Differences between revisions 3 and 4
Revision 3 as of 2005-02-10 12:46:08
Size: 7540
Editor: anonymous
Comment: missing edit-log entry for this revision
Revision 4 as of 2005-02-10 12:48:48
Size: 7555
Editor: anonymous
Comment: missing edit-log entry for this revision
Deletions are marked like this. Additions are marked like this.
Line 67: Line 67:
* “Miracolo a Milano” Vittorio De Sica, 1951. Sceneggiatura tratta da “Totò il buono” di Cesare Zavattini. [name="nota0"] * “Miracolo a Milano” Vittorio De Sica, 1951. Sceneggiatura tratta da “Totò il buono” di Cesare Zavattini.

Miracolo a Milano [http://lab.dyne.org/rorintercreativa#nota0 *]

Radio crossing

multi-poli-medialità-mediaticità

Inferno, purgatorio e paradiso di un progetto audio globale nel tempo della Rete.

Da Genova 2001 passando per l’11 settembre attraverso i movimenti e la guerra. Un tempo di trasformazioni ci ha attraversato in questo nostro viaggio: novità assolute sono divenute pratiche quotidiane, grandi promesse politiche e tecnologiche ci hanno entusiasmato e deluso. Queste note servono a rilanciare interrogativi e promesse, punto per punto, problema per problema, soluzione per soluzione, dal caos della rete alla laguna dell’analogico .

Alla ricerca del passaggio a Nord-Ovest .....

La domanda classica è, cosa cambia nei media mainstream quando s’introducono massicciamente gli strumenti digitali? La risposta è: tutto o, forse, niente; diciamo che dipende.

Due aspetti di questo cambiamento ci sembrano significativi. Innanzitutto l’accessibilità cambia in maniera radicale: mutano sia i criteri di fruizione sia quelli di produzione e distribuzione, senza sottovalutare l’interazione uno a molti e molti a molti. Il secondo aspetto è la contaminazione della consuetudinaria gratuità dell’informazione (nel senso di un capitale valorizzabile solo attraverso la sua diffusione ) con il concetto di gratuità e riproducibilità del software libero, inscindibile dalla socializzazione dei saperi di cui esso è presupposto e alimento. Questi due aspetti sono immersi in un cambiamento sociale, dei ruoli e dei poteri, non neutrale né neutralizzabile, del quale, senza entrare nei dettagli, assumiamo l’evidenza e la forza per rilanciare alcune domande che sintetizziamo così:

1. La chiave è l’accesso?

2. Reciprocità e gratuità funzionano?

3. Il turbocapitalismo crea e distrugge ?

1. Nelle spire dell’accesso

La risoluzione dei problemi dell’accesso ai tempi dell’analogico si è presentata in maniera semplice e lineare: economie di scala, universalità, un sistematico inserimento di nuovi soggetti e di nuove porzione geografiche nei modi e nei tempi della modernità analogica, caratterizzata dall’uniformità delle condizioni e delle opportunità.

La rivoluzione digitale ha assunto due dimensioni: un’espansione senza precedenti delle opportunità e una compartimentazione e differenziazione dei bacini d’offerta e di domanda.

Molte più persone, aziende, realtà sociali, possono fare cose diverse dallo schema fruire-consumare-(ri)produrre, alterando i ruoli tradizionali ma, soprattutto, rinunciando ad una comprensibilità e ad una diffusione uniforme. Insieme alle differenze strutturali di distribuzione mutano le competenze ed i ruoli. Il cambiamento sociale ai tempi dell’analogico si configurava come una trasformazione generale degli assetti e delle relazioni verso una nuova stabilizzazione gerarchica o egualitaria. Il digitale ci ha immerso nei cambiamenti quotidiani togliendo senso ai cambiamenti generalizzati. La babele digitale divide le aspirazioni e le appartenenze ma collega i linguaggi e le creatività individuali e collettive. Non siamo mai stati cosi differenti l’uno accanto all’altro e, contemporaneamente, immersi in un mondo di consumi e produzioni universali.

Nel seno dell’economia virtuale finanziarizzata prende forma una rinascita della parola, del segno, dello scambio tra eguali, proprio dove è più forte la precarietà, la parcellizzazione, la dissoluzione dei legami sociali significativi. In nome della parola che organizza, che da senso, che funziona, nasce il software. Con il software libero, in particolare, prende vita un modo diverso di relazione sociale al tempo del digitale.

Le chiavi della rete rimangono monopolio degli stati e delle reti trasnazionali ma si nutrono di una partecipazione spontanea che va continuamente rincorsa per metterla a profitto. La partecipazione porta la sfida sul piano sistemico, svelando la crudeltà delle gerarchie economiche, delle reclusioni collettive dei paesi e dei singoli, privati dell’accesso e lasciati naufragare in una era analogica senza speranze. Produttori di materie prime, manifatture che consumano uomini, deperimento del capitale umano attraverso le guerre e le malattie, cose inaccettabili nei paesi civili.

La sfida non è nella forza–proprietà, nella vigilanza-repressione della tariffa media d’accesso, specchietto per allodole confuse dall’innovazione; la sfida è nel separare, nel moltiplicare i dialetti, nell’affogare, nel consenso dei pochi soddisfatti, le evidenti iniquità, i veri e propri fallimenti. Tirarsi fuori non si può, quando la segmentazione è l’obiettivo dell’avversario; assumere il controllo neanche, perché i ruoli nel sistema cambiano le etiche. L’unica prospettiva attuale sembra essere quella di allargare gli spazi, presidiare i ponti, svelare i dialetti del potere e correre il più velocemente possibile, senza smettere di respirare, perché viceversa si muore.

2. La sfida di un modello produttivo non gerarchico e socialmente orientato.

Con la porta semichiusa e un occhio alla finestra, possiamo provare ad immaginare di raccogliere le cose più interessanti che la rivoluzione digitale ci offre come elementi per un modello produttivo differente dall’attuale. Il modello cooperativo di sviluppo del software libero con codice sorgente aperto ha tante qualità, alcune addirittura proceduralmente premesse, ma soprattutto funziona! Funziona nel turbocapitalismo, funziona contro il turbocapitalismo, niente a che vedere col partito di leniniana memoria modellato sugli eserciti, perfettamente funzionante, ma un tantino devastante in quanto a mezzi-scopi. Funziona meglio di…, mettendo al centro il piacere della cooperazione intorno alle parole, terreno storico dei conflitti di interpretazione, terreno di riforme e controriforme, senza sangue e spade. Forse è solo un illusione, ma una bella illusione. Questo è il modello da cui discendono molte comunità attualmente impegnate nella critica al neoliberismo (comprese le comunità di mediattivisti), e raccoglie il meglio dello statuto tradizionale della ricerca universitaria (diffusione e gratuità), distruggendone ad un tempo la rigida gerarchia in docenti e discenti, primo gradino di socializzazione alle dure leggi del profitto, che profetizzano l’essere e valorizzano l’avere. La conoscenza è il suo terreno privilegiato sul quale predica opzioni paradigmatiche non isteriche. Negli ultimi anni, il terreno dell’informazione sembra riguardare sempre di più questo modello, assumendo un'altra tradizione storica di bene collettivo gratuito, l’informazione stessa.

Non crediamo che sia la soluzione, ma una premessa importante, da non minimizzare, che offre ottimi spunti per costruire un modello produttivo differente. Per quanto riguarda, invece, un modello sociale differente, mette al centro gli individui e li fa lavorare insieme, non risolve tutti i conflitti, non esprime orientamenti definiti, ma aiuta!

3. Precarietà e condizioni della trasformazione sociale.

Lo stato dell’arte

Le trappole del vecchio, le sfide del nuovo

Le trappole del nuovo, le sfide del vecchio

Oltre le vette inattese tra i flutti e i ghiacci a “Est dell’Oriente”

I nostri compiti

Le sfide aperte

Note:

[name="nota0"] * “Miracolo a Milano” Vittorio De Sica, 1951. Sceneggiatura tratta da “Totò il buono” di Cesare Zavattini.

rorintercreativa (last edited 2008-06-26 09:52:37 by anonymous)