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Questi sono i due testi da cui partire. Provate ad aggiungerli, legarli correggerli inserendo in fondo dove è lo spazio testo nuovo Carlo

Associazione Emigranti

L’Associazione Immigrati di Pordenone ritiene urgente ed importante richiamare l’attenzione di tutte le persone che hanno a cuore il progresso civile sulla legge Bossi-Fini sull’immigrazione.

L’Associazione ritiene che tale legge rappresenti un grave passo verso una situazione in cui discriminazione e annullamento dei diritti elementari saranno la regola di funzionamento della società. La condizione dei migranti in Italia è già pesante e caratterizzata da una sostanziale deprivazione di diritti. La nuova legge tende a rendere ancora più difficile le condizioni di lavoro e di vita degli stranieri che lavorano e contribuiscono alla ricchezza dell’Italia e della nostra zona in particolare. Non altrimenti si possono leggere i vari articoli che la compongono e che mostrano che la logica di fondo è quella di considerare l’immigrazione come un problema di ordine pubblico legato alle pure esigenze dell’economia.

Si inaspriscono allora le misure contro i migranti irregolari, per i quali si prevede l’equiparazione della permanenza irregolare, dopo la prima espulsione, a reato penale con una pena, a dir poco eccessiva, fino a quattro anni di carcere, e si prolunga fino a sessanta giorni la detenzione degli irregolari nei Centri di Detenzione Temporanea.

Si restringe la possibilità di ricongiungimento familiare, limitata al coniuge, ai figli minori, e ai genitori di figlio unico: ostacolando ogni possibilità per i migranti di avere una vita normale in una unità familiare completa, si rende difficile la loro vita affettiva e diventano più problematiche le relazioni sociali con l’ambiente locale. E tutti i disagi familiari finiranno per gravare, come al solito, sulle donne immigrate.

Si attacca il diritto di asilo, mediante la parificazione di fatto della condizione dei richiedenti asilo a quella di irregolare, ignorando così deliberatamente che i profughi che approdano in Italia si trovano in una condizione di irregolarità chiaramente determinata dall’urgenza della fuga dalla guerra o da una condizione di persecuzione. Contro l’art. 31 della Convenzione di Ginevra, si prevede la possibilità di detenzione mentre si definisce la pratica, il rifugiato è privo di tutor che rappresenti i suoi diritti e si abolisce anche il sussidio previsto dalla legge.

Si arriva persino a sopprimere la possibilità di richiedere la liquidazione dei contributi versati per chi lascia definitivamente l’Italia.

Ma l’innovazione più grave è il nuovo istituto del “contratto di soggiorno per lavoro”, mediante il quale si lega strettamente il diritto di permanenza al contratto di lavoro. Con questo nuovo istituto di fatto saranno le esigenze produttive a determinare la durata di validità del permesso di soggiorno e del suo rinnovo. Anche la garanzia di un alloggio per il migrante da parte del datore di lavoro, lungi dall’essere una misura per “favorire l’integrazione”, diventa, nel contesto della legge, un’arma di ricatto nei confronti del migrante. Aumenta allora il grado di precarietà dei migranti regolari, che correranno sempre più il rischio di diventare irregolari. Si conferma e si rafforza così la tendenza paradossale della legislazione sull’immigrazione, che implica che un migrante regolare possa diventare irregolare, mentre è praticamente impossibile per un irregolare diventare regolare.

Con sbrigativo cinismo si prospetta una sanatoria per le colf e le “badanti”, perché i loro servizi sono “utili” agli italiani.

Questo concetto della persona come semplice mezzo da usare pervade tutta la legge: in sostanza si punta a ridurre gli immigrati a semplici braccia, puri strumenti di produzione e di servizio da usare sotto controllo e poi da rimandare a casa.

  • Ogni idea di accoglienza e di rispetto della dignità della persona è estranea a questa legge.
  • Ogni prospettiva di futuro per chi arriva nel nostro paese è cancellata.
  • Ogni riflessione sulla ricchezza che l’apertura a persone diverse da noi può apportare al nostro modo di vivere e di pensare viene respinta come contaminazione pericolosa.

E, oltretutto, per la sua macchinosità e rigidità questa legge non potrà neanche funzionare: ci saranno più irregolari, le assunzioni saranno più difficili, i disagi per i migranti aumenteranno, si rafforzeranno le tendenze xenofobe e quindi anche eventuali tensioni nell’ambiente locale.

Contro questo progetto l’Associazione Immigrati si rivolge a tutte le associazioni, alle forze politiche e sindacali, e a tutte le persone che ritengono che la ragione economica non debba prevalere su ogni altra esigenza di vita e invita tutti ad esprimere la loro solidarietà con i migranti e la loro opposizione alla legge.

  • Pordenone, 10 maggio 2002 ASSOCIAZIONE IMMIGRATI di Pordenone

aderiscono:

  • CGIL provinciale e regionale
  • CUB- Rappresentanze Sindacali di Base
  • ACLI di Pordenone
  • Coordinamento No Global di Pordenone
  • Movimento Volontariato Italiano di Pordenone e de Friuli VG
  • Movimento Umanista di Trieste
  • Acis- Associazione Culturale Italiani e Stranieri di Conegliano
  • Centro Culturale “Concina” di Prata
  • Cobas della Scuola di PN
  • Beati i Costruttori di pace
  • Circolo Zapata
  • Voce Donna

Testo Gatanegra

Negli ultimi giorni alcuni esponenti locali della Lega Nord hanno dichiarato di voler effettuare una pubblica raccolta di firme a sostegno dell’emendamento parlamentare, presentato da una deputata di Forza Italia, che propone di istituire la schedatura obbligatoria, con tanto di impronte digitali, di tutti i lavoratori migranti.

Non stupisce certamente che i fautori della vergognosa “legge Bossi-Fini” ed i loro lacchè pordenonesi siano intenzionati ad appoggiare misure tanto criminali quanto grottesche: ciò che sorprende è che questi razzisti in carriera vogliano rendere complici delle loro trame anche i cittadini di Pordenone, già abbondantemente strumentalizzati in passato per allarmi ed emergenze sulla “sicurezza” o sul “terrorismo” che avevano le medesime finalità.


abolirei questi primi due paragrafi Carlo


Difatti l’informazione fornita, anche localmente, dai rappresentanti leghisti ha sempre celato il vero volto della nuova proposta di legge sull’immigrazione: non un provvedimento contro “i clandestini”, ma un attacco ai diritti fondamentali di tutti i lavoratori extracomunitari, che – oltre a non poter già abitare nelle case popolari- non potranno nemmeno cercare un lavoro (dovranno sempre dimostrare di averne uno o non sarà loro concesso il permesso di soggiorno); non potranno vivere con i loro figli maggiorenni (perché questi, se disoccupati, sarebbero “clandestini”); e, infine, non potranno nemmeno godere i frutti dei loro sacrifici se verranno espulsi (perché perderanno tutti i contributi versati).

Sfruttamento e repressione, insomma, nel solco di una collaudata tradizione xenofoba - tanto di destra, quanto di sinistra- che ha sempre considerato l’immigrazione un problema di polizia ed i migranti come potenziali delinquenti, salvo rimarcarne la necessità in periodi di crisi economica, quando gli industriali vogliono abbattere il costo del lavoro.

La schedatura obbligatoria, in questo scenario, non fa che completare l’impianto fascista della legge: la “presunzione di colpevolezza” fa di ogni migrante un reo buon uomo la cui vita viene interamente spesa a dimostrare la propria estraneità ai fatti di cronaca più disparati.

Ma cosa sono questi piccoli particolari di fronte all’enorme pericolo rappresentato dai bambini immigrati “sporcaccioni” denunciati dall’onorevole Ballaman? Cosa volete che importi se un funzionario dell’ufficio immigrati della questura di Pordenone viene indagato per aver rilasciato permessi di soggiorno in cambio di prestazioni sessuali? Cosa ce ne importa se molti annunci di affitto nelle agenzie immobiliari pordenonesi recano la scritta “NO EXTRACOMUNITARI”, come riportato dai giornali qualche tempo fa?

Noi, che siamo “clandestini” in casa nostra, non staremo di certo a guardare e ribadiamo, come facciamo da diversi anni,

  • che sono le leggi dello Stato a creare i “clandestini”;
  • che sono leggi razziste come la Turco-Napolitano o la Bossi-Fini a trasformare i diritti in privilegi e gli oppressi stranieri in pericolosi oppressori;
  • che la casa è di chi la abita e può essere ovunque;
  • che i soli, veri clandestini e abusivi, che non hanno diritto di cittadinanza in una reale democrazia, sono i razzisti ed i fascisti.

CSOA GATANEGRA

Testo nuovo - Max

Mentre la Marina Militare è impiegata per controllare le frontiere italiane e bloccare l’immigrazione clandestina, il Parlamento ha quasi approvato il disegno di legge Bossi-Fini: una nuova legge sull’immigrazione che peggiorerà le condizioni di vita di tutti i migranti.

L’asse portante di questa legge, parte integrante dell’attacco del governo al mondo del lavoro nella sua totalità, è il contratto di soggiorno per lavoro con il quale il datore di lavoro diventa a pieno titolo padrone del destino dei lavoratori migranti, istituendo una nuova forma di schiavitù

La nuova legge tende a rendere ancora più difficile le condizioni di lavoro e di vita degli stranieri che lavorano e contribuiscono alla ricchezza dell’Italia e della nostra zona in particolare. Non altrimenti si possono leggere i vari articoli che la compongono e che mostrano che la logica di fondo è quella di considerare l’immigrazione come un problema di ordine pubblico legato alle pure esigenze dell’economia.

Non stupisce certamente che i fautori della vergognosa “legge Bossi-Fini” ed i loro lacchè pordenonesi siano intenzionati ad appoggiare misure tanto criminali quanto grottesche: infatti l’informazione fornita, anche localmente, dai rappresentanti leghisti ha sempre celato il vero volto della nuova proposta di legge sull’immigrazione: non un provvedimento contro “i clandestini”, ma un attacco ai diritti fondamentali di tutti i lavoratori extracomunitari.

Va però detto che questa legge si inserisce sul solco già scavato dalla precedente legge sull’immigrazione Turco-Napolitano, che già differenziava tra i diritti degli italiani e quelli degli stranieri: un italiano che non esibisce i documenti è punibile fino a un mese di galera, un immigrato extracomunitario rischia fino a sei mesi. La nuova legge Bossi-Fini va ancora oltre schedando le impronte digitali degli stranieri.

Attraverso continue discriminazioni contro i lavoratori migranti sta passando una nuova definizione dei diritti: non più universalmente validi, ma a geografie variabili. Viene così attaccato l’automatismo che regolava la precedente attribuzione dei diritti: ne sanno qualcosa tutti i lavoratori, migranti e non, che vedono quotidianamente attaccati i loro diritti. Specialmente giovani lavoratori, interinali, autonomi ecc. fanno quotidiana esperienza di come al possesso di un posto di lavoro non corrisponda più alcuna garanzia giuridica (pensioni, malattia, ecc.).

I migranti non chiedono la nostra pietà. Come hanno mostrato nello sciopero di Vicenza sono capaci di difendere in prima persona i propri diritti e la propria dignità. I migranti mostrano piuttosto come un generale attacco al lavoro coinvolga italiani e migranti, scompaginando ogni raffigurazione classica della rappresentazione del lavoro.

Lo sciopero è un importante passo per bloccare quel meccanismo che, attraverso il DDL Bossi-Fini, vuole produrre nuove esclusioni e mettere a rischio la vita di centinaia di migliaia di lavoratori, riducendoli in uno stato di schiavitù.

Contro la schedatura razzista dei migranti

Per la libertà di movimento di tutte e tutti

NUOVO TESTO GATA AGGIUSTAMENTO A MAX

Mentre la Marina Militare è impiegata per controllare le frontiere italiane e bloccare l’immigrazione clandestina, e mentre l'Unione Europea si appresta a istituire la "Polizia Internazionale" contro l'immigrazione, il Parlamento ha quasi approvato il disegno di legge Bossi-Fini: una nuova legge sull’immigrazione che peggiorerà le condizioni di vita di tutti i migranti.

L’asse portante di questa legge, parte integrante dell’attacco del governo al mondo del lavoro nella sua totalità, è il contratto di soggiorno per lavoro con il quale il datore di lavoro diventa a pieno titolo padrone del destino dei lavoratori migranti, istituendo una nuova forma di schiavitù

La nuova legge tende a rendere ancora più difficile le condizioni di lavoro e di vita degli stranieri che lavorano e contribuiscono alla ricchezza dell’Italia e della nostra zona in particolare. Non altrimenti si possono leggere i vari articoli che la compongono e che mostrano che la logica di fondo è quella di considerare l’immigrazione come un problema di ordine pubblico legato alle pure esigenze dell’economia.

Non stupisce certamente che i fautori della vergognosa “legge Bossi-Fini” ed i loro lacchè pordenonesi siano intenzionati ad appoggiare misure tanto criminali quanto grottesche: infatti l’informazione fornita, anche localmente, dai rappresentanti leghisti ha sempre celato il vero volto della nuova proposta di legge sull’immigrazione: non un provvedimento contro “i clandestini”, ma un attacco ai diritti fondamentali di tutti i lavoratori extracomunitari.

Va però detto che questa legge si inserisce sul solco già scavato dalla precedente legge sull’immigrazione Turco-Napolitano, che già differenziava tra i diritti degli italiani e quelli degli stranieri: un italiano che non esibisce i documenti è punibile fino a un mese di galera, un immigrato extracomunitario rischia fino a sei mesi. La nuova legge Bossi-Fini va ancora oltre schedando le impronte digitali degli stranieri. La schedatura obbligatoria, in questo scenario, non fa che completare l’impianto fascista della legge: la “presunzione di colpevolezza” fa di ogni migrante un reo buon uomo la cui vita viene interamente spesa a dimostrare la propria estraneità ai fatti di cronaca più disparati.

Attraverso continue discriminazioni contro i lavoratori migranti sta passando una nuova definizione dei diritti: non più universalmente validi, ma a geografie variabili. Viene così attaccato l’automatismo che regolava la precedente attribuzione dei diritti: ne sanno qualcosa tutti i lavoratori, migranti e non, che vedono quotidianamente attaccati i loro diritti. Specialmente giovani lavoratori, interinali, autonomi ecc. fanno quotidiana esperienza di come al possesso di un posto di lavoro non corrisponda più alcuna garanzia giuridica (pensioni, malattia, ecc.).

I migranti non chiedono la nostra pietà. Come hanno mostrato nello sciopero di Vicenza sono capaci di difendere in prima persona i propri diritti e la propria dignità. I migranti mostrano piuttosto come un generale attacco al lavoro coinvolga italiani e migranti, scompaginando ogni raffigurazione classica della rappresentazione del lavoro.

Come uomini e donne "di cittadinanza italiana" (sig!) siamo profondamente indignat@ e pure incazzat@, e contro questa ridefinizione- negazione dei diritti invitiamo tutt@ a mettere in atto forme di protesta capaci di esprimere un DISSENSO che deve essere GENERALIZZATO.

Contro la schedatura razzista dei migranti

Per la libertà di movimento di tutte e tutti

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