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ESTERI
GRECIA:VERSO NUOVE ELEZIONI
Continuano le consultazioni in Grecia nel tentativo di formare un qualsivoglia governo che scongiuri nuove elezioni e soprattutto l’uscita dall’Euro, ormai data per scontata anche se non ufficialmente. Il giornale tedesco “Der Spiegel” esce oggi infatti con una significativa copertina: una colonna corinzia tra le macerie e una moneta da un euro spezzata, sotto il titolo “Akropolis adieu”. All’interno dodici pagine dedicate alla situazione greca e al piano B, già ventilato dalla Germania, in caso di uscita del paese dalla moneta europea. Intanto ieri sera ad Atene, nell’ambito delle consultazioni del presidente Papoulias con tutti i partiti presenti nel nuovo parlamento greco, è stato ricevuto anche il segretario di Alba Dorata, che ha conquistato nelle ultime elezioni oltre il 6% dei voti. All’ingresso di Michaloliakos Nikos i giornalisti presenti si sono seduti per terra in segno di protesta per quanto accaduto esattamente una settimana fa, quando durante la conferenza stampa della formazione neonazista fu loro intimato di mettersi sull’attenti.
SPAGNA: IL MOVIMENTO DEGLI INDIGNADOS TORNA IN PIAZZA In centinaia di migliaia ieri hanno manifestato sabato in oltre 80 piazze spagnole in occasione dell’anniversario del movimento 15M, che un anno fa nel paese iberico ha dato vita al movimento degli “indignados”. Le manifestazioni più partecipate a Madrid e Barcellona. Nel centro di Madrid si è tornati alla Porta del Sol. Scandendo slogan come ‘Prendiamoci la strada’ e ‘Non siamo merce in mano ai politici e ai banchieri’, i manifestanti hanno marciato in sei diversi cortei provenienti da altrettanti quartieri della capitale spagnola e si sono poi riuniti in uno solo. Gli indignati hanno promosso una “assemblea permanente” nella piazza e hanno annunciato durerà quattro giorni consecutivi. Di prima mattina, verso , le 5 , la polizia è arrivata per sgomberare la pizza e 5 manifestanti sono stati arrestati. In mattinata la piazza si è riempita nuovamente e la polizia ha intimato di sgomberare alle 10 di sera. Oggi la polizia e' intervenuta stamattina per allontanare da Puerta del Sol circa 100 persone che tentavano di riaccamparsi sulla celebre piazza di Madrid, culla un anno fa del movimento di rivolta dei giovani spagnoli. Due i fermi, identificate diverse decine di giovani. Il governo del premier Mariano Rajoy ha autorizzato le manifestazioni, ma ha vietato nuovi accampamenti. La notizia positiva è il progressivo aumento degli osservatori delle Nazioni Unite – ieri 189, ma oggi ne sono arrivati altri – incaricati di monitorare il cessate-il-fuoco ufficialmente in vigore dallo scorso 12 aprile, ma di fatto inapplicato in molte zone del paese da entrambe le parti in lotta. Gli scontri più significativi sono invece avvenuti a Rastan, città del nord da mesi sotto controllo degli insorti dove, secondo fonti dell’opposizione, 23 soldati sono stati uccisi oggi. Un numero che, secondo Damasco, porterebbe a 2500 i morti tra i suoi soldati dall’inizio della crisi. Mentre, secondo l’opposizione sarebbero 9.000 le vittime causate dai militari filo-governativi. Intanto l’Unione Europea oggi ha annunciato una nuova serie di sanzioni, la quindicesima dall’inizio delle proteste. Chi o cosa colpiscano le nuove sanzioni non è stato ancora reso pubblico. Mentre lo sciopero della fame dei prigionieri politici palestinesi continua e le condizioni di Bilal Halahla e Thaer Diab si fanno sempre più critiche - potrebbero morire da un momento all’altro: questa mattina hanno iniziato il 76° giorno - arriva la notizia di un possibile accordo tra l’Autorità Palestinese ed Israele con la mediazione dell’Egitto. La proposta presentata dall’Egitto prevede diverse richieste tra le quali la fine dell’isolamento e la concessione alle famiglie di Gaza di visitare i propri parenti rinchiusi nelle carceri israeliane. Inoltre richiede un cambiamento nella detenzione amministrativa, misura illegale secondo il diritto internazionale per incarcerare i palestinesi senza capo d’accusa né processo. Più di 1600 prigionieri politici palestinesi, un terzo del numero totale dei detenuti nelle carceri israeliani, che rifiutano il cibo. Dieci di loro sono ricoverati in ospedale, in gravi condizioni. Secondo i dati dell’associazione di sostegno ai prigionieri politici e per i diritti umani Ad-Dameer, attualmente (dati del 1 maggio 2012) ci sono 4653 prigionieri politici palestinesi nelle carceri e nei centri detentivi israeliani, tra cui 308 in detenzione amministrativa, 7 donne e 218 minori. E le condizioni all’interno delle prigioni sono terribili: incarcerazioni senza processo né accusa, utilizzo della pratica dell’isolamento come misura punitiva e divieto di avere accesso a libri, radio e televisione e di ricevere le visite di medici e familiari. Lunedì scorso la Corte Suprema Israeliana ha rifiutato l’appello presentato da Thaer e Bilal che richiedeva il rilascio immediato per mancanza di accuse. Venerdì scorso più di 12000 persone hanno partecipato ad una marcia a Kafr Kana, vicino a Nazareth, per protestare contro le condizioni dei prigionieri nelle carceri israeliane. Anche nella città di Hebron ci sono state manifestazioni in solidarietà. Domani, 15 maggio, 64° anniversario della Nakba palestinese, sono state organizzate manifestazioni, marce e proteste nelle principali città palestinesi. Le autorità israeliane hanno demolito nel 2011 centinaia di case palestinesi, serbatoi d'acqua e altre infrastrutture che sono state finanziate con fondi europei: lo riferisce una relazione congiunta di alcune ONG sotto la supervisione delle Nazioni Unite. Sono inoltre più di 100 le costruzioni che rischiano tuttora la demolizione. Israele ha demolito ben 620 tra edifici e infrastrutture di cui 62 finanziati dalla UE (Francia, Olanda, Gran Bretagna, Polonia, Irlanda e Commissione europea). Nel mese di aprile, la Francia ha protestato energicamente con l'ambasciatore israeliano a Parigi dopo la demolizione di due serbatoi d'acqua vicino Hebron (nel sud della West Bank), di cui aveva finanziato la costruzione. I costi dell’elettricità in Israele sono aumentati nel 9% ad Aprile, a causa di una riduzione delle forniture del gas naturale dall’Egitto, utilizzato per alimentare le centrali elettriche; in vista dell’aumento della domanda nei mesi estivi, funzionari israeliani hanno preannunciato riduzione delle forniture e possibili black out. Il ministro dell’Ambiente israeliano ha quindi proposto ieri di sospendere la fornitura di elettricità alla Striscia di Gaza, che attualmente integra, si fa per dire, quella generata dall’unica centrale operante a Gaza, sotto la continua minaccia dell’interruzione delle forniture di gasolio. Già in passato era stata ventilata dal governo israeliano la possibilità di togliere la fornitura di energia a Gaza, ma nel 2009, durante l’operazione “Piombo fuso” l’ex procuratore generale vietò di staccare la corrente a Gaza perché la misura poteva essere considerata come una “punizione collettiva”. Potrebbero appartenere a migranti centroamericani, ma è solo una delle ipotesi, i 49 corpi mutilati rinvenuti ieri all’interno di sacchi di plastica abbandonati lungo il ciglio di una strada del nord del Messico, vicino all’area metropolitana di Monterrey, terza città del paese. Si tratta di 43 uomini e sei donne, decapitati e con le mani amputate, presumibilmente per impedirne l’identificazione, secondo fonti della polizia locale. La stampa messicana riferisce che gli investigatori avrebbero trovato anche un messaggio a firma di un cartello della droga, di cui non è stato diffuso il contenuto. L’episodio giunge a pochi giorni dal rinvenimento di altri 18 cadaveri mutilati dentro due automobili nei pressi di Guadalajara, seconda città del Messico, con ogni probabilità vittime della faida in corso tra il cartello degli Zetas, composto da ex militari disertori dei corpi speciali dell’esercito, e quello di Sinaloa legato a Joaquín ‘Chapo’ Guzmán, che controlla gli stati affacciati sul Pacifico. In piena campagna elettorale per le legislative e presidenziali del 1° luglio, il Messico continua a registrare con scadenza quasi quotidiana nuove vittime della guerra tra i cartelli della droga. Un centinaio di operai della Fiat e dell'indotto, che stava sfilando stamane in corteo a Termini Imerese, ha occupato l'agenzia di Unicredit. Un altro gruppo di operai ha occupato la filiale della banca Intesa San Paolo, che si trova a un centinaio di metri dall'altra sede bancaria, a Termini Imerese. Anche in questo caso la protesta si è svolta in maniera pacifica, sotto il controllo dei carabinieri. La protesta indetta oggi, spiegano i sindacati, è nei confronti del pool di banche che avrebbe rifiutato il credito alla Dr Motor, bloccando di fatto il processo di riconversione della fabbrica lasciata dal Lingotto a fine 2011. Era in carcere per reati contro il patrimonio ma lui si era sempre dichiarato innocente, Cinquanta giorni fa, per protesta, aveva cominciato lo sciopero della fame: è morto così a 38 anni nell'ospedale “Vito Fazzi” di Lecce, dopo che le sue condizioni di salute erano peggiorate a causa della decisione di non toccare più il cibo. Ora la Procura ha aperto un'inchiesta ed un medico legale è stato incaricato di accertare le cause della morte. La notizia è riportata su alcuni giornali locali. Popo Virgil Cristria, di 38 anni, di Bucarest, era giunto, da Benevento, nel carcere di Lecce alla fine dello scorso anno perchè doveva scontare pene definitive che gli erano state inflitte per reati contro il patrimonio e la persona. Alla fine di marzo aveva deciso di iniziare lo sciopero della fame perchè voleva richiamare l'attenzione delle autorità sulla sua situazione. L'uomo non aveva più toccato cibo, chiedendo la sospensione della pena, che non gli è stata concessa. Le sue condizioni di salute sono via via peggiorate fino alla morte. Il magistrato di turno, il sostituto procuratore Carmen Ruggiero, ha disposto il sequestro delle cartelle cliniche e della documentazione sanitaria che si trova in carcere. Dopo la perquisizione di un blocco, i prigionieri hanno lanciato sbarre di ferro smontate dai letti contro i militari e hanno incendiato le coperte nei vari blocchi. Alle 21.30 è iniziata l’ennesima rivolta. Alcuni hanno tentato la fuga. Polizia, carabinieri, guardia di finanza e vigili del fuoco sono intervenuti in forze. Solo all’una di notte la situazione è tornata quasi alla normalità. Il giorno dopo, alle 20, gli agenti sono tornati per fermare una seconda sommossa. I circa 60 immigrati rinchiusi sono quasi tutti nordafricani. L’altra sera, in concomitanza con la protesta a Modena, anche al Cie di Bologna si è registrata una sommossa. Nei giorni scorsi la protesta organizzata a Napoli contro Equitalia e il complesso dei dispositivi di usura antisociale che stanno perseguitando lavoratori, precari, pensionati e piccoli proprietari ha subito una repressione violenta, seguita da una vergognosa campagna di criminalizzazione del movimento di lotta. La mobilitazione contro Equitalia rientra nella lotta contro la rapina fiscale su salari, stipendi e pensioni, per far pagare davvero chi non ha mai pagato, Il Comitato No/Debito in connessione con quanti, forze politiche, culturali e sociali, vorranno portare il loro contributo analitico e di azione propone una giornata di mobilitazione nazionale contro Equitalia nelle prossime settimane, che dovrà intrecciarsi e dialogare con l’insieme delle proteste contro Monti, la sua politica economica e sociale e i diktat dei poteri forti dell’Unione Europea.
Le autorità israeliane hanno demolito lo scorso anno dozzine di case palestinesi, serbatoi d'acqua e altre infrastrutture che sono state finanziate con fondi europei: lo riferisce una relazione congiunta di alcune ONG sotto la supervisione dell’ufficio delle Nazioni Unite che coordina le questioni umanitarie. Sono inoltre più di 100 le costruzioni che rischiano tuttora la demolizione. Secondo la relazione del Gruppo di lavoro nel solo 2011 Israele ha demolito ben 620 tra edifici e infrastrutture di cui 62 finanziati dalla UE (Francia, Olanda, Gran Bretagna, Polonia, Irlanda e Commissione europea). Nel mese di aprile, la Francia ha protestato energicamente con l'ambasciatore israeliano a Parigi dopo la demolizione di due serbatoi d'acqua vicino Hebron (nel sud della West Bank), di cui aveva finanziato la costruzione. L'esercito israeliano ha spiegato che è obbligato a far rispettare gli ordini di demolizione emessi quando le strutture erano state edificate senza i necessari permessi. A causa dei previsti cali di fornitura di corrente elettrica ai quali, secondo gli esperti, Israele andrà incontro quest’estate, il ministro dell’Ambiente israeliano ha proposto ieri di sospendere la fornitura di elettricità alla Striscia di Gaza, che attualmente integra, si fa per dire, quella generata dall’unica centrale operante nella striscia, sotto la continua minaccia dell’interruzione delle forniture di gasolio. I costi dell’elettricità in Israele sono aumentati nel 9% ad Aprile, a causa di una riduzione delle forniture del gas naturale dall’Egitto, utilizzato per alimentare le centrali elettriche; in vista dell’aumento della domanda nei mesi estivi, funzionari israeliani hanno preannunciato riduzione delle forniture e possibili black out. E a chi togliere l’elettricità se non “all’entità del terrore” ovvero alla striscia di Gaza che secondo il ministro dell’ambiente Erdan, fruisce gratuitamente di energia? Già in passato era stata ventilata dal governo israeliano la possibilità di togliere la fornitura di energia a Gaza, ma nel 2009, durante l’operazione “Piombo fuso” l’ex procuratore generale vietò di staccare la corrente a Gaza perché la misura poteva essere considerata come una “punizione collettiva”. Secondo Erdan, però, oggi Israele non avrebbe alcun obbligo legale nel garantire a Gaza la fornitura di corrente elettrica e sarebbe già pronto un piano d’emergenza che prevede, in caso di “siccità elettrica” di staccare alcuni servizi, cominciando ovviamente da quelli per Gaza. Continuano le consultazioni in Grecia nel tentativo di formare un qualsivoglia governo che scongiuri nuove elezioni e soprattutto l’uscita dall’Euro, ormai data per scontata anche se non ufficialmente. Il giornale tedesco “Der Spiegel” esce oggi infatti con una significativa copertina: una colonna corinzia tra le macerie e una moneta da un euro spezzata, sotto il titolo “Akropolis adieu”. All’interno dodici pagine dedicate alla situazione greca e al piano B, già ventilato dalla Germania, in caso di uscita del paese dalla moneta europea. Intanto ieri sera ad Atene, nell’ambito delle consultazioni del presidente Papoulias con tutti i partiti presenti nel nuovo parlamento greco, è stato ricevuto anche il segretario di Alba Dorata, che ha conquistato nelle ultime elezioni oltre il 6% dei voti. All’ingresso di Michaloliakos Nikos i giornalisti presenti si sono seduti per terra in segno di protesta per quanto accaduto esattamente una settimana fa, quando durante la conferenza stampa della formazione neonazista fu loro intimato di mettersi sull’attenti. La polizia e' intervenuta stamattina per allontanare da Puerta del Sol circa 100 persone che tentavano di riaccamparsi sulla celebre piazza di Madrid, culla un anno fa del movimento di rivolta dei giovani spagnoli. Due i fermi, identificate diverse decine di giovani. Gli indignados spagnoli celebrano da sabato il primo anniversario del movimento, nato il 15 maggio 2011 a Puerta del Sol. Il governo del premier Mariano Rajoy ha autorizzato le manifestazioni, ma ha vietato nuovi accampamenti. Potrebbero appartenere a migranti centroamericani, ma è solo una delle ipotesi, i 49 corpi mutilati rinvenuti ieri all’interno di sacchi di plastica abbandonati lungo il ciglio di una strada del nord del Messico, vicino all’area metropolitana di Monterrey, terza città del paese. Si tratta di 43 uomini e sei donne, decapitati e con le mani amputate, presumibilmente per impedirne l’identificazione, secondo fonti della polizia locale. La stampa messicana riferisce che gli investigatori avrebbero trovato anche un messaggio a firma di un cartello della droga, di cui non è stato diffuso il contenuto. L’episodio giunge a pochi giorni dal rinvenimento di altri 18 cadaveri mutilati dentro due automobili nei pressi di Guadalajara, seconda città del Messico, con ogni probabilità vittime della faida in corso tra il cartello degli Zetas, composto da ex militari disertori dei corpi speciali dell’esercito, e quello di Sinaloa legato a Joaquín ‘Chapo’ Guzmán, che controlla gli stati affacciati sul Pacifico. Sull’identità delle vittime di Monterrey per ora circolano solo ipotesi: alcuni dei cadaveri recherebbero tatuaggi riconducibili a organizzazioni criminali, ma secondo il procuratore statale Adrián De la Garza potrebbe trattarsi di persone provenienti da altre regioni o dai paesi confinanti a sud. In piena campagna elettorale per le legislative e presidenziali del 1° luglio, il Messico continua a registrare con scadenza quasi quotidiana nuove vittime della violenza collegata ai cartelli della droga, una vera e propria guerra innescata dalla lotta per il controllo del territorio e delle rotte del narcotraffico che ha visto crescere il coinvolgimento di bande criminali minori al fianco degli Zetas e di Sinaloa. Un centinaio di operai della Fiat e dell'indotto, che stava sfilando stamane in corteo a Termini Imerese, ha occupato l'agenzia di Unicredit. Un altro gruppo di operai ha occupato la filiale della banca Intesa San Paolo, che si trova a un centinaio di metri dall'altra sede bancaria, a Termini Imerese. Anche in questo caso la protesta si è svolta in maniera pacifica, sotto il controllo dei carabinieri. La protesta indetta oggi, spiegano i sindacati, è nei confronti del pool di banche che avrebbe rifiutato il credito alla Dr Motor, bloccando di fatto il processo di riconversione della fabbrica lasciata dal Lingotto a fine 2011. Gr 13:00
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