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Sono stati approvati dal 75,9 per cento degli egiziani che domenica si sono recati alle urne gli emendamenti costituzionali proposti dal presidente Hosni Mubarak e contestati dall'opposizione. Lo ha reso noto stamani il ministro della giustizia Mamdouh Pareli, diffondendo i risultati del referendum tenuto domenica che, sempre secondo i dati ufficiali, avrebbe fatto registrare un’affluenza del 27,1 per cento, ovvero quasi 9 dei 37 milioni di aventi diritto. Ben diverse le stime sull’affluenza diffuse da organizzazioni indipendenti e uffici per i diritti umani, secondo i quali non si sarebbe recato alle urne più del 6% dei votanti. Tutta l’opposizione politica egiziana, Fratelli Musulmani in testa, aveva infatti invitato a boicottare il referendum sui 34 emendamenti alla costituzione egiziana voluti dal presidente Hosni Mubarak e approvati dal parlamento. La nuova riforma costituzionale avrebbe lo scopo dichiarato di rafforzare il Parlamento, ma secondo i critici riduce alcune libertà civili allo scopo di mantenere più solido lo status quo. Sono in particolare tre gli emendamenti contestati: all’articolo 5 si bandiscono espressamente le formazioni politiche su base religiosa, un cambiamento che mirerebbe a escludere dalla politica attiva i Fratelli musulmani (oggi potente 'confraternita' islamica presente in parlamento con 88 deputati ufficialmente ‘indipendenti’); l’emendamento all’art. 88 incide sul controllo che la magistratura può esercitare sulla trasparenza e la regolarità delle operazioni di voto. Infine all’articolo 179, con la motivazione di rafforzare le leggi antiterrorismo, si autorizzano arresti, perquisizioni domiciliari e intercettazioni telefoniche senza mandato della magistratura. C’è anche chi sostiene che la riforma intende preparare la successione da Mubarak, che concluderà il suo mandato nel 2011, a suo figlio Gamal.

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Sommario

In primo Piano

Editoriale

NOTIZIE BREVI

ESTERI

Costa d'Avorio, il grido di Amnesty: Donne e bambine vittime di stupri sistematici

Amnesty International ha denunciato in un nuovo rapporto l’orripilante dimensione della violenza sessuale contro le donne e le bambine praticata nel conflitto in atto nella Costa d’Avorio, precisando che i dati della propria ricerca e la natura brutale degli attacchi non rivelano ancora la reale estensione del fenomeno. “Centinaia, se non migliaia, di donne e bambine sono state e continuano a essere vittime di massicci e, talvolta, sistematici stupri, commessi da svariati protagonisti del conflitto” - si legge nel rapporto intitolato ‘Costa d’Avorio: le vittime dimenticate del conflitto’.

Nel rapporto, Amnesty International denuncia stupri di gruppo, rapimenti e riduzione in schiavitù sessuale di donne e bambine ad opera dei combattenti. Gli stupri sono spesso preceduti da pestaggi e torture, spesso compiuti in pubblico e di fronte ai familiari delle vittime. Alcune donne sono state persino stuprate accanto ai cadaveri dei propri familiari. “Le donne e le bambine, alcune delle quali di appena 10 anni - prosegue il rapporto - sono prese di mira per motivi etnici e politici. Considerate il simbolo dell’ onore delle loro comunità, vengono stuprate anche per umiliarle e, attraverso la violenza, umiliare il loro gruppo. Nessuno degli autori degli stupri, per quanto ne sappia Amnesty International, è stato consegnato alla giustizia. Il ricorso allo stupro appare così esteso, sistematico e impunito - accusa Amnesty International - da dover concludere che le forze di sicurezza governative e i gruppi dell’opposizione armata lo considerino una deliberata strategia per diffondere il terrore tra la popolazione civile”. Alcuni dei peggiori atti di violenza nei confronti delle donne sono compiuti da mercenari, provenienti soprattutto dalla Liberia, che operano accanto ai gruppi dell’opposizione armata nella Costa d’Avorio occidentale.

Alcune donne intervistate da Amnesty International hanno dichiarato che i loro violentatori parlavano inglese. Le sopravvissute spesso vengono isolate e abbandonate dai mariti e dalle famiglie, e dunque condannate alla povertà estrema con i figli a carico. Sebbene non siano disponibili statistiche accurate, da più parti si ritiene che gli stupri commessi nel contesto del conflitto armato abbiano fatto aumentare in modo significativo la diffusione dell’Hiv/Aids nel paese. Le vittime della violenza sessuale, infatti, spesso non riescono ad avere accesso ai servizi sanitari, laddove esistono. Quelle che vivono nelle aree controllate dalle Forze nuove sono virtualmente tagliate fuori dalla sanità pubblica. Altre sono riluttanti a mettersi in viaggio, a causa dell’alto costo dei trasporti e del concreto rischio che possano subire ulteriore violenza: per raggiungere le strutture sanitarie, infatti, la maggior parte delle donne deve passare attraverso una serie di posti di blocco, che sono proprio i luoghi in cui avvengono molti stupri.

Nel suo rapporto, Amnesty International elenca una serie di raccomandazioni volte a eliminare la violenza sessuale in Costa d’Avorio, attraverso serie indagini e rimedi giudiziari efficaci, come la riabilitazione e il risarcimento. “Lo stupro e altre forme di violenza sessuale commesse da combattenti o guerriglieri nel corso di un conflitto armato, internazionale o interno che sia, costituiscono crimini contro l’umanità e crimini di guerra e devono essere considerati come tali. Eliminare la violenza sessuale deve essere la priorità numero uno di qualsiasi piano di pace destinato a trovare una soluzione duratura all’attuale crisi della Costa d´Avorio” , conclude il rapporto di Amnesty International.

AMNESTY INTERNATIONAL

ITALIA

processi a bologna

Martedi 27 marzo il Tribunale della libertà si pronuncierà sulla richiesta del pm Giovagnoli di arresti domiciliari ed altri provvedimenti cautelari per alcuni/e attivisti di Bologna.

A proposito delle campagne in atto rendiamo pubblico il testo di un appello contro il ricorso all'aggravante di eversione dell'ordine democratico in merito a reati inerenti le lotte sociali, che ha già raccolto numerose adesioni:

Da oltre due anni la Procura di Bologna sta contestando a decine di studenti ed attivisti politici la commissione di reati con finalità di eversione dell'ordine democratico.

27 Ottobre 2004: circa 300 persone chiedono di entrare e di assistere ad una proiezione ad un prezzo scontato al Cinema Capitol; tramite una trattativa si pattuisce col proprietario del cinema il film da vedere e, senza disordini, si vede la proiezione. Il proprietario e la cassiera non sporgono denuncia, i manifestanti sono armati solo di volantini. 29 indagati con l'aggravante dell'eversione dell'ordine democratico.

05 Novembre 2004: circa 150 persone cercano di intavolare una trattativa con le FS per chiedere la gratuità di un treno che li portasse ad una manifestazione contro la precarietà; viene raggiunto un accordo sul prezzo e, pagatolo, i manifestanti tentano di raggiungere il binario. Come riportato negli atti stessi del procedimento penale, una mancata comunicazione fra gli agenti delle forze dell'ordine e dirigenti FS causò una carica da parte della polizia contro i manifestanti. 12 indagati con l'aggravante dell'eversione dell'ordine democratico.

19 Aprile 2005: circa 100 studenti partecipano ad una iniziativa finalizzata alla denuncia dei prezzi troppo elevati della mensa universitaria di Piazza Puntoni a Bologna. Entrati, gli studenti chiedono di poter accedere ad un pasto con una sensibile riduzione del costo. La trattativa fallisce. 20 indagati di cui 9 con l'aggravante dell'eversione dell'ordine democratico.

27 Aprile 2005: viene occupata un'aula in via del Guasto per farne un punto di libera circolazione dei saperi, rivendicandone la gratuità di accesso. La proprietà si rifiuta di concedere l'uso dell'aula per i tre giorni di durata prevista dell'iniziativa. L'aula viene immediatamente sgomberata da agenti di polizia. 26 indagati con l'aggravante dell'eversione dell'ordine democratico. Richiesta di misure cautelari per 3 di essi, eseguita e successivamente rigettata dal Tribunale del Riesame e dalla Corte di Cassazione.

01 Maggio 2005: centinaia di precari e studenti rivendicano la gratuità di un treno per raggiungere il corteo denominato “MayDay” a Milano contro la precarietà; le FS negano ogni possibilità di trattativa. Avvengono dei tafferugli di scarsa entità e successivamente ai manifestanti viene permesso di raggiungere il treno. 21 indagati con l'aggravante dell'eversione dell'ordine democratico. Richiesta di misure cautelari per 8 di essi, rigettata dal presidente dei Giudici per le Indagini Preliminari di Bologna e dalla Corte di Cassazione.

09 Ottobre 2006: in seguito alla manifestazione del 07 Ottobre 2006, denominata “NoBorder Parade” e avente come finalità la richiesta della chiusura del cpt di via Mattei, alcune decine di persone si presentano in consiglio comunale, interrompendolo temporaneamente e chiedendo che fosse messa all'ordine del giorno una presa di posizione da parte dell'amministrazione sulla questione. Viene accordata la costituzione di una Commissione Consultiva sul tema da svolgersi nei giorni successivi e le persone lasciano l'aula consentendo il riavvio dei lavori del Consiglio Comunale. 45 indagati con l'aggravante dell'eversione dell'ordine democratico.

10 Ottobre 2006: nella mattinata vengono sgomberati sei appartamenti con un ingente dispiegamento di forze dell'ordine. Nel pomeriggio diverse persone appartenenti a reti di solidarietà per il diritto alla casa contestano l'assessore Merola nel corso di una seduta della Commissione Casa presso il circolo La Fattoria nel Quartiere San Donato, impedendogli di parlare scandendo slogan per il diritto all'abitare e contro gli sgomberi senza soluzioni alternative. Alcuni esponenti della Commissione casa fra cui il Presidente di Quartiere Malagoli e il Coordinatore Spataro, oltre che l'assessore Merola e la funzionaria dell'assessorato Mimi ritengono di lasciare la sala dell'assemblea. L'assemblea, successivamente, prosegue alla presenza del pubblico. 41 indagati con l'aggravante dell'eversione dell'ordine democratico. Richiesta di misure cautelari per tutti (di cui 16 arresti domiciliari, 4 divieti di dimora, 21 obblighi di presentazione due volte a settimana presso l'autorità giudiziaria), rigettata dal G.I.P, riproposta in appello dal P.M. ed ora in attesa di giudizio.

Sono dunque 7 le inchieste aperte, 52 le misure cautelari richieste, tutte rigettate, 194 gli avvisi di fine indagine notificati, 183 le aggravanti di eversione contestate, 25 anni l'età media degli indagati. E' evidente che la tipologia dei fatti oggetto di indagine, sopra esaminati, non rimandano ad ipotesi eversive, tanto che a più riprese diversi giudici hanno escluso che ricorra tale ipotesi. Con riferimento a quanto recitano le sentenze della Suprema Corte n°1840 del 02-11-2005, della Cass. Sez. 1^ n°556 del 28-01-1994, della Cass. Saz. 1^ n°1753 del 21-10-1983, ricorre l'aggravante dell'eversione unicamente nelle condotte finalizzate al sovvertimento dell'ordine costituzionale, nella disarticolazione delle strutture dello stato, o ancora, nella deviazione dei principi fondamentali che lo governano, con l'ulteriore condizione che lo scopo eversivo sia perseguito con mezzi potenzialmente idonei e detta finalità sia oggetto dell'intenzione diretta e immediata dell'agente. Sulla base di queste pronunce si sono espressi, in merito ai fatti sopracitati e rigettando l'ipotesi dell'eversione, il Tribunale del Riesame di Bologna (7.6003\05), la Suprema Corte Cass. Sez. VI penale (sentenze n°1840\05 e n°850\05) e l'Ufficio del Giudice per le Indagini Preliminari di Bologna (N.r.g.g.i.p. 12387\05 e n° 18284\06). Firmando questo appello chiediamo che la Procura di Bologna legga e rispetti suddette sentenze poiché al di fuori delle ipotesi citate dalle stesse Corti, ogni contestazione della finalità eversiva sino ad ora mossa nei contesti indicati, ci appare un atto pretestuoso idoneo a ledere i diritti e le prerogative degli indagati, oltre ogni ragione possibile e in aperta contraddizione con lo spirito rivendicativo di diritti oggetto delle sopracitate condotte.

Firmato Gli imputati

Siparietto


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ESTERI

Sono stati approvati dal 75,9 per cento degli egiziani che domenica si sono recati alle urne gli emendamenti costituzionali proposti dal presidente Hosni Mubarak e contestati dall'opposizione. Lo ha reso noto stamani il ministro della giustizia Mamdouh Pareli, diffondendo i risultati del referendum tenuto domenica che, sempre secondo i dati ufficiali, avrebbe fatto registrare un’affluenza del 27,1 per cento, ovvero quasi 9 dei 37 milioni di aventi diritto. Ben diverse le stime sull’affluenza diffuse da organizzazioni indipendenti e uffici per i diritti umani, secondo i quali non si sarebbe recato alle urne più del 6% dei votanti. Tutta l’opposizione politica egiziana, Fratelli Musulmani in testa, aveva infatti invitato a boicottare il referendum sui 34 emendamenti alla costituzione egiziana voluti dal presidente Hosni Mubarak e approvati dal parlamento. La nuova riforma costituzionale avrebbe lo scopo dichiarato di rafforzare il Parlamento, ma secondo i critici riduce alcune libertà civili allo scopo di mantenere più solido lo status quo. Sono in particolare tre gli emendamenti contestati: all’articolo 5 si bandiscono espressamente le formazioni politiche su base religiosa, un cambiamento che mirerebbe a escludere dalla politica attiva i Fratelli musulmani (oggi potente 'confraternita' islamica presente in parlamento con 88 deputati ufficialmente ‘indipendenti’); l’emendamento all’art. 88 incide sul controllo che la magistratura può esercitare sulla trasparenza e la regolarità delle operazioni di voto. Infine all’articolo 179, con la motivazione di rafforzare le leggi antiterrorismo, si autorizzano arresti, perquisizioni domiciliari e intercettazioni telefoniche senza mandato della magistratura. C’è anche chi sostiene che la riforma intende preparare la successione da Mubarak, che concluderà il suo mandato nel 2011, a suo figlio Gamal.

ITALIA

Siparietto


Gr 9:30

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ITALIA


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