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Appunti e note redazionali

Fonti

Gr 19:30

FEMMINICIDI

Crescono i casi di violenza sulle donne nel catanese Aprite un centro a Giarre Adriana Prazio, presidente del centro antiviolENza e antistalking “La Nereide” di Siracusa, sulla base dei dati relativi ai vari casi registrati nell’hinterland jonico-etneo chiede di aprire a Giarre, in provincia di Catania, un nuovo sportello antiviolenza. “Raccogliamo segnalazioni da numerosi comuni che interessano l’area jonica di Giarre, Randazzo, Bronte, ma anche Messina – dice Adriana Prazio -. Sono storie di donne maltrattate da compagni o mariti, o violentate per le quali immediatamente attiviamo una rete di contatti per poterle aiutare in tempi veramente brevissimi”.

A SOSTEGNO DELLA NOSTRA COMPAGNA E DI TUTTO IL MOVIMENTO CONTRO I CIE CONTRO OGNI REPRESSIONE

In questi giorni la repressione sta colpendo chi lotta per la chiusura dei Cie. Infatti, all'alba del 13 gennaio scorso, a Roma, sono scattate le perquisizioni ad opera della digos in casa di quattro persone, accusate per delle scritte contro i Cie e la Croce rossa. Nello stesso tempo, a una delle redattrici di questa radio è stata comminata una sanzione pecuniaria (di ben 5.000 euro). La sanzione si riferisce alla giornata del 13 marzo 2010 quando, durante un presidio solidale fuori dalle mura del Cie di Ponte Galeria, nelle gabbie è scoppiata la rivolta e i reclusi sono saliti sul tetto per gridare la loro rabbia. Le forze dell'ordine hanno risposto con una serie di cariche violentissime, davanti alle quali i solidali e le solidali hanno reagito col blocco dei binari del treno che, costeggiando il Cie, collega il centro di Roma all'aeroporto di Fiumicino. A quest'azione è seguito un corteo spontaneo per comunicare alla città quanto era avvenuto. In quella giornata la nostra redattrice era presente così come sempre è presente Radiondarossa, dando voce alle lotte che si muovono in questa città e che difficilmente trovano spazio su altri mezzi di informazione. Le iniziative contro il Cie di Ponte Galeria hanno visto la partecipazione di gran parte della cittadinanza attiva, anche di persone che prima erano ignare dell'esistenza di un luogo in cui vengono recluse delle persone solo perché prive di un permesso di soggiorno, un documento legato al contratto di lavoro e dunque allo sfruttamento. Questo grazie proprio a quel lavoro di comunicazione e informazione che evidentemente in questo momento da fastidio e si vuole reprimere. RadiOndaRossa esprime tutta la sua solidarietà a chi si attiva ed è solidale con le lotte antirazziste e delle persone migranti, dentro e fuori dai Cie, lotte che continueremo a raccontare tramite i nostri microfoni direttamente dai e nei luoghi di conflitto. Solidarietà per tutte e tutti!

Le compagne e i compagni della redazione di RadiOndaRossa

MORTI SUL LAVORO

E' deceduto oggi (18 gennaio) all'ospedale Niguarda di Milano Salvatore Catalano, uno dei sei operai rimasti gravemente ustionati nell'incidente sul lavoro avvenuto a Paderno Dugnano lo scorso novembre nell'azienda Eureco.

Un operaio è rimasto gravemente ferito mentre lavorava all'interno di un deposito dell'Atac in via di Grottarossa, a Roma. Secondo quanto si è appreso, l'operaio, un trentacinquenne dipendente dell'azienda di trasporti capitolina, è stato schiacciato da un motore mentre lavorava sotto un ponte elevatore. L'uomo stava smontando il motore e con ogni probabilità hanno ceduto i supporti in ghisa. L'operaio è stato trasportato all'ospedale S. Andrea, dove è ricoverato in prognosi riservata.

FIAT: ADESSO IL RICATTO A MELFI E CASSINO

Dopo Pomigliano e Mirafiori, il nuovo contratto Fiat investirà anche Melfi e Cassino. È quanto afferma Sergio Marchionne in un’intervista pubblicata oggi da Repubblica, in cui l’ad del Lingotto sostiene che “non c’è alternativa” al nuovo modello contrattuale. Marchionne ha promesso di alzare i salari e, addirittura, di far partecipare i dipendenti agli utili, a patto però di riuscire prima a ridurre i costi di produzione. “Ci arriveremo -ha detto il manager-. Voglio arrivarci. Ma prima di parteciparli, gli utili dobbiamo farli”. Negando l’intenzione di cedere Alfa Romeo e il comparto veicoli industriali, Marchionne ha però confermato la volontà di spostare sempre più verso l’estero gli assi portanti della Fiat. “Bisognerà abituarsi al fatto che avremo più teste, a Torino, a Detroit, in Brasile, in Turchia, spero in Cina” ha spiegato l’ad del Lingotto. Categorica, infine, la risposta alle richieste di riaprire la trattativa sul contratto dopo il referendum di Mirafiori. “L’intesa Mirafiori non si tocca. Nel referendum le urne hanno detto che il sì ha avuto la maggioranza. Il discorso è chiuso” ha dichiarato con spavalderia Marchionne. La risposta a Marchionne arriva dalle pagine del Corriere della sera per bocca di Giorgio Airaudo, responsabile auto della Fiom. “I lavoratori che hanno votato sì hanno la stessa dignità di quelli del no, non sono certo stati vigliacchi, e molti di loro hanno espresso la loro opinione con legittima convinzione -ha detto Airaudo-. Ma se quel voto fosse stato davvero libero, io so chi avrebbe vinto”. Chiaro il riferimento al ricatto di Marchionne verso gli operai: accettare il nuovo contratto, oppure rischiare di restare senza lavoro perché l’azienda, senza l’ok al referendum, non avrebbe investito sulla fabbrica di Mirafiori. Esattamente lo stesso ricatto già messo in scena dal Lingotto a Pomigliano d’Arco. Intanto, da stamani, operai e sindacalisti della Fiom presidiano il palazzo di giustizia di Melfi (Potenza), dov’è in corso la terza udienza del processo per esaminare il ricorso della Fiat contro la decisione del giudice del lavoro che, nell’agosto 2010, reintegrò tre operai dello stabilimento potentino del Lingotto che l’azienda aveva licenziato un mese prima, ritenendoli responsabili di aver interrotto una linea di produzione durante un corteo interno. Al presidio partecipano anche i tre lavoratori licenziati e poi reintegrati, che però l’azienda non ha mai fatto tornare alla catena di montaggio, offrendo loro solo la possibilità di svolgere attività sindacale.

LAVORO: INIZIATO IL PROCESSO EUTELIA, 800 DIPENDENTI PARTE CIVILE

E’ iniziato davanti alla IV sezione penale del Tribunale di Roma il processo per il crack di Eutelia e la cessione del ramo d’azienda It (Information technology) ad Agile-Omega. Sul banco degli imputati, per il reato di bancarotta fraudolenta, ci sono gli ex manager Samuele e Isacco Landi. Più di 800 lavoratori, degli oltre mille rimasti disoccupati, si sono costituiti parte civile. Il processo è stato aggiornato al 27 maggio prossimo. Nei confronti di Samuele Landi, nel luglio dello scorso anno, il gip emise un’ordinanza di custodia cautelare. In quella occasione furono arrestate sette persone, tra cui l’imprenditore Antonangelo Liori, ex direttore del quotidiano L’Unione Sarda. Per loro si procederà a parte. Secondo l’accusa, il fallimento della società Agile avvenne attraverso operazioni finanziarie speculative operate tramite il gruppo Omega. Nell’ordinanza del gip si legge che i manager “concorrevano a cagionare il dissesto della società con una pluralità di azioni dolose, tra loro coordinate e orientate alla spoliazione di Agile”. Per l’accusa, Samuele e Isacco Landi, in concorso con gli altri per cui si procede separatamente, avrebbero rubato oltre 11 milioni di euro. In mattinata i lavoratori hanno presidiato il tribunale romano, in concomitanza con l’apertura del processo.

Ieri c'è stato il Click day, quasi 300 mila domande

Il maggior numero nel capoluogo lombardo (37.401). MILANO – Sono quasi 300 mila (293 mila) le domande arrivate alle 12 di oggi al Viminale: 208.188 mila per colf e badanti (183.303 colf e 24.885 badanti) e 85.022  per i lavoratori subordinati. Il maggior numero di domande è arrivato dalla provincia di Milano (37.401), seguita da Roma (22.546), Brescia, Bologna, Bergamo, Verona, Napoli.:“Una lotteria con la vita di persone che, nella maggior parte dei casi, sono già qui”.

SCUOLA: SGOMBERI E BOTTE A NAPOLI E MILANO

Polizia in azione oggi a Napoli per sgomberare l’ex mensa dell’Università Orientale in piazza Bianchi, occupata dagli studenti un paio di settimane fa non solo per protestare contro le riforme del trio Gelmini-Brunetta-Tremonti e la distruzione della scuola pubblica, ma anche per creare spazi di sviluppo sociale e auto-organizzato in città. Nel pomeriggio un corteo di protesta è stato caricato con manganelli e lacrimogeni. Repressione anche a Milano. Questa mattina il Preside di Scienze Politiche Daniele Checchi ha nuovamente fatto ricorso alla polizia di stato per sgomberare il Dipartimento Autogestito in Via Livorno 1. Non sono mancate le denunce mosse contro quattro studenti accusati di danneggiamento.

Casilino 900 un anno dopo. La chiusura fa ancora discutere Il 19 gennaio 2010 iniziava la demolizione del campo più grande d’Europa. L’associazione romana "21 luglio" annuncia un rapporto sulla ‘diaspora’ dei suoi abitanti. Il 19 gennaio di un anno fa veniva abbattuta la prima baracca del campo rom simbolo di Roma e il più grande d’Europa: il Casilino 900. Circa un mese di lavori e poi la chiusura definitiva il 15 febbraio alle 13 in punto, con la chiusura del cancello da parte del sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Le associazioni (con in testa la 21 luglio) e i portavoce dell'ex campo, Nenad Sedjiovic e Giuseppe Salkanovic, accusano il comune di non aver rispettato gli impegni, di non aver procurato case e lavoro e di aver causato gravi conseguenze scolastiche ai bambini. L’area dove sorgeva l’ex insediamento, del resto, non è mai diventata un parco ed interessi speculativi rendono appetibile quello spazio, nuovamente ripopolato da baracche sparse degli ultimi “disperati” ed utilizzato, al suo ingresso, come discarica”. Secondo l’associazione 21 luglio, “oggi gli ex abitanti di Casilino 900, profondamente umiliati dalle false promesse delle autorità, rimpiangono le loro case con acqua ed elettricità, l’armonia che si respirava tra le famiglie e la vicinanza dal centro di Roma e dai servizi essenziali, come scuole, ospedali e negozi di generi alimentari”. Il report sarà presentato alla stampa martedì 15 febbraio alle ore 11,00 presso la sala Auditorium Unicef in via Palestro 68, a Roma, mentre alle 16,00, ci sarà la presentazione del Report per i cittadini a cui seguirà una tavola rotonda con le associazioni.

Ddl, Cgil: "150 mila precari hanno 7 giorni per impugnarlo Manca una settimana al termine dei 60 giorni, stabiliti dal collegato lavoro, perchè i lavoratori con un contratto a termine scaduto possano fare ricorso al proprio datore di lavoro prima di perdere definitivamente il diritto di farlo. Il 23 gennaio, infatti, e' la 'dead line' individuata dal collegato lavoro, dopo l'entrata in vigore della legge lo scorso 24 novembre, per quei lavoratori e quelle lavoratrici con un contratto a termine scaduto, di impugnare il licenziamento contro l'azienda in caso di irregolarita', pena la decadenza dal poterlo fare per tutti i periodi retroattivi". Si tratta di "una norma tagliola" , una vera e propria controriforma del diritto e del processo del lavoro. Ma e' soprattutto una norma, quella dei 60 giorni, che colpisce i lavoratori e le lavoratrici precarie che attendono un eventuale rinnovo". Restituzione tasse terremotati, si comincia tra 13 giorni con quelle automobilistiche E' stata fissata al 31 gennaio prossimo la scadenza per il pagamento in unica soluzione. L’Agenzia delle entrate, d'intesa con la Regione Abruzzo, ha formalizzato i termini e le modalità per la restituzione delle tasse automobilistiche sospese a causa del sisma del 6 aprile 2009. Nelle scorse settimane, dopo giorni di proteste e tensioni, il termine per la restituzione delle tasse per i Comuni del cratere, inizialmente previsto per il 1° gennaio 2011, è stato prorogato di sei mesi. Un lavoro impegnativo che è riuscito a tamponare l'emergenza, anche se non tutti si sono detti contenti e qualcuno si aspettava una proroga più ampia.

ESTERI

EGITTO

Due milioni le persone stimate, tutte in piazza da ore per chiedere al rais di andarsene dopo trent’anni di potere ininterrotto. Centinaia di migliaia, se non milioni, di persone sono per le strade delle altre città del Paese: da Alessandria d’Egitto a Suez, da Ismailia al Sinai. La mobilitazione odierna, pacifica e con le caratteristiche a tratti di una festa nazionale, non fa segnalare per ore momenti di tensione. Il comunicato di ieri sera delle forze armate, che avevano detto di ritenere “legittime” le proteste popolari e che non avrebbero mai sparato sulla folla, aveva già abbassato la tensione dopo una settimana di durissimi scontri costati – secondo l’alto commissario dell’Onu per i diritti umani, Navi Pillay  – 300 morti e 3 mila feriti. L’impressione generale, però, è che il vero banco di prova della sfida fra Mubarak e gli oppositori sia solo rinviato e che il vecchio autocrate non sia intenzionato per ora ad andarsene, supportato al riguardo anche da parte delle diplomazie europee e soprattutto dal governo israeliano. Il premio Nobel per la pace, Mohamed el Baradei, esponente dell’opposizione liberal e di fatto megafono internazionale del variegato mondo degli antiMubarak, ha incontrato oggi l’ambasciatore statunitense al Cairo in un colloquio riservato. Lo stesso Baradei ha poi intimato l’attuale presidente “di andarsene entro venerdì”, tradizionale data di preghiera nei paesi islamici e anche per questo storicamente una delle giornate politicamente più intense nei paesi del Maghreb. Fino ad allora, hanno annunciato i manifestanti di piazza Tahrir, “resteremo in piazza. Ormai non si torna più indietro”. intanto a Milano oggi nuovo presidio fuori dal consolato egiziano in solidarietà con i manifestanti del Cairo, Ascolta Natalia del C.s.Cantiere. Non solo Egitto, anche l’Algeria si scalda. Migliaia di studenti hanno manifestato pacificamente questa mattina a Tizi Ouzou, in Cabilia, per reclamare “una vera università” ma anche “libertà democratiche e uno Stato di diritto”. La manifestazione, organizzata dagli studenti dell’Università Mouloud Mammeri di Tizi Ouzou è stata sostenuta anche dal partito d’opposizione Raggruppamento per la cultura e la democrazia. Fra gli slogan degli studenti che hanno marciato per le strade centrali del capoluogo berbero. “Potere assassino”, ma anche “Stop alla corruzione” e “Bouteflika vattene!” In Tunisia invece centinaia di dimostranti sono tornati di nuovo in piazza oggi a Kasserine, teatro di alcune delle scene più cruente della rivolta contro il regime del deposto presidente Ben Ali. La popolazione si è ribellata oggi contro le violenze e i saccheggi che hanno interessato ieri la città. Alcuni autori dei saccheggi di ieri avrebbero confessato di essere stati assoldati da uomini di Ben Ali e del suo partito, l’Rcd, per creare caos e destabilizzare la situazione. Scene analoghe a Tunisi, dove alcuni uomini armati non identificati hanno sparato in un quartiere periferico uccidendo un uomo. Colpi d’arma di fuoco anche a Biserta. Stando alle Nazioni Unite, il bilancio delle vittime della rivolta tunisina sarebbe quindi arrivato a quota 147 decessi, con 510 ferimenti. Infine la Giordania dove il traballante re Abdallah II ha azzerato il governo in carica e nominato un nuovo primo ministro, Marouf Bakhit, un generale in pensione non inviso alle opposizioni. L’intento è quello di prevenire, allacciando un confronto proprio con le forse sociali avverse al governo, situazioni di crisi e rivolte popolari dopo che da diverse settimane le giornate del venerdì si erano trasformate in occasioni di protesta sindacale e politica contro il governo giordano e le sue politiche volte a colpire le fasce più deboli della popolazione.

Corrispondenza audio da piazza Taharir con Azzurra Meringolo.

Egitto. La situazione dei MIGRANTI AFRICANI SEQUESTRATI daiTRAFFICANTI Sono rimasti in 27, tra cui quattro donne, gli ostaggi eritrei in mano a trafficanti di uomini nel deserto del Sinai. Lo rende noto l’associazione Habeisha per i diritti dei migranti, sottolineando che, in base alle testimonianze degli stessi rifugiati segregati nella penisola egiziana al confine con Israele, una delle donne, incinta al quinto mese di gravidanza, rischia di perdere il bambino, a causa di abusi e maltrattamenti subiti dai predoni. Secondo l’associazione, che grazie a contatti con gli ostaggi e i loro familiari ha sollevato la drammatica situazione dei migranti portandola all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale, altri 32 eritrei sarebbero caduti nelle mani di trafficanti. La richiesta dei carcerieri, come nel caso precedente, è di diverse migliaia di euro in cambio dei rilascio. Intanto ieri, una giovane eritrea di circa 20 anni è stata uccisa a colpi di arma da fuoco dalle guardie di frontiera egiziane mentre tentava di superare illegalmente la frontiera con Israele. Secondo fonti locali egiziane altri sei eritrei sono stati arrestati nella notte mentre tentavano di attraversare il confine.

Sudan manifestazioni anti-governative a Khartoum: muore uno studente

Uno studente sarebbe morto in Sudan per le ferite riportate dopo essere stato picchiato dalle forze di sicurezza, che hanno represso con la forza le manifestazioni di protesta ispirate a quelle esplose nel vicino Egitto. Lo riferiscono alcuni manifestanti. 

Le proteste sono andate avanti per tutta la notte scorsa e molti studenti dell'Università di Khartoum sono stati respinti con i lacrimogeni all'interno dei dormitori. Almeno cinque, secondo gli attivisti, i giovani rimasti feriti. Alcuni testimoni rifesiscono che la polizia circonda le università a Khartoum e in altre città.

TUNISIA: GOVERNO NUOVO, POLITICI VECCHI: PROTESTE DI PIAZZA La formazione del nuovo esecutivo di unità nazionale non spegne le proteste della popolazione in Tunisia. Centinaia di persone si sono nuovamente radunate oggi nel centro di Tunisi per manifestare contro il partito dell’ex presidente Ben Ali, comunque dominante nella coalizione di governo ufficializzata ieri. La polizia ha disperso il corteo, ma nella capitale si registrano comunque tante piccole manifestazioni spontanee, sparse un po’ in tutta la città. Proteste di piazza anche a Biserta, dove nei giorni scorsi si sono verificati violenti scontri sia fra cittadini e polizia, sia fra esercito regolare e forze fedeli a Ben Ali. Anche a Biserta, come a Tunisi, i dimostranti hanno chiesto a gran voce lo scioglimento del partito di regime e le dimissioni del premier, Mohamed Ghannouchi, esponente proprio del partito dell’ex presidente.

ARRESTI IN EUSKAL HERRIA Questa notte operativi della Guardia Civil e della Policia Nicional hanno effettuato 10 arresti sul territorio basco nella zona della Navarra, 10 persone accusate di appoggiare il gruppo armato Eta. In galera è finito anche Iker Moreno Ibanez, figlio dell’attuale portavoce della sinistra indipendentista basca, Txelui Moreno. Secondo il giudice Fernando Marlaska, che ha ordinato gli arresti, le persone finite in manette sarebbero accusate di aver cercato di ricostruire Ekin, un’associazione giovanile indipendentista illegalizzata dalle autorità spagnole perché ritenuta fiancheggiatrice di Eta. Il teorema che sta dietro a questa struttura accusatoria è però il solito: chiunque punti all’indipendenza da sinistra in modo radicale, per il sistema giudiziario spagnolo diventa automaticamente complice delle azioni armate di Eta. Le operazioni di oggi arrivano dopo che Eta, la scorsa settimana ha dichiarato un cessate il fuoco permanente e verificabile.'

Iran, arrestato il marito dell'avvocatessa che difese il Nobel Shirin Ebadi

Dopo aver cercato di difendere la moglie, condannata a 11 anni di carcere in Iran, Reza Khandan è stato anche lui arrestato domenica mattina a Teheran. La notizia è stata diffusa dal sito della campagna «Un milione di firme», un gruppo di attiviste che lottano contro le discriminazioni riguardanti le donne presenti nelle leggi iraniane. La moglie di Reza Khandan è Nasrin Sotoudeh, avvocatessa iraniana che ha difeso detenuti minorenni, prigionieri politici, attivisti per i diritti umani, e anche il premio Nobel per la pace Shirin Ebadi. Sotoudeh è stata condannata la scorsa settimana a 11 anni di carcere per attentato alla sicurezza dello stato e propaganda contro il regime. Le è stato proibito per altri 20 anni di esercitare la professione e di lasciare il Paese. Reza Khandan era stato convocato stamattina alla procura della prigione di Evin. Si trattava della sua seconda convocazione dopo l’arresto della moglie a settembre. La sua accusa non è ancora chiara. In passato gli era stato intimato di smettere di parlare con i media stranieri. Lui aveva continuato, cercando di difendere la moglie. Secondo i familiari gli è stato chiesto di versare una cauzione di 50 milioni di toman (37mila euro). Reza e Nasrin hanno due figli, di 11 e di 3 anni.


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gror110118 (last edited 2011-02-01 18:21:22 by anonymous)