Donne attraverso i confini

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L'entrata massiccia delle donne nel mercato del lavoro, l'introduzione delle nuove tecnologie, la crescita del settore terziario hanno cambiato il volto del lavoro. Viviamo ormai nella globalizzazione selvaggia dei mercati, si parla della fine della divisione del lavoro, del post-fordismo, della flessibilità del lavoro, del telelavoro, del lavoro virtuale e perfino della fine del lavoro. In questo scenario di forti trasformazioni , le tecnologie per l'informazione e la comunicazione, [l'ICT] hanno un posto di grande rilievo nel rapporto che le donne hanno con il lavoro. Nel modello postfordista la conoscenza e la comunicazione sono la materia prima del processo produttivo: la produzione si basa sulle capacità relazionali e sull’abilità di trasformare le relazioni in conoscenza. Per entrare nel mondo del lavoro sempre di + i lavoratori devono offrire i loro linguaggi, capacità relazionali e comunicative: qualità tipicamente femminili, su cui si basa il modo di produzione attuale. Oggi le nuove tecnologie hanno trasformato completamente la nostra vita quotidiana e ristrutturato la sfera del lavoro attraverso la dequalificazione della mano d’opera e l’automatizzazione dei processi lavorativi. Il tempo libero, le comunicazioni, l’educazione e il lavoro sono tutti mediati dalle tecnologie, la capacità di far uso di queste tecnologie e di appropriarsene sono diventati aspetti essenziali della vita sociale dell’individuo. Con l’informatizzazione in tutto il mondo le donne hanno trovato nuovi spazi nell’industria elettronica e in quella dei servizi, ma l’innovazione tecnologica ha veramente trasformato in meglio la vita e il lavoro delle donne? Che ruolo hanno le donne nel nuovo mercato super flessibile di un Europa che si allarga ai paesi dell’Est?

I governi hanno individuato nella flessibilità uno degli strumenti principali per favorire l'ingresso delle donne nel mercato del lavoro. Si è ritenuto che l'assenza di forti vincoli contrattuali e tempi più flessibili costituissero un incentivo ed una facilitazione per le donne, consentendo loro di occuparsi anche della famiglia. Dati alla mano, è vero: sono proprio le donne le maggiori fruitrici dei contratti atipici. Ma è una libera scelta o una direzione obbligata? Non si può negare, infatti, che qualsiasi lavoratrice precaria accetterebbe di buon grado un contratto a tempo indeterminato, soprattutto per riuscire a pianificare dei progetti di vita. Quali sono quindi le motivazioni che spingono una donna verso forme di lavoro più flessibili?

Nei Paesi dell'UE, le donne in media guadagnano meno degli uomini ed i settori caratterizzati da una forte presenza femminile sono quelli con i salari più bassi, soprattutto nel settore privato. E non è raro, inoltre, che una donna svolga un lavoro inferiore alla sua qualifica professionale, perché incontra forti difficoltà per accedere a professioni più qualificate, più riconosciute e remunerate. L'Italia ad esempio, settima potenza economica del mondo, è al penultimo posto in Europa per quanto riguarda la presenza delle donne nel mondo del lavoro, con un 41%, prima della Grecia e contro un dato svedese del 72%. Nonostante le trasformazioni causate dall'ingresso delle donne nel mercato del lavoro, la nuova realtà lavorativa ha reso possibile soltanto ad alcune donne, una maggior opportunità. La maggior parte delle donne invece, sono rimaste vittime dei cambiamenti del lavoro, si trovano costrette a lavori precari e di basso livello retributivo, molte volte non tutelate dalle reti di protezione sociale. In questo quadro si rilevano alcuni dati:

-la partecipazione femminile è del 54 %, contro l'80 per cento degli uomini; - il 70 % dei più poveri nel mondo sono donne; - le donne guadagnano il 20-30 % meno degli uomini.

donne sono tra le più vulnerabili e soggette ad abusi.

Sia che ci si proponga di trattare l’argomento dell’alfabetizzazione informatica dal punto di vista del mercato del lavoro o da quello della crescente importanza assunta dalle nuove tecnologie nella vita sociale, abbiamo la necessità di analizzare con attenzione la relazione delle donne con l’intero sistema tecnologico. L’analisi di come e quando le donne acquisiscano le abilità necessarie per usare questa tecnologia e in quale misura e con quali modalità avvenga la loro partecipazione nel settore dell’informatica è un utile punto di partenza: quest’analisi ci permetterà quindi di approfondire lo studio dei processi di inclusione ed esclusione e di elaborare proposte formative per favorire una condivisione e distribuzione paritaria della conoscenza.

La proposta per il progetto ‘donne attraverso i confini’ è di intraprendere una collaborazione con 2 media lab in Romania e in Lituania e inchiestare le trasformazioni del lavoro in Italia e nei due paesi entranti nell’Unione Europea. Inchiestare le strategie di delocalizzazione delle aziende dall’Europa occidentale ad Est, le condizioni di lavoro e il costo del lavoro in europa dell’Est e soprattutto di inchiestare la femminilizzazione del lavoro attraverso le nuove tecnologie informatiche e i media. Proponiamo una ricerca realizzata attraverso video-inchieste, interviste e momenti di formazione per analizzare il rapporto tra le donne, le nuove tecnologie informatiche e i nuovi lavori e individuare modalità formative e lavorative che favoriscano l'accesso delle donne alle nuove tecnologie.

Allargamento dell’Unione Europea e mercato del lavoro

e dell’Est, sono divenuti membri dell’Unione europea. L’UE rassicura che la caduta delle barriere, la libera circolazione, il libero mercato gioverà a tutta la popolazione. La libera concorrenza farà inevitabilmente scendere i prezzi , renderà la comunicazione e lo scambio di sapere tecnologico, di conoscenza e di culture più facile. I Paesi più avanzati potranno esportare le proprie tecnologie (ed i propri modelli consumistici) mentre l’estensione della mobilità dovrebbe prevenire la disoccupazione. Nella realtà invece i problemi sono molti e complicati, perché riflettono le contraddizioni del sistema economico occidentale che non sembra necessariamente garante di stabilità ed equità. Le attuali previsioni affermano che, una volta raggiunto il numero di 27 Stati, con la futura annessione di Romania e Bulgaria, più di un terzo della popolazione farà registrare un reddito pro-capite inferiore al 90 per cento della media europea. Diversi sondaggi esprimono la preoccupazione per improvvise ondate migratorie di manodopera a basso costo o per la migrazione delle aziende nelle nuove aree a bassissimi “costi sociali”, per conseguire uno sviluppo senza freni. In azienda e fuori. Visto che gli imprenditori guadagnerebbero su salari molto bassi, procedure agevoli; approfittando di una realtà sociale disposta al sacrificio e alla sottomissione per costruirsi un futuro migliore. (es)Con tale strategia la Philips sta eliminando 22 mila posti di lavoro e si è installata già in Ungheria, dove gli stipendi sono cinque volte più bassi che in Europa occidentale. La Siemens prevede di delocalizzare da cinque a diecimila posti di lavoro. (aggiungi esempi specifici) Secondo recenti indagini le imprese europee che praticano la delocalizzazione o outsourcing sono 4 su 10. In quali condizioni si svolge questa produzione? Assieme alle imprese stanno migliorando anche le condizioni, le aspettative e quindi la capacità di rappresentanza dei lavoratori e lavoratrici locali? la Romania, e prima ancora altri Paesi dell’Est, sono destinati a entrare nell’Unione europea, nei prossimi anni.. la loro integrazione riguarda le sole regole del mercato o si riflette anche su quelle del mercato del lavoro? A questo riguardo analizzeremo la delocalizzazione di alcune aziende italiane (del Nord-Est?) verso Est (ad esempio Timisoara), andremo a verificare le dure condizioni che il mercato e i suoi attori impongono alle lavoratrici rumene e di altre aree dell’Est europeo (che poi presentano situazioni molto diverse, riguardo alla qualità del lavoro). nei Paesi dell’Est la ‘manodopera’ non è solamente poco tutelata, oltre che ovviamente a bassissimo costo, ma è anche relativamente specializzata. Nel delocalizzare un’impresa si segue, in genere, il principio del “maggior profitto al minor costo possibile”: parti del ciclo produttivo a più alto valore aggiunto (design, marketing, ecc.) e per le quali sono richieste competenze professionali particolari, vengono mantenute nel paese di origine, mentre quelle fasi del processo produttivo che richiedono minore specializzazione vengono portate all’estero. Tale prassi trova successo al momento della vendita: generalmente il prodotto rientra in patria non completamente ultimato e solo successivamente viene definito ed etichettato con il marchio che permette di avere ricavi anche molto superiori ai costi. (raccontare produzione di un apparecchio tecnologico di diffuso uso sociale in Europa