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18-01-2006
Repsol y el asalto a las reservas
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Andrés Soliz Rada
Rebelión
La terminología jurídica ha sido enriquecida con un nuevo concepto que haría palidecer de envidia a los más connotados jurisconsultos de nuestro tiempo. La petrolera Repsol hizo saber que había inscrito como propias las reservas de gas que controla en Bolivia en la bolsa de valores de Nueva York bajo la denominación de “concesiones soberanas” (“El Diario”, de La Paz 15/01/06). La concesión es sólo una autorización temporal y restringida que concede el Estado a particulares para explotar recursos naturales o servicios. La soberanía, en cambio, es el poder supremo que tiene un Estado dentro de una nación, el cual no está sometido, en su territorio, a ningún organismo ni a otra nación. Decir “concesión soberana” es tan absurdo como hablar de un cuadrado redondo.

Según el ex consultor del Banco Mundial, Ramiro Víctor Paz Cerruto, hijo del cuatro veces ex presidente Víctor Paz Estenssoro, la Reglas 4 – 10 de la regulación s – x del Securities and Echange Comisión (SEC) de EEUU, que supervisa el funcionamiento de la Bolsa, dice que “sólo pueden considerarse reservas probadas de hidrocarburos aquellas cuyo análisis de ingeniería y geología demuestren que pueden ser recuperadas (con un 90 % de probabilidades) de reservorios existentes, que cuenten con un MERCADO asegurado por un CONTRATO de compra venta (“La Prensa”, 30-01-05).

Sobre esa base, denunció la colosal estafa que estuvo punto de cometer el consorcio Pacific LNG, integrado por British Gas, British Petroleum y Repsol-YPF, además de la comercializadora Sempra, que, supuestamente, debía vender gas boliviano a EEUU, mediante barcos metaneros, a través de un puerto chileno. Según Paz Cerruto, el proyecto jamás existió, ya que el único objetivo de las petroleras, además de favorecer a sus filiales en Chile, era mostrar a la SEC el contrato firmado por Bolivia con destino al mercado estadounidense, a fin inscribir como suyos los 48 trillones de pies cúbicos (TCFs) de reservas probadas y probables que tiene el país.

El consultor recordó que en el “affaire” se denunció la complicidad del Presidente de México, Vicente Fox, quien autorizó el uso de puerto Vallarta para instalar una planta de regasificación que no iba a construirse, pero que hubiera permitido a las empresas citadas que sus acciones suban de 11 a 18 euros en la bolsa de Madrid, mientras el entonces presidente de Repsol, Alfonso Cortina, "iba a ponerse mucho dinero en sus bolsillos" “El Diairio”, 11/01/06).

Puntualizó que las acciones de la gigante Royal Dutch Shell cayeron en dos días un 7.5% en el mercado bursátil de Londres, al revelarse que estaba incrementando fraudulentamente sus reservas, lo que produjo a la compañía una pérdida de 10 mil millones de dólares. La Shell también había mentido a la SEC, al inflar sus reservas “por error” en 3,900 millones de barriles equivalente en petróleo y gas.(“La Prensa”, 05-03-2005). La conducta de la Shell fue comparada con la de la Enron. Lo paradójico es que la sociedad Enron-Shell integra la empresa Transredes, que maneja casi todos los oleoductos, gasoductos y poliductos del país.

A los actuales precios de exportación de gas al Brasil (3 dólares el millar de pies cúbicos), un TCF genera un movimiento económico de 3.000 millones de dólares. En consecuencia, los 48 TCFs de Bolivia, pueden movilizar 168 mil millones de dólares. De esas reservas, Repsol controla en Bolivia alrededor de 13 TCFs, con un potencial de 39 mil millones de dólares. Las cantidades anotadas se cuadruplican si se considera que el precio del millar de pies cúbicos en el mercado norteamericano alcanza a 12 dólares. Por ahora, sólo 9 TCFs tienen contratos y mercados asegurados en Brasil, Argentina y dentro de Bolivia)

Repsol ha dicho que las “concesiones soberanas”, existentes en Argentina, Libia, Argelia e Irán son también inscritas a su nombre. Habrá que esperar la reacción en esos países, pero, en Bolivia, la Constitución Política del Estado, en su artículo 139, dice: “Los yacimientos de hidrocarburos, cualquiera sea el estado en que se encuentren o la forma en que se presenten, son de dominio “directo, inalienable e imprescriptible del Estado. Ninguna concesión o contrato podrá conferir la propiedad de los yacimientos de hidrocarburos..."
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TORINO 2006, LA REBOC A CHIAMPARINO E PESCANTE: “COCA-COLA VENGA ESCLUSA DAGLI SPONSOR OLIMPICI”
 TORINO 2006, LA REBOC A CHIAMPARINO E PESCANTE: “COCA-COLA VENGA ESCLUSA DAGLI SPONSOR OLIMPICI”
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23 gennaio 06

COMUNICATO STAMPA DELLA REBOC – RETE BOICOTTAGGIO COCA-COLA

  • TORINO 2006, LA REBOC A CHIAMPARINO E PESCANTE: “COCA-COLA VENGA ESCLUSA DAGLI SPONSOR OLIMPICI”

Lettera aperta della Reboc a Chiamparino e Pescante

ROMA, 20 GEN 06 – Sigg. Mario Pescante e Sergio Chiamparino,

il vostro definirci “quattro imbecilli” o “peggio che imbecilli” o “pericolosi più di Al Qaeda” pensiamo sia sufficiente a dare la misura del vostro livello di nervosismo e difficoltà e a chiarire chi sia in questa vicenda ad esercitare la violenza, a partire da quella verbale.

L’intento di questa lettera è quello di dare a voi la possibilità di acquisire una corretta informazione intorno ai fatti di cui parlate, in modo che la prossima volta possiate rilasciare alla stampa dichiarazioni maggiormente equilibrate e consone ai ruoli istituzionali che ricoprite.

Le ormai 35 iniziative di contestazioni della Coca-Cola che la fiaccola ha incontrato nel suo percorso sono parte della campagna internazionale di boicottaggio della Coca-Cola, azienda che voi avete scelto come sponsor delle Olimpiadi invernali, pur conoscendo le gravi accuse che in tutto il mondo gli vengono mosse.

Era l’estate del 2004 quando per la prima volta la REBOC formulò al Comitato Olimpico Internazionale la richiesta di escludere la Coca-Cola dagli sponsor olimpici, in quanto colpevole di:

- comportamento antisindacale in Colombia, con una causa pendente presso il Tribunale di Miami e 179 gravi violazioni dei diritti umani registrate da una Commissione di inchiesta indipendente che ha visitato la Colombia all’inizio del 2004, confermando le accuse del sindacato colombiano SINALTRAINAL che denuncia i rapporti tra manager aziendali e paramilitari volti ad annientare il sindacato, con l’assassinio di 8 sindacalisti, rapine, torture, minacce di morte, montature giudiziarie e sfollamenti forzati di decine di leader sindacali;

- aggravamento della crisi idrica nello stato indiano del Kerala, su cui si è già pronunciata la Corte Suprema Indiana e lo Stato del Kerala, che mantiene l’impianto Coca-Cola chiuso proprio per questo motivo;

- gravi discriminazioni razziali nei confronti degli afroamericani negli USA, per le quali Coca-Cola ha accettato il patteggiamento più oneroso della storia statunitense per cause di questo tipo, pari a 192,5 milioni di dollari.

Per tutta risposta la collaborazione tra Olimpiadi e Coca-Cola è stata prolungata fino al 2020, non tenendo minimamente in considerazione le nostre richieste.

A questo punto è stata lanciata la campagna contro ‘Coca-Cola sponsor della torcia olimpica e degli squadroni della morte colombiani’ che come avete potuto constatare sta avendo una diffusione tale da costringervi a prenderne atto nonostante una ampia censura mediatica e da costringere in alcuni casi Coca-Cola a ritirare le proprie insegne dalla carovana olimpica, dopo aver verificato che i 55 milioni di euro da lei spesi in questa campagna di marketing hanno dato un risultato opposto alle aspettative.

Questa campagna è iniziata a Roma, dove non era stato programmato nessun blocco della fiaccola, ma solo un presidio con striscioni e volantini in un’area visibile dal percorso, che però la Questura non ha voluto autorizzare e poi si è affrettata a sgomberare.

Quando Chiamparino dice ‘se uno vuole alzare un cartello con su scritto “abbasso la Coca Cola” lo faccia’, probabilmente non sa che questo abbiamo richiesto e questo ci è stato impedito, in un modo evidentemente antidemocratico che non possiamo accettare e che non abbiamo accettato.

Pur avendo dovuto modificare le modalità di intervento, le 35 iniziative finora realizzate in tutta Italia sono state assolutamente pacifiche e nonviolente, con volantinaggi, striscioni di protesta, teatro di strada, slogan, in alcuni casi blocchi sul percorso che sono stati sgomberati dopo alcuni minuti dalla Polizia senza alcun incidente né opposizione violenta, provocando ritardi sulla tabella di marcia.

In nessun caso sono stati provocati danni a cose o persone, che non fossero le nostre cose o le nostre persone.

Sono state infatti le forze dell’ordine ad abusare del loro potere in diversi casi, a partire dal divieto di qualsiasi tipo di manifestazione a Roma e dalle cariche con cui i presidi sono stati sgomberati, fino ai fatti di Pisa, dove un ragazzo ha ricevuto un calcio nel bassoventre da un poliziotto ed ha dovuto ricorrere alle cure del Pronto Soccorso.

Abusi e violenze che il vostro appello all’intervento contribuirà probabilmente ad aumentare nei prossimi giorni, e di questo sarete considerati responsabili.

Non siamo stati noi ad associare la Coca-Cola alla fiaccola olimpica, anzi, vi abbiamo chiesto ripetutamente di non farlo.

Non siamo noi a danneggiare l’immagine nazionale, ma chi confonde questa con l’immagine di una multinazionale che viola i diritti umani.

Non siamo noi pericolosi, ma chi, come la Coca-Cola, è disposta ad assassinare, assetare, discriminare pur di aumentare i propri profitti.

Non siamo stati noi a trasformare un simbolo come la fiaccola olimpica in uno strumento di marketing della Coca-Cola, come è apparso evidente a chi ha potuto assistere in questi giorni al passaggio della fiaccola, con pullmann e stand Coca-Cola al seguito che distribuiscono lattine gratis, gadget e bandierine, con 1.900 tedofori selezionati da Coca-Cola con programmi di marketing rivolti ai consumatori.

Quelli che definite incautamente quattro imbecilli sono migliaia di persone e organizzazioni in tutto il mondo che si battono perché le imprese rispettino i diritti umani, i diritti sindacali e l’ambiente.

In Italia sono attivamente impegnate nella campagna più di 19.000 persone, oltre a sindacati, partiti politici, enti locali, associazioni.

In Germania, tra gli altri, aderisce alla campagna VERDI, il maggior sindacato a livello mondiale, con 3 milioni di iscritti.

In Inghilterra, tra gli altri, aderisce UNISON, il maggior sindacato inglese con 1,3 milioni di iscritti.

Tra gli USA, la Gran Bretagna e il Canada aderiscono 23 università, tra cui quella di New York, che è la maggiore università privata statunitense, e quella del Michigan, che conta 50.000 studenti.

Sulla vicenda della Coca-Cola in Colombia sono state presentate interrogazioni nei parlamenti di mezzo mondo, compresi quello europeo e quello italiano.

Nel mese di Marzo si recherà in Colombia una Commissione interistituzionale italiana per verificare le denunce del sindacato colombiano.

La campagna che coinvolge il percorso della fiaccola olimpica proseguirà, in questa come nelle prossime Olimpiadi, finché Coca-Cola non verrà esclusa dagli sponsor olimpici.

Vi rinnoviamo pertanto questa richiesta. Con l’esclusione della Coca-Cola potrete unirvi alla pressione che la società civile in tutto il mondo sta facendo su questa azienda, perché conceda una ‘tregua olimpica’ ai sindacalisti colombiani e rispetti maggiormente i diritti.

La campagna di boicottaggio della Coca-Cola continuerà finché la multinazionale di Atlanta non risponderà positivamente alle richieste di verità, giustizia e riparazione integrale dei danni nei confronti delle famiglie delle vittime colombiane.

Speriamo ardentemente che questo accada al più presto, per il bene dei lavoratori colombiani, per la tutela della libertà sindacale e della vita, valori per noi molto più importanti di una fiaccola olimpica ridotta ad intermezzo pubblicitario.

Con rispetto.

REBOC - RETE BOICOTTAGGIO COCA-COLA ++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++++

gennaio-febbraio_06 (last edited 2008-06-26 09:51:13 by anonymous)