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ESTERI

(ANSA) - LUCCA, 26 AGO - Due operai sono rimasti gravemente feriti per un'esplosione mentre lavoravano ad una cisterna in una ditta a Capannori (Lucca).

I due operai si erano calati in una cisterna per il trasporto di bitume per riparare una falla e lavoravano con una fiamma ossidrica. All'improvviso e' avvenuta un'esplosione. Entrambi i feriti sono in prognosi riservata. A preoccupare non sono tanto le ustioni, quanto le difficolta' respiratorie. I due hanno inalato gas venefici in seguito all'esplosione.

MILANO - 16 eritrei scioperano e la cooperativa li caccia.

Sedici eritrei lavorano come schiavi. Scioperano. E vengono licenziati. È successo ai lavoratori della cooperativa Papavero, impiegati nel carico e scarico delle merci presso la Gls di Cerro al Lambro (Milano). La Fiat è un simbolo, fa scuola e politica. Ma ciò che avviene a Melfi è solo la punta dell'iceberg. Nel mondo del lavoro in subappalto, specialmente se riguarda stranieri, i diritti sono già spariti da un pezzo. E se qualcuno si azzarda a pretendere ciò che gli è dovuto viene semplicemente cacciato.

Merki ha 45 anni. È scappato dall'Eritrea ed è arrivato in Italia come rifugiato politico sette anni fa. Vive con la moglie e due figli piccoli. Da cinque anni lavora alla Gls, una grossa azienda di logistica di proprietà delle poste inglesi. La Gls si occupa di ogni tipo di spedizione, anche delle casse da morto. Merki però non è un suo dipendente. Ha lavorato sempre nello stesso posto, ma per tre padroni diversi, tre cooperative che nel corso degli anni hanno gestito la manodopera, circa 90 persone tutte straniere. L'ultimo datore di lavoro è la cooperativa Papavero, il cui responsabile è un ex sindacalista Rdb. «Il nostro - racconta Merki è un lavoro pesante. Sgobbiamo per tante ore di fila, anche di notte per circa 1.100 euro al mese, a volte anche qualcosa di più. Ma noi vogliamo i nostri diritti». Per questo insieme ai suoi colleghi, tutti eritrei, seguiti dai SinCobas, Merki lo scorso febbraio ha scioperato quattro volte. I lavoratori della Papavero chiedevano cose elementari: straordinari pagati, tredicesima e quattordicesima, carichi di lavoro sopportabili, un contratto e regole chiare, sicurezza sul lavoro, il corretto pagamento delle imposte e dei contributi da parte del datore di lavoro. Durante gli scioperi hanno tentato di fare un presidio davanti alla Gls, ma ogni volta sono stati fermati da decine di poliziotti in tenuta antisommossa che in un paio di occasioni hanno caricato i manifestanti a colpi di manganello. Due settimana fa, la doccia fredda. La cooperativa Papavero li ha messi alla porta mentre loro erano in ferie. Licenziati per avere scioperato. Secondo i loro «padroncini» si sarebbe trattato di scioperi illegali e senza preavviso che hanno messo in cattiva luce la ditta presso cui lavoravano. L'altra sera i lavoratori si sono presentati alla Gls per chiedere il reintegro sul posto di lavoro. Sono arrivate 4 auto dei carabinieri e dopo poco hanno lasciato l'azienda. Ieri però sono andati all'ispettorato del lavoro per denunciare ancora una volta la loro vicenda e per chiedere che vengano pagati gli arretrati, anche quelli che aspettano da anni dalle cooperative precedenti che li avevano impiegati. La storia di questi eritrei non è un caso isolato. È un misto di razzismo e sfruttamento del lavoro molto comune, specie nelle aziende di logistica lombarde che ricorrono a cooperative per scaricare rischi, tasse e costi della manodopera.

ESTERI

I servizi segreti turchi avrebbero visitato il leader del Pkk numerose volte

Un rappresentante del governo turco ha dichiarato che funzionari statali hanno avuto contatti in carcere con Abdullah Ocalan, il leader storico del Pkk, ritenuto da Ankara, Ue e Usa un gruppo terroristico. Il governo turco ha sempre respinto le richieste da parte dei ribelli curdi di dialogare con il Pkk o con Ocalan per cercare una soluzione alla questione curda.

Il governo turco, sino a pochi giorni fa, ha negato che vi fossero stati mai contatti con il leader curdo detenuto sull'isola prigione di Imrali. La rivelazione è avvenuta a sole tre settimane da un cruciale referendum su un pacchetto di riforma della Costituzione voluto dal partito di radici islamiche Giustizia e Sviluppo (Akp), e infrangerebbe un tabù quasi trentennale. Questo confermerebbe le accuse dell'opposizione, secondo cui il presidente Erdogan sta cercando di conquistarsi le simpatie dell'elettorato curdo. Il ministro della Giustizia, Sadullah Ergin, ha affermato al quotidiano laico Vatan, che i servizi segreti parlando con Ocalan ogni qualvolta la lotta al terrorismo richieda tali contatti.

Dopo essere stato catturato a Nairobi il 15 febbraio 1999, Ocalan è stato condannato a morte il 29 giugno 1999 per attività separatista armata; la pena è stata poi commutata in ergastolo nel 2002 allorché la Turchia ha abolito la pena di morte. Da allora è l'unico detenuto dell'isola-prigione. Il 28 settembre 2006 Ocalan ha fatto rilasciare una dichiarazione al suo legale, Ibrahim Bilmez, nella quale ha chiesto al Pkk di dichiarare un armistizio e cercare di raggiungere un accordo con la Turchia.

Afghanistan

Afghanistan, candidata alle elezioni rapita nella provincia di Herat. Sono state sequestrate altre dieci persone che accompagnavano la donna Fauzia Gilani, una delle candidate alle elezioni parlamentari in programma in Afghanistan il 18 settembre, è stata rapita insieme ad altre dieci persone nell'ovest dell'Afghanistan.

Un poliziotto ha spiegato all'agenzia Nuova Cina: "La donna si stava recando nel distretto di Adraskan per un'iniziativa nell'ambito della campagna elettorale, quando il suo convoglio è stato attaccato da un gruppo di uomini armati". Dopo la notizia del sequestro è subito scattata un'operazione per liberare gli ostaggi.

Quello contro la Gilani è il quarto attacco contro i candidati alle parlamentari negli ultimi mesi. Due candidati sono stati uccisi nella provincia meridionale di Ghazni e in quella orientale di Khost. I Talebani hanno minacciato di boicottare il processo elettorale e per motivi di sicurezza 930 seggi in diverse zone del Paese rimaranno chiusi.

Fauzia Gilani, eletta nella circoscrizione di Herat nel 2005, si occupa da sempre della condizione femminile nel Paese, denunciando le violenze che affliggono la vita di molte donne afgane. Lei stessa ne è stata vittima: costretta a sposarsi a 12 anni con un uomo di 15 anni più grande di lei, ha avuto il suo primo figlio a 13 e oggi è madre di sei bambini. Ha ottenuto visibilità seguendo il caso dell'omicidio della scrittrice Nadia Anjuman, una giovane poetessa trucidata da suo marito.

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gror100826 (last edited 2010-08-26 17:21:57 by anonymous)