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ITALIA: IN NOME DELLA RELIGIONE ANCHE IL DIRITTO DI MALTRATTARE LA MOGLIE

Non ci sono più confini al dilagare della politica sessista in nome della religione. Questa volta è una sentenza retriva e reazionaria della Cassazione. Se il marito picchia la moglie in un contesto di dissidio tra coniugi derivante dal diverso credo religioso, non necessariamente viene integrato il reato di maltrattamenti, a condizione che si tratti di episodi sporadici ed espressione di una reattività estemporanea. La circostanza emerge da una sentenza della sesta sezione penale della Corte di Cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal Procuratore Generale di Catanzaro contro l' assoluzione di un uomo, decisa dal Tribunale catanzarese e confermata dalla Corte di Appello.

Tra l' uomo e la moglie vi erano stati in passato continui dissidi legati all' educazione religiosa che la donna, testimone di Geova, impartiva ai figli. Tali dissidi - aggravati da una relazione extraconiugale avviata dall' uomo - erano spesso sfociati in maltrattamenti, al punto che la donna aveva deciso di sporgere querela. Sia il processo di primo grado, sia quello di secondo grado si sono conclusi con una grave sentenza di assoluzione dell' imputato, poiché i giudici hanno ritenuto che le condotte violente dell' uomo "fossero espressione - si legge nella sentenza della Cassazione - di una reattività estemporanea che affondava le sue radici nel clima di dissidio tra i coniugi derivate sia dalla diversa religione" praticata dalla donna, sia soprattutto dalla relazione adulterina" intrattenuta dall' uomo, "che, tuttavia, la congiunta era disposta a subire, non sollecitando la separazione dal marito".

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Editoriale

NOTIZIE BREVI

ESTERI

L'ultima esecuzione: due uccise perché non avevano abbandonato le lezioni In pochi mesi bruciate decine di scuole frequentate dalle bambine afgane

Afghanistan: l'eccidio delle insegnanti cinquanta uccise nell'ultimo anno di GAIA GIULIANI

  • Cinque persone della stessa famiglia sono state uccise due giorni fa, a colpi di arma da fuoco, nella loro casa nell'Afghanistan orientale. Due lavoravano come insegnanti. Entrambe erano donne. Un reato gravissimo quando i talebani erano al governo. Ma forse lo è ancora. Da mesi il presidente Karzai fa pressioni sul governo affinché venga ripristinato il Dipartimento per la prevenzione del vizio e la promozione della virtù, creatura del passato regime che il nuovo vorrebbe riesumare. E che ha già ottenuto larghi consensi e l'approvazione da parte del gabinetto di Karzai.

Nella sua opera di supervisione e correzione dei costumi il Dipartimento poteva comminare pene come la lapidazione per donne sfiorate dal sospetto di adulterio, frustate in pubblico per quelle che avessero mostrato le caviglie, punizioni corporali per chi portava i tacchi - fanno rumore e l'arrivo della donna deve passare inosservato - ma anche il taglio delle dita se trovate con le unghie laccate. Esempio questo citato anche da Cherie Blair all'indomani del 7 ottobre 2001, in un incontro organizzato a Downing Street con una rappresentanza femminile dell'Afghanistan. Anche il veto di svolgere lavori al di fuori di quelli casalinghi, e la proibizione tassativa di ogni tipo di istruzione era un suo diktat.

Un passo indietro il ritorno del Dipartimento, un passo avanti per frenare la corruzione morale del momento secondo le frange fondamentaliste. Perché l'Afghanistan è dilaniato dalle contraddizioni: nella provincia del Kandahar, al confine col Pakistan delle madrasse talebane, e dove germogliò il movimento taliban, il commercio di oppio e di alcol ha raggiunto picchi inaspettati, idem per quanto riguarda la pornografia.

La reazione degli ultratradizionalisti è feroce. Hanno ricominciato a bruciare le scuole dove studiano le ragazze, ammazzando sotto gli occhi degli studenti gli insegnati che impartiscono lezioni alle donne. Secondo un dato rilevato dall'agenzia Reuters alla fine di novembre, quasi 100 donne del Kandahar avrebbero tentato il suicidio - dandosi fuoco o ingerendo veleno - nel corso degli ultimi otto mesi.

L'omicidio delle due insegnanti si inserisce in questa recrudescenza fondamentalista. Tra il 2005 e il 2006 circa cinquanta insegnanti donne sono state uccise da sicari legati ad ambienti talebani. In un rapporto stilato da Human Right Watch un paio di mesi fa, si legge che gli attacchi incendiari alle scuole sarebbero in netto aumento in tutto il paese, terrorizzando le famiglie che preferiscono tenere i figli a casa. Le conseguenze, sempre secondo Hrw, sono che la maggior parte delle bambine che avrebbero accesso alla scuola primaria non viene iscritta, mentre solo il 5% delle adolescenti frequenta le superiori.

Secondo uno studio dell'Unifem, il fondo delle Nazioni Unite dedicato allo sviluppo femminile nel mondo, il 65% delle vedove di Kabul vede nel suicidio l'unico mezzo per sottrarsi alla repressione maschile nell'Afghanistan post talebana. Lo stesso documento ha rilevato come la maggior parte delle afgane siano vittime di violenze sessuali, violenze inaspritesi nel corso degli ultimi cinque anni. Una voce contro gli abusi, contro i finanziamenti americani alle madrasse, foraggiate per controbilanciare l'ingerenza sovietica nel paese, era quella di Meena che nel '77, a vent'anni, creò il Rawa (Revolutionary Association of the Women of Afghanistan), il primo movimento a difesa dei diritti delle donne.

La ammazzarono dieci anni dopo, dopo che era riuscita a fondare scuole in cui era ammessa la presenza femminile e centri di accoglienza. La sua associazione si batte ancora per il riconoscimento delle pari opportunità ma, lamentano le sue discepole, è ancora impossibile aprire una sede del Rawa anche solo a Kabul, la capitale "libera" dalle strettoie integraliste in cui le donne possono lasciare a casa il velo a differenza di quanto accade nei villaggi o al sud. E' stata Rawa a diffondere il filmato dell'uccisione di Zarmeena, la donna afgana ammazzata con un colpo di kalashnikov all'interno di uno stadio mentre i sette figli guardavano l'esecuzione dagli spalti.

In una sua poesia Meena, che aveva lasciato l'università per la causa in un periodo in cui le donne potevano ancora frequentarla, si definiva "la donna che si è svegliata, la donna risorta e divenuta tempesta fra le ceneri dei miei figli bruciati". Time Asia l'ha inclusa tra i 60 eroi storici scelti per festeggiare il suo sessantesimo anno di vita insieme al Mahtma Gandhi, al Dalai Lama e a Madre Teresa di Calcutta, ma la sua bufera è ancora sospesa sul cielo dell'Afghanistan liberato dai talebani.

(Repubblica - 11 dicembre 2006)

Francia: denuncia sulle pubblicità di Natale

Il gruppo lgbt d'oltralpe Panthères Roses ha organizzato un'interessante iniziativa contro l'impostazione sessista e omofoba di molte pubblicità su giochi per bambini/e in Francia, che dilagano nel periodo natalizio. Un certo tipo di bussiness, evidentemente, trova utile insinuare il germe velenoso del sessismo ed annessi nei più piccol@; qualcosa che dovrebbe essere monitorato anche, e soprattutto, qui da noi. La campagna delle Panthères Roses si intitola "Felice natale eterosessista", e svolge un'attenta analisi sui tipi di messaggi pubblicitari lanciati tra ammiccanti scritte colorate e lucette intermittenti. Agghiaccianti alcuni,come quello di alcuni war games dove dei bimbi recitano "imparare a combattere per imparare ad uccidere", o altri dove una bambina deve "giocare a fare il genitore come la mamma", e un bambino "imparare a picchiare come papà", col logo di superman vicino; o altre dove le bambine proclamano di voler giocare solo a fare le faccende domestiche.

ONU: apre alle associazioni lgbt

http://www.pinknews.co.uk/news/articles/2005-3259.html A tre associazioni lgbt è stato garantito lo status "consultivo" alle Nazioni Unite da parte dell'ECOSOC. Il riconoscimento è stato dato all'ILGA-Europa, la branca europea dell'International Lesbian and Gay Association (una federazione di 550 gruppi lgbt in tutto il mondo), e alle associazioni lgbt di Danimarca e Germania, la LBL e la LSVD. Questi gruppi ora si uniranno al gruppo australiano Coalition of Activist Lesbians, già riconosciuto, nella partecipazione ai lavori dell'Onu, e potranno presentare direttamente le proprie istanze. Patricia Prendiville, dirigente di ILGA-Europa, parla di "decisione storica": "Adesso le organizzazioni che rappresentano e difendono i diritti delle persone lgbt possono denunciare in prima persona la discriminazione basata sull'orientamento sessuale e sull'identità di genere a livello delle Nazioni Unite. E' il migliore riconoscimento dei diritti lgbt come diritti umani che gli attivisti lgbt potevano ottenere. Ci auguriamo che questa decisione segni un cambiamento fondamentale a livello delle Nazioni Unite riguardo alla discriminazione sulla base dell'orientamento sesuale e dell'identità di genere. Proprio giorni fa 54 stati membri delle Nazioni Unite hanno sostenuto una dichiarazione che riconosceva queste forme di discriminazione e invitava le Nazioni Unite ad affrontarle seriamente". Anche Rosanna Flamer Caldera, co-segretaria generale dell'ILGA, ha detto: "Non è una questione di diritti speciali. E' una questione basilare di uguaglianza e universalità di diritti umani. Noi chiediamo il diritto di non essere discriminati sulla base di chi siamo, come lesbiche, gay, bisessuali o transgender. A livello internazionale, questo comincia con il riconoscimento da parte delle Nazioni Unite del semplice fatto che le persone lgbt esistono, che possono organizzarsi come gruppi e, come tali, partecipare al lavoro delle Nazioni Unite e protestare contro le molte violazioni dei diritti umani che sopportiamo ancora in tutto il mondo". ITALIA

ITALIA: IN NOME DELLA RELIGIONE ANCHE IL DIRITTO DI MALTRATTARE LA MOGLIE

Non ci sono più confini al dilagare della politica sessista in nome della religione. Questa volta è una sentenza retriva e reazionaria della Cassazione. Se il marito picchia la moglie in un contesto di dissidio tra coniugi derivante dal diverso credo religioso, non necessariamente viene integrato il reato di maltrattamenti, a condizione che si tratti di episodi sporadici ed espressione di una reattività estemporanea. La circostanza emerge da una sentenza della sesta sezione penale della Corte di Cassazione, che ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal Procuratore Generale di Catanzaro contro l' assoluzione di un uomo, decisa dal Tribunale catanzarese e confermata dalla Corte di Appello.

Tra l' uomo e la moglie vi erano stati in passato continui dissidi legati all' educazione religiosa che la donna, testimone di Geova, impartiva ai figli. Tali dissidi - aggravati da una relazione extraconiugale avviata dall' uomo - erano spesso sfociati in maltrattamenti, al punto che la donna aveva deciso di sporgere querela. Sia il processo di primo grado, sia quello di secondo grado si sono conclusi con una grave sentenza di assoluzione dell' imputato, poiché i giudici hanno ritenuto che le condotte violente dell' uomo "fossero espressione - si legge nella sentenza della Cassazione - di una reattività estemporanea che affondava le sue radici nel clima di dissidio tra i coniugi derivate sia dalla diversa religione" praticata dalla donna, sia soprattutto dalla relazione adulterina" intrattenuta dall' uomo, "che, tuttavia, la congiunta era disposta a subire, non sollecitando la separazione dal marito".

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