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AMAZZONIA: SCONTRI TRA INDIGENI E POLIZIA, BILANCI ANCORA INCERTI

Una vera e propria ‘caccia all’uomo’ è in corso nella zona del Lago Titicaca, alla frontiera con la Bolivia, paese in cui, secondo le autorità peruviane, potrebbe essersi rifugiato Alberto Pizango, presidente dell’Associazione interetnica della selva peruviana (Aidesep), protagonista da due mesi di una massiccia sollevazione indigena contro la politica di sfruttamento delle risorse naturali condotta dal governo di Lima nella regione amazzonica. Pizango è accusato di “sedizione” e “ribellione” dopo i violenti scontri tra polizia e nativi avvenuti tra giovedì e venerdì nella zona nota come la Curva del Diablo, 700 chilometri a nord della capitale, dove centinaia di nativi occupavano da alcuni giorni una strada nei pressi della località di Bagua. Ancora incerto il bilancio delle vittime: secondo fonti ufficiali 24 sarebbero gli agenti uccisi e nove gli indigeni che hanno perso la vita, oltre 150 i feriti e 70 le persone arrestate; le vittime civili sarebbero invece fra le 30 e le 50, secondo Shapiom Noningo, presidente della Commissione dei popoli indigeni amazzonici, che ha escluso l’uso di armi da fuoco da parte dei nativi. L’area degli scontri è presidiata dai militari, mentre sono segnalati altri blocchi stradali nel dipartimento di Loreto, dove un gruppo di indigeni avrebbe anche tentato di occupare l’aeroporto di Trompeteros, di proprietà dell’azienda ‘Pluspetrol’. Intanto un migliaio di nativi, fra cui donne e bambini, si è rifugiato presso le strutture di una chiesa della località di Bagua Grande, ha riferito all’agenzia ‘Efe’ il parroco, padre Castinaldo Ramos. Il coprifuoco è stato imposto nella zona di Bagua, presidiata dalla forza pubblica, mentre le organizzazioni indigene chiedono l’invio sul terreno di una commissione d’inchiesta per fare chiarezza sull’accaduto. Solidarietà con i fratelli dell’Amazzonia peruviana è stata espressa dalle organizzazioni indigene di Bolivia, Ecuador e Colombia.

NOTIZIE BREVI

ESTERI

Libano: elezioni; Hezbollah riconosce vittoria maggioranza

BEIRUT - Il movimento sciita libanese Hezbollah che guida l'opposizione sostenuta da Iran e Siria ha riconosciuto stamani la vittoria della coalizione rivale filo-occidentale alle elezioni legislative, di cui però non sono ancora stati annunciati i risultati ufficiali definitivi.

"I lealisti si aggiudicano la maggioranza dei seggi in Parlamento e l'opposizione riconosce il risultato", ha affermato la tv al Manar del Partito di Dio nel notiziario della mattina, facendo riferimento alla coalizione del "14 marzo" (lealisti) e a quella dell'"8 marzo" (opposizione).

Il deputato di Hezbollah, Hasan Fadlallah, vincitore secondo i dati parziali nel distretto meridionale di Bint Jbeil, ha dal canto suo sottolineato che il duo Hezbollah-Amal, alleato del partito del leader cristiano Michel Aoun, ha riportato un vero e proprio "plebiscito" nel sud e nella valle orientale della Bekaa.

"Il Paese rimane basato su un equilibrio confessionale", ha aggiunto Fadlallah citato da al Manar, affermando però che "chi detiene la vera maggioranza è chi possiede la maggioranza in tutte le comunità confessionali".

"I numeri continuano a dire - ha proseguito il deputato di Hezbollah - che il nostro alleato Michel Aoun ha la maggioranza dei cristiani, mentre noi e Amal abbiamo la maggioranza degli sciiti. Come è possibile formare un potere quando fuori da questo potere esistono delle maggioranze comunitarie?", ha concluso Fadlallah.

COREA DEL NORD

IRAQ

– Almeno sette persone sono morte e altre 24 sono rimaste ferite per l’esplosione di una bomba nella zona sud di Baghdad. Lo riferiscono fonti giornalistiche locali, precisando che l’ordigno era stato collocato su un minibus. La deflagrazione è avvenuta mentre il mezzo attraversava il quartiere di Abu Dsheer. Ieri quattro poliziotti iracheni sono morti in due diversi attentati: uno a Falluja e l’altro a Mossul.

YEMEN

PAKISTAN

PROSEGUONO SCONTRI E OMICIDI MIRATI, UCCISO DIRETTORE DI ‘RADIO SHABELLE’

Sono proseguiti anche nel fine-settimana i combattimenti tra i gruppi armati pro-governativi e quelli legati all’opposizione in corso da giovedì nella zona del villaggio di Wabho, nella regione di Galgadud, nel centro della Somalia. Lo riferiscono fonti locali, precisando comunque che le battaglie più cruente si sono tenute tra venerdì e sabato, quando in città non erano rimasti che combattenti, dopo la fuga di gran parte dei civili. Secondo fonti giornalistiche locali gli scontri, al momento sospesi, avrebbero provocato la morte di oltre 50 combattenti delle due parti e il ferimento di altri 70. Ma secondo un bilancio diffuso ieri dall’Helman human rights group, uno dei più importanti gruppi per la difesa dei diritti umani del paese, nella battaglia di Wabho sono morte 123 persone. Le notizie che arrivano dalla zona teatro dei durissimi combattimenti, tuttavia, sono scarse e difficili da verificare. A 48 ore dalla battaglia principale, infatti, non è ancora chiaro chi controlli la zona e quale dei due schieramenti abbia avuto la meglio nello scontro. Tutte da verificare, infine, le informazioni relative al ferimento grave di Sheikh Hassan Dahir Aweys, il capo supremo dei movimenti di opposizione armata al governo, proprio durante la battaglia di Wabho. Intanto la situazione resta grave a Mogadiscio, dove ieri tre uomini armati hanno ucciso Mukhtar Mohamed Hirabe, direttore di ‘Shabelle Media Network’, forse il più importante gruppo editoriale somalo. Hirabe è stato freddato da tre sicari che gli hanno sparato mentre camminava per le strade del mercato di Bakara (dove si trova anche la storica redazione dell’emittente Radio Shabelle), ferendo gravemente anche il capo dei programmi di Radio Shabelle, Ahmed Omar Hashi.

Gabon, smentita la notizia della morte del presidente

Un portavoce del governo gabonese ha smentito oggi la notizia della morte del presidente Omar Bongo, diffusa ieri dal settimanale online Le Point e poi confermata da una fonte vicina al governo francese.

Stamane Raphael N'Toutoume, portavoce di Bongo, ha smentito il decesso in Spagna del leader gabonese alla Radio France Inter sottolineando invece che Bongo "ha lasciato la clinica di Barcellona dove era ricoverato" e si è "ritirato nella sua casa di Barcellona". Non ha invece aggiunto nulla riguardo allo stato di salute del capo dello stato, al potere da 41 anni.

Anche il ministero degli esteri francese ha affermato oggi di "non essere al corrente della morte di Bongo" smentendo cosi' di essere all'origine dell'informazione

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