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gRor ore 10.00

dal mondo

PALESTINA

Le forze armate israeliane hanno effettuato una doppia incursione nella notte nel settore autonomo palestinese della striscia di Gaza. Lo si apprende da fonti della sicurezza palestinese. Una colonna israeliana e' penetrata a Beit Lahia, una seconda nella vicina Beit Hancun, sempre nel nord della striscia di Gaza. Sono stati sentiti colpi di arma da fuoco. Dieci palestinesi ricercati dai servizi di sicurezza israeliani perche' sospettati di aver partecipato ad attacchi anti-israeliani sono stati arrestati durante la doppia incursione di questa notte. Lo ha annunciato l'esercito israeliano in un suo comunicato precisando che una bomba e' esplosa durante l'operazione senza causare feriti. I militari israeliani hanno inoltre annunciato la cattura di altri quattro palestinesi in Cisgiordania. Nella doppia incursione di stanotte, fatta con mezzi corazzati contro Beit Lahia e la vicina Beit Hanun non vi sono state vittime. Brevi sparatorie sono avvenute fra israeliani e palestinesi.

Un avamposto eretto illegalmente da coloni ebrei nella zona di Nablus (Cisgiordania) e' stato rimosso la scorsa notte su ordine del ministro della difesa Benyamin Ben Eliezer. Lo ha riferito la radio militare secondo cui si tratta dell'avamposto di Ein Horon. Nel corso della operazione - che ha destato forte irritazione nel movimento dei coloni - sono stati fermati alcuni cittadini israeliani. Secondo il movimento 'Pace Adesso' gli avamposti selvaggi eretti da coloni in Cisgiordania sono ormai numerose decine. Nel frattempo si e' conclusa la incursione israeliana in due cittadine palestinesi nel Nord della striscia di Gaza. Le forze armate israeliane hanno compiuto quattro arresti. Fonti militari israeliane hanno aggiunto che nel corso della operazione due soldati sono rimasti feriti in modo leggero.

CILE (fonte misma)

L’ennesimo ‘no’ è stato opposto dalla magistratura cilena a una richiesta di revoca dell’immunità per l’ex dittatore Augusto Pinochet. La Corte d’appello di Santiago del Cile ha infatti respinto ieri l’istanza presentata dal giudice argentino Maria Servini de Cubría, la quale avrebbe voluto sottoporre a interrogatorio l’anziano generale in merito all’uccisione del generale cileno Carlos Prats e della sua consorte, Sofia Cuthbert. Il duplice omicidio venne perpetrato nella capitale argentina Buenos Aires il 30 settembre 1974. In relazione a questo caso è già stato condannato all’ergastolo Enrique Arancibia Claven, ex agente della Direzione di intelligenza nazionale (Dina), la polizia segreta attiva durante la dittatura (1973-‘90). Con questa sentenza la Corte d’appello conferma la linea fin qui seguita dalla Corte Suprema, la quale anche riguardo alla vicenda della cosiddetta ‘Carovana della morte’ (operazione che nelle settimane successiva al golpe vide gli uomini di Pinochet impegnati a eliminare gli avversari politici in varie zone del Cile) ha ritenuto l’ex dittatore non in grado di sostenere un processo, a causa delle sue condizioni di salute. Il pronunciamento dei giudici è arrivato proprio alla vigilia del 29mo anniversario del colpo di Stato che portò al potere la giunta guidata da Pinochet.

PAKISTAN

Uomini armati hanno occupato un edificio nella zona commerciale di Karachi e in una sparatoria sono stati feriti tre poliziotti. Il tutto è avvenuto oggi all'alba nella citta' portuale pachistana. Lo hanno riferito le autorità pakistane secondo la quale gli scontri a fuoco sono in corso da circa tre ore e nessuna altra informazione e' disponibile su chi siano gli attaccanti e su quali siano le loro richieste. Le forze dell'ordine hanno intensificato le misure di sciurezza a Karachi e in altre citta' pachistane per prevenire possibili attacchi terroristici in occasione dell'anniversarrio dell'11 settembre.

dall'Itala

Lo shock dell’11 settembre ha offerto l’opportunità a diversi governi di compiere un giro di vite ai danni dei diritti umani, in nome della crociata mondiale contro il terrorismo. E’ questo il senso della denuncia formulata dal presidente della sezione italiana di Amnesty International, Marco Bertotto, proprio in coincidenza con l’anniversario dei drammatici attentati di cui sono stati teatro lo scorso anno gli Stati Uniti. La MISNA propone il testo completo della presa di posizione da parte dell’organizzazione di difesa dei diritti umani. “In Bielorussia, una normativa approvata lo scorso dicembre autorizza la perquisizione di edifici senza l’approvazione dell’autorità giudiziaria. Il sistema repressivo dell’Egitto – caratterizzato da tortura e processi iniqui – è stato suggerito dallo stesso governo del Cairo come modello efficace di lotta al terrorismo per i paesi occidentali. In Pakistan, gli emendamenti alla legge sulla sicurezza nazionale mettono a rischio l’indipendenza della magistratura e stabiliscono la partecipazione di personale militare alle giurie chiamate ad occuparsi di processi per ‘terrorismo’. L’atto sull’antiterrorismo introdotto lo scorso anno nel Regno Unito consente la detenzione a tempo indeterminato, senza accusa né processo, di cittadini stranieri sospettati di collusione con il terrorismo internazionale. L’ordinanza sulla sicurezza e l’ordine pubblico nello Zimbabwe, entrata in vigore a gennaio, vieta le manifestazioni e criminalizza chiunque esprima critiche nei confronti della polizia, delle forze armate o del presidente Mugabe. Sono, questi, solo alcuni degli episodi più significativi per raccontare, senza troppi giri di parole, in quale mondo viviamo ad un anno di distanza dall’immane tragedia dell’11 settembre 2001. Promulgando nuove leggi e facendo ricorso alla vecchia brutalità, in tante circostanze i governi - a partire da quello degli Usa, dove ora un sistema di ‘giustizia di seconda classe’ si fonda su detenzioni arbitrarie e tribunali militari - hanno finito per sacrificare i diritti umani sull’altare della sicurezza e dell’antiterrorismo. L’obiettivo della ‘sicurezza a tutti i costi’ si è trasformato in un pretesto, quasi una forma di legittimazione preventiva per colpire gli oppositori e le minoranze e giustificare nuove forme di repressione e di riduzione delle libertà fondamentali. A ben pensarci, non c’è nulla di così nuovo nel comportamento di governi che, esposti a situazioni di particolare rischio ed emergenza, fanno ricorso a misure straordinarie e si appellano alla dottrina della sicurezza nazionale per limitare, sia pure in maniera provvisoria, l’esercizio di taluni diritti fondamentali. La vera novità che abbiamo di fronte sta nella diffusione di un paradigma inedito, che considera apertamente i diritti umani come un ostacolo alla sicurezza e ritiene di poter sconfiggere il ‘terrorismo’ con i soli strumenti della repressione: intervenendo quindi esclusivamente sui sintomi del fenomeno e non affrontando la radice vera dei problemi di ingiustizia e privazione che, su scala planetaria, rappresentano un terreno fertile per i disordini e la violenza. Inutile dire che questo approccio si è rivelato fallimentare da ogni punto di vista. Innanzitutto perché a promuoverlo sono soprattutto governi che hanno ‘approfittato’ del clima internazionale per risolvere alcune spinose questioni interne: la Cina che ha accentuato la persecuzione dei gruppi separatisti in Tibet, Mongolia interna e Xinjiang e la Russia che ha ottenuto un lasciapassare per intensificare la campagna militare e repressiva in Cecenia. Il pretesto della sicurezza internazionale ha fornito la più efficace delle coperture ai paesi che si sono raccolti intorno all’alleanza globale contro il terrorismo guidata dagli Usa e ha prodotto nell’opinione pubblica appariscenti fenomeni di ‘indignazione a singhiozzo’: il mondo intero si è scandalizzato per l’imposizione del burqa, cui sono state costrette per lunghi anni le donne afgane (in verità, non solo durante il regime dei talebani, e su questo quanti rapporti di Amnesty International sono passati inosservati!), eppure nessuno solleva il problema dei diritti delle donne in un paese come l’Arabia Saudita o a rischio di lapidazione in diversi altri paesi; l’Iraq di Saddam Hussein è indicato oggi come il più sanguinario dei regimi, tanto che è in corso un intenso dibattito per valutare l’opportunità di un’operazione militare, ma gli abusi e la pressoché completa assenza di libertà e diritti politici in paesi alleati (e mercati) come la Cina non sembrano oggetto di preoccupazioni così diffuse. Il paradigma della sicurezza che prevale a livello internazionale non solleva dubbi solo dal punto di vista morale e giuridico, ma anche da quello della sua concreta efficacia. Siamo davvero convinti che un mondo in cui a miliardi di persone sono negati i fondamentali diritti umani, primo tra tutti quello alla stessa sopravvivenza, possa essere reso più sicuro con leggi repressive, l’uso della tortura e l’imprigionamento di qualche migliaio di stranieri sospetti? L’anno iniziato l’11 settembre 2001 si è aperto con gli attacchi negli Stati Uniti e si è chiuso con il recente attentato in Afghanistan contro il presidente Karzai, l’alba e il tramonto di una giornata del mondo attraversata ogni ora da più violenza e più terrore: non basta questo a dimostrare che le misure repressive e liberticide adottate fino ad oggi dai governi non sono affatto servite a garantire maggiore sicurezza per tutti? Ciò di cui abbiamo davvero bisogno, soprattutto da un anno a questa parte, non è tanto una guerra contro il terrorismo ma una mobilitazione globale a favore dei diritti umani. L’11 settembre 2002 è una data simbolica che può aiutare a ricordarcelo.

aumenta la disoccupazione

Non si arresta il calo dell'occupazione nelle grandi imprese. A giugno 2002 gli occupati delle grandi aziende dell'industria sono diminuiti del 3,9% (-30.700 unita') rispetto a giugno 2001. Nei servizi la diminuzione e' stata di 3.300 posti di lavoro (-0,3%). Lo rileva l'Istat precisando che nel complesso i posti di lavoro persi sono 34.000 (fonte istat)

AGRIGENTO

Ancora uno sbarco di immigrati clandestini nell 'isola di Lampedusa. Stamane, scortati dalle motovedette della Guardia costiera, sono arrivati 32 nordafricani. I clandestini, tutti marocchini, erano stati avvistati in nottata dalla nave 'Chimera' della Marina militare che aveva dato l' allarme alla capitaneria di porto dell' isola delle Pelagie. Dopo essere stati visitati dai sanitari della locale guardia medica, gli immigrati sono stati rifocillati e poi trasferiti nel centro di accoglienza dell' isola.

Emergency: l'italia non metta l'elmetto L'associazione Emergency ha redatto un appello contro l'entrata in guerra del nostro paese, che è già stato sottoscritto da numerosissime persone. Ecco il testo: Fuori l'Italia dalla guerra Vogliamo un mondo basato sulla giustizia e sulla solidarietà. Ripudiamo la violenza, il terrorismo e la guerra come strumenti per risolvere le contese tra gli uomini, i popoli e gli stati. Chiediamo che l'Italia, di fronte alla minaccia di un attacco militare contro l'Iraq, non partecipi ad alcun atto di guerra, nel rispetto della Costituzione. Non vogliamo essere corresponsabili di nuovi lutti, né vogliamo alimentare la spirale del terrore. Basta guerre, basta morti, basta vittime.

Ore 13.00

Carcere

Prosegue la protesta dei circa 150 detenuti del carcere di Enna, che aderiscono alla manifestazione nazionale indetta dall'associazione romana "Papillon". Una lunga piattaforma di richieste quali provvedimenti di amnistia ed indulto migliori condizioni di vita all'interno degli istituti di pena, l'attuazione del nuovo regolamento carcerario, uguali possibilita' per tutti i detenuti di ottenere benefici e permessi. I detenuti di Enna che da lunedi' 9 settembre battono sulle sbarre delle celle con oggetti metallici dal primo del mattino fino alle ore 23, avrebbero deciso di continuare a manifestare fino al 16 settembre. Sembra che la decisione di sospendere la battitura durante la notte sia stata presa per non disturbare il sonno dei figlioletti delle detenute che vivono all'interno del carcere con le madri.

UE vs USA

L'Unione europea pubblichera' venerdi' la lista dei prodotti americani che saranno colpiti con dazi per complessivi 4 miliardi di dollari se gli Usa non smantelleranno lo schema di agevolazioni fiscali 'Foreign Sales Corporation' (FSC), giudicato illegale dalla World Trade Organization (WTO). L'Ue, secondo la pronuncia dell'organizzazione di Ginevra, potra' imporre dazi fino al 100% nei confronti di prodotti statunitensi. La Commissione europea ha gia' messo a punto la lista, che colpisce un ampio ventaglio di settori (fra i quali l'agricolo, il tessile, l'elettronico, il metallifero) e che dopo la pubblicazione sara' sottoposto ai commenti dell' industria europea. Il commissario Ue al commercio, Pascal Lamy, ha indicato che l'Europa vorrebbe vedere abolito l'FSC - che per anni ha consentito consistenti risparmi fiscali alle multinazionali americane - entro le elezioni del Congresso Usa di novembre.

Campo Nomadi

E' in corso a Roma, nella zona di Ponte Milvio, un'operazione dei carabinieri contro l'immigrazione clandestina che ha per obiettivo un campo nomadi situato lungo le sponde del Tevere. I militari stanno effettuando operazioni di identificazione e sgombero di un cospicuo numero di clandestini, ancora in via di esatta quantificazione. Gli extracomunitari, dediti ad occasionali lavori di manovalanza nonche' a furti e scippi, avrebbero costituito una piccola comunita' composta da soggetti che spesso causano turbative dell'opinione pubblica con risse, aggressioni ed ubriachezze moleste.

gRor 17.00

DAL MONDO

PALESTINA

Il governo palestinese ha presentato oggi le proprie dimissioni, che il presidente dell’Anp Yasser Arafat ha accettato. La decisione, un po’ a sorpresa, è stata presa per sfuggire a un probabile voto di sfiducia da parte dei deputati del Consiglio legislativo palestinese (Clp), riuniti a Ramallah. In pratica, il leader palestinese ha voluto evitare una umiliazione politica, considerando che l’esecutivo era stato formato su sua iniziativa nel giugno scorso. Questa mattina, quando era apparso chiaro l’orientamento negativo dei deputati, Arafat aveva giocato la carta delle elezioni. Annunciandone lo svolgimento per il 20 gennaio prossimo, il leader palestinese contava di accreditare l’attuale compagine come governo di transizione, nel tentativo di sottrarla al voto di fiducia. L’espediente, tuttavia, non è servito allo scopo e a quel punto le dimissioni sono divenute l’unica strada praticabile. Nelle prossime due settimane Arafat dovrebbe ora presentare un nuovo gabinetto.

Il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Yasser Arafat ha annunciato la data delle elezioni presidenziali e amministrative nei territori autonomi palestinesi. La chiamata alle urne è stata fissata per il 20 gennaio prossimo. L’attesa decisione è stata comunicata durante la riunione del Consiglio legislativo palestinese (Clp), in corso da alcuni giorni nel capoluogo cisgiordano di Ramallah. Con al convocazione delle elezioni, il leader palestinese ha implicitamente attribuito il valore di governo di transizione all’esecutivo da lui stesso formato nel giugno scorso. In tal modo è venuta meno l’esigenza di un voto di fiducia da parte del Clp, che avrebbe dovuto affrontare la questione nel pomeriggio di oggi. L’approvazione dei deputati non era per niente scontata e, secondo molti osservatori, Arafat ha voluto mettersi al riparo da possibili imbarazzi.

CHAPAS - MEXICO

Semplicemente “vergognosa”. Così l’Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln) del ‘subcomandante’ Marcos ha bollato il verdetto della Corte Suprema di giustizia messicana (Scjn) con il quale il massimo tribunale del Paese ha respinto 322 ricorsi di incostituzionalità contro la discussa legge sui diritti e la cultura indigeni, approvata dal Congresso nell’aprile 2001 nonostante la ferma opposizione delle popolazioni autoctone e degli stessi zapatisti. In un comunicato, diffuso via internet, l’Ezln ha protestato contro quella che definisce una “decisione che mutila la bozza originaria” della ‘Ley Indigena’, formulata nel 1995 dalla Commissione per la concordia e la pacificazione (Cocopa), organo di mediazione per la pace in Chiapas. Gli zapatisti sono tornati quindi a ribadire che “i legislatori, il governo federale e la Corte Suprema hanno ignorato gli Accordi di San Andres”, siglati nel 1996 con l’esecutivo. “Hanno tradito il movimento indigeno nazionale – hanno aggiunto – e vanificato il nostro sforzo per trovare una via d’uscita pacifica e negoziata al conflitto”. Con la nota, la guerriglia ha di fatto rotto il silenzio che manteneva dall’ottobre 2001, quando Marcos pronunciò parole di condanna sul presunto omicidio dell’avvocatessa per i diritti umani Digna Ochoa y Placido. Va ricordato che proprio a seguito dell’approvazione della legge indigena, nel maggio dello scorso anno il leader dell’Ezln ha sospeso ogni contatto col governo del presidente Vicente Fox. Ezln e organizzazioni indigene contestano, in particolare, il fatto che la legge non riconosca gli indios come soggetti di diritto pubblico, né definisca chiaramente il concetto di autonomia delle popolazioni autoctone. Allo stesso tempo, gli indios esigono che nel testo venga riconosciuto loro il diritto allo sfruttamento delle risorse naturali esistenti nei propri territori. L’Esercito zapatista di liberazione nazionale (Ezln) ha comunicato poco fa che il pronunciamento contro la cosiddetta ‘Ley Indigena’, estrapolato dal suo sito internet e circolato nuovamente on-line nelle ultime ore, risale a 18 mesi orsono. Nessun nuovo comunicato, quindi, è stato finora diffuso dal movimento che fa capo al ‘subcomandante’ Marcos in merito alla decisione con cui la Corte Suprema messicana ha respinto nei giorni scorsi 322 ricorsi di incostituzionalità contro la discussa legge sui diritti e la cultura indigeni, approvata dal Congresso nell’aprile 2001 nonostante la ferma opposizione delle popolazioni autoctone e degli stessi zapatisti. “L’ultima nota dell’Ezln sulla ‘legge indigena’ – si legge sulla pagina web – è datata 29 aprile 2001”. Il quotidiano locale ‘El Universal’ riporta comunque oggi che fonti del movimento avrebbero assicurato che presto i vertici zapatisti si pronunceranno sulla vicenda. Intanto, sempre ‘El Universal’ aggiunge che dopo la decisione del massimo tribunale del Paese gli zapatisti hanno aumentato i posti di blocco in Chiapas, in particolare sulle strade che collegano Ocosingo, Las Margaritas, Palenque e Chilón mentre a San Cristóbal de las Casas migliaia di studenti, indigeni e militanti sono scesi in piazza per protestare contro il verdetto della Corte. I dimostranti hanno colpito le porte e le finestre della sede del Centro di informazione e sicurezza nazionale (Cisen), scrivendo sulle pareti dell’edificio slogan come “Traditori” o “Fuori dal Chiapas”. La mobilitazione si è conclusa nella piazza centrale, di fronte alla Cattedrale, dove è stata data lettura di un testo in cui i manifestanti hanno ribadito la propria opposizione alla risoluzione della Corte Suprema, accusata di aver vanificato -la lotta dell’Ezln per superare l’emarginazione e l’ingiustizia storica che gli indigeni hanno patito per oltre 500 anni-. Nel documento, letto da Yolanda Castro del ‘Coordinamento della società civile in resistenza’, è stato infine rilevato che la decisione del tribunale chiude definitivamente le porte al dialogo necessario a raggiungere la pace in Chiapas.

FRANCIA

Parigi - Il governo francese assume pienamente il cambio di rotta sull'estradizione di presunti ex terroristi italiani con condanne definitive rifugiati in Francia. A confermare una linea politica avviata con l'arresto di Paolo Persichetti lo scorso 25 agosto, è il ministro della Giustizia francese, Dominique Perben, al termine di un incontro a Parigi con il suo omologo italiano, Roberto Castelli. "Ho riletto il discorso che (l'ex presidente della Repubblica francese, Françoise) Mitterrand ha rivolto alla Lega dei diritti dell'uomo nel 1985, ma le frasi che ho visto non mi hanno permesso di capire cosa s'intendesse in termini di diritti" ha dichiarato Perben, nel corso di una conferenza stampa al termine della colazione di lavoro con Castelli. "Nel testo di Mitterrand non ho trovato alcuna indicazione che neghi esplicitamente l'estradizione ha aggiunto Perben. In ogni caso, come ha spiegato il ministro, i due governi si sono impegnati a rispettare gli accordi presi ufficiosamente nelle ultime settimane: "Prima dell'82, ciò che poteva succedere è successo", i condannati per atti terroristici commessi fino a quell'anno saranno cioè liberi di restare in Francia "ad esclusione dei reati di eccezionale gravità", come ha precisato Castelli senza voler fornire alcun dettaglio sui reati o casi specifici. Dal 1993, come ha ricordato Perben, in Francia è entrato in vigore il mandato europeo, "quindi non si può più parlare di estradizione". Delle persone condannate, infine per reati commessi nel periodo che va dall'82 al '93, i governi si sono impegnati a discutere "caso per caso", "tenendo conto della Convenzione europea dei diritti dell'uomo" come ha precisato Castelli. Vogliamo mostrare - ha sottolineato il ministro francese - la nostra solidarieta' con i paesi europei nella lotta contro il terrorismo. Da parte sua Castelli si e' rallegrato del mutato approccio: Ringrazio il governo francese per questo nuovo atteggiamento su un problema che sta molto a cuore al nostro paese, quello degli estradizioni. Castelli ha precisato che durante l'incontro di oggi con Perben non ha ad ogni modo parlato ne' di nomi ne' di liste ma solo di una piattaforma tecnica su cui lavorare. Davanti al ministero della Giustizia nelle ore in cui Castelli e Perben erano a colloquio alcuni manifestanti hanno protestato a favore di Persichetti gridando a piu' riprese Paolo libero!. I manifestanti issavano uno striscione con la scritta: Agnelli, Moretti, Di Pietro, Berlusconi, Siffredi, Pardi... A ciascuno la sua lista.

PAESI BASCHI fonte rainews 24

La polizia autonoma basca ha trovato una bomba nascosta in un'automobile parcheggiata a circa 500 metri dal municipio di Zierbena, in provincia di Biscaglia. Dopo avere ispezionato il veicolo con l'aiuto di un cane antibomba, gli artificieri hanno compiuto tre esplosioni controllate per poter entrare nell'abitacolo, dove hanno trovato una pentola a pressione con la carica esplosiva. Tecnica, questa, usata spesso dall'ETA. I 25 chili di esplosivo erano probabilmente controllati da un telecomando.

Il veicolo è stato trovato e controllato dopo che questa mattina un uomo ha telefonato al giornale separatista "Gara" avvisando della presenza di un'autobomba e dicendo di essere un portavoce dell'ETA. L'uomo ha precisato che l'ordigno sarebbe esploso entro pochi minuti e ha fornito indicazioni precise per localizzarlo. Il giornale spagnolo ha subito avvisato la polizia, che è riuscita a trovare l'auto in mattinata e ha disinnescato la bomba alle ore 14:00 circa.

Il ministero dell'interno basco non ha fornito ulteriori informazioni sulle caratteristiche della carica esplosiva e sul metodo utilizzato per prepararlo. Attualmente il municipio di Zierbena è tenuto sotto stretta sorveglianza dalla polizia autonoma basca e numerose strade della zona sono state chiuse al traffico.

G.R. ore 19.30

libano

Il 16 settembre 2002 una delegazione internazionale si rechera' a Beirut per ricordare la strage di Sabra e Shatila a vent'anni dall'eccidio, perché si trovi una giusta soluzione al problema dei profughi palestinesi nel rispetto del loro diritto al ritorno. Duemila abitanti palestinesi e libanesi dei campi di Sabra e Chatila, alla periferia di Beirut, vennero massacrati dal 16 al 18 settembre del 1982 da miliziani delle forze filo-israeliane, sotto la supervisione e con il sostegno logistico dell'esercito di Tel Aviv che aveva occupato da poche ore Beirut ovest. A vent'anni di distanza non soltanto nessuno ha pagato, ma le vittime dell'eccidio ancora non hanno ricevuto una degna sepoltura. Di quasi mille corpi non si è saputo più nulla. La più grande e nota delle fosse comuni, situata all'ingresso del campo di Chatila, è ridotta ad uno squallido campo polveroso. Il primo ministro israeliano Ariel Sharon, già riconosciuto responsabile, anche se indirettamente, di quei tragici fatti dalla commissione di inchiesta israeliana, è stato denunciato, il 28 giugno dello scorso anno, da 28 fra palestinesi e libanesi davanti ad una corte belga di crimini di guerra e crimini contro l'umanità. Il 26/06/02 la Corte di Bruxelles ha rigettato questa denuncia anche grazie alla scomparsa di testimoni chiave. Ad oggi nulla e' cambiato anzi le condizioni dei profughi palestinesi sono sempre piu' disperate.

la delegazione è già in libano ascoltiamo uno stralcio della prima corrispondenza.

palestina:

Ramallah MO, Anp: governo si dimette, Arafat accetta Il nuovo governo dell'Autorità nazionale palestinese si è dimesso oggi a sorpresa, ad appena tre mesi dalla sua costituzione, per evitare un voto di sfiducia del Consiglio legislativo, cioè il parlamento. Le dimissioni sono state accettate dal presidente dell'Anp Yasser Arafat. Lo hanno riferito fonti palestinesi a Ramallah, dove il parlamento è riunito da tre giorni in sessione speciale. (red)

il presidente palestinese Yasser Arafat ha indetto per il 20 gennaio prossimo nuove elezioni in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e a Gerusalemme est, ma non ha salvato da una clamorosa bocciatura il governo che aveva costituito appena tre mesi fa. L'annuncio delle nuove elezioni non e' servito a placare i deputati del Consiglio legislativo palestinese (Clp, 88 membri), riuniti da tre giorni a Ramallah (Cisgiordania) e schierati da sempre per profonde riforme nell'Autorita' nazionale palestinese (Anp). A maggioranza, il Clp ha indicato questo pomeriggio che avrebbe negato la fiducia al nuovo esecutivo palestinese, nato ai primi di giugno, tanto da spingerlo a dimettersi. Arafat ha ora due settimane di tempo per formare un governo provvisorio, incaricato di portare i palestinesi al voto. Per l'anziano 'rais', e' stato un duro colpo. Stamani, aveva convocato i deputati di Al-Fatah, il suo partito, per persuaderli a votare la fiducia al nuovo esecutivo. Alcuni deputati non si erano presentati all'incontro, molti altri avevano ribadito i forti dubbi verso un governo di cui facevano parte ministri accusati di corruzione. Arafat ha cercato di condizionare le scelte del Clp, ha protestato il deputato Mohammed Hurani.

IRAQ: COMANDANTE NATO SUD EUROPA, SIAMO PRONTI MA DECIDE BRUXELLES

  • Per una eventuale azione della Nato a supporto delle operazioni militari in Iraq "la decisione spetta a Bruxelles". E' la risposta del comandante in capo delle forze alleate del Sud Europa, ammiraglio Gregory Johnson, ai giornalisti che gli chiedevano, alla commemorazione delle vittime dell'11 settembre, se la Nato avrebbe avuto un ruolo determinante in un eventuale conflitto con l'Iraq. "Noi - ha risposto l'alto ufficiale, che comanda anche le forze navali Usa in Europa - siamo pronti".

Il quartier generale del Comando centrale degli Stati Uniti inizierà venerdi' a spostare personale e equipaggiamenti da Tampa (Florida) a una base aerea in Qatar. Lo hanno detto fonti militari Usa alla Fox News. La televisione americana dice che gli spostamenti inizieranno dopo il discorso del presidente George Bush domani all'Onu in cui esporrà la sua posizione sull'Iraq e che sono un segno tangibile che i militari americani si preparano a future operazioni contro Saddam Hussein.

ZAMBIA, 11 SET 2002 (18:39)


LUSAKA CONTINUA A RIFIUTARE LE OFFERTE DI MAIS GENETICAMENTE MODIFICATO (STANDARD, GENERAL)

Continua il braccio di ferro tra il governo dello Zambia e il Programma alimentare mondiale (Pam) per la distribuzione di mais geneticamente modificato. Dalle colonne del quotidiano filogovernativo 'Times of Zambia' il ministro degli interni Lackson Mapushi, ha riaffermato oggi la volontà dell'esecutivo zambiano di non permettere l'ingresso nel Paese del cereale modificato che le Nazioni Unite continuano ad offrire. Mapushi ha così smentito fermamente le dichiarazioni rilasciate nei giorni scorsi dal direttore del Pam, James Morris, secondo cui il Paese africano avrebbe accettato di procedere alla distribuzione del cereale in questione, per circa 130mila rifugiati. "La decisione di rifiutare gli Ogm (organismi geneticamente modificati, ndr) è stata presa a livello nazionale e di conseguenza riguarda tutti coloro che vivono in Zambia. Inclusi i rifugiati che si trovano nei campi e che ricevono aiuti dal Pam", ha precisato Mapushi. Il cereale modificato, di provenienza statunitense, che l'Onu da mesi sta cercando di 'piazzare' in Africa meridionale, rientra nel programma di distribuzione di 'aiuti' avviato per sostenere quei Paesi che si trovano ad affrontare una delle più gravi emergenze alimentari degli ultimi anni. Nei mesi scorsi, il secco rifiuto nei confronti degli Ogm del presidente dello Zimbabwe, Robert Mugabe, era servito d'esempio ad altri Stati. In alcune di queste Nazioni, tra cui lo stesso Zimbabwe, gli 'aiuti' sono stati successivamente accettati, anche se dopo lunghe discussioni e qualche polemica. In altre, come lo Zambia, agricoltori e politici hanno continuato ad opporsi, nonostante le pressanti rassicurazioni statunitensi, all'introduzione di mais modificato. I timori maggiori sono legati al rischio che il mais modificato possa danneggiare le coltivazioni che si trovano nel Paese e che rappresentano la prima voce nello scambio commerciale tra Lusaka e l'Unione Europea. Se la nocività o meno degli ogm è ancora oggetto di studio in tutto il mondo è ormai assodato che un seme geneticamente modificato riuscirà in breve tempo ad imporsi come coltura dominante nel territorio in cui viene piantato. Un processo irreversibile che nel giro di poco tempo rischia di portare all'estinzione le specie autoctone. Secondo le principali organizzazioni internazionali l'eccezionale mancanza di piogge registrata in Africa australe ha elevato a quasi 13 milioni, il numero delle persone minacciate dalla fame. I Paesi in cui la situazione è più grave sono Malawi, Swaziland, Zambia, Lesotho e Zimbabwe.

europa

Il 15 settembre manifestazione a Salzburg in Austria contro il WEF e la sua politica. I movimenti europei si stanno gia organizzando per il Forum Sociale Europeo che si terrà dal 7 al 10 novembre 2002 a Firenze. Un appuntamento da non perdere. Per maggiori info www.esf-fse.org o sul dossier di Unimondo - www.unimondo.org/dossier/esf2002 - Sono aperte le iscrizioni via internet ... http://italy.indymedia.org/ Dal 16 al 17 settembre a Salzburg si riunisce il World Economic Forum, un ambito in cui piu +di un migliaio di "leader" dell'economia e della politica mondiale si ritroveranno per parlare della situazione europea: allargamento dell'UE, iniziative per assicurare un "chiaro intendimento dei concetti di democrazia in europa", realizzazione di politiche di difesa, risultati in termini di forza lavoro sfruttabile dell'aumento di disoccupazione e del conseguente effetto sulla limitazione della mobilita' internazionale delle persone: lo schiacciasassi del neoliberismo non conosce ormai forme diplomatiche, e gli intenti dei "big" sono estremamente espliciti nei loro documenti ufficiali.

Tra il 12 e il 19 settembre una settimana di mobilitazioni scandira' la propria opposizione alla globalizzazione neoliberista, non solo a Salzburg, ma anche in altri luoghi [Berna]. I cortei nella citta' austriaca sono gia' stati proibiti dispiegando la gia' nota tattica della repressione preventiva.

PARIGI

- 'Salvo casi di gravita' eccezionale' non ci sono rischi di estradizione per gli italiani in Francia per fatti commessi prima del 1982. Il ministro della Giustizia francese Perben ha annunciato, dopo un incontro a Parigi con il collega italiano Castelli che i due Paesi hanno raggiunto un accordo in base al quale 'per fatti precedenti al 1982 quel che e' potuto accadere e' ormai accaduto'. A meno che non si tratti di casi gravissimi. Per quelli successivi si esaminera' 'caso per caso'.

RUSSO SPENA (PRC), SI RIPRENDA DIBATTITO SU INDULTO

  • "Il Ministro Castelli potrebbe utilizzare il suo tempo molto meglio: mentre vi e', nel nostro paese, una protesta dei detenuti pacifica e non violenta, che pone temi fondamentali riguardanti la condizione carceraria e le misure alternative, se ne sta a Parigi a trattare il numero dei fuoriusciti da estradare". Lo dice Giovanni Russo Spena, vicepresidente del gruppo di Rifondazione Comunista alla Camera, dopo l'accordo raggiunto tra i ministri Castelli e Perben. Per Russo Spena si tratta di "un comportamento propagandistico e velenoso, tendente ad accreditare l'impressione che vicende chiuse, che appartengono agli anni '70, possano essere ricollegate all'uccisione dei professori D'Antona e Biagi. Lo stesso ministro della Giustizia francese, di un governo che sta gravemente modificando l'atteggiamento francese tradizionale sull'asilo politico, ha dovuto spiegare a Castelli che l'associazione a delinquere e la partecipazione a banda armata sono fattispecie di reati tipicamente italiane. Si riprendano, piuttosto, - ha concluso Russo Spena - i disegni di legge approvati dalla Commissione Giustizia della Camera nel '97 (presentati sia da Rifondazione Comunista sia da parlamentari della destra) su un indulto (modesto, ma serio) teso a cancellare le sovrapenalizzazioni ingiuste comminate in base alla legislazione d'emergenza. H l'unica strada maestra". (AGI) Red-Cav/ 111819 SET 02

CENTO, SCHIAFFO DELLA FRANCIA A MINISTRO CASTELLI

  • "Ora si apra dibattito parlamentare sull'indulto. Il ministro Castelli ha preso uno schiaffo dai colleghi francesi". Lo afferma il Verde, Paolo Cento, il quale spiega che "la decisione di lasciare inalterata la situazione per i rifugiati politici condannati per reati commessi prima del 1982 riconosce implicitamente che quelle sentenze sono state frutto di una emergenza giudiziaria. Di fronte alla scelta da parte del governo francese, dovremmo al piu' presto porre fine in Italia alle ipocrisie politiche ed avviare il dibattito parlamentare per approvare un provvedimento di indulto che possa chiude definitivamente questo capitolo della nostra storia. L'arresto di Paolo Persichetti alla luce della decisione di oggi e' un fatto gravissimo: pur trovandosi in una condizione tecnico-giuridica diversa dagli altri rifugiati, appare chiaro che e' stato solo vittima della necessita' del governo italiano di compiere un colpo ad effetto mediatico".

CARCERI: PROTESTA DETENUTI A TIRIESTE

  • TRIESTE - Un gruppo di detenuti nelle carceri triestine del Coroneo hanno attuato ieri sera a partire dalle 23:30 una protesta contro le condizioni di detenzione invocando la promulgazione di una amnistia e chiedendo l'abrogazione delle norme 41 bis e 4 bis (che regolano la detenzione di carcerati sottoposti a particolare attenzione). La protesta e' proseguita nella notte senza significativi problemi di sicurezza, Cautelativamente,, all'esterno il Coroneo e' pattugliato da alcune volanti. I manifestanti -la direzione non ha detto quanti- battono le sbarre con le loro stoviglie e hanno esposto due striscioni. L'edificio del carcere e' al buio. Il direttore del carcere Enrico Sbriglia, che e' anche assessore comunale alla sicurezza e all' ordine pubblico, ha incontrato i rappresentanti dei detenuti, in un clima che ha definito di 'comprensione' per i problemi posti dai carcerati. Al Coroneo sono detenute attualmente circa 200 persone, a fronte delle 120 che dovrebbe essere in grado di ospitare.

CARCERI:PROTESTA DETENUTI;FOGGIA, A CARITAS VITTO RIFIUTATO

  • FOGGIA, 11 SET - Viene devoluto alla Charitas diocesana il vitto rifiutato dai 526 detenuti della casa circondariale di Foggia che da alcuni giorni hanno aderito alla protesta per chiedere un indulto generalizzato di tre anni; la riforma del codice penale a partire dall' abolizione dell' ergastolo e dalla depenalizzazione dei reati minori; l' abolizione dell'articolo 41 bis sul carcere duro. Da oggi alcuni dei detenuti - ha detto il direttore del carcere di Foggia, Gregorio Vassallo - stanno protestando anche battendo le stoviglie contro le grate delle finestre e della porta delle celle. E' sostanzialmente una protesta pacifica e tutto si sta svolgendo senza grossi disagi per la struttura. Alla protesta non hanno aderito le poche donne detenute nella sezione femminile del carcere di Foggia. Per dimostrare che noi non stiamo cercando uno scontro contro le istituzioni - sostengono i detenuti in una nota - abbiamo chiesto ed ottenuto che il vitto da noi rifiutato venga donato alla Caritas diocesana. Anche a Foggia, ormai, la situazione e' diventata sostanzialmente insostenibile, considerato che il numero dei detenuti e' di gran lunga superiore a quella prevista. In caso di mancati provvedimenti legislativi, i detenuti non escludono la possibilita' che vengano inasprite le proteste, che, per il momento, sono in forma pacifica. (ANSA). B2

Informazione. Associazione Stampa Romana e Fnsi contro Caltanet: è un sito clandestino

L'azione giudiziaria potrebbe portare anche al sequestro

Stampa clandestina: questa l'ipotesi di reato alla base della denuncia presentata oggi all'autorità giudiziaria dall'Associazione Stampa Romana e dalla Fnsi contro Caltanet dell'editore Caltagirone, sito on line "mai registrato in tribunale".

L'azione giudiziaria che potrebbe portare anche al sequestro, secondo il sindacato, "si è resa necessaria per garantire i diritti basilari dell'informazione e dei giornalisti. Per due anni, infatti, il sito di uno dei maggiori editori di questo Paese ha fatto informazione con una redazione giornalistica assunta con contratto metalmeccanico, nonostante la legge sull'editoria non lasci dubbi sul diritto dei giornalisti ad avere il riconoscimento professionale qualunque sia il media informativo".

Il caso Caltanet, secondo Fnsi e Asr, "è quello più eclatante dell'arrembaggio di grandi editori, spesso attraverso società satellite, alla web economy per trarne il massimo beneficio con il minor rispetto delle regole".

gror110902 (last edited 2008-06-26 09:48:30 by anonymous)