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'''ECO: ANCORA IN PICCHIATA LE BORSE MONDIALI'''

E' una discesa senza fine. Nonostante le tante iniziative per far fronte alla crisi finanziaria, le maggiori piazze affari anche oggi sono in picchiata. Le borse asiatiche hanno fatto segnare picchi da record. La Borsa giapponese ha chiuso con un meno 9,6%, quella di Hong Kong n calo del 7,7% e Singapore con un -7%. Leggermente meglio la principale Borsa della Repubblica popolare cinese, quella di Shanghai, che segna un ribasso del 3,5%. Wall Street ha chiuso per la sesta volta consecutiva in rosso, con una perdita di quasi il sette per cento del valore totale dei titoli.
E sulla scia delle borse asiatiche e di quella statunitense, le piazze europee hanno aperto tutte con un segno negativo. La peggior performance è stata registrata da Bonn e Londra entrambe perdono in apertura un -10%, in caduta libera anche piazza Affari con -8%. La Borsa di Mosca resta chiusa sino a nuova decisione. Intanto il presidente USA, George Bush ha annunciato per oggi una dichiarazione alla nazione, per rassicurare gli americani.
Il servizio con l'economista e nostro collaboratore Andrea Fumagalli
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'''MIGRANTI: GOLFO DI ADEN, SI CERCANO DECINE DI DISPERSI'''

Proseguono da ieri a largo delle coste yemenite le ricerche di circa 100 migranti, che sarebbero stati abbandonati in mare aperto da un gruppo di trafficanti: lo ha reso noto l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), che tra ieri e oggi ha raccolto le testimonianze di diversi superstiti. Il barcone che trasportava i migranti – ha detto nel corso di una conferenza stampa Ron Redmond, portavoce dell’organizzazione delle Nazioni Unite – era salpato lunedì da una località del nord della Somalia non lontano dal porto di Bossaso; secondo la ricostruzioni di alcuni dei sopravvissuti, che nel complesso sarebbero 47, i migranti sono stati abbandonati a circa cinque chilometri di distanza dalle coste della penisola arabica. Dall’inizio dell’anno – riferisce Unhcr, attraverso una nota consultabile online – 32.000 persone hanno raggiunto lo Yemen dopo aver attraversato su imbarcazioni di fortuna il braccio di mare che lo separa dalla Somalia, un paese ostaggio ormai da molti anni di combattimenti e violenze. Secondo l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, nel 2008 nel Golfo di Aden hanno perso la vita almeno 230 migranti, mentre i dispersi sono ormai 365.

'''SCANDALO CORRUZIONE, GOVERNO IN BILICO'''

Il futuro del governo è più che mai incerto dopo la conferma che tutti i ministri hanno rimesso l’incarico a disposizione del presidente Alan García nel pieno di una crisi politica scatenata da uno scandalo per corruzione nel settore petrolifero che ha già portato alle dimissioni del titolare del dicastero dell’Energia e delle miniere, Juan Valdivia. “Non rifuggiamo alle nostre responsabilità, respingiamo qualsiasi insinuazione e non accettiamo accuse senza prove basate solo su testimonianze di persone al margine della legge” ha detto il primo ministro Jorge Del Castillo in un messaggio trasmesso dalla tv di stato. Lo scandalo è scoppiato domenica dopo la diffusione di alcune intercettazioni telefoniche su presunte tangenti intascate dal vice-presidente dell’azienda petrolifera statale ‘PerùPetro’, Alberto Quimper (già destituito insieme al presidente dell’impresa, César Gutiérrez), e da un ex-ministro del primo governo dell’attuale presidente Alan Garcia, Romulo León, in cambio di concessioni di sfruttamento in cinque aree petrolifere all’azienda norvegese ‘Discover Petroleum’. Successive intercettazioni pubblicate da alcuni organi di stampa implicherebbero nell’affare anche lo stesso Del Castillo e il ministro della Sanità, Hernan Garrido Lecca. Il governo ha sospeso immediatamente ogni rapporto con la ‘Discover’, che ha negato il pagamento di ‘bustarelle’, mentre il parlamento è stato incaricato di riesaminare tutti i contratti petroliferi siglati dal 2006 a oggi per verificare eventuali irregolarità. L’opposizione sta intanto preparando una mozione di censura contro il governo che si dovrà presentare martedì in parlamento per chiarire la sua posizione sulla vicenda, ribattezzata ‘Petrogate’.
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SCONTRI TRA ESERCITO E RIBELLI TUAREG NEL NORD
 Altro, Brief

Violenti combattimenti si sono verificati nel nord del paese tra esercito e ribelli del Movimento dei nigerini per la giustizia (Mnj). Lo riferiscono fonti governative precisando che il bilancio degli scontri, avvenuti martedì dopo diverse settimane di calma, è di tre soldati e un ribelle uccisi. “Numerosi ribelli – ha precisato il ministero della Difesa alla radio nazionale – sono rimasti feriti nei combattimenti, che hanno provocato anche la distruzione di due veicoli militari”. Il movimento separatista, dal canto suo, afferma di aver condotto un’incursione a Eroug, vicino Gougaram (nord) contro posizioni dell’esercito, e di aver provocato “numerosi morti” tra le file nemiche, sequestrando ingenti quantità di armi. Sul sito internet del movimento, il capo delle milizia, Alain Alambo, ha affermato che il Mnj aveva osservato una tregua di due mesi, finalizzata a favorire la fine del conflitto attraverso il dialogo: “ci troviamo costretti, ora – afferma Alambo – a riprendere le armi per la nostra causa”. Nessun contatto è stato ancora ufficialmente intrapreso tra i ribelli tuareg e il governo di Niamey che definisce il Mnj un “gruppo di banditi” e “trafficanti di droga”, rifiutandosi di riconoscere le loro richieste per una distribuzione più equa delle risorse nazionali, e le loro denunce contro la cattiva gestione del presidente Mamadou Tandja, in particolare nello sfruttamento dell’uranio i cui proventi non hanno aiutato lo sviluppo delle aree settentrionali, rimaste isolate e sottoposte inquinamento e a danni ambientali.
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'''SCUOLA, STUDENTI IN PIAZZA CONTRO IL DECRETO GELMINI'''

Studenti in piazza contro la riforma Gelmini. Lo striscione in testa al corteo dell'Unione degli Studenti preannuncia un autunno difficile negli istituti. 'Non e' che l'iniziò, recita lo striscione. Gli studenti bocciano il ministro dell'Istruzione e replicano con cinque no alle innovazioni e ai provvedimenti più contestati della riforma: i tagli per 8 miliardi di euro all'istruzione con la conseguente riduzione del personale docente e non, il maestro unico, l'abbassamento dell'obbligo scolastico dai 16 anni ai 14, i finanziamenti alle strutture private e il voto in condotta. Proprio la proposta pensata per arginare il fenomeno del bullismo è stato protagonista di numerosi cori: "Con il voto di condotta - gridano gli studenti - ci tappano la bocca". A testimoniare i possibili effetti della riforma, in testa al corteo viene trasportata da due giovani una bara nera con la scritta 'scuola'.

ROMA - Più di un migliaio di studenti delle scuole superiori della Capitale sono partiti da Piazza di Porta San Paolo a Roma, diretti a Viale Trastevere, sotto la sede del Ministero dell'Istruzione, per protestare contro la riforma Gelmini. Nel corteo bandiere, striscioni, cori e volantini contro il governo, il ministro Gelmini e il sindaco di Roma Alemanno. Gli studenti protestano anche con balli a ritmo di musica.

"Siamo in piazza per svelare le balle di questo governo". Così un componente della Rete degli studenti medi che oggi è in piazza a Roma per protestare contro i tagli di 8 miliardi di euro alla scuola pubblica, "la vera riforma messa in campo dal governo Gelmini-Tremonti-Berusconi". Secondo gli organizzatori del corteo il maestro unico e la riduzione di ore di tirocinio negli istituti tecnici sono solo la conseguenza di questi tagli. La manifestazione di Roma come quelle di altre città -la protesta studentesca si tiene oggi nelle più importanti piazze d'Italia- è stata indetta dall'Unione degli studenti che chiedono, tra l'altro, "una legge nazionale sul diritto allo studio, che abbatta la dispersione scolastica e renda possibile accedere ai saperi su tutto il territorio nazionale". Tra gli studenti che nella Capitale si stanno dirigendo verso il ministero dell'Istruzione ci sono anche dei rappresentanti dell'Udu (Unione degli universitari), che manifestano contro la finanziaria, che blocca le assunzioni e costringe gli atenei a introdurre il numero chiuso in maniera capillare. Secondo Federica Musetta, rappresentante dell'Udu con questi provvedimenti aumenteranno anche le tasse e si costringeranno le università pubbliche a diventare fondazioni di diritto privato.

NAPOLI - Anche Napoli in piazza per protestare contro la riforma Gelmini. Il corteo di protesta, organizzato dall'Unione degli Studenti di Napoli e dall'Unione universitari Napoli, è da poco partito da piazza Garibaldi. Migliaia, secondo gli organizzatori hanno aderito alla manifestazione. "La prima di una lunga serie - dice Roberta dell'Unione degli Universitari - la nostra lotta durerà tutto l'autunno". Non è, infatti, un caso se lo slogan scelto per il corteo è 'Non e' che l'iniziò: "la battaglia continua", promettono gli studenti. "Ostacoleremo in tutti i modi i provvedimenti della Gelmini - preannunciano - ci mobiliteremo per scuole e università che siano pubbliche, dove sia garantito un reale accesso alle conoscenze, soprattutto attraverso gli investimenti economici. Lotteremo per un'idea di scuola completamente opposta agli attacchi del nuovo ministro".

'''Produzione industriale -2,4% nei primi 8 mesi dell'anno'''

La produzione industriale ad agosto è diminuita del 14,3% rispetto ad agosto 2007, mentre l'indice destagionalizzato ha registrato un aumento dell'1,4% rispetto a luglio 2008. Lo comunica l'Istat, aggiungendo che l'indice della produzione corretto per i giorni lavorativi ha registrato, sempre in agosto, una diminuzione tendenziale del 5,3% (i giorni
lavorativi sono stati 20 contro i 22 di agosto 2007).

La produzione industriale tra gennaio ed agosto ha registrato una diminuzione del 2,4% rispetto al corrispondente periodo del 2007. L'Istat aggiunge che l'indice corretto per i giorni lavorativi, nella media dei primi otto mesi dell'anno ha segnato un calo dell'1,9% rispetto al corrispondente periodo dell'anno scorso (i giorni lavorativi sono stati 168 contro i 170 del 2007).

 

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Appunti e note redazionali

Fonti

Gr 19:30

Sommario

In primo Piano

ECO: ANCORA IN PICCHIATA LE BORSE MONDIALI

E' una discesa senza fine. Nonostante le tante iniziative per far fronte alla crisi finanziaria, le maggiori piazze affari anche oggi sono in picchiata. Le borse asiatiche hanno fatto segnare picchi da record. La Borsa giapponese ha chiuso con un meno 9,6%, quella di Hong Kong n calo del 7,7% e Singapore con un -7%. Leggermente meglio la principale Borsa della Repubblica popolare cinese, quella di Shanghai, che segna un ribasso del 3,5%. Wall Street ha chiuso per la sesta volta consecutiva in rosso, con una perdita di quasi il sette per cento del valore totale dei titoli. E sulla scia delle borse asiatiche e di quella statunitense, le piazze europee hanno aperto tutte con un segno negativo. La peggior performance è stata registrata da Bonn e Londra entrambe perdono in apertura un -10%, in caduta libera anche piazza Affari con -8%. La Borsa di Mosca resta chiusa sino a nuova decisione. Intanto il presidente USA, George Bush ha annunciato per oggi una dichiarazione alla nazione, per rassicurare gli americani. Il servizio con l'economista e nostro collaboratore Andrea Fumagalli

Editoriale

NOTIZIE BREVI

ESTERI

MIGRANTI: GOLFO DI ADEN, SI CERCANO DECINE DI DISPERSI

Proseguono da ieri a largo delle coste yemenite le ricerche di circa 100 migranti, che sarebbero stati abbandonati in mare aperto da un gruppo di trafficanti: lo ha reso noto l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati (Unhcr), che tra ieri e oggi ha raccolto le testimonianze di diversi superstiti. Il barcone che trasportava i migranti – ha detto nel corso di una conferenza stampa Ron Redmond, portavoce dell’organizzazione delle Nazioni Unite – era salpato lunedì da una località del nord della Somalia non lontano dal porto di Bossaso; secondo la ricostruzioni di alcuni dei sopravvissuti, che nel complesso sarebbero 47, i migranti sono stati abbandonati a circa cinque chilometri di distanza dalle coste della penisola arabica. Dall’inizio dell’anno – riferisce Unhcr, attraverso una nota consultabile online – 32.000 persone hanno raggiunto lo Yemen dopo aver attraversato su imbarcazioni di fortuna il braccio di mare che lo separa dalla Somalia, un paese ostaggio ormai da molti anni di combattimenti e violenze. Secondo l’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, nel 2008 nel Golfo di Aden hanno perso la vita almeno 230 migranti, mentre i dispersi sono ormai 365.

SCANDALO CORRUZIONE, GOVERNO IN BILICO

Il futuro del governo è più che mai incerto dopo la conferma che tutti i ministri hanno rimesso l’incarico a disposizione del presidente Alan García nel pieno di una crisi politica scatenata da uno scandalo per corruzione nel settore petrolifero che ha già portato alle dimissioni del titolare del dicastero dell’Energia e delle miniere, Juan Valdivia. “Non rifuggiamo alle nostre responsabilità, respingiamo qualsiasi insinuazione e non accettiamo accuse senza prove basate solo su testimonianze di persone al margine della legge” ha detto il primo ministro Jorge Del Castillo in un messaggio trasmesso dalla tv di stato. Lo scandalo è scoppiato domenica dopo la diffusione di alcune intercettazioni telefoniche su presunte tangenti intascate dal vice-presidente dell’azienda petrolifera statale ‘PerùPetro’, Alberto Quimper (già destituito insieme al presidente dell’impresa, César Gutiérrez), e da un ex-ministro del primo governo dell’attuale presidente Alan Garcia, Romulo León, in cambio di concessioni di sfruttamento in cinque aree petrolifere all’azienda norvegese ‘Discover Petroleum’. Successive intercettazioni pubblicate da alcuni organi di stampa implicherebbero nell’affare anche lo stesso Del Castillo e il ministro della Sanità, Hernan Garrido Lecca. Il governo ha sospeso immediatamente ogni rapporto con la ‘Discover’, che ha negato il pagamento di ‘bustarelle’, mentre il parlamento è stato incaricato di riesaminare tutti i contratti petroliferi siglati dal 2006 a oggi per verificare eventuali irregolarità. L’opposizione sta intanto preparando una mozione di censura contro il governo che si dovrà presentare martedì in parlamento per chiarire la sua posizione sulla vicenda, ribattezzata ‘Petrogate’.

ITALIA

NAPOLI, I TRANSESSUALI SI INCATENANO PER CONTESTARE MARA CARFAGNA

  • In centocinquanta hanno manifestato davanti al Comune «Siamo costrette a battere, non potete discriminarci» giovedì 09 ottobre 2008 , di Il Corriere del Mezzogiorno

La prima protesta «ufficiale» dei transessuali davanti al Comune di Napoli: una giornata per la dignità

  • NAPOLI — Lo avevano promesso meno di un mese fa: «Se passa il disegno
    • di legge del ministro Carfagna, noi siamo finite e siamo disposte anche a scendere in piazza per far valere il nostro diritto a condurre una vita dignitosa».

    E, così, ieri mattina l'associazione «TransNapoli» ha scelto di

    • manifestare per la prima volta davanti a Palazzo San Giacomo. E questa volta non è stata una sfilata per ostentare il proprio orgoglio di genere. Proprio mentre la giunta comunale guidata dal sindaco Rosa Russo Iervolino sta discutendo l'emanazione locale del decreto legge ministeriale che punta a punire prostitute, senza fissa dimora e writers.
    Insieme alle circa cinquanta attiviste del movimento transgender si
    • sono unite un centinaio di persone tra gli operatori delle cooperative sociali, l'Arcigay di Napoli, i Giuristi democratici e Medicina democratica. Ma sono i transex che spiccano sotto al sole di piazza Municipio. Sfoggiano un look all'ultima moda e, soprattutto, difendono la propria dignità.

La portavoce dell'associazione è Carmen. Un fisico da top model, alta

  • e imponente con lunghi capelli neri e occhiali da sole. Usa parole semplici e precise per far capire all'opinione pubblica che i trans non hanno alcuna possibilità di trovare un lavoro.
  • «Qui noi non abbiamo nessuna alternativa alla prostituzione - dice
    • convinta - perché quando chiediamo di poter lavorare ci sbattono la porta in faccia appena vedono la nostra cara d'identità. Lo facciamo solo per sopravvivere e se intendono approvare questo provvedimento ci arrestino pure. Almeno in carcere abbiamo un pasto caldo e un tetto per dormire».

Anche sulle alternative per una prostituzione più decorosa il

  • movimento trans ha le idee chiare: «Crediamo - sostiene la vicepresidente dell'associazione napoletana, Loredana Rossi - che mandare le lucciole al chiuso vietando la prostituzione in strada non sia una risposta adeguata, anche perché in nome della sicurezza, o meglio del decoro, si finisce per tutelare ancora meno le prostitute, esse stesse spesso vittime di episodi di microcriminalità ». Carmen, Loredana e le altre trans spiegano come in altre città qualcosa invece sta cambiando. E propongono l'esempio di Bologna, dove «le nostre amiche hanno avuto opportunità di lavoro».

Tutte insieme si sistemano dietro lo striscione verde che recita: «Non

  • vogliamo fare per forza la vita, dateci più politiche sociali, formazione e lavoro ». Hanno un bavaglio davanti alla bocca e le catene che stringono ai propri polsi: «Rivendichiamo la nostra normalità - grida una trans più anziana - perché gli unici anormali sono coloro che non ci accettano per quello che siamo».
  • Ma per loro, a differenza di altri, non c'è nessuna «Isola dei famosi»
    • pronta ad accoglierle né un rappresentante dell'amministrazione con la voglia di ascoltarle. Anzi, pochi minuti dopo l'inizio del presidio, la digos decide di identificare una ventina di manifestanti. La loro colpa è quella di essersi coperti il volto con foulard e cappucci neri. Una scenografia che intendeva denunciare l'invisibilità dei soggetti più deboli ed emarginati. Un momento di tensione che si è affievolito con il buon senso degli attivisti nel rinunciare ai cappucci. Soprattutto era un riferimento per le ragazze vittime della tratta di esseri umani e condannate alla prostituzione.
    Per loro, con la mancanza di risorse delle politiche sociali, sono a
    • rischio i centri di accoglienza dello stesso Comune di Napoli. In pizza con i trans non si vedono rappresentanti di Rifondazione Comunista che appena un due anni fa aveva eletto Vladimir Luxuria in Parlamento. Ad appoggiare la manifestazione sono arrivati a titolo personale i consiglieri dello stesso Prc Pino De Stasio e Alessandro Fucito, mentre l'unico esponente politico presente, Francesco Ma-ranta, è lac onico: «Per definire la proposta dell'assessore Scotti — sbotta l'ex consigliere regionale — si può utilizzare il titolo del nuovo romanzo di Francesco Durante, Scuorno: questa amministrazione di centrosinistra tradisce la base del suo consenso popolare».

Siparietto


Gr 13:00

In primo Piano

Islanda in bancarotta, nella voragine precipitano gli enti locali inglesi: buco da 1 mld

Un piccolo Paese, un grande problema. L'Islanda è sull'orlo del fallimento: crolla anche l'ultima grande banca, la corona è in caduta libera, la Borsa è chiusa. Il presidente, Olafur Ragnar Grimsson, va in ospedale per problemi cardiaci. E il premier Geir Haarde davanti alle telecamere ammette: per il sistema bancario islandese c'è un concreto "rischio di bancarotta". Non bastasse, la crisi avvelena i rapporti con Londra.

Banche nazionalizzate Il governo islandese ieri ha assunto il controllo di Kaupthing Bank, il primo istituto di credito della nazione. Neanche l'intervento della Svezia, che aveva messo a disposizione un prestito di emergenza da circa cinque miliardi di corone per sostenere la divisione svedese di Kaupthing, è servito a evitare il collasso dell'istituto sotto il peso dei debiti. Nel giro di poche ore si e' cosi' completato il 'takeover' del sistema bancario da parte del governo: Kaupthing era infatti l'unica grande banca dell'Islanda rimasta indipendente dopo che gli altri due maggiori istituti, Landsbanki e Glitnir, erano finiti sotto il controllo dell'Authority finanziaria.

Borsa chiusa L'Authority di vigilanza ha garantito integralmente i depositi di Kaupthing e la regolare operatività della banca, ma intanto sono state sospese tutte le contrattazioni della Borsa fino a lunedì per le "eccezionali condizioni" di mercato. La moneta islandese è in caduta libera dopo che la banca centrale ha tentato invano di ancorarla all'euro e gli scambi sono stati sospesi.

"Stiamo fallendo" Per il sistema bancario islandese c'è un concreto "rischio di bancarotta", ha ammesso il primo ministro Geir Haarde. Stando ai calcoli dell'agenzia Bloomberg, l'Islanda ha accumulato un debito pari a 61 miliardi di dollari, una cifra 12 volte superiore al Pil del Paese. Nel corso degli ultimi anni, d'altra parte, le banche islandesi si sono lanciate in operazioni finanziarie sempre più ardite, che hanno portato ad un rapporto fra gli impegni e il Pil (ovvero, fra gli investimenti e la ricchezza prodotta in un anno) di 10 a 1. Reykjavik sta affannosamente cercando di ottenere un prestito dalla Russia - si parla di 4 miliardi di euro - e un incontro fra i rispettivi leader potrebbe esserci martedì. Contemporaneamente, il governo potrebbe chiedere aiuto al Fondo Monetario Internazionale per far fronte alle garanzie sui depositi.

La rabbia inglese Contro l'Islanda punta il dito il premier britannico Gordon Brown, affatto impietosito dalla crisi del Paese dei ghiacci. Brown ha definito "inaccettabile" il comportamento delle autorità dell'isola, e ha minacciato "azioni legali" contro il governo islandese se la questione della tutela dei depositi dei cittadini o degi enti britannici non sarà risolta. In particolare, il premier critica la decisione islandese di congelare i conti dei clienti britannici sulla banca online Icesave, filiale della Landsbanki, che e' stata nazionalizzata.

NOTIZIE BREVI

ESTERI

Kosovo: l'ONU vuole una perizia sull'indipendenza

La Corte internazionale di giustizia dell'Aja si pronuncerà sulla legittimità della dichiarazione d'indipendenza del Kosovo. È quanto ha deciso l'Assemblea generale dell'ONU, approvando una risoluzione avanzata dalla Serbia.

Le autorità di Belgrado sono riuscite ad aggiudicarsi il primo round nella vertenza sullo statuto internazionale del Kosovo, l'ex-provincia serba a maggioranza albanese, la cui dichiarazione unilaterale d'indipendenza è stata riconosciuta finora da 48 Stati.

Nel corso dell'Assemblea generale delle Nazioni unite, 77 dei 192 paesi membri dell'ONU hanno accettato la proposta della Serbia di chiedere alla Corte internazionale di giustizia dell'Aja una perizia sulla legittimità dell'indipendenza del Kosovo. Solo 6 Stati si sono opposti a questa richiesta, mentre 74 si sono astenuti dal voto, tra cui anche Svizzera, Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna.

La Corte internazionale di giustizia è ora chiamata a decidere, se la proclamazione d'indipendenza è conforme al diritto internazionale. Il processo di riconoscimento del nuovo Stato da parte della comunità internazionale rischia così di essere rallentato, dal momento che i giudici dell'Aja impiegheranno prevedibilmente almeno un anno per esaminare la questione.

Israele: forte tensione a Akko dopo scontri arabi-ebrei

GERUSALEMME - Un clima di forte tensione regna stamane nella città di Akko (l'antica San Giovanni d'Acri) dopo i violenti disordini di ieri e dello scorso mercoledì notte tra arabi ed ebrei, scoppiati dopo che un arabo israeliano era passato in auto in un quartiere ebraico durante la festività dello Yom Kippur (dove gli ebrei digiunano e vanno a piedi).

Nella città si è tenuta questa mattina una consultazione del capo della polizia David Cohen con alti ufficiali e con le autorità cittadine, nell'intento di prevenire nuovi scoppi di violenze.

Nella città (50 mila abitanti), a popolazione mista di arabi (un terzo) e ebrei, la polizia è stata rinforzata da centinaia di agenti. Dozzine di persone delle due comunità sono intanto state arrestate in relazione alle violenze e agli atti di vandalismo commessi nel corso dei disordini, che hanno visto la devastazione di decine di negozi e un centinaio di automobili danneggiate.

La tensione sembra però estendersi anche ad altri centri e per questo motivo le forze dell'ordine si sono dispiegate anche in altre località del paese, come nei villaggi arabi della Galilea, dove potrebbero scoppiare manifestazioni violente. A questo clima teso sembrano inoltre contribuire anche gli scambi di accuse di pogrom tra esponenti politici arabi e ebrei, che reciprocamente scaricano sulla parte avversaria la responsabilità dei disordini.

CIPRO: QUARTO INCONTRO TRA PRESIDENTI PER RIUNIFICAZIONE

È previsto oggi il quarto incontro del dialogo per la riunificazione dell’isola tra il presidente greco-cipriota Dimitris Christofias e quello turco-cipriota Mehmet Ali Talat; alla riunione, che si svolgerà in una località nella zona cuscinetto sotto il controllo Onu tra le due parti dell’isola, partecipa anche dell’inviato speciale del segretario generale dell’Onu Alexander Downer. Il processo politico è stato avviato su iniziativa del presidente Christofias all’indomani della sua elezione a febbraio, ma dopo un notevole slancio e progressi positivi ha incontrato problemi sulla definizione del futuro assetto dell’isola: se i turco-ciprioti insistono per una struttura federale con una forte autonomia, i greco-ciprioti vorrebbero una sorta di confederazione più integrata. Resta aperto anche lo spinoso problema dei risarcimenti per i circa 240 mila greco-ciprioti che hanno perso le loro proprietà nella parte nord dell’isola, dopo l’occupazione turca del 1974 seguita a un fallito colpo di stato di nazionalisti greco-ciprioti per annettere l’isola alla Grecia. Nei giorni scorsi, per incoraggiare il dialogo tra le parti, si sono recati a Cipro l’ex presidente americano Jimmy Carter, l’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu e l’ex ministro degli Esteri algerino Lakhdar Brahimi, in qualità di facilitatori.

SCONTRI TRA ESERCITO E RIBELLI TUAREG NEL NORD

  • Altro, Brief

Violenti combattimenti si sono verificati nel nord del paese tra esercito e ribelli del Movimento dei nigerini per la giustizia (Mnj). Lo riferiscono fonti governative precisando che il bilancio degli scontri, avvenuti martedì dopo diverse settimane di calma, è di tre soldati e un ribelle uccisi. “Numerosi ribelli – ha precisato il ministero della Difesa alla radio nazionale – sono rimasti feriti nei combattimenti, che hanno provocato anche la distruzione di due veicoli militari”. Il movimento separatista, dal canto suo, afferma di aver condotto un’incursione a Eroug, vicino Gougaram (nord) contro posizioni dell’esercito, e di aver provocato “numerosi morti” tra le file nemiche, sequestrando ingenti quantità di armi. Sul sito internet del movimento, il capo delle milizia, Alain Alambo, ha affermato che il Mnj aveva osservato una tregua di due mesi, finalizzata a favorire la fine del conflitto attraverso il dialogo: “ci troviamo costretti, ora – afferma Alambo – a riprendere le armi per la nostra causa”. Nessun contatto è stato ancora ufficialmente intrapreso tra i ribelli tuareg e il governo di Niamey che definisce il Mnj un “gruppo di banditi” e “trafficanti di droga”, rifiutandosi di riconoscere le loro richieste per una distribuzione più equa delle risorse nazionali, e le loro denunce contro la cattiva gestione del presidente Mamadou Tandja, in particolare nello sfruttamento dell’uranio i cui proventi non hanno aiutato lo sviluppo delle aree settentrionali, rimaste isolate e sottoposte inquinamento e a danni ambientali.

ITALIA

SCUOLA, STUDENTI IN PIAZZA CONTRO IL DECRETO GELMINI

Studenti in piazza contro la riforma Gelmini. Lo striscione in testa al corteo dell'Unione degli Studenti preannuncia un autunno difficile negli istituti. 'Non e' che l'iniziò, recita lo striscione. Gli studenti bocciano il ministro dell'Istruzione e replicano con cinque no alle innovazioni e ai provvedimenti più contestati della riforma: i tagli per 8 miliardi di euro all'istruzione con la conseguente riduzione del personale docente e non, il maestro unico, l'abbassamento dell'obbligo scolastico dai 16 anni ai 14, i finanziamenti alle strutture private e il voto in condotta. Proprio la proposta pensata per arginare il fenomeno del bullismo è stato protagonista di numerosi cori: "Con il voto di condotta - gridano gli studenti - ci tappano la bocca". A testimoniare i possibili effetti della riforma, in testa al corteo viene trasportata da due giovani una bara nera con la scritta 'scuola'.

ROMA - Più di un migliaio di studenti delle scuole superiori della Capitale sono partiti da Piazza di Porta San Paolo a Roma, diretti a Viale Trastevere, sotto la sede del Ministero dell'Istruzione, per protestare contro la riforma Gelmini. Nel corteo bandiere, striscioni, cori e volantini contro il governo, il ministro Gelmini e il sindaco di Roma Alemanno. Gli studenti protestano anche con balli a ritmo di musica.

"Siamo in piazza per svelare le balle di questo governo". Così un componente della Rete degli studenti medi che oggi è in piazza a Roma per protestare contro i tagli di 8 miliardi di euro alla scuola pubblica, "la vera riforma messa in campo dal governo Gelmini-Tremonti-Berusconi". Secondo gli organizzatori del corteo il maestro unico e la riduzione di ore di tirocinio negli istituti tecnici sono solo la conseguenza di questi tagli. La manifestazione di Roma come quelle di altre città -la protesta studentesca si tiene oggi nelle più importanti piazze d'Italia- è stata indetta dall'Unione degli studenti che chiedono, tra l'altro, "una legge nazionale sul diritto allo studio, che abbatta la dispersione scolastica e renda possibile accedere ai saperi su tutto il territorio nazionale". Tra gli studenti che nella Capitale si stanno dirigendo verso il ministero dell'Istruzione ci sono anche dei rappresentanti dell'Udu (Unione degli universitari), che manifestano contro la finanziaria, che blocca le assunzioni e costringe gli atenei a introdurre il numero chiuso in maniera capillare. Secondo Federica Musetta, rappresentante dell'Udu con questi provvedimenti aumenteranno anche le tasse e si costringeranno le università pubbliche a diventare fondazioni di diritto privato.

NAPOLI - Anche Napoli in piazza per protestare contro la riforma Gelmini. Il corteo di protesta, organizzato dall'Unione degli Studenti di Napoli e dall'Unione universitari Napoli, è da poco partito da piazza Garibaldi. Migliaia, secondo gli organizzatori hanno aderito alla manifestazione. "La prima di una lunga serie - dice Roberta dell'Unione degli Universitari - la nostra lotta durerà tutto l'autunno". Non è, infatti, un caso se lo slogan scelto per il corteo è 'Non e' che l'iniziò: "la battaglia continua", promettono gli studenti. "Ostacoleremo in tutti i modi i provvedimenti della Gelmini - preannunciano - ci mobiliteremo per scuole e università che siano pubbliche, dove sia garantito un reale accesso alle conoscenze, soprattutto attraverso gli investimenti economici. Lotteremo per un'idea di scuola completamente opposta agli attacchi del nuovo ministro".

Produzione industriale -2,4% nei primi 8 mesi dell'anno

La produzione industriale ad agosto è diminuita del 14,3% rispetto ad agosto 2007, mentre l'indice destagionalizzato ha registrato un aumento dell'1,4% rispetto a luglio 2008. Lo comunica l'Istat, aggiungendo che l'indice della produzione corretto per i giorni lavorativi ha registrato, sempre in agosto, una diminuzione tendenziale del 5,3% (i giorni lavorativi sono stati 20 contro i 22 di agosto 2007).

La produzione industriale tra gennaio ed agosto ha registrato una diminuzione del 2,4% rispetto al corrispondente periodo del 2007. L'Istat aggiunge che l'indice corretto per i giorni lavorativi, nella media dei primi otto mesi dell'anno ha segnato un calo dell'1,9% rispetto al corrispondente periodo dell'anno scorso (i giorni lavorativi sono stati 168 contro i 170 del 2007).

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Gr 9:30

ESTERI

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gror081010 (last edited 2008-10-10 17:27:18 by anonymous)