressi dell'edificio in cui sono riuniti i 100 deputati iracheni scelti il mese scorso per far parte dell'Assemblea. Il palazzo si trova all'interno della Zona Verde, l'area protetta dalle forze della coalizione in cui ha sede anche il governo provvisorio. Nel frattempo alcuni uomini armati hanno aperto il fuoco contro il convoglio del capo del partito 'Congresso nazionale iracheno', Ahmed Chalabi. La notizia è stata riferita da un suo collaboratore, il quale ha precisato che l'uomo politico è rimasto indenne mentre altre due persone sono state ferite. Secondo la ricostruzione, il convoglio è stato attaccato mentre rientrava a Baghdad dalla città meridionale Najaf.

Tre donne irachene che lavoravano in una base militare Usa a Mosul sono state uccise ieri in un agguato contro il veicolo in cui viaggiavano. Una quarta donna è rimasta illesa, ma gli assalitori hanno ferito l'autista. In un altro incidente avvenuto stamane, una bomba è esplosa al passaggio di una pattuglia della polizia, ferendo una donna e un bambino, mentre gli agenti sono rimasti illesi. L'agguato è avvenuto ieri sera mentre le donne stavano rientrando a casa, ha riferito il primo tenente della polizia di Mosul Ziyad Mahmoud Danoun. Non è stato chiarito che mansione avessero le vittime all'interno della base, ma i miliziani hanno spesso preso di mira i civili iracheni che 'collaborano' con le truppe multinazionali. Mosul si trova a 360 chilometri a nordovest di Baghdad.

Continuano le reazioni contro l'uccisione dei dodici sequestrati nepalesi, di cui ieri sono state diffusew le immagini su un sito internet dal gruppo che li aveva rapiti.

Le autorità del distretto di Kathmandu (Nepal) hanno annunciato di aver imposto il coprifuoco a partire dalle 14:00 di oggi pomeriggio. Lo riferiscono fonti locali, precisando che l'annuncio è stato dato dalla Televisione Nazionale. Dalle prime ore del mattino in Nepal è esplosa la rabbia della popolazione raggiunta dalla notizia dell'uccisione, ieri in Iraq, di 12 propri connazionali presi in ostaggio il 20 agosto dal gruppo Ansar al-Sunna. Centinaia di giovani hanno assaltato stamani la più grande moschea di Kathmandu (Jama Masjid, situata a soli 300 metri dal palazzo Narayanhity, la residenza reale) nel centro della capitale nepalese. Nonostante l'intervento della polizia una folla è entrata nel luogo di culto, saccheggiando mobilio e suppellettili e dando alle fiamme il materiale prelevato sul marciapiede antistante la moschea. Attacchi sono stati portati anche alla sede della 'Qatar Airways' e contro alcune agenzie di collocamento specializzate nel fornire lavori all'estero, come la 'Morning Star' o la 'Moonlight Consultancy' le agenzie che avrebbero trovato il lavoro ai 12 nepalesi sequestrati e poi uccisi in Iraq. Secondo l'agenzia nepalese 'Nepal News', i 12 connazionali furono sequestrati il 20 agosto scorso non appena dalla Giordania varcarono il confine iracheno dove avrebbero dovuto lavorare come domestici o muratori. Il governo, che durante una riunione d'emergenza tenuta nella notte ha definito l'uccisione dei connazionali un "atto barbarico", è bersaglio di numerose critiche da parti dei politici dell'opposizione e di gran parte della stampa nepalese che oggi dedica, ovviamente, grande spazio alle notizie arrivate dall'Iraq. La minoranza musulmana in Nepal (circa il 7% su una popolazione prevalentemente di indù di oltre 24 milioni) ha diffuso vari comunicati di condanna degli omicidi.

"Le proteste di piazza stanno prendendo di mira anche i cristiani. Le autorità ci hanno ordinato di non uscire dalla parrocchia perché è pericoloso. La gente dà la colpa agli Stati Uniti per la morte dei 12 ostaggi. Gli americani sono considerati cristiani dai nepalesi: e quindi siamo anche noi siamo in pericolo". È il resoconto che fa padre Justin, sacerdote nepalese nella parrocchia di Nostra Signora dell'Assunzione, a Kathmandu, dopo l'esecuzione in Iraq dei 12 cittadini nepalesi. Nella capitale nepalese sono iniziati dimostrazioni contro il governo, responsabile - secondo i dimostranti - di non aver fatto niente per salvare gli ostaggi. Una moschea è stata attaccata e ora anche chiese cristiane sono minacciate. "I dimostranti -ha detto padre Justin all'agenzia dei missionari Asianews- accusano gli Stati Uniti di essere responsabili della morte degli ostaggi perché erano a lavorare per loro in Iraq. In Nepal gli Stati Uniti sono considerati una nazione cristiana: per questo la gente accusa tutti i cristiani di quello che è successo agli ostaggi". Su una popolazione di 23 milioni di abitanti (75% indù; 8% buddisti; 4% musulmani), i cristiani in Nepal sono circa 500mila; i cattolici sono 7 mila.

Ostaggi francesi

Une délégation du Conseil français du culte musulman (CFCM) attendait mercredi matin de pouvoir se rendre à Bagdad pour discuter de la libération des journalistes français pris en otages, a déclaré un des vice-présidents de cette instance."Sur le plan logistique, ça pose encore un problème au niveau de la connexion entre Amman et Bagdad", faute de vols directs vers la capitale irakienne, a précisé à l'AFP ce responsable, Mohamed Bechari, président de la Fédération nationale des musulmans de France (FNMF)."Nous, on est prêts", a-t-il ajouté, soulignant que le départ de la délégation était suspendu à la décision du ministère des Affaires étrangères.La délégation comprendra M. Bechari, l'autre président du CFCM Fouad Alaoui, dirigeant de l'Union des organisations islamiques de France (UOIF), un représentant de la mosquée de Paris, Djelloul Seddiki, le secrétaire général du CFCM Haydar Demiryurek, a-t-il indiqué.Ils seront accompagnés par une autre membre du CFCM, Fatiha Ajbli, de l'UOIF, qui porte le voile, et peut-être de quelques autres personnes, a ajouté M. Bechari."Je refuse que mon foulard soit taché de sang", avait déclaré Mme Ajbli à l'issue d'une réunion dimanche au ministère de l'Intérieur, se proposant même de se "rendre en Irak" comme "otage de substitution".Les ravisseurs islamistes des deux journalistes, Christian Chesnot et Georges Malbrunot, ont fixé à la France un ultimatum pour l'abrogation de la loi sur la laïcité, qu'ils appellent "loi sur le voile islamique".

L'associazione degli Ulema algerini si e' unita al coro di proteste del mondo musulmano per il rapimento dei due giornalisti francesi in Iraq, e in un comunicato diramato ad Algeri rivolge un pressante appello ai sequestratori perche' li rilascino senza indugi, sani e salvi. Il comunicato precisa che nei testi sacri non vi e' nulla che giustifichi la condizione posta dai rapitori nella loro macabra impresa, per rilasciare gli ostaggi, cioe' la revoca della legge francese sul velo islamico. Gli Ulema algerini esortano percio' i rapitori a rispettare la shaaria islamica, il cui scopo e' di difendere il diritto e la dignita' umana. L'Islam, si legge ancora nel comunicato, condanna l'assassinio ingiusto di ogni anima umana, come e' espresso nel Corano: Non fate morire un'anima umana, cosa proibita da Dio, che in esecuzione di un diritto. Per i saggi musulmani algerini, la questione del velo si puo' risolvere con il dialogo pacifico tra la comunità musulmana e le autorita' francesi.

Il ministro di Stato iracheno Qassim Dawoud ha smentito che il governo d interim di Baghdad abbia mai raggiunto un accordo con i rappresentanti del leader sciita Muqtada al Sadr, per una tregua nel quartiere sciita di Baghdad, Sadr city. Dawoud ha così smentito quanto dichiarato da un portavoce di al Sadr, Naim al Kaabi, che oggi ha fatto sapere che un primo accordo di cessate il fuoco era stato concluso nella giornata di ieri con i rappresentanti del governo. Accordo saltato oggi, ha detto al Kaabi, dopo che i delegati dell'esecutivo hanno espresso duubbi riguardo al divieto per le truppe Usa di entrare a Sadr City. Accettando tale condizione - hanno detto i delegati del governo citati dal portavoce di Sadr - si potrebbero incitare altri, a Baghdad come in altre città irachene, a chiedere simili limitazioni per le truppe Usa. "Non era un accordo, non gradiamo raggiungere alcun accordo con le milizie", ha detto Dawoud ai giornalisti, a margine della prima riunione a Baghdad del Consiglio nazionale iracheno. "Non vogliamo negoziare con alcun gruppo armato", ha aggiunto il ministro. Tuttavia, la stampa ha visto rappresentanti del governo, funzionari Usa e rappresentanti di al Sadr riunirsi domenica scorsa in una stazione di polizia di Baghdad. Un portavoce dell'esercito Usa, il maggiore Phil Smith, ha dichiarato che i comandanti Usa non partecipano al negoziato e che per quanto ne sappia il comando Usa, "nessun accordo è stato raggiunto". Al Kaabi ha precisato che la proposta di tregua è articolata in sei punti: divieto per i militari statunitensi di entrare a Sadr City, rilascio dei detenutui, consegna delle armi pesanti, tra cui lanciagranate e mortai, pagamento di un rimborso a chi ha perduto congiunti o proprietà, e il ripristino dei servizi pubblici danneggiati nel quartiere. Il ministero della Sanità iracheno ha intato fatto sapere che gli ultimi scontri scoppiati sabato scorso a Baghdad tra le forze Usa e i miliziani di al Sadr hanno causato la morte di 10 persone e il ferimento di altre 126. Da allora a Sadr City non si sono più registrati combattimenti. Lunedì scorso, lo stesso Muqtada al Sadr ha invitato i suoi miliziani a deporre le armi.

Sette autisti di diversa origine (Egitto, Kenya e India), rapiti il 21 luglio scorso in Iraq, sono stati rilasciati oggi, secondo la televisione Al-Arabiya.

Gb

La polizia britannica ha lasciato cadere le accuse legate alla violazione delle leggi antiterrorismo per Abu Hamza al Masri, l'imam di Finchley Park già noto per le sue dichiarazioni contro l'occidente e detenuto in una prigione londinese in attesa della decisione sulla richiesta d'estradizione formulata dagli Usa. Scotland Yard gli aveva notificato i nuovi capi d'accusa la scorsa settimana, quando Abu Hamza stato trasferito dal carcere di massima sicurezza di Belmarsh per essere interrogato in una stazione di polizia. Gli agenti avevano fino a domani per formulare delle accuse formali contro di lui, ma hanno deciso di non incriminarlo per aver ordinato, preparato o istigato degli atti terroristici in Gran Bretagna. La polizia non ha fornito altri dettagli, ma in precedenza aveva specificato che le accuse britanniche per terrorismo non erano in alcun modo legate alle accuse che gli Stati Uniti hanno formulato contro l'imam.

Russia

Un gruppo di terroristi armati e dotati di cinturoni esplosivi ha fatto irruzione stamane in una scuola di Beslan, cittadina della repubblica russa dell'Ossezia del Nord non lontana dalla frontiera cecena, ed ha catturato 200 bambini ed una quarantina di adulti, fra insegnanti e genitori, che tiene in ostaggio. Una cinquantina di bambini sono riusciti a mettersi in salvo scappando a piccoli gruppi dai terroristi, che minacciano di far saltare in aria la scuola in caso di tentativo di assalto della polizia. Una sparatoria c'e' gia' stata, e secondo alcune fonti sono rimasti uccisi diversi insegnanti ed uno dei terroristi. Nel gruppo degli assalitori figurano alcune donne. I terroristi hanno chiesto di conferire con il capo del governo dell'Ossezia del Nord, dal quale vogliono ottenere il rilascio dei ribelli catturati e incarcerati nella repubblica.

Almeno tre insegnanti sono morti e due ufficiali di polizia sono stati feriti nel corso degli scontri a fuoco fra assalitori e forze dell'ordine. Una fonte di polizia ha reso noto che i 400 ostaggi, di cui 200 bambini, sono stati raggruppati nella palestra. Intanto gli assalitori, alcuni dei quali indossano cinture esplosive, hanno minacciato di far saltare in aria la scuola se la polizia tenterà di fare irruzione. Gli assalitori avrebbero richiesto di aprire un negoziato con le autorità regionali. Non è chiaro quali potrebbero essere le richieste degli assalitori

Il ritiro delle truppe russe dalla Cecenia e la scarcerazione di alcuni guerriglieri. Sono le altre richieste del avanzate dal commando di terroristi che questa mattina si e' asserragliato in una scuola di Beslan, nell'Ossezia del Nord, sequestrando 400 persone, tra cui oltre 200 bambini. Lo ha riferito l'agenzia di stampa Itar-Tass, citando un messaggio che i rapitori hanno fatto arrivare alle autorita'

Palestina

Israele riprenderà la 'campagna' degli attacchi mirati contro i dirigenti di Hamas "ovunque essi siano". E' la risposta di Gerusalemme agli attentati kamikaze di ieri a Beersheba che sono costati la vita a 16 persone e il ferimento di altre 80 e i cui responsabili facevano parte del movimento oltranzista palestinese. L'esercito con la stella di David, che nelle ultime due settimane aveva sospeso la pratica degli attacchi mirati per concentrarsi sui militanti che lanciano razzi Qassam nel sud di Israele, avrebbero dunque ricevuto ordine di tornare a colpire 'chirurgicamente' i capi di Hamas. Lo ha detto oggi una fonte dei servizi di sicurezza israeliani, che ha spiegato come la decisione sia arrivata ieri sera dopo una consultazione tra il primo ministro Ariel Sharon e i vertici della sicurezza. "L'intenzione è ora di colpire i leader del movimento ovunque essi siano" ha detto la fonte.

Hamas ha ieri detto che l'attacco kamikaze sui bus a Beersheba è stato compiuto in risposta all'uccisione di Sheikh Ahmed Yassin a marzo e di Abdel Aziz al-Rantissi ad aprile, colpiti da Israele a Gaza dopo che un attacco suicida aveva provocato 10 morti in un porto israeliano.

E stamane i soldati israeliani hanno distrutto, con l'esplosione di cariche di dinamite, la casa della famiglia di uno dei due terroristi suicidi di ieri a Beersheba. I militari hanno fatto saltare in aria la casa di Ahmed Qawasneh, 22 anni, e intendono fare lo stesso alla casa del suo compagno e coetaneo, Nassim Jabari. Entrambi erano affiliati al movimento oltranzista palestinese Hamas.

I soldati israeliani hanno demolito a Hebron la casa di uno dei kamikaze responsabili del duplice attentato terroristico compiuto ieri a Be'erSheva, nel sud di Israele. A darne notizia e' stata questa mattina una portavoce dell'esercito. La distruzione della casa di Ahmed Kawasme segue di poche ore la riunione tra il premier israeliano Ariel Sharon ed i vertici delle forze armate nel corso della quale e' stato deciso di aumentare la pressione sull'infrastruttura terroristica ad Hebron

Palestina

Il Consiglio legislativo palestinese (il parlamento monocamerale di Ramallah) ha deciso di sospendere le proprie sedute per un mese, in un gesto di protesta verso l'esecutivo dell'Anp. Lo ha annunciato oggi alla stampa il presidente del parlamento, Rawhi Fattuh. A quanto risulta, il lavoro delle commissioni parlamentari proseguira' invece senza alterazioni. I deputati sostengono che il presidente Yasser Arafat e il premier Abu Ala non tengono in considerazione almeno una dozzina di leggi gia' approvate dal parlamento. Si tratta - e' stato spiegato - di leggi concepite per rilanciare una serie di riforme istituzionali.

Palestina

Conoscerà oggi la propria sorte, dalla Suprema Corte di Tel Aviv, il pacifista veronese Giordano Tommasi, 23 anni, arrestato venerdi' scorso a Gerusalemme, processato, assolto ma ancora trattenuto in Israele per aver filmato la cattura di un altro pacifista americano durante una manifestazione contro la costruzione del Muro di separazione dai Territori palestinesi. Nonostante sia stato assolto, sabato, nel processo per direttissima che lo vedeva imputato di spionaggio, Tommasi da cinque giorni non e' stato ancora rilasciato: prima detenuto in carcere, poi, da domenica, trattenuto in un centro di raccolta a Maasiahu, nei pressi dell'aeroporto di Tel Aviv, in attesa delle decisioni delle autorita' israeliane. La sua vicenda viene seguita dall'ambasciata italiana a Tel Aviv, che e' in contatto con la famiglia a Verona. Dal giorno del processo, Tommasi sta attuando lo sciopero della fame. Nell' ultimo contatto telefonico avuto con l'Italia, ha tuttavia rassicurato i familiari sul fatto che sta bene. Ieri la Corte Suprema di Tel Aviv - ha riferito la famiglia - ha accettato di esaminare l'istanza in appello del legale di Tommasi contro l'eventuale misura di espatrio nei suoi confronti. Il giovane - questo e' il motivo del suo sciopero della fame - chiede invece che le autorita' israeliane, rispettando la sentenza del tribunale che lo ha assolto, semplicemente lo rilascino, consentendogli di rientrare in Italia da cittadino libero. La Corte Suprema comunicherà oggi la propria decisione. Il padre, Lorenzo Tommasi, ha spiegato che il figlio era stato arrestato dalla polizia per essersi rifiutato di consegnare le riprese filmate con cui aveva documentato, davanti alla Porta di Damasco, il comportamento dell'esercito israeliano durante l'arresto di un suo amico americano, Peter Kevin Lawny. Nel processo cui era stato sottoposto il giorno seguente, il giudice aveva pero' assolto Tommasi, decidendone la scarcerazione. Nonostante cio' - rileva sempre il padre - il giovane veronese e' stato trattenuto dalla polizia per motivi di sicurezza' e tradotto al carcere di Tel Aviv. Tutto questo - conclude Tommasi - senza che noi famigliari fossimo messi al corrente di alcunchè, se non da una telefonata domenica da parte di una cittadina italiana occasionale testimone dell'accaduto

Italia

lavoro

I 70 dipendenti della Habitus, l'azienda tessile di Valguarnera (Enna), che da mesi protestano per il mancato pagamento degli stipendi, questa mattina all'alba si sono barricati all'interno del palazzo municipale. Da piu' di un mese gli operai sono in presidio permanete nell'aula consiliare, ma questa mattina hanno chiuso le porte impedendo a dipendenti e amministratori comunali l'accesso al municipio. La decisione dopo l'ennesimo incontro disertato dall'amministratore della Habitus, l'imprenditore palermitano Giuseppe Maniscalco, che ieri avrebbe dovuto presentarsi all'ufficio provinciale del lavoro di Enna per chiarire la situazione aziendale, definire i tempi di versamento delle paghe arretrate (ben cinque mensilita') e avviare le procedure per la cassa integrazione. Si tratta del sesto appuntamento disertato da Maniscalco. Due settimane fa, in seguito a un altro incontro saltato gli operai, avevano bloccato i binari nei pressi della stazione Dittaino (Enna) e nei loro confronti era stata formalizzata la denuncia per blocco ferroviario, alla quale potrebbe ora aggiungersi quella di occupazione di edificio pubblico e interruzione di pubblico servizio. Gli operai pero' fanno sapere che usciranno solo quando otterranno gli arretrati e l'avvio della cassa integrazione. Intanto, nello stato di crisi dello stabilimento che fino a pochi mesi fa produceva per grandi marchi dell'abbigliamento, si inserisce anche un'inchiesta della procura della Repubblica di Enna sulle modalita' di cessione dell'industria, venduta con marchio Isca dal titolare Gioacchino Arena alla multinazionale francese Chargeur che aveva promesso immediati investimenti e rilancio occupazionale. Poi, pero', aveva ceduto la societa' all'imprenditore palermitano. L'azienda tra l'altro lo scorso luglio ha ottenuto un finanziamento da 99.604 mila euro con i fondi di Agenda 2000.

Fiat

I circa novemila lavoratori delle aziende dell' indotto dello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat hanno ricevuto in busta paga 20 euro in meno di quelli previsti in base ad un accordo che, il 19 maggio scorso, pose fine ad una lunga protesta degli operai. Lo ha reso noto la Fiom-Cgil di Basilicata, secondo cui il mancato pagamento dei 20 euro rappresenta uno dei tanti tentativi da parte delle aziende che mira a screditare chi ha lottato, proprio nella fase di rinnovo della Rsu. Il segretario della Fiom lucana, Giuseppe Cillis, ha espresso l' auspicio che si tratti soltanto di un errore materiale, per quanto strano e inspiegabile. Nell' invitare le aziende dell' indotto a rispettare l' accordo in ogni parte, la Fiom della Basilicata ha informato della vicenda i dirigenti nazionali del sindacato, che chiederanno un incontro con le imprese. L' obiettivo e' ripristinare la corretta applicazione dell' accordo di maggio, per evitare che si ricorra ad altri strumenti anche piu' drastici per difendere le conquiste fatte dai lavoratori

gror040901 (last edited 2008-06-26 09:50:39 by anonymous)