Comitato italiano

Forum ONG/OSC per la Sovranità Alimentare Roma, Palazzo dei Congressi 9-13 giugno 2002

Una questione di diritti, non di mezzi

Una questione di diritti, non di mezzi.

Noi, Comitato italiano organizzatore del Forum Ong/Osc, in occasione delle Conferenze regionale e mondiale della FAO 2002, in linea con le dichiarazioni della stessa, riteniamo che debba essere riconosciuta la "sovranità alimentare" ad ogni popolo. Con "Sovranità alimentare" noi indichiamo "il diritto dei popoli a definire le proprie politiche e strategie sostenibili di produzione, distribuzione e consumo di alimenti che garantiscano a loro volta il diritto all'alimentazione per tutta la popolazione, rispettando le singole culture e la diversità dei metodi contadini, e garantendo a ogni comunità l'accesso e il controllo delle risorse di base per la produzione, come la terra, l'acqua, il patrimonio genetico e il credito". (Forum Ong/Osc per la Sovranità Alimentare 2002)

Declaration of the World Food Summit

"We, the Heads of State and Government, or our representatives, gathered at the World Food Summit at the inivitation of the Food and Agriculture Organisation of the United Nations, reaffirm the right of everyone to have access to safe and nutritious food, consistent with the right to adequate food and the fundamental right of everyone to be free from hunger...."

Si tratta della dichiarazione con cui gli Stati membri della FAO (rappresentanti di 185 paesi e della Comunità Europea) al Vertice Mondiale sull'Alimentazione del 1996 s'impegnano a operare per cancellare la fame dalla faccia della terra. E come prima, essenziale tappa si fissò l'obiettivo di dimezzare il numero degli affamati entro il 2015. Riteniamo che questa parte dichiarazione debba essere sempre tenuta presente quando vogliamo affrontare la tematica delle politiche agro - alimentari.

Nel corso dei cinque anni, dal 1996 al 2002, poco è stato concretamente fatto dai Governi per conseguire la sicurezza alimentare nel mondo, obiettivo che necessita un'azione diversa sia dell'UE che dei singoli Stati. Contemporaneamente, aumentata la consapevolezza dei cittadini, manifestata attraverso il ruolo dei movimenti, che hanno assunto come parole d'ordine quelle della sicurezza e della sovranità. Quanto questo percorso sia andato avanti è dimostrato dalle prese di posizione di organizzazioni di produttori, movimenti e vari Governi del Sud del mondo, che sottolineano la responsabilità anche dell'UE nella perpetrazione dell'insicurezza alimentare.

Così si rivolgono ai Capi di Stato del Continente (radunati nella proposta di alleanza NEPAD), in un loro documento del 15 aprile 2002, le Organizzazioni Contadine dell'Africa Saheliana : " … les Organisations Paysannes et de Producteurs Agricoles constatent que des convergences existent entre elles et le NEPAD, notamment sur les objectifs de développement à long terme: la dépendance alimentaire de l'Afrique soulignée par le NEPAD pour se résorber requiert l'application systématique d'une politique favorisant la souveraineté alimentaire. "

Per questo chiediamo al Governo italiano, ai Governi europei e alla Commissione europea riuniti a Cipro per la Conferenza regionale della FAO, nonché alle delegazioni governative che saranno presenti a Roma per il "Vertice mondiale sull'Alimentazione: 5 anni dopo" della FAO:

1. Biotecnologie in campo agro-alimentare

Nonostante le posizioni prudenti della FAO, sussiste il rischio, evidenziato dalle conclusioni del Vertice FAO del 1996, che proprio gli organismi geneticamente modificati divengano lo strumento per lanciare la seconda "Rivoluzione verde" - a fronte dell'esaurimento della prima. Alimentando l'illusione che, grazie all'impiego degli OGM in agricoltura, sarà possibile sfamare tutti i poveri del mondo, si spiana di fatto la strada al progetto delle multinazionali di controllare sempre più agevolmente non solo i prezzi - il che equivale a decidere chi può mangiare e chi no - ma anche la produzione, attraverso lo strumento dei brevetti ed il controllo del mercato mondiale delle sementi. La goffa equazione tra OGM e lotta alla fame nel mondo è smentita dal fatto che la quasi totalità delle produzioni OGM attualmente in commercio presentano modificazioni finalizzate a indurre resistenza a erbicidi e, in misura minore, insetti. E' evidente il contrasto tra le affermazioni terzomondiste e la finalità eminentemente lucrativa, mirante ad incrementare la vendita dei prodotti chimici delle stesse industrie. Per queste ragioni aderiamo all'appello NO AI BREVETTI SULLA VITA (No patents on life) e alla richiesta di una MORATORIA INTERNAZIONALE SUGLI OGM, che verranno ribaditi nel corso del Forum per Sovranità Alimentare di Roma.

NOI RITENIAMO:

Indispensabile applicare Il Principio di precauzione, tra i principi fondanti ed inderogabili dell'Unione europea , che, in presenza di un'incertezza sull'innocuità, prevede una prudenziale sospensione dell'immissione. Gli OGM, una volta immessi nell'ambiente, non sono più controllabili: essi possono riprodursi, combinarsi e diffondersi su tutto il pianeta.

Necessario invertire l'onere della prova, ponendolo a carico di chi immette sul mercato o nell'ambiente un prodotto potenzialmente pericoloso; necessario altresì prevedere responsabilità oggettiva per prodotto difettoso in capo a chi ha prodotto e avviato alla commercializzazione sementi transgeniche .

Inaccettabile l'alterazione del diritto brevettuale che, progressivamente a partire dagli anni '80, ha esteso il concetto di brevettabilità anche agli organismi viventi o parti di essi. Risulta, oltre che deprecabile, discutibile sotto il profilo normativo il fatto che un gene o un frammento di DNA - risultato di un lunghissimo processo di selezione naturale - possa considerarsi un'invenzione umana su cui riconoscere una privativa brevettale.

Che la privatizzazione delle risorse genetiche configuri un atto di biopirateria nei confronti dei paesi e delle popolazioni che vivono nelle aree dove si sono evoluti gli organismi oggetto, in toto o in parte, di brevettazione. Attualmente, il 90% della diversità biologica si trova in paesi via di sviluppo mentre il 97% dei brevetti sono già in possesso di aziende del mondo industrializzato.

Gravissimo che l'Ufficio Europeo dei Brevetti (EPO), organismo tecnico che valuta le richieste e la concessione dei brevetti, di contro a quanto sancito dal suo Statuto (Art.53b EPC) stia rilasciando, fin dal '98, brevetti sulla materia vivente, in particolare di origine umana.

Inaccettabile la Direttiva europea 44/98 sulla 'protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche' che autorizza, di fatto, la brevettabilità del vivente. Mentre solo cinque paesi hanno ad oggi recepito la Direttiva, altri hanno affermato di volerne rivedere il testo al fine di rimuovere le numerose contraddizioni, renderla conforme al Principio di precauzione e verificarne la compatibilità con i trattati internazionali.

Necessario promuovere strumenti al fine di tutelare l'integrità genetica della terra impedendo ogni forma di privatizzazione della materia vivente, come il "Trattato per la condivisione del Patrimonio Genetico del Pianeta", attualmente in fase di elaborazione e che nella proposta lanciata, tra gli altri, da Vandana Shiva e Jeremy Rifkin, che verrà presentata alla conferenza di Johannesburg Rio + 10.

Necessario denunciare che la linea di ricerca sugli Organismi transgenici nel settore agro-alimentare si è rivelata, da un punto di vista scientifico, oltre che etico, un grosso fallimento. Riteniamo opportuno fare un passo indietro andando a studiare anzitutto le delicate dinamiche dei geni negli organismi e nell'ambiente.

Denunciare il processo, in atto nel settore biotech, di concentrazione oligopolistica , che consente a poche multinazionali di appropriarsi del controllo delle sementi e dei brevetti sottraendolo ai produttori, che perdono in tal modo l'accesso alla terra e alle risorse genetiche.

Denunciare l'autoreferenzialità delle decisioni, principio che ha sin qui caratterizzato, vanificandolo, l'impianto autorizzatorio dell'UE, come estensione del modello attraverso il quale le imprese biotech trasformano il proprio parere scientifico di parte in un parere scientifico oggettivo.

Denunciare la nuova strategia dell'industria biotech: fallita la comunicazione volta a rassicurare il consumatore, le multinazionali hanno adottato la strategia del "fatto compiuto" basata sulla contaminazione genetica delle filiere sementiere e alimentari, al fine di ottenere dal legislatore l'introduzione del principio della "soglia di tolleranza" in presenza di "contaminazione accidentale dei prodotti sementieri".

Urgente affermare il Principio zero contaminazione, ovvero "Tolleranza zero", all'importazione e circolazione di sementi contaminate. L'UE, accettando il presupposto della contaminazione accidentale nelle sementi diviene responsabile della graduale propagazione della contaminazione stessa, senza penalizzare in alcun modo le ditte produttrici di sementi (contaminazione strisciante legalizzata).

Opportuno valorizzare i circuiti corti di consumo , in quanto mezzo valido per riportare il controllo della filiera agroalimentare in mano ai diretti interessati: produttori e consumatori. I Gruppi d'Acquisto Solidali (GAS) favoriscono lo sviluppo di una cultura alimentare sostenibile, legata alle stagioni e al territorio, e di un'economia solidale. Favoriscono una diminuzione del consumo di carne legata al passaggio dalla produzione industriale a quella biologica, consentendo la riconversione di molti terreni verso la produzione diretta di cibo piuttosto che di foraggio.

NOI CHIEDIAMO:

1. Impegno per una diffusione di una corretta informazione su Biotecnologie e Ogm, per rendere la popolazione consapevole delle scelte che fino ad oggi sono state fatte a sua insaputa, nell'interesse esclusivo di alcuni poteri privati. 2. L'applicazione del principio di precauzione a livello comunitario. 3. Che il testo ed i principi contenuti nella Direttiva 98/44 sui brevetti sul vivente siano riconsiderati dall'insieme delle istituzioni europee. Il Comitato Italiano deve farsi promotore di una iniziativa che solleciti le organizzazioni presenti a Cipro a: impegnarsi per la rinegoziazione della direttiva; produrre un appello in tal senso al termine dei lavori; individuare le forme per imporre all'European Patent Office di non rilasciare brevetti sul vivente, in conformità con il suo Statuto. 4. Che il Governo italiano abbandoni l'idea di abbreviare i tempi del recepimento della Direttiva 98/44 attraverso il ricorso ad una delega: il Governo italiano dovrebbe allinearsi con i Governi europei che, su aspetti controversi quali la privatizzazione dei geni, chiedono la ridiscussione dell'intero impianto della norma comunitaria. 5. Che nel testo di recepimento della Direttiva 98/44 (qualora non venga preventivamente riformulata) siano incluse norme cogenti sui riferimenti dell'origine geografica del materiale biologico, al fine di prevenire atti di biopirateria; sia introdotto il consenso preventivo ed informato come condizione per il rilascio del brevetto. 6. Che venga modificata radicalmente la norma contenuta nell' articolo 7 della legge n° 383 del 18.10.2001 "Primi interventi per il rilancio dell'economia" (Legge Tremonti bis), che riconosce nel ricercatore di un'istituzione pubblica quale una Università il "titolare esclusivo dei diritti derivanti dall'invenzione brevettuale di cui è autore" avendo "diritto a non meno del 50% dei proventi o dei canoni di sfruttamento dell'invenzione". 7. Che il Parlamento italiano concluda, entro il termine del vertice Fao, il processo di ratifica del Trattato Internazionale sulle Risorse Genetiche Vegetali per l'Agricoltura e l'Alimentazione e svolga un ruolo di capofila in ambito comunitario in questa direzione. 8. Un impegno per la riformulazione di un Piano di Ricerca pubblica, legato allo sviluppo ed alla valorizzazione del patrimonio di risorse genetiche agricole disponibili sul territorio. La ricerca di base dovrebbe andare nella direzione della sostenibilità e della qualità dei sistemi agrari, con particolare enfasi sulla ricerca riguardante l'agricoltura biologica. 9. Che venga stabilito per l'Unione Europea, e applicato attraverso severi controlli per l'Italia, il principio della Tolleranza zero all'importazione di sementi contaminate. 10. Che il Governo, in via strategica, destini ingenti finanziamenti alla realizzazione del tanto atteso Piano sementiero nazionale, utile a contrastare la vulnerabilità alla contaminazione ed il rischio di controllo oligopolistico del settore da parte delle aziende biotech. La produzione italiana di sementi, in lieve aumento, rimane infatti gravemente dipendente dalle importazioni d'oltreoceano. 11. Che vengano create le condizioni normative, istituzionali e di informazione perché tanto produttori che consumatori possano scegliere consapevolmente, e senza costi eccessivi, di rivolgersi al biologico e ai GAS. Le istituzioni possono fare molto affinchè i circuiti corti produttore-consumatore diventino un punto fermo sui cui sviluppare il settore agroalimentare italiano in maniera sostenibile. E' inoltre fondamentale che la riscoperta e la coltivazione delle varietà orticole tradizionali venga assunta come presupposto per lo sviluppo della politica agricola nazionale.

2. La riforma della Politica Agricola Comunitaria

Nel Plan of Action, l'impegno numero 4 (Commitment 4) parla specificatamente del commercio internazionale come elemento chiave per la sicurezza alimentare. Il punto 38 afferma che l'Agreement on Agriculture (AoA) offre opportunità ai Paesi sviluppati e a quelli in Via di sviluppo di beneficiare di appropriate politiche commerciali.

Ebbene, a sei anni dall'entrata in vigore di questo accordo occorre riconoscere che per il raggiungimento degli obiettivi stabiliti al Vertice Mondiale sull'Alimentazione, gli attuali meccanismi rappresentano un ostacolo.

NOI RITENIAMO:

Che l'impegno stabilito nel 1996, a Roma, passi attraverso un nuovo accordo che preveda in materia di alimentazione ed agricoltura una regolamentazione secondo norme e criteri propri all'interno della Fao e dell'Unctad, al fine di consentire una nuova versione dell'AoA funzionale all'obiettivo di garantire la sicurezza alimentare a tutti gli abitanti del pianeta e ad ogni paese il diritto alla sovranità alimentare. Il vertice di giugno deve dare una chiara indicazione di questo ai Paesi firmatari: negoziare in sede di WTO una nuova versione dell'AoA che sia funzionale all'obiettivo di sfamare tutti gli abitanti del pianeta e di garantire ad ogni paese il diritto della sicurezza alimentare. Se ciò non venisse recepito andrà valutata l'opportunità di trovare altre sedi di contrattazione. Questo impegno richiede che: - i Paesi Sviluppati, USA ed UE in testa, avviino la rigenerazione della loro agricoltura privilegiando la qualità rispetto alla quantità e rinunciando alle vendite sottocosto; - che ai PVS sia riconosciuto il diritto di proteggere le loro agricolture; - venga garantito a livello internazionale il diritto all'acqua per tutti, considerando la risorsa idrica quale bene pubblico esauribile da preservare anche per le generazioni future - ci sia una sostanziale revisione delle politiche tariffarie che penalizzano attualmente penalizzano i prodotti trasformati dei PVS - che ci sia un'armonizzazione tra impegni presi in sede FAO e accordo TRIPS in particolare su tre ambiti legati all'agricoltura: le indicazioni geografiche (Arts. 22-24); la protezione dei brevetti relativi a prodotti chimici per l'agricoltura (Arts. 70.8 e 70.9) e la brevettabilità delle forme viventi (Art.27.3(b).

Che tutto ciò debba essere recepito anche a livello di U.E. Nonostante l'UE destini il 47 % delle sue risorse a sostegno dell'agricoltura e che la PAC, attraverso i Regolamenti 1259/99 (eco-condizionabilità e modulazione) e 1257/99 (sviluppo rurale) indichi come priorità il raggiungimento degli obiettivi di salvaguardia ambientale e di conservazione e sviluppo del mondo rurale, è un dato di fatto che tali priorità siano state completamente disapplicate da politiche di mercato che continuano ad assorbire circa il 90% alla spesa agricola, mentre solo il 10% è destinato alle misure per lo sviluppo rurale. Politiche che conservano strumenti distorsivi, come gli attuali aiuti diretti, che incentivano e sostengono un'agricoltura disattenta alla qualità, all'ambiente e alla sicurezza alimentare. A tale riprova riteniamo inaccettabile che la Pac promuova e sostenga un modello zootecnico industriale ed ecologicamente insostenibili, che solo ingenti sovvenzioni e importazioni mangimistiche rendono possibile

Il cittadino/consumatore ha il diritto di vedere perseguite le priorità in base alle quali dovrebbe essere disposta l'erogazione degli aiuti.

NOI CHIEDIAMO:

Un'azione a livello internazionale della U.E. che risponda ai quei principi ispiratori a cui tutti gli accordi fanno richiamo "un sistema di scambi agricoli equo e orientato verso il mercato" " sicurezza alimentare e necessità di tutelare l'ambiente". Questa azione potrà rendersi concreta attraverso:

- Un "governo della globalizzazione" alla cui formazione delle regole l'UE non può mancare: la PAC deve indirizzare verso un sistema produttivo di qualità. Un governo che si espliciti in un impegno fattivo da parte delle Organizzazioni sovranazionali che, in nome di un obiettivo certo e condiviso di sviluppo sostenibile decidano di assumere tutte le misure politiche, economiche e finanziarie utili a riequilibrare mercato, diritti individuali e collettivi delle popolazioni, interessi, superando particolarismi locali o di categoria in grado di produrre distorsioni inaccettabili e pericolose

- la promozione di un nuovo modello di sviluppo agricolo e rurale, centrato sulla qualità del cibo, la sostenibilità ambientale e sociale (tenendo conto delle diversità geografiche, storiche e culturali), è una strategia importante che riguarda l'intera società civile europea. L'agricoltura biologica oggi rappresenta una applicazione concreta di questo nuovo modello di sviluppo e per questo deve essere sostenuta. Di conseguenza i tavoli di confronto a livello europeo non possono limitarsi alle organizzazioni di settore secondo meccanismi inventati per la gestione della vecchia Pac, ma debbono allargarsi a momenti di confronto che coinvolgano consumatori, ambientalisti, organizzatori settoriali (COPA) e movimenti contadini europei (CPE); in breve le forze della società civile che vogliono contribuire al "modello agricolo europeo", quale parte importante del "modello europeo di società".

- Una politica che favorisca la produzione e il consumo locali, che eviti di incoraggiare l'importazione di prodotti agroalimentari la cui produzione sia nociva alle piccole realtà produttive e/o all'ambiente, sia nei paesi esportatori che nei paesi importatori, e che favorisca invece l'ingresso in U.E. di prodotti provenienti dal circuito equo e solidale.

- La regolazione dell'accesso al mercato comunitario attraverso norme rigorose e trasparenti, che garantiscano l'eticità del prodotto dal punto di vista sociale, del rispetto dell'ambiente, della sicurezza alimentare e del lavoro.

- L'eliminazione entro il 2006 i sussidi comunitari alle esportazioni, che attualmente costituiscono circa il 10% della spesa agricola

- Una politica che eviti di incoraggiare nei paesi colpiti da insicurezza alimentare il modello alimentare insostenibile a forte componente di prodotti animali industriali caratteristico dell'Europa, e che miri a correggere quest'ultimo.

- Una globalizzazione armonica fondata sui diritti umani, il benessere sociale ed un commercio equo delle commodities agricole

- L'incentivazione di pratiche agronomiche meno idrovore, per un uso equo e solidale dell'acqua, soddisfacendo in situazioni di crisi idrica prioritariamente il fabbisogno potabile delle popolazioni.

Un'azione dell'U.E. che riorienti la Pac attraverso:

- Uno spostamento effettivamente consistente delle risorse dal primo (mercato) al secondo pilastro (sviluppo rurale), in modo da raggiungere nel 2006 una più equilibrata ripartizione della spesa complessiva, ricorrendo all'eliminazione dei sussidi alle esportazioni e alla modulazione obbligatoria degli aiuti diretti (tenendo conto del parametro dell'intensità di lavoro prestato in azienda)

- Il riconoscimento della centralità del valore lavoro, nelle sue funzioni di relazione con la tutela del territorio, di ruolo sociale dell'agricoltura e di garanzia per la sicurezza e la qualità degli alimenti, come uno dei criteri fondamentali per ridistribuire le risorse economiche disponibili

- Un utilizzo di almeno il 50% delle risorse del secondo pilastro a favore di iniziative agroambientali, attraverso misure che prevedano coordinate generali comunitarie e generali da riformulare e impegni assunti dal produttore agricolo all'interno di una programmazione e concertazione territoriale sul modello degli impegni assunti, tra gli altri, dai produttori biologici

- L'erogazione dei sostegni allo sviluppo rurale attraverso parametri che tengano effettivamente conto di un sistema complesso che comprende diversi aspetti: agricoli, di mercato, ambientali, relativi all'intensità di lavoro

- La garanzia di trasparenza e qualità attraverso la rintracciabilità, a partire dall'origine delle materie prime agricole, e l'etichettatura

- L'introduzione dell'obbligatorietà dell'integrazione di agricoltura e allevamento sulla base di un carico di bestiame sostenibile per superficie aziendale

- misure e programmi volti a promuovere un modello alimentare, e in corrispondenza un orientamento produttivo, compatibile con l'ecologia, la giustizia sociale, il rispetto dei viventi, l'autosufficienza a livello continentale

- Il sostegno a contadini ed allevatori che operano in zone svantaggiate per rivitalizzare queste zone dal punto di vista culturale, ambientale, umano.

Infine, per il dopo Agenda 2000, la trasformazione degli aiuti diretti residui in uno strumento che premi i comportamenti dei produttori agricoli, avendo come riferimento la "qualità globale del prodotto", cioè di tutto ciò che sta dietro la realizzazione del prodotto e le caratteristiche del prodotto stesso.

3. Sovranità alimentare: "cibo sano e giusto!"

NOI RITENIAMO:

Il diritto all'alimentazione un diritto umano fondamentale, saldamente fondato sul diritto internazionale. Implicito nella Carta delle Nazioni Unite, riaffermato e sviluppato in numerose dichiarazioni della comunità internazionale, inclusa la Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo (art. 25), e in molti accordi internazionali sia a livello regionale che universale.

La Sovranità Alimentare necessaria per favorire la sovranità economica, politica e culturale dei Paesi. Essa costituisce un nodo cruciale per il risanamento dello squilibrio tra Paesi industrializzati e Paesi in via di sviluppo, delineando un orizzonte di reciprocità di interesse delle popolazioni, costituisce inoltre, la condizione a priori per garantire ad ogni individuo, comunità, Paese, il diritto allo sviluppo armonico delle proprie risorse materiali e immateriali.

In questo contesto, la ripartizione geografica delle imprese transnazionali mostra chiaramente l'entità della concentrazione del potere tra gli attori implicati ai vari livelli della filiera alimentare (con ricadute dirette sulle modalità di organizzazione dell'intero circuito e sui consumatori):

- Ai produttori competono responsabilità nella determinazione della qualità dell'intera filiera agro-alimentare: la scelta delle produzioni e dei modelli di produzione, entrambi fattori che determinano conseguenze vitali sulla sicurezza alimentare di intere popolazioni e sulla qualità del loro ambiente di vita.

Il recupero e la valorizzazione del bagaglio di conoscenze e di sensibilità proprie dei produttori, se da un lato rappresentano una strada obbligata verso la sicurezza alimentare e verso il parziale risanamento della "questione ambientale globale", dall'altro sono messi fortemente in discussione dall'applicazione di politiche che penalizzano chi, tra i produttori stessi, non metta le proprie risorse e il proprio lavoro al servizio del mercato internazionale e dei suoi attori dominanti.

La necessità di un'agricoltura legata al sistema-terra più che al sistema-mercato, rispettosa delle sue leggi e dei suoi ritmi prima che di quelli della competizione commerciale, sostenuta dalle esperienze di resistenza e di lotta promosse da comunità di produttori contadini a difesa della propria identità culturale e territoriale, fondamento della propria interdipendenza dall'ambiente ospitante e garanzia per tutti della sostenibilità del sistema. Nella diversità dei movimenti e delle rivendicazioni, tratto comune è la promozione del modello di agricoltura contadina contro quello industriale sostenuto dal mercato globale.

Il rilancio di una concezione rurale in contrapposizione a quella industriale dell'attività agricola è dunque assai più di un'azione meramente culturale o economica: in gioco vi è il principio del diritto a una sopravvivenza dignitosa, all'auto-sviluppo, alla diversità come valore sul piano biologico come su quello culturale, contro un potere omologante che deprime le potenzialità e reprime la vita.

- I soggetti implicati nella trasformazione dei prodotti alimentari, immediatamente seguiti da quelli attivi nella distribuzione svolgono un ruolo chiave nell'economia del mercato globale, nella misura in cui il loro interesse - prettamente commerciale e direttamente connesso alle dinamiche di mercato - si traduce nell'esercizio di un preciso potere di condizionamento sia sulle scelte delle politiche imposte ai produttori, che sulla regolamentazione e sul rispetto di standard qualitativi per i prodotti trasformati.

La trasparenza dei processi e la rintracciabilità dei prodotti sono entrambe e ovunque condizioni necessarie per garantire al consumatore finale la sicurezza sulla qualità dei prodotti consumati.

- I consumatori dovrebbero essere il perno centrale dell'intero settore agroalimentare del mercato mondiale: l'alimentazione non è infatti una scelta di consumo frutto di una volontà presente o assente da parte del consumatore, ma è un bisogno vitale a cui tutti siamo soggetti.

In una prospettiva globale la causa vera della fame e della malnutrizione non è da ricercarsi nella scarsità di risorse, quanto nell'iniquità con la quale esse sono amministrate e ridistribuite. Ciò comprende anche i modelli alimentari di stampo occidentale la cui generalizzazione è inconciliabile con la sostenibilità e il diritto a un'alimentazione sana per tutti

La centralità della persona e la tutela del superiore interesse di ogni essere umano devono essere riaffermati, non soltanto sul piano teorico, ma rivendicati come primo obiettivo concreto da perseguire nella distribuzione delle risorse alimentari su scala mondiale.

La consapevolezza che i meccanismi che causano l'aumento dello squilibrio tra Paesi ricchi e poveri, la fame, la malnutrizione, il deterioramento dell'ambiente e l'impoverimento culturale, sono i medesimi rispetto a quelli che determinano la scarsa qualità degli alimenti, ha generato una maggiore attenzione ai processi di certificazione di qualità e una sempre più consistente domanda da parte dei consumatori stessi di prodotti certificati in modo credibile e trasparente.

NOI CHIEDIAMO:

Il mercato alimentare ed agricolo deve essere infatti regolamentato secondo norme e criteri propri, a tutela dei produttori, dei consumatori e dei mercati locali, in un quadro istituzionale anche diverso dall'OMC, rivalutando il ruolo della Fao e dell'UNCTAD.

Le politiche applicate su scala locale, nazionale e internazionale, devono rivendicare come obiettivo prioritario quello di garantire il benessere nutrizionale di tutta la popolazione, in una prospettiva di sostenibilità, accettando e integrando i condizionamenti reali che tale obiettivo impone nelle relative strategie di sviluppo.

Programmi di riforma agraria che seguano come criterio-guida quello comunitario , basato sull'assegnazione individuale delle terre sulla base di criteri di copertura dei bisogni e delle effettive possibilità di gestione, con forme di organizzazione collettiva democratiche e solidali.

Un agricoltura che sappia: · Mantenere o rinsaldare il legame tra il settore produttivo agroindustriale e la dimensione rurale, in modo che siano integrate e non subalterne le funzioni della produzione e della trasformazione · Privilegiare la diversificazione dei modelli produttivi, la ricomposizione della fertilità naturale e - per certe forme di allevamento o coltivazione - il modello estensivo su quello intensivo · Evitare l'applicazione di sistemi monoculturali (controproducenti sul piano ecologico quanto pericolosi su quello economico). · Limitare al minimo l'introduzione di sostanze chimiche in agricoltura (pesticidi, additivi e coadiuvanti) · Promuovere alternative sostenibili ed eque rispetto al modello di produzione e consumo a forte componente animale ad elevato impatto ambientale, sanitario e sociale. · Valorizzare le comunità contadine, indigene e di pescatori per garantire la gestione sostenibile e diversificata degli spazi rurali; i saperi scientifici codificati dalle tradizioni locali in materia di coltivazione; le produzioni ad alta qualità (es. biologico) privilegiandole sul criterio quantitativo della produzione · Coordinare le produzioni con i consumi a livello di mercato locale e bilanciare lo scambio con quello internazionale.

Normative strette, severe e coerentemente applicate si rendono indispensabili per evitare l'attuazione di pratiche sleali che stabiliscono i prezzi sotto i costi di produzione e applicano sovvenzioni alla produzione e sussidi all'esportazione.

La tutela dei prodotti tipici sul piano commerciale nazionale e internazionale per salvaguardare il bagaglio culturale attraverso cui si è espresso per secoli il legame di una comunità con il proprio territorio e con l'ambiente che la ospita, nel rispetto di un equilibrio sistemico che garantisce la sostenibilità del rapporto uomo-uomo e uomo-natura.

Lo sviluppo del consumo di produzioni tipiche dei Paesi produttori, con particolare riferimento ai Paesi del Sud del mondo, deve essere favorito in vista di un progressivo riconoscimento della pari dignità culturale agli occhi dei consumatori del Nord.

Con urgenza l'approvazione di un Codice di Condotta internazionale sul Diritto all'Alimentazione, che ristabilisca il primato dell'interesse politico su quello economico commerciale, che operi secondo procedure trasparenti e democratiche e che ponga regole chiare sugli scambi commerciali sulla base di principi etici e solidali.

Chiediamo che il Vertice Mondiale sull'Alimentazione approvi una risoluzione relativa all'elaborazione del suddetto Codice da parte della FAO, con la collaborazione della Commissione sui Diritti Umani di Ginevra e la partecipazione delle altre agenzie delle Nazioni Unite interessate, in consultazione con le organizzazioni non governative che da anni lavorano su questi temi.

4. Guerra e diritto dei popoli a nutrire se stessi. - Cooperazione internazionale per la sovranità alimentare

IA PARTE GUERRE, FAME E RESPONSABILITA' EUROPEE

Nel Piano d'azione che, insieme alla Dichiarazione di Roma, concludeva nel 1996 il World Food Summit, i firmatari - fra i quali tutti i paesi europei - si impegnavano a creare le migliori condizioni per lo sradicamento della povertà e "per una pace durevole", indicando fra gli obiettivi per tale fine l'impegno a "prevenire e risolvere i conflitti pacificamente", e a "sviluppare meccanismi di prevenzione e soluzione dei conflitti che possano causare o esacerbare l'insicurezza alimentare e risolvere le dispute con mezzi pacifici". La Dichiarazione di Roma del 1996 impegna gli stati a rispettare la seguente disposizione: "Il cibo non dovrebbe essere usato come strumento di pressione politica ed economica". Si limita però alla necessità di astenersi dalle sole misure unilaterali. I Protocolli aggiuntivi della Convenzione di Ginevra per la tutela delle popolazioni civili stabiliscono: "E' proibito attaccare, distruggere, rendere inutilizzabili oggetti indispensabili alla sopravvivenza della popolazione civile come alimenti, colture, installazioni idriche".

NOI RITENIAMO:

Importante denunciare come il primo impegno sia stato disatteso dai paesi europei, dal 1990 implicati in tre guerre - direttamente e a sostegno del belligerante principale, gli Stati Uniti - condotte contro paesi "deboli" o decisamente sfavoriti dal punto di vista della sicurezza alimentare: Iraq (1991), Jugoslavia (1999), Afghanistan (2001-oggi).

E' fondamentale il rispetto dei detti impegni. Le guerre affamano, quasi invariabilmente, provocando l'interruzione del normale processo di produzione, rifornimento e distribuzione degli alimenti.. Le guerre sono fra le prime cause dell'insicurezza e delle catastrofi alimentari, negazione quasi paradigmatica del diritto di individui, comunità e stati a produrre alimenti e a nutrirsi.

Guerre e conflitti si compiono proprio in aree già colpite da fame e insicurezza alimentare, creando un vero circolo vizioso, poiché a loro volta la fame e la miseria sono fattori scatenanti di guerre.

Oltre alle guerre in senso proprio, le politiche agricole mondiali, insieme ai modelli sociali ed economici neoliberisti, continuano a condurre vere e proprie "guerre ai raccolti" e "guerre alle risorse".

La guerra infinita delle mine anti-uomo, nemiche della vita e dell'agricoltura, per molto tempo è stata sostenuta dall'export di ordigni europei.

Molte guerre del futuro si combatteranno per il controllo sulle risorse idriche. La distruzione di scorte alimentari, fonti idriche, colture, delle stesse sementi è usata deliberatamente come arma bellica, mentre si può parlare di uso del cibo come arma per gli interessi strategici nell'area petrolifera. Tutto ciò anche in conflitti internazionali a cui l'Europa ha partecipato o che appoggia, in violazione dei Protocolli aggiuntivi della Convenzione di Ginevra.

L'arma della fame è impugnata anche dal Nord. I paesi europei "obbediscono" all'embargo decretato dal Consiglio di Sicurezza dell'Onu nell'agosto 1990 nei confronti dell'Iraq, che ha provocato circa 1,5 milioni di morti.

Rilevare che, quando non partecipa direttamente alle guerre o non le appoggia con connivenza o indifferenza, l'Europa contribuisce ai conflitti vendendo armi a paesi belligeranti.

Sottolineare che, se la sicurezza alimentare è un prerequisito per la pace, gli aiuti alimentari: 1. sono legati alle eccedenze alimentari del Nord ; 2. rischiano di pregiudicare il conseguimento della sovranità alimentare; 3. spesso introducono modelli alimentari non sostenibili; 4. alcuni paesi "donatori" li usano come "arma" politica, accordandoli solo a paesi acquiescenti.

Gli aiuti alimentari legati a situazioni di conflitto sono uno strumento ancor più delicato, che si presta a strumentalizzazioni di ogni tipo.

Essendo fortemente preoccupati dall'intreccio crescente fra perdita di sovranità alimentare ed esplodere dei conflitti siamo contro la guerra e contro il terrorismo, due facce della stessa aggressione contro i popoli popoli. Quindi

NOI CHIEDIAMO:

Ai paesi europei di rispettare gli impegni presi in sedi internazionali, in particolare al WFS del '96. Ciò implica le richieste seguenti:

1. Rifiuto della guerra 1.1. I paesi europei rifiutino d'ora in poi di partecipare o appoggiare operazioni belliche, conflitti armati, guerre, tanto più se condotte in luoghi e con modalità che mettono in pericolo la sopravvivenza delle popolazioni. 1.2 I paesi europei si impegnino nella soluzione pacifica dei conflitti. 1.3 I paesi europei si oppongano in modo attivo alle azioni militari inquadrabili nella "guerra infinita al terrorismo". 1.4 L'Europa manifesti un'opposizione netta alla prossima guerra all'Iraq, già minacciata. 1.5 I paesi del Nord e del Sud del mondo prendano atto dell'inconciliabilità tra sicurezza alimentare e conflitti armati, interni e internazionali, e rifiutino di prendervi parte cercando soluzioni pacifiche ai conflitti.

2. Stop al business bellico Si chiede ai paesi europei di considerare la legge 185/90 un esempio da seguire per il controllo dell'export bellico, introducendo simili dispositivi nei propri ordinamenti nazionali. L'Italia, da parte sua, dovrebbe appunto mantenere e applicare la già esistente legge, ora minacciata di revisione. Si chiede inoltre di appoggiare le operazioni di sminamento.

3. No all'uso dell'arma alimentare 3.1. Si chiede di operare per la fine dell'embargo all'Iraq a livello internazionale e di dissociarsi immediatamente dall'embargo stesso, in modo unilaterale e concreto poiché anche l'attuale revisione non permetterà al paese di uscire dall'emergenza. 3.2 Al WFS, l'Europa sostenga l'ipotesi di cambiamento nel testo della Dichiarazione di Roma, per includere nel divieto di uso anche le sanzioni internazionali (oltre a quelle unilaterali) qualora minaccino la sicurezza alimentare e il diritto al cibo delle popolazioni colpite

4. Rivoluzione degli aiuti alimentari 4.1. Come sostenuto da tempo dai movimenti di solidarietà e dalle organizzazioni non governative, l'Europa e l'Italia dovrebbero iniziare a considerare gli aiuti alimentari in modo del tutto slegato da altri fattori: interessi politico-strategici, giustificazione o accompagnamento di interventi armati compiuti direttamente o sostenuti dal punto di vista politico/logistico. 4.2. L'aiuto alimentare continuerà a provocare distorsioni e crisi nei paesi interessati e nelle aree circostanti - sia dal punto di vista produttivo che da quello dei modelli alimentari - se continuerà a essere legato ai surplus produttivi dei paesi del Nord anziché alle effettive necessità e potenzialità delle aree destinatarie. 4.3. Gli interventi in situazioni di emergenza dovrebbero essere un'occasione per la riabilitazione e perfino il miglioramento delle situazioni produttive e alimentari dei paesi destinatari. Interessanti possibilità sono offerte da produzioni vegetali caratterizzate da un elevatissimo potere nutrizionale, in grado di curare situazioni di malnutrizione anche grave e realizzabili in loco, con una elevata resa proteico/energetico/vitaminico/minerale.

IIA PARTE.

PER LA SOVRANITA' ALIMENTARE

La sicurezza alimentare, al di là alla semplice indipendenza alimentare e diritto al cibo, presuppone grandi cambiamenti a livello economico globale ed al livello di strategie e politiche internazionali. Cambiamenti ai quali le ONG e le associazioni civili di base devono partecipare attivamente, appoggiando la crescita di movimenti che propongano modifiche nello status mondiale, dei rapporti tra stati, delle politiche di alleanze ed economiche di e tra stati. Così come le ONG si dovrebbero far promotrici di un cambiamento sostanziale delle Nazioni Unite, delle quali fanno parte molte agenzie di sviluppo (FAO, WFP, UNICEF, UNHCR, IFAD) con le quali le ONG portano avanti programmi.

NOI RITENIAMO:

Doveroso migliorare le strategie di aiuto, considerato che: 1. la distribuzione di cibo in situazione di emergenza può creare dipendenza 2. l'introduzione di mezzi di propagazione vegetale non locali (land-resources) o ibridi crea dipendenza dei contadini dai produttori industriali di semi e talee migliorate, 3. il mancato utilizzo e recupero delle specie locale (land-resources) ed il mancato rispetto della biodiversità portano ad un rapido deterioramento dell'ambiente aumentando l'emergenza.

Sottolineare che il sistema mondiale attuale tende a ingenerare dipendenza nei Pvs, in quanto questi possiedono le materie prime e le ricchezze naturali necessarie alla ulteriore accelerazione dello sviluppo dei paesi del "primo" mondo.

Controversa la questione degli aiuti alimentari, sui quali le ONG nutrono pesanti e motivate riserve: non arrivano in tempo, non raggiungono i gruppi più colpiti, sconvolgono le abitudini alimentari delle popolazioni, scoraggiano la produzione locale, rispondono più agli interessi economici e politico-strategici del donatore che ai bisogni dei riceventi, ecc.

Esprimere una critica al graduale spostamento dei fondi dall'aiuto strutturale all'aiuto d'emergenza.

Che la sovranità alimentare implica la messa in moto di processi radicali di riforma agraria integrale adattati alle condizioni di ogni paese e regione. NOI CHIEDIAMO:

1. Un nuovo modello che metta in discussione molti dei presupposti, delle politiche e delle prassi esistenti, basato sul decentramento, da contrapporsi a quello attuale, fondato invece su una concentrazione di ricchezza e di potere, che oggi minaccia la sicurezza alimentare globale, la diversificazione culturale e gli stessi ecosistemi. E' necessario un approccio integrato, un'azione simultanea in ciascuno dei settori interessati.

2. Uno spostamento di risorse in favore dei produttori e dei sistemi di produzione alimentare locali e regionali. Devono essere rese disponibili le risorse necessarie per gli investimenti, attraverso la cancellazione o l'alleggerimento del debito, la riallocazione della cooperazione internazionale esistente e lo stanziamento di risorse aggiuntive da parte dei paesi ricchi, che devono tener fede al loro impegno di dedicare lo 0,7% del loro prodotto nazionale lordo all'Aiuto Pubblico allo sviluppo. Anche la Conferenza do Monterrey promossa dall'ONU per il reperimento delle risorse per lo sviluppo ha disatteso l'obiettivo della definizione delle misure e degli strumenti multilaterali indispensabili per rispondere alle necessità in materia di lotta alla povertà , sovranità alimentare e lo sviluppo. Alle aziende agricole familiari dev'essere assicurato l'accesso all'informazione e ai sistemi di comunicazione.

3. Che la riforma agraria in favore delle popolazioni rurali povere che intendono lavorare le loro terre sia posta in atto immediatamente. Priorità dev'essere data allo sviluppo rurale integrato.

4. Che la ricerca nazionale e internazionale, l'istruzione e i servizi siano riorientati al fine di integrare il paradigma agro-ecologico che incorpora la conoscenza e l'esperienza dei coltivatori e delle coltivatrici. Devono essere create mappe agro-ecologiche, al fine di individuare in dettaglio le aree di degrado ambientale parziale o totale.

5. Che la partecipazione delle organizzazioni di base e delle ONG a tutti i livelli venga rafforzata e approfondita. Le organizzazioni della società civile dovranno partecipare all'efficace attuazione di progetti per lo sviluppo alimentare e agricolo.

6. Riconosciamo e diamo valore al ruolo fondamentale delle donne nella produzione, raccolta, commercio e trasformazione dei prodotti dell'agricoltura e della pesca e nella salvaguardia e riproduzione delle culture alimentari dei popoli. Appoggiamo la lotta delle donne per l'accesso alle risorse produttive, per il loro diritto a produrre e consumare la produzione locale.

7. Che vengano rivisitati le politiche e i programmi di aiuto alimentare. Gli aiuti alimentari strutturali vanno progressivamente sostituiti dal sostegno all'agricoltura locale. Laddove gli aiuti costituiscono l'unica alternativa, priorità va data agli acquisti locali e agli aiuti triangolari: i prodotti alimentari vanno acquistati in un paese della stessa regione del paese in difficoltà. Non devono essere un fattore di inibizione allo sviluppo delle capacità locali e nazionali di produzione degli alimenti, né favorire la dipendenza, la distorsione dei mercati nazionali e locali, la corruzione, la collocazione di eccessi di alimenti nocivi, in particolare OGM.

8. Gli stati devono compiere maggiori sforzi per prevenire e risolvere pacificamente i conflitti; insieme con le organizzazioni donatrici, essi devono garantire il cibo alle popolazioni vulnerabili, ivi compresi i profughi e i rifugiati.

5. Difesa dei lavoratori agricoli e difesa dei loro rappresentanti; promozione della campagna internazionale per la liberazione dei sindacalisti agricoli,lavoratori e militanti contadini e dei popoli nativi incarcerati

La produzione alimentare nel mondo presenta caratteristiche sistemiche 'agro -industriali - commerciali. L'alimentazione da questione legata alla domanda è diventata questione globale determinata dall'organizzazione dell'offerta e,in misura cospicua, dalle strategie delle imprese multinazionali del settore. L'aumento senza precedenti della produttività agricola e del sistema della trasformazione industriale ha liberato dal problema della fame le popolazioni del Nord del mondo ma ha negato il diritto al cibo di gran parte delle popolazioni dei paesi poveri del Sud del mondo a partire dai lavoratori - in maggioranza donne - che contribuiscono a produrre per il mercato locale e globale. Questi processi si sono realizzati ,nel Nord come nel Sud del mondo, anche se in diversa misura e con diverse modalità, attraverso un incremento generalizzato dei livelli di sfruttamento del lavoro dipendente agricolo e agroalimentare ed un incremento parallelo dei livelli di concentrazione multinazionale e del controllo multinazionale della produzione di alimenti. Testimonianza di questi processi, che hanno prodotto il fallimento delle politiche internazionali di lotta alla fame, è la scomparsa nelle sedi internazionali di regolazione dei mercati agroalimentari - Wto, Fao e Ue per quel che riguarda la nostra regione - dei soggetti più deboli del sistema agroalimentare mondiale: in particolare del tema dei diritti del lavoro dipendente agroindustriale e della citazione stessa della parola "lavoro dipendente" arrivando a sostituire in modo generalizzato l'indicazione del soggetto "lavoro dipendente agricolo e agroindustriale" con il sostantivo "agricoltore".

NOI RITENIAMO :

- che sia necessario mettere in evidenza la differenza - nelle diverse aree e regioni del mondo - fra il ruolo e le responsabilità economiche e sociali degli imprenditori agricoli e quello dei lavoratori dipendenti agricoli. Solo attraverso questa operazione di riconversione culturale sarà possibile affrontare con chiarezza i temi dei diritti sociali dei diversi soggetti e i temi delle responsabilità sociali in materia di promozione di quegli stessi diritti ma, anche, di sostenibilità dello sviluppo agroindustriale e di qualità delle produzioni alimentari dal campo alla tavola. Sarà cioè possibile praticare una riconversione totale della produzione alimentare riequilibrandone i processi, considerando anche la domanda di alimentazione dal punto di vista quantitativo così come dal punto di vista della sua salubrità;

- che gli standard di qualità alimentare vengono oggi gestiti a livello mondiale anche in funzione dell'esclusione - sia dal diritto di alimentarsi in modo salubre che da quello di commerciare in condizioni di equità - delle produzioni alimentari dei paesi più poveri. A questo scopo la questione alimentare e il diritto al cibo devono diventare parte di un sistema mondiale di diritti di contrattazione per il lavoro dipendente nelle diverse forme sociali in cui esso si articola: braccianti, salariati, contadini poveri, popoli nativi;

- Riteniamo inaccettabile il progressivo aggravarsi della condizione dei diritti del lavoro dipendente agroalimentare nel mondo, all'uso sempre più diffuso dello sfruttamento minorile nel settore agroindustriale, a forme drammaticamente diffuse di schiavismo nei paesi del Sud e di neo-schiavismo nel Nord ricco, fenomeno quest'ultimo non limitato ai lavoratori extracomunitari.

NOI CHIEDIAMO:

- che venga riconosciuta e implementata la professionalità del lavoro - di quello imprenditoriale come di quello dipendente - e che si investa massicciamente in un'opera di formazione finalizzata a questi scopi ampliando la gamma di professionalità necessarie.

- un sistema di contrattazione che deve operare - nel Sud come nel Nord del mondo a partire dall'Europa - nel rispetto delle condizioni previste e codificate dall'Ilo e a partire dal diritto dei lavoratori di organizzarsi sindacalmente.

- il superamento del deficit di diritti del lavoro dipendente costretto a collaborare con gli imprenditori disonesti responsabili di reati alimentari ampiamente diffusi nel Nord del mondo.

- lo sviluppo dei diritti del lavoro dipendente, dei contadini poveri e dei popoli nativi, elemento basilare per l'eliminazione del lavoro minorile agroindustriale (la parte maggioritaria del lavoro minorile nel mondo) dalla faccia della terra, condividendo così quanto affermato dalla International Union Food nel documento "Policy on World Food Security" .

Nello specifico chiediamo: - il diritto al riconoscimento dell'esistenza stessa del soggetto "lavoro dipendente" , attualmente "scomparso" nei documenti ufficiali e nelle risoluzioni internazionali e sostituito dal termine mistificante "agricoltore"; - il diritto alla contrattazione collettiva senza il quale non c'è riconoscimento della dignità del lavoro dipendente e della sua stessa identità; - il diritto contrattuale alla terra e al cibo: la riforma agraria nei paesi poveri, drammaticamente necessaria per avviare un processo socialmente equo di sviluppo, deve essere supportata e favorita dagli interventi internazionali solo se essa si accompagni all'esigibilità del diritto contrattuale e preveda, come componente del salario, il diritto alla terra per la sussistenza alimentare della famiglia, il diritto alla casa e/o al trasporto dei lavoratori salariati e braccianti. Parallelamente vanno implementati progetti di formazione per la produzione agroalimentare attraverso tecnologie appropriate con l'abbattimento delle barriere tecnologiche ,linguistiche,etc. per un uso dei mezzi di produzione rispettoso della salute dei lavoratori e dei contadini poveri; - il diritto all'informazione preventiva e alla consultazione: in Europa nell'ambito dei diritti contrattuali dei lavoratori delle multinazionali il diritto all'informazione e alla consultazione preventiva è oggi gestito attraverso lo strumento contrattuale dei Comitati aziendali europei (CAE) . Allo stato attuale questo diritto esclude sia i lavoratori dei paesi candidati all'allargamento sia i lavoratori dipendenti in altre sedi mondiali. Riteniamo che debba essere sostenuta la battaglia per affermare pari diritti all'informazione e alla consultazione preventiva sancita dalle normative europee, per tutti i lavoratori dipendenti delle multinazionali agroalimentari a partire dai lavoratori dei paesi candidati; - il diritto a contrattare le politiche agroindustriali: siamo favorevoli a una ampia riconversione verso la sostenibilità sociale ed ambientale della Politica agricola comunitaria a partire dalla Revisione di medio termine. Riteniamo che debba essere garantito il diritto del lavoro dipendente agricolo a concertare con il potere esecutivo e gli altri soggetti sociali le politiche agroindustriali nazionali e territoriali; così come riteniamo che le associazioni dei consumatori e le associazioni ambientaliste devono essere consultate stabilmente su questa materia.

Chiediamo infine che venga combattuta ogni forma di schiavismo, neo - schiavismo e caporalato: il mercato del lavoro agroindustriale, caratterizzato in tutto il mondo da livelli elevatissimi di precarietà, deve essere sottratto alla gestione unilaterale da parte dei datori di lavoro e deve escludere, nel Nord come nel Sud del mondo, a partire dall'Europa, ogni forma di intermediazione impropria ,dal caporalato allo schiavismo. A questo scopo ,in Europa, è necessario prevedere un'Agenzia: che promuova inchieste sulle nuove forme di schiavismo in agricoltura, in particolare legate ai lavoratori dei paesi Peco e dei paesi extracomunitari , ma che rischiano di diffondersi su tutto il lavoro dipendente; che verifichi i criteri di protezione sanitaria dei lavoratori agroindustriali (ad. es. omogeneità delle protezioni contro i rischi Bse, vaccinazioni dei lavoratori agricoli ) ; che verifichi e promuova livelli di formazione del lavoro legati alla qualità dei processi e dei prodotti e tuteli il diritto dei lavoratori a dissociarsi dalla produzione di alimenti non corrispondenti alle normative sulla food safety.

Molti dirigenti e membri di organizzazioni contadine e dei popoli natiivi sono in carcere e perseguitati, altri sono stati assassinati per la sola ragione che hanno cercato di difendere i loro legittimi diritti economici e sociali. I governi chiamano spesso al "dialogo" i rappresentanti delle organizzazioni contadine, ma questi appelli non sono sufficienti. Chiediamo che i governi mostrino con le azioni la loro volontà politica di:

Ø Liberare i dirigenti e militanti contadini e i membri dei popoli nativi arrestati. Ø Mettere fine alla repressione, agli arresti ingiustificati, alle persecuzioni, agli omicidi, ai massacri, relativi alle lotte di contadini e nativi. Ø Mettere fine allo sfruttamento del lavoro minorile, al lavoro schiavo, alla violazione dei diritti dei lavoratori. Ø Individuare e punire i colpevoli di omicidi e massacri di contadini e popoli nativi e chi utilizza lavoro schiavo. Ø Realizzare una vera riforma agraria e non una riforma agraria di mercato come quella prevista dal progetto "Banca della Terra" promossa dalla Banca Mondiale

Roma, 22 maggio 2002

ASSOCIAZIONE ONG ITALIANE ABRyN ACEA e Il Giornale della natura ACLI ACLI - Lega dei consumatori ACRA ACU - Associazione consumatori utenti AGESCI AGRONOMI SENZA FRONTIERE AIAB AIAB Lazio AICOS AIFO ALTRAGRICOLTURA AMAB AMICI DELLA TERRA ANABIO CIA ANCA/LEGACOOP ARCI ARI ASCI ASIA ONLUS ASF ASS. MEDITERRANEA ASSOCIAZIONE I SANT'INNOCENTI ASSOCIAZIONE LAICALE MISSIONARIA ASSOCIAZIONE MARCO MASCAGNA ONLUS ASSOCIAZIONE SEMINA AUCS-Viterbo AZIONE AIUTO BANCA ETICA BIOAGRICOLTURA -AIAB CASA DIRITTI SOCIALI CASALE PODEREROSA CENTRO INTERNAZIONALE CROCEVIA CESTAS CAMPAGNA Contro la fame, un'altra alimentazione è possibile CAMPAGNA CHIAMA L'AFRICA CIES CNCA CNGEI COBAS COCIS COLDIRETTI COMITATO APPOGGIO SEM TERRA COMI COSV CTM ALTROMERCATO EMMAUS International EMMAUS Roma FIS FIPA FOCSIV Fondazione Giustizia e Solidarietà GLOBAL HUNGER ALLIANCE GREENPEACE GVC Il Carro Onlus INTERSOS IRED-Nord ISCOS-CISL Istituto Agronomico Mediterraneo Bari- IAM Istituto Internazionale Jacques Maritain LABOR MUNDI LA TENDA DEI POPOLI LEGAMBIENTE LEGAMBIENTE Calabria LEGAMBIENTE Lazio LEGAMBIENTE Liguria LEGAMBIENTE Piemonte LEGAMBIENTE Puglia LEGAMBIENTE Toscana LEGAMBIENTE Umbria LEGAMBIENTE Veneto Lilliput Roma LTM LUNARIA MAIS MANITESE MLAL MOVIMENTO CRISTIANO LAVORATORI MOVIMENTO DEI CONSUMATORI MOVIMONDO NEXUS PRODOCS PROSVIL RADIO GAP RADIO ONDA ROSSA RC ReOrient - gli amici di Xa Me (ONLUS) RETE LILLIPUT Roma Equa e Solidale ONLUS Roma Nord Est Social Forum ROMA SOCIAL FORUM GRUPPO AMBIENTE SDEBITARSI SID UN PONTE PER VAS VIDES VIS WAGGGS WWF

ACRA ACU - Associazione consumatori utenti AGESCI AGRONOMI SENZA FRONTIERE AIAB AIAB Lazio AICOS AIFO ALTRAGRICOLTURA AMAB AMICI DELLA TERRA ANABIO CIA ANCA/LEGACOOP ARCI ARI ASCI ASIA ONLUSASFASS. MEDITERRANEAASSOCIAZIONE I SANT'INNOCENTI ASSOCIAZIONE LAICALE MISSIONARIA ASSOCIAZIONE MARCO MASCAGNA ONLUS ASSOCIAZIONE SEMINA AUCS-Viterbo AZIONE AIUTO BANCA ETICA BIOAGRICOLTURA -AIAB CASA DIRITTI SOCIALI CASALE PODEREROSA CENTRO INTERNAZIONALE CROCEVIA CESTAS CAMPAGNA Contro la fame, un'altra alimentazione è possibile CAMPAGNA CHIAMA L'AFRICA CIES CNCA CNGEI COBAS COCIS COLDIRETTI COMITATO APPOGGIO SEM TERRA COMI COSV CTM ALTROMERCATO EMMAUS International EMMAUS Roma FIS FIPA FOCSIV Fondazione Giustizia e Solidarietà GLOBAL HUNGER ALLIANCE GREENPEACE GVC Il Carro Onlus INTERSOS IRED-Nord ISCOS-CISL Istituto Agronomico Mediterraneo Bari- IAM Istituto Internazionale Jacques Maritain LABOR MUNDI LA TENDA DEI POPOLI LEGAMBIENTE LEGAMBIENTE Calabria LEGAMBIENTE Lazio LEGAMBIENTE Liguria LEGAMBIENTE Piemonte LEGAMBIENTE Puglia LEGAMBIENTE Toscana LEGAMBIENTE Umbria LEGAMBIENTE Veneto Lilliput Roma LTM LUNARIA MAIS MANITESE MLAL MOVIMENTO CRISTIANO LAVORATORI MOVIMENTO DEI CONSUMATORI MOVIMONDO NEXUS PRODOCS PROSVIL RADIO GAP RADIO ONDA ROSSA RC ReOrient - gli amici di Xa Me (ONLUS) RETE LILLIPUT Roma Equa e Solidale ONLUS Roma Nord Est Social Forum ROMA SOCIAL FORUM GRUPPO AMBIENTE SDEBITARSI SID UN PONTE PER VAS VIDES VIS WAGGGS WWF