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'''Morti sul lavoro'''
Due operai che stavano lavorando in un cantiere edile a via Perlasca, zona Collatino, sono precipitati da un’impalcatura ieri sera verso le 19.30 e uno di loro, di circa 40 anni, è morto durante il trasporto all’ospedale «Vannini». L’altro operaio è stato trasportato in codice giallo al «Pertini»: l’uomo, anch’egli di circa 40 anni, si è salvato perchè nella caduta è rimasto incastrato nell’impalcatura. Sul posto sono intervenuti gli agenti della polizia di Stato. Sempre ieri un altro operaio romeno, anch’egli di circa 40 anni, è stato colpito da un masso, pesante oltre 15 chilogrammi, mentre lavorava in un cantiere alla periferia di Montefiascone, in provincia di Viterbo. L’uomo, soccorso dagli operatori del 118, è stato trasportato nell’ospedale cittadino, dove gli sono state riscontrate la frattura dello sterno ed alcune contusioni. Secondo i medici che lo hanno in cura non versa in pericolo di vita. Sulle cause dell’infortunio sul lavoro sono in corso accertamenti da parte dei carabinieri e dell’Asl di Viterbo. Mercoledì scorso, invece, un operaio addetto al sezionamento a freddo dei prosciutti nello stabilimento Fiorucci di Santa Palomba, vicino a Roma, è rimasto ferito. L’uomo, dipendente di una ditta che opera in appalto all’interno dello stabilimento, ha subito un profondo taglio a un braccio con la recisione dell’arteria radiale. L’immediato intervento dell’eliambulanza, che lo ha trasportato nell’ospedale San Camillo di Roma, ha evitato conseguenze più gravi.
'''In-sicurezza sul lavoro'''
Due operai che stavano lavorando in un cantiere edile a via Perlasca, zona Collatino, sono precipitati da un’impalcatura ieri sera verso le 19.30 e uno di loro, di circa 40 anni, è morto durante il trasporto all’ospedale «Vannini». L’altro operaio è stato trasportato in codice giallo al «Pertini»: l’uomo, anch’egli di circa 40 anni, si è salvato perchè nella caduta è rimasto incastrato nell’impalcatura. Sempre ieri un altro operaio romeno, anch’egli di circa 40 anni, è stato colpito da un masso, pesante oltre 15 chilogrammi, mentre lavorava in un cantiere alla periferia di Montefiascone, in provincia di Viterbo. Secondo i medici che lo hanno in cura non versa in pericolo di vita. Sulle cause dell’infortunio sul lavoro sono in corso accertamenti da parte dei carabinieri e dell’Asl di Viterbo.
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'''Morti sul lavoro'''
Due operai che stavano lavorando in un cantiere edile a via Perlasca, zona Collatino, sono precipitati da un’impalcatura ieri sera verso le 19.30 e uno di loro, di circa 40 anni, è morto durante il trasporto all’ospedale «Vannini». L’altro operaio è stato trasportato in codice giallo al «Pertini»: l’uomo, anch’egli di circa 40 anni, si è salvato perchè nella caduta è rimasto incastrato nell’impalcatura. Sul posto sono intervenuti gli agenti della polizia di Stato. Sempre ieri un altro operaio romeno, anch’egli di circa 40 anni, è stato colpito da un masso, pesante oltre 15 chilogrammi, mentre lavorava in un cantiere alla periferia di Montefiascone, in provincia di Viterbo. L’uomo, soccorso dagli operatori del 118, è stato trasportato nell’ospedale cittadino, dove gli sono state riscontrate la frattura dello sterno ed alcune contusioni. Secondo i medici che lo hanno in cura non versa in pericolo di vita. Sulle cause dell’infortunio sul lavoro sono in corso accertamenti da parte dei carabinieri e dell’Asl di Viterbo. Mercoledì scorso, invece, un operaio addetto al sezionamento a freddo dei prosciutti nello stabilimento Fiorucci di Santa Palomba, vicino a Roma, è rimasto ferito. L’uomo, dipendente di una ditta che opera in appalto all’interno dello stabilimento, ha subito un profondo taglio a un braccio con la recisione dell’arteria radiale. L’immediato intervento dell’eliambulanza, che lo ha trasportato nell’ospedale San Camillo di Roma, ha evitato conseguenze più gravi.
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Si è rifugiato presso l’ambasciata del Nicaragua in Perù Alberto Pizango, presidente dell’Associazione interetnica della selva peruviana (Aidesep), protagonista da due mesi di una massiccia sollevazione indigena contro la politica di sfruttamento delle risorse naturali condotta dal governo di Lima nella regione amazzonica. Lo ha riferito il ministro degli Esteri, Yehude Simon, che ha reso pubblica una nota ricevuta dalla stessa ambasciata. Pizango, contro il quale si era scatenata una vera e propria ‘caccia all’uomo’ nella zona del lago Titicaca, alla frontiera con la Bolivia, ha chiesto e ottenuto rifugio presso la sede diplomatica di Managua che si starebbe adesso muovendo perché all’esponente indigeno venga concesso un salvacondotto verso una destinazione estera. Pizango è accusato di “sedizione” e “ribellione” dopo i violenti scontri tra polizia e nativi avvenuti tra giovedì e venerdì nella zona nota come la Curva del Diablo, 700 chilometri a nord della capitale, dove centinaia di nativi occupavano da alcuni giorni una strada nei pressi della località di Bagua. Ancora incerto il bilancio delle vittime: secondo fonti ufficiali 24 sarebbero gli agenti uccisi e nove gli indigeni che hanno perso la vita, oltre 150 i feriti e 70 le persone arrestate; le vittime civili sarebbero invece fra le 30 e le 50, secondo Shapiom Noningo, presidente della Commissione dei popoli indigeni amazzonici, che ha escluso l’uso di armi da fuoco da parte dei nativi. Si è rifugiato presso l’ambasciata del Nicaragua in Perù Alberto Pizango, presidente dell’Associazione interetnica della selva peruviana (Aidesep), protagonista da due mesi di una massiccia sollevazione indigena contro la politica di sfruttamento delle risorse naturali condotta dal governo di Lima nella regione amazzonica. Lo ha riferito il ministro degli Esteri, Yehude Simon, che ha reso pubblica una nota ricevuta dalla stessa ambasciata. Pizango, contro il quale si era scatenata una vera e propria ‘caccia all’uomo’ nella zona del lago Titicaca, alla frontiera con la Bolivia, ha chiesto e ottenuto rifugio presso la sede diplomatica di Managua che si starebbe adesso muovendo perché all’esponente indigeno venga concesso un salvacondotto verso una destinazione estera. Pizango è accusato di “sedizione” e “ribellione” dopo i fatti avvenuti tra giovedì e venerdì nella zona nota come la Curva del Diablo, 700 chilometri a nord della capitale, dove centinaia di nativi occupavano da alcuni giorni una strada nei pressi della località di Bagua e sono stati duramente attaccati dalle forze dell'ordine. Ancora incerto il bilancio delle vittime: secondo fonti ufficiali 24 sarebbero gli agenti uccisi e nove gli indigeni che hanno perso la vita, oltre 150 i feriti e 70 le persone arrestate; le vittime civili sarebbero invece fra le 30 e le 50, secondo Shapiom Noningo, presidente della Commissione dei popoli indigeni amazzonici, che ha escluso l’uso di armi da fuoco da parte dei nativi.

GR ore 13:00

In-sicurezza sul lavoro Due operai che stavano lavorando in un cantiere edile a via Perlasca, zona Collatino, sono precipitati da un’impalcatura ieri sera verso le 19.30 e uno di loro, di circa 40 anni, è morto durante il trasporto all’ospedale «Vannini». L’altro operaio è stato trasportato in codice giallo al «Pertini»: l’uomo, anch’egli di circa 40 anni, si è salvato perchè nella caduta è rimasto incastrato nell’impalcatura. Sempre ieri un altro operaio romeno, anch’egli di circa 40 anni, è stato colpito da un masso, pesante oltre 15 chilogrammi, mentre lavorava in un cantiere alla periferia di Montefiascone, in provincia di Viterbo. Secondo i medici che lo hanno in cura non versa in pericolo di vita. Sulle cause dell’infortunio sul lavoro sono in corso accertamenti da parte dei carabinieri e dell’Asl di Viterbo.

Sgombero Firenze

Alle 3.00 circa di stamattina è stata sgomberata la neonata occupazione della Luna Distro a Firenza.

In piena notte e con un vero e proprio blitz la polizia ha sgomberato senza alcuna

  • motivazione sensata un’occupazione nata da poco più di un giorno. Non si capisce ancora se lo sgombero è stato chiesto dal comune o è stata un’iniziativa delle stesse forze dell’ordine dato che l’articolo 639bis autorizza d’ufficio la procedura per lo sgombero: ovvero non è necessaria l’ordinanza.

7 le persone denunciate. In questo momento si sta svolgendo una conferenza stampa, mentre in serata si terrranno un'assemblea e una proiezione con cena davanti allo stabile sgomberato. Corrispondenza questa mattina.

Nigeria, Shell paga 15,5 milioni di dollari a parenti di vittime per evitare processo

La Shell ha accettato di pagare 15,5 milioni di dollari per chiudere una causa civile che vedeva la compagnia petrolifera olandese accusata di complicità in violazione dei diritti umani nel Delta del Niger. La causa che si sarebbe discussa la settimana prossima negli Stati Uniti era stata promossa dai familiari di alcuni attivisti 'condannati a morte' dai vertici dell'esercito governativo nel 1995. Secondo i familiari delle vittime la Shell avrebbe aiutato il governo nell'infliggere punizioni al gruppo di persone che chiedevano alla compagnia petrolifera, presente in Nigeria dagli anni '40, di avere un comportamento più etico e rispettoso dell'ambiente. Da parte sua la Shell, attraverso il portavoce Malcom Brinded, ha ribadito l'assoluta estraneità all'uccisione e alle torture subite dalle vittime. "Il nostro gesto è solo un riconoscimento del fatto che queste persone hanno sofferto - ha detto Brinded alla Bbc - anche se la Shell non ha avuto nessun ruolo negli eventi". Il pagamento dei 15,5 milioni di dollari, che a qualcuno potrebbe apparire come una parziale ammissione di coinvolgimento, è stato effettuato per chiudere un processo che avrebbe potuto danneggiare l'immagine della compagnia olandese. Tra gli attivisti uccisi c'era anche lo scrittore Ken Saro-Wiwa. Insieme ad altri attivisti aveva formato nel 1990 un gruppo civile che aveva lo scopo di mostrare al mondo intero il disastro ambientale di cui si era resa responsabile la Shell. Nel 1994 furono arrestati accusati di essere i mandanti degli omicidi di quattro leader politici locali. Alla fine del processo Saro-Wiwa e altri 8 suoi compagni furono impiccati. I familiari delle vittime hanno, sin da allora, combattuto contro la Shell. Nell'atto di accusa, deposistato negli Stati Uniti secondo uno statuto di 200 anni fa che permette di portare un caso davanti alle corti statunitensi anche per crimini commessi fuori dagli Usa, i ricorrenti hanno altresì accusato la Shell di aver fornito armi alla polizia nigeriana per tutti gli anni '90 e di aver aiutato l'esercito a catturare gli attivisti.

Afghanistan, soldato Usa lancia granata tra la folla: un bambino muore, oltre 40 i feriti

Un'esplosione al passaggio di un convoglio Usa ha provocato la morte di un bambino e il ferimento di altre 49 persone. Secondo quanto riferito da alcuni testimoni oculari, un soldato statunitense avrebbe lanciato una granata nel mezzo della folla. Abdul Jalal Jalal, il capo della polizia nella provincia del Kunar, ha riferito di aver avviato delle indagini “per capire se responsabile dell'esplosione sia stato realmente un soldato del convoglio Usa, oppure si sia trattato di un attentato messo in atto dai talebani”. Comunque, diversi feriti e altri testimoni hanno riferito a Reuters che è stato un soldato statunitense a lanciare la granata dopo che il convoglio si era arrestato a causa di una foratura di uno dei camion. "Stavo andando a scuola. Un camion del convoglio ha bucato e un soldato ha lanciato una granata dall'interno del mezzo", ha riferito Abdul Wahab, 12 anni, ricoverato adesso in ospedale. Molti dei feriti sono stati portati nell'ospedale di Asadabad; molti di questi sono bambini.

Siria, studenti curdi rischiano l'espulsione dall'università

Ad Aleppo, in Siria, 180 studenti stanno rischiando di essere espulsi dall'università perché appartenenti alla minoranza curda. La denuncia arriva dall'Associazione per i Popoli Minacciati (APM) che è entrata in possesso di una lettera della direzione universitaria in cui si intima agli studenti curdi di presentarsi presso il Comitato disciplinare. I giovani, accusati di aver provocato disordini, rischiano un provvedimento di espulsione poco prima della sessione d'esami. L'APM teme che si voglia impedire alla minoranza curda di accedere ad un livello di cultura superiore e per questo ha chiesto alla ambasciate europee in Siria di protestare. In Siria vivono due milioni di curdi, prevalentemente nelle tre regioni al confine con la Turchia, ai quali viene impedito di esprimere la propria cultura e di usare la propria lingua. Inseguito al processo di arabizzazione in atto nel Paese dal 1962, trecentomila curdi sono stati privati della cittadinanza siriana.

Pizarro si rifugia nell'ambasciata del Nicaragua

Si è rifugiato presso l’ambasciata del Nicaragua in Perù Alberto Pizango, presidente dell’Associazione interetnica della selva peruviana (Aidesep), protagonista da due mesi di una massiccia sollevazione indigena contro la politica di sfruttamento delle risorse naturali condotta dal governo di Lima nella regione amazzonica. Lo ha riferito il ministro degli Esteri, Yehude Simon, che ha reso pubblica una nota ricevuta dalla stessa ambasciata. Pizango, contro il quale si era scatenata una vera e propria ‘caccia all’uomo’ nella zona del lago Titicaca, alla frontiera con la Bolivia, ha chiesto e ottenuto rifugio presso la sede diplomatica di Managua che si starebbe adesso muovendo perché all’esponente indigeno venga concesso un salvacondotto verso una destinazione estera. Pizango è accusato di “sedizione” e “ribellione” dopo i fatti avvenuti tra giovedì e venerdì nella zona nota come la Curva del Diablo, 700 chilometri a nord della capitale, dove centinaia di nativi occupavano da alcuni giorni una strada nei pressi della località di Bagua e sono stati duramente attaccati dalle forze dell'ordine. Ancora incerto il bilancio delle vittime: secondo fonti ufficiali 24 sarebbero gli agenti uccisi e nove gli indigeni che hanno perso la vita, oltre 150 i feriti e 70 le persone arrestate; le vittime civili sarebbero invece fra le 30 e le 50, secondo Shapiom Noningo, presidente della Commissione dei popoli indigeni amazzonici, che ha escluso l’uso di armi da fuoco da parte dei nativi.

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