<> ||[[rorinterattiva| Home page Ror interattiva]]||[[#appunti|Appunti e note redazionali]]||[[RorFonti| Fonti]]|| ## PER INDICAZIONI SULL'USO DI QUESTE PAGINE VEDERE LA PAGINA DI HELP RAGGIUNGIBILE DALLA HOME PAGE DI RORINTERATTIVA ## FORMATO CON CUI INSERIRE LE NOTIZIE, RIPETUTO PER OGNI NOTIZIA DELLE DIVERSE SEZIONI ## Titolo: ## FONTE E DATA Fonte: ## Testo: ## EVENTUALE AUDIO COLLEGATO Audio: === Gr 19:30 === '''Sommario''' '''In primo Piano''' DAX Nella notte fra il 16 e il 17 marzo 2003 moriva Davide “Dax” Cesare, militante del Centro Sociale O.R.So (“Officina di Resistenza Sociale”) di Milano. Era da poco uscito, assieme ad alcuni compagni, da un bar del quartiere ticinese. Fuori, ad aspettare i compagni , un paio di neofascisti armati di coltelli, spalleggiati da un terzo elemento più anziano. L’aggressione dei neofascisti è rapida e particolarmente violenta. Numerose coltellate vengono inferte in punti vitali: Davide non giungerà vivo all’ospedale; altri due ragazzi sono feriti (uno in modo grave, ma si salverà). Alla tragedia di Dax seguono altri fatti a dir poco inquietanti. Prima il ritardo nei soccorsi; sul luogo del delitto arrivano per prime numerose pattuglie di polizia e carabinieri, che rendono ancora più difficoltoso l’arrivo del personale medico. Poi al pronto soccorso dell’ospedale San Paolo, gli amici dei feriti (sconvolti dalla notizia che per Davide non c’è più nulla da fare) vengono brutalmente picchiati dalle forze dell’ordine. Uno scenario che ricorda tristemente le cronache di Genova e Napoli 2001; . Una brutalità che finirà col coinvolgere anche personale di assistenza medica e pazienti dell’ospedale: in seguito alle cariche il pronto soccorso dovrà cessare il servizio fino alle sette del mattino seguente, e numerosi pazienti finiranno con l’essere trasferiti in altre strutture. Infine giunge l’ultima vergogna: le menzogne degli apparati dello Stato, assecondati da organi di stampa sempre compiacenti e aiutati a posteriori dalla copertura morale prontamente offerta da certi politici. L’omicidio viene spiegato con il degenerare di una “rissa tra balordi”. Il pestaggio dei giovani al San Paolo viene giustificato con la reazione delle forze dell’ordine alle intemperanze dei compagni di Dax, ed in special modo alla loro richiesta di “trafugare” dall’ospedale la salma. Per fortuna le testimonianze dei giovani presenti all’ospedale, assieme alle dichiarazioni coraggiose di elementi del personale medico del San Paolo, hanno in seguito smentito quelle prime ricostruzioni (senza che, purtroppo, la stampa nazionale si sia affannata troppo nel concedere a tali smentite uno spazio uguale a quello che ebbero le prime, false versioni). Dal punto di vista processuale la vicenda è tuttora aperta su più fronti: per la morte di Davide, uno degli aggressori è stato già prosciolto (non ci sarebbero prove della sua partecipazione diretta all’agguato mortale); al piu' giovane è stata riconosciuta quella che giuridicamente si chiama “messa in prova” (tre anni sotto il controllo di una comunità, al termine dei quali sarà valutato il suo “percorso di recupero”); a rispondere dell’omicidio ne resta dunque uno solo . Per quanto concerne i fatti del San Paolo,gli agenti sono stati prosciolti mentre pende ancora su due compagni di dax una condanna ad un anno e otto mesi . sentiamo una corrispondenza con un suo compagno '''Editoriale''' '''NOTIZIE BREVI''' '''ESTERI''' LIBIA: BRIGATE CNT FERMANO 150 MIGRANTI PRONTI A SALPARE VERSO EUROPA Le brigate rivoluzionarie libiche del Cnt della zona di al-Tajura, fuori Tripoli, hanno fermato ieri 150 migranti provenienti dai paesi dell'Africa subsahariana pronti a salpare verso l'Europa. Secondo quanto riporta l'agenzia di stampa libica 'Lanà, si tratta di migranti somali che avevano raggiunto le coste libiche con l'obiettivo di arrivare in europa . Il capo del Consiglio militare di al-Tajura, Ahmed al-Habishi, ha spiegato che «un gruppo di rivoluzionari della zona ha fermato i migranti che erano divisi in due gruppi , sono in buone condizioni e sono stati consegnati alle forze di sicurezza del Cnt per le indagini necessarie a capire quali bande li abbiano portati sulla costa».nulla è cambiato dopo la cacciata di gheddafi . LIBANO:SUICIDIO ETIOPE RIPROPONE CONDIZIONE DOMESTICHE IMMIGRATE Il suicidio di una domestica etiope a Beirut ha riacceso i riflettori sulle drammatiche condizioni dei lavoratori immigrati in Libano, spesso sottoposti a maltrattamenti e violenze secondo le denunce delle organizzazioni per i diritti umani. Fonti mediche citate dalla stampa hanno detto che la donna, Alem Dechasa, 33 anni, si è impiccata nella notte tra martedì e mercoledì in un ospedale psichiatrico dove era stata ricoverata tre settimane fa dopo che una televisione di Beirut aveva trasmesso un video in cui si vedeva un uomo che la malmenava . L'uomo, Ali Mahfouz, l'aveva poi fatta ricoverare in ospedale psichiatrico, affermando che la donna soffriva di disturbi psichici e aveva già tentato altre volte il suicidio. Il console generale dell'Etiopia ha detto tuttavia al quotidiano Daily Star che il consolato ha sporto una denuncia contro Mahfouz, senza precisare le accuse che gli vengono rivolte. Fonti della polizia e della magistratura, citate dallo stesso giornale, hanno detto che l'uomo è stato arrestato brevemente la scorsa settimana e poi rimesso in libertà Si calcola che siano circa 200mila i lavoratori stranieri in Libano, Paese che conta in tutto circa quattro milioni di abitanti. Spesso avviene che i datori di lavoro confischino il passaporto alle loro domestiche e le obblighino a rimanere sempre in casa, senza nemmeno un giorno di riposo alla settimana. In passato molti casi di suicidio sono già stati segnalati da organizzazioni per i diritti umani. SIRIA: FORZE SICUREZZA SPARANO SU CORTEI ANTI-REGIME Le forze di sicurezza siriane hanno aperto il fuoco oggi contro manifestanti anti-regime in diverse località del Paese dove erano in corso cortei nel tradizionale venerdì di preghiera islamica. Le notizie non confermate parlano di 15 uccisi in tutto, alcuni caduti nella città settentrionale di Raqqa, a maggioranza sunnita e dominata dai clan tribali tradizionalmente cooptati dal regime. Nel corso di questo primo anno di rivolta, Raqqa è stata toccata marginalmente dal movimento di protesta ma oggi è stata teatro di una massiccia manifestazione. Lo slogan delle proteste odierne è stato: «Armiamo l'esercito libero», la piattaforma che riunisce i vari gruppi di militari disertori dell'esercito regolare fedele al presidente Bashar al Assad. Gli appelli a sostenere la resistenza armata dei disertori viene da settimane dall'interno della Siria prima che dall'estero. '''ITALIA''' IMMIGRATI SCIOPERO DELLA FAME Garante detenuti Lazio, sciopero fame nel Cie Ponte Galeria 16 Marzo 2012 - 17:22 Roma, 16 mar - Da ieri circa 120 detenuti maghrebini del Cie di Ponte Galeria hanno iniziato lo sciopero della fame per denunciare la morte, per suicidio, di un ex ospite del Centro, un egiziano di 30 anni. Lo rende noto il Garante dei detenuti del Lazio, Angiolo Marroni. Secondo i collaboratori del Garante, che hanno ascoltato quanti stanno manifestando in queste ore, la protesta e' stata organizzata per denunciare le circostanze che hanno portato il cittadino egiziano a togliersi la vita. La vittima, l'egiziano Abdou Said, era giunto in Italia, a Lampedusa, lo scorso luglio e da qui era stato trasferito al Cie di Ponte Galeria. A settembre l'uomo, secondo la ricostruzone del Garante dei detenuti del Lazio, avrebbe tentato, con molti altri, la fuga, ma sarebbe stato ripreso quasi immediatamente dalla forze dell'ordine. Secondo gli ospiti del Cie, l'egiziano sarebbe stato riportato al Centro con evidenti segni di percosse sul corpo e, dopo questo episodio, avrebbe progressivamente perso il controllo fino a dover essere curato, per mesi, con psicofarmaci. Uscito dal Cie alla fine di febbraio con il decreto di espulsione, Abdou Said, ha trovato alloggio a Roma, nell'abitazione di un amico. Il 9 marzo scorso l'uomo si e' prima ferito con una lametta, quindi si e' tolto la vita gettandosi da una finestra. Quando la notizia della morte di Abdou Said e' arrivata all'interno del Centro, immediatamente e' scattata la protesta. LO STATO ITALIANO PAGA LE BANCHE D'AFFARI Nel mese di gennaio lo Stato italiano avrebbe versato 3,4 miliardi di dollari nelle casse della banca d’affari Usa Morgan Stanley per chiudere i contratti in essere sul mercato dei derivati. Sottoscritti a partire dagli anni ’90, questi contratti avrebbero dovuto tutelare il debito italiano dalle oscillazioni dei tassi di interesse ma, in definitiva, si sarebbero rivelati inutili e controproducenti generando negli anni una perdita da 31 miliardi. Lo riferisce oggi l’agenzia Bloomberg. Né il ministero del Tesoro né Morgan Stanley hanno rilasciato dichiarazioni ufficiali. La cifra appare impressionante. Come rileva Bloomberg i 3,4 miliardi di spesa equivalgono alla metà circa dell’aumento dell’Iva di quest’anno. Come a dire che volenti o nolenti i contribuenti italiani hanno versato in anticipo nelle tasche dell’istituto Usa la metà dell’incremento della loro principale imposta indiretta. Per quanto facilmente soggetta a critiche, la scelta di sborsare una simile cifra per chiudere i contratti potrebbe essere stata a dir poco obbligata. Nell’ultimo trimestre 2011, infatti, questi contratti avrebbero generato un profitto di 600 milioni per Morgan Stanley (ovvero una perdita equivalente per l’Italia). Secondo Bloomberg, I cinque principali operatori del mercato dei derivati, Goldman Sachs, Morgan Stanley, Bank of America, Citigroup e JPMorgan, sono esposte per questo genere di contratti sull’Italia per 19,5 miliardi di dollari. FIAT MARCHIONNE GUADAGNA LA FIAT PERDE - L'ad di Fiat Sergio Marchionne e il presidente John Elkann sono arrivati a Palazzo Chigi dove si svolgerà un incontro con il premier Mario Monti. I vertici Fiat sono arrivati preceduti da una scorta a bordo di una nuova Panda rossa guidata dall'amministratore delegato. Al centro dei colloqui il futuro della casa torinese e gli impianti italiani. Sergio Marchionne, che ha ricevuto per la sola Spa un compenso totale di 2,45 milioni nel 2011, a cui vanno aggiunte le stock grant del piano di incentivazione per oltre 12 milioni di euro, parlerà del futuro della Fiat. I dati di mercato non sono positivi, anche se l'amministratore delegato della casa torinese continua a ripetere che tutto è in linea con le previsioni: a febbraio Fiat Group Automobiles ha egistrato un calo del 16,5% e la quota è scesa dal 7,8% al 7,2%. . Il Lingotto attribuisce la flessione in Europa alle perdite di produzione e quindi di vendite, pari a 20.000 unità, provocate dallo sciopero delle bisarche e stima un impatto negativo di circa il 10% sulle quote di mercato del mese di marzo in Italia e all'estero. Ieri gli stabilimenti di Melfi e Pomigliano, dove si produce la nuova Panda, sono rimasti chiusi perché i piazzali sono pieni di auto e oggi, tra bisarche e cassa integrazione, nessuna fabbrica lavorerà (per cig saranno fermi Mirafiori e Melfi). LAVORO: NAPOLI; PERQUISIZIONI IN CASA PRECARI BROS Associazione per delinquere, violenza e minacce sono i reati ipotizzati dalla Procura di Napoli che ha oggi disposto una serie di perquisizioni nei confronti di precari del movimento Bros ed eseguite dalla Digos di Napoli. Al centro delle indagini una serie di manifestazioni avvenute a Napoli negli ultimi due anni nonchè l'aggressione all'auto del sindaco di Napoli, Luigi De Magistris avvenuta il 4 novembre 2011. Tra gli obiettivi dei promotori, secondo i pm, anche il condizionamento degli enti locali, Comune, Provincia e Regione, il tentativo di ostacolare lo svolgimento delle campagne elettorali per il rinnovo dell'Amministrazione comunale, nonchè delle primarie per la designazione dei candidati e il tentativo di condizionare le scelte in materia di servizio di raccolta dei rifiuti e organizzazione della differenziata. L'indagine riguarda anche la manifestazione avvenuta in occasione del primo giorno dei lavori per il prolungamento della diga alla Rotonda Diaz per lo svolgimento della prossima Coppa America. CASA: TRE FAMIGLIE SFRATTATE OCCUPANO PALAZZINA A FIRENZE Una palazzina di due piani è stata occupata, ieri pomeriggio in via Baracca a Firenze, da tre famiglie sfrattate (di nazionalità albanese, romena e tunisina). Lo rende noto in un comunicato il movimento di lotta per la casa. «La casa - afferma la nota - è aperta a tutti e stiamo preparando un'assemblea degli sfrattati». Lo stabile, suddiviso in tre appartamenti e disabitato da tempo, è di proprietà di un privato TORINO: LAVORAVANO DA TRE ANNI AL FREDDO Lavoravano senza riscaldamento da tre anni con muffa e ragnatele alle pareti, estintori vuoti e uscite di sicurezza chiuse da lucchetti e bulloni. Sono alcune delle irregolarità igienico-sanitarie e di sicurezza, scoperte dall'Asl di Torino e dalla polizia giudiziaria durante il controllo in un'azienda alla periferia sud ovest di Torino, seguito a una segnalazione anonima arrivata alla Procura del capoluogo piemontese. L'Asl To1 ha disposto l'immediata messa a norma della ditta che produce trasformatori di potenza, dove lavorano 15 dipendenti. E' stato iscritto nel registro degli indagati il titolare dell'azienda. '''Morte di Giuseppe Uva, le perizie che riaprono il caso''' Ancora ombre sul caso di Giuseppe Uva, l’operaio morto nel 2008 a 43 anni dopo essere ‘sparito’ per tre ore all’interno della caserma dei carabinieri di Varese. Era la notte tra il 14 e il giugno del 2008, quando Uva, insieme con un suo amico, Alberto Biggiogero, veniva fermato dai carabinieri, perché sembra avessero messo delle transenne sulla strada. I carabineri li portano in caserma e li mettono in due stanze diverse. Biggiogero sente le grida del suo amico e chiama il 118 per chiedere aiuto. Poi saranno gli stessi carabinieri a chiamare il prontosoccorso per richiedere un Tso nei confronti di Uva. L’uomo sarebbe morto in ospedale. “Era pieno di lividi – sostiene una sorella di Giuseppe -. Aveva bruciature di sigaretta dietro il collo e i testicoli tumefatti. Mi hanno spiegato che Pino ha dato in escandescenze, che è andato a sbattere contro i muri, ma quelle ferite non si spiegano così”. Lunedì andrà in scena l’interrogatorio in aula dei tre periti che hanno scritto la perizia sul corpo riesumato dell’uomo.Nell’analisi,si afferma che Uva non è morto per le dosi di sedativi che gli erano state somministrate in ospedale. Così, Carlo Fraticelli, medico nel 2008 in servizio all’ospedale di Varese, potrebbe andare incontro ad un’assoluzione, dopo essere stato accusato di aver ucciso Giuseppe Uva con la somministrazione di un ansiolitico la mattina del 14 giugno 2008. Nella perizia si legge che la morte dell’uomo sarebbe arrivata per “stress emotivo” dovuto all’alcool insieme alle “misure di contenzione fisica” e alle “lesioni traumatiche auto ed eteroprodotte". Tra le altre cose, i periti hanno trovato “escoriazioni prodotte dall’urto contro un corpo contundente, espressione di una forza di lieve entità, con l’eccezione dei tessuti molli pericranici, ove l’intensità appare fotograficamente di maggiore rilevanza”.Sul fronte delle reazioni, l’avvocato della famiglia Uva, Fabio Anselmo ha osservato come la perizia sia “un macigno sul pm che dopo oltre tre anni non ha aperto un fascicolo su quanto successo in caserma”. Insomma, la perizia redatta da Angelo Demori, Santo Davide Ferrara e Gaetano Thiene, da un lato afferma che la morte per pestaggio è da escludere, mentre dall’altro non esclude un qualche “errore di gestione” del caso da parte delle forze dell’ordine. ---- === Gr 13:00 === '''In primo Piano''' '''NOTIZIE BREVI''' '''ESTERI''' '''STRAGE DI KANDAHAR, COMMISSIONE SMENTISCE VERSIONE AMERICANA''' Un’inchiesta condotta da una missione parlamentare afghana è arrivata alla conclusione che il massacro di civili avvenuto domenica in due villaggi della provincia meridionale di Kandahar è stata opera di almeno 15-20 militari statunitensi e non di uno solo come asserito dalle autorità di Washington. Lo riferisce l’agenzia di stampa ‘Pajhwok’ secondo cui i componenti della missione hanno trascorso due giorni raccogliendo prove, sentendo testimoni e feriti, parlando con i capi tribali. In dichiarazioni rilasciate a ‘Pajhwok’ il parlamentare Hamizai Lali ha detto che l’attacco è durato un’ora e ha coinvolto due gruppi di militari statunitensi. Il deputato ha auspicato che i responsabili siano giudicati in Afghanistan. Se non è certo quali effetti potrà avere l’esito di questa missione, è opinione comune di molti osservatori che per gli Stati Uniti la situazione in Afghanistan si sta facendo ancora più pesante. Prima il rogo di copie del Corano nella base militare di Bagram poi la strage di civili hanno ulteriormente alimentato un latente sentimento anti-americano tanto da convincere lo stesso presidente Hamid Karzai a chiedere ieri il ritiro delle truppe straniere dai villaggi e dalle campagne così da accelerarne il definitivo rientro in patria comunque previsto entro il 2014. A pesare sono dieci anni di guerra che non hanno portato stabilità e sicurezza. Ieri, secondo notizie riferite da fonti di stampa internazionale, 13 civili – nove minori e quattro donne – sono stati uccisi nella provincia meridionale di Oruzgan e la polizia ha attribuito le uccisioni ai talebani. Oggi un elicottero della Nato si è schiantato contro un’abitazione alla periferia di Kabul: fonti di stampa turca riferiscono di 10 morti tra cui cinque soldati di Ankara. I problemi per gli Stati Uniti sono infine arrivati anche sul piano diplomatico. Le discussioni intavolate in Qatar da gennaio con i talebani sembrano arrivati a un binario morto. I rappresentanti del movimento che si oppone alla presenza statunitense hanno sospeso i colloqui accusando Washington di voler guadagnare tempo senza affrontare i temi fondamentali. Il portavoce dalla Casa Bianca ha risposto ribadendo l’impegno a proseguire le trattative. Intanto, il militare presunto responsabile della strage di Kandahar sarebbe stato trasferito in Kuwait. '''LADRI DI TERRE E DI ACQUA: A MARSIGLIA I CONTADINI DEL MALI DENUNCIANO''' “Oggi i governi stanno svendendo i loro paesi. Stanno denigrando i contadini dicendo che l’agricoltura familiare non è più la soluzione, che bisogna andare verso gli investitori. Ma gli investitori prendono la terra dei contadini, non terra qualsiasi, ma terra ricca di acqua: parlare di accaparramento di terre significa parlare di accaparramento di acqua”: quella di Chantal Jacovetti, esponente della Via campesina in Mali, è una delle numerose denunce portate al Forum alternativo mondiale dell’acqua (Fame) in corso al Dock des Suds a Marsiglia. La città francese affacciata sul Mediterraneo, sede del Consiglio mondiale dell’acqua, è considerata dagli organizzatori del Fame “l’impero delle multinazionali dell’acqua” . La denuncia della Jacovetti, un’agricoltrice francese trasferita da anni a Bamako, dove lavora nel Coordinamento nazionale delle organizzazioni contadine (Cnop), non è arrivata sul tavolo del Forum mondiale dell’acqua (Fma) ufficiale, al quale partecipano numerosi delegati del Mali, guidati dal ministro dell’Agricoltura, Aghatam Ag Alhassane. “Le terre con più acqua – dice la Jacovetti – appartengono allo Stato del Mali in base a un retaggio coloniale francese. Lo Stato non ha mai fatto nulla su quelle aree, preferendo affidarsi a investitori stranieri e svendendole in cambio di altri vantaggi. I predatori delle risorse non sono soltanto i grandi gruppi privati, ma anche i governi stessi. Sono quindi anche i dirigenti, intesi come individui, appartenenti a un’elite, a trarre profitto dei contratti passati con le aziende, che spesso e volentieri versano tangenti per raggiungere l’obiettivo. Il meccanismo perverso è che le multinazionali non sono tanto interessate alle terre aride dove è difficile produrre – e dove bisognerebbe investire – ma preferiscono terreni già preparati dai contadini, con le forze di polizia”. Insieme al capo del villaggio di Sanamadougou, il Cnop ha avviato un’azione legale per denunciare espropriazioni forzate, con la complicità delle forze di polizia, nonché distruzioni di campi, pressioni e arresti. “A nome di vari villaggi – dice la Jacovetti – abbiamo fatto ricorso davanti al tribunale di Markala e, anche se sappiamo che la procedura sarà lunghissima, siamo pronti ad andare fino in fondo”. Due giorni fa, aggiunge l’agricoltrice, centinaia di persone hanno manifestato a Bamako per rivendicare la restituzione delle terre ai cittadini. Per ribadire, come tutti i protagonisti del Fame, che l’acqua deve essere fonte di vita, non di profitto. '''ITALIA''' '''Morte di Giuseppe Uva, le perizie che riaprono il caso''' Ancora ombre sul caso di Giuseppe Uva, l’operaio morto nel 2008 a 43 anni dopo essere ‘sparito’ per tre ore all’interno della caserma dei carabinieri di Varese. Era la notte tra il 14 e il giugno del 2008, quando Uva, insieme con un suo amico, Alberto Biggiogero, veniva fermato dai carabinieri. I due avevano bevuto e avevano messo delle transenne in mezzo alla strada, una bravata, poco più. I carabineri li portano in caserma e li mettono in due stanze diverse. Biggiogero sente le grida del suo amico e chiama il 118 per chiedere aiuto. Poi saranno gli stessi carabinieri a chiamare il prontosoccorso per richiedere un Tso nei confronti di Uva. L’uomo sarebbe morto in ospedale. “Era pieno di lividi – sostiene una sorella di Giuseppe -. Aveva bruciature di sigaretta dietro il collo e i testicoli tumefatt. Mi hanno spiegato che Pino ha dato in escandescenze, che è andato a sbattere contro i muri, ma quelle ferite non si spiegano così”. Lunedì andrà in scena l’interrogatorio in aula dei tre periti che hanno scritto la perizia sul corpo riesumato dell’uomo.Nell’analisi, chiesta dal giudice Orazio Muscato, si afferma che Uva non è morto per le dosi di sedative che gli erano state somministrate in ospedale. Così, Carlo Fraticelli, medico nel 2008 in servizio all’ospedale di Varese, potrebbe andare incontro ad un’assoluzione, dopo essere stato accusato di aver ucciso Giuseppe Uva con la somministrazione di un ansiolitico la mattina del 14 giugno 2008. Nella perizia si legge che la morte dell’uomo sarebbe arrivata per “stress emotivo” dovuto all’alcool insieme alle “misure di contenzione fisica” e alle “lesioni traumatiche auto ed eteroprodotte “. Su ciò che ha causato l’infarto, invece, “non è possibile fare ulteriori osservazioni” a causa della “assoluta mancanza di documentazione inerente il periodo tra il fermo delle 3 e la relazione medica che prescrive il Tso”. Tra le altre cose, i periti hanno trovato “escoriazioni prodotte dall’urto contro un corpo contundente, espressione di una forza di lieve entità, con l’eccezione dei tessuti molli pericranici, ove l’intensità appare fotograficamente di maggiore rilevanza”.Sul fronte delle reazioni, l’avvocato della famiglia Uva, Fabio Anselmo ha osservato come la perizia sia “un macigno sul pm che dopo oltre tre anni non ha aperto un fascicolo su quanto successo in caserma”. Insomma, la perizia redatta da Angelo Demori, Santo Davide Ferrara e Gaetano Thiene, da un lato afferma che la morte per pestaggio è da escludere, mentre dall’altro non esclude un qualche “errore di gestione” del caso da parte delle forze dell’ordine. Giuseppe Uva, in sostanza, sarebbe morto a causa di una tempesta emotiva causata da diversi fattori: l’alcol che aveva ingerito in grande quantità, ma anche la contenzione e le lesioni. Il caso è apertissimo e la verità su quanto accaduto in quei tragici giorni del giugno 2008 sembra ancora lontanissima. '''Siparietto''' --------------- <> '''Appunti e note redazionali''' '''Servizi audio della giornata''' ---- ||[[#top|Torna a inizio pagina]]||