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Per completare le ispezioni attualmente in corso in Iraq, alla ricerca di eventuali armi di distruzione di massa o degli impianti per produrle, potrebbe occorrere ancora "intorno a un altro anno di lavoro"; e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nel garantire loro pieno e unanime appoggio, sarebbe disposto a concedere agli esperti impegnati nelle operazioni di controllo "tutto il tempo che ci serve". Lo ha dichiarato Mark Gwozdecky, portavoce della Aiea, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica che si trova anch'essa sotto l'egida del Palazzo di Vetro | '''Iraq''' Per completare le ispezioni attualmente in corso in Iraq, alla ricerca di eventuali armi di distruzione di massa o degli impianti per produrle, potrebbe occorrere ancora "intorno a un altro anno di lavoro"; e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nel garantire loro pieno e unanime appoggio, sarebbe disposto a concedere agli esperti impegnati nelle operazioni di controllo "tutto il tempo che ci serve". Lo ha dichiarato Mark Gwozdecky , portavoce della Aiea, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica che si trova anch'essa sotto l'egida del Palazzo di Vetro |
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GUERRA IRAQ- Nonostante dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna continuano le partenze di militari per il Golfo Persico, le possibilità che si vada in tempi rapidi verso una guerra con Saddam Hussein sono sempre meno probabili. Ora - citano diverse fonti di stampa - a dire che "le probabilità a favore della guerra sono diminuite" sono anche, dopo i britannici, alti ufficiali statunitensi. Secondo gli ufficiali statunitensi ora bisogna dare più tempo agli ispettori delle Nazioni Unite. Era di ieri, però, l'annuncio dell'invio di altri 27 mila soldati americani nel Golfo Arabo, dopo i 35 mila mobilitati solo il giorno prima. Ed è salpata da Portsmouth, in Gran Bretagna, la portaerei Ark Royal, la prima di una flotta di quindici navi da guerra con almeno 3mila marines britannici a bordo. In una significativa dichiarazione rilasciata al Washington Post, un "alto funzionario Usa" si esprime per la prima volta con molta nettezza sulla possibilità di una svolta sulla questione irachena. "Le probabilità a favore della guerra sono diminuite. Noi non abbiamo un buon piano di guerra mentre gli ispettori hanno adesso un accesso senza precedenti in Iraq e solo da poco noi abbiamo iniziato a fornire loro nuovi elementi di intelligence. Ora dobbiamo dargli più tempo per vedere cosa riescono a fare. Non c'è ragione di fermare il processo delle ispezioni adesso, almeno finché non saremo in grado di agire diversamente". ARABIA SAUDITA- Non c'è dubbio che tutte le ragioni conducano alla guerra ma personalmente credo che non ci sarà una guerra. Vedo le flotte armate, ma, se Dio vuole, non ci sarà una guerra". L'alleato chiave degli USA nel Golfo Persico, principe Abdullah d'Arabia si professa ottimista sull'evoluzione della questione irachena e rivela: il Regno Saudita ha una proposta di composizione politica della crisi, già proposta agli Stati arabi vicini. |
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COSTA D’AVORIO - I due gruppi ribelli, attivi in Costa d’Avorio, che non avevano ancora siglato un ‘cessate il fuoco’ con il governo del presidente Laurent Gbagbo, lo faranno oggi a Lomé (Togo), grazie alla mediazione della Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Cedeao, conosciuta anche con l’acronimo inglese di Ecowas). Si tratta del Movimento popolare ivoriano del Grande Ovest (Mpigo) e del Movimento per la giustizia e la pace (Mjp), ambedue attivi nel settore occidentale dell’ex colonia francese. I due gruppi inoltre parteciperanno ai colloqui di pace a Parigi, seguendo l'esempio del più consistente Movimento patriottico della Costa d’Avorio (Mpca) la prima e principale formazione a sottoscrivere una tregua con le autorità ivoriane. Una tregua, è bene ricordarlo, che è stata tuttavia più volta violata da entrambe le parti. A questo punto non resta che attendere i colloqui di pace previsti a mercoledì prossimo nella capitale francese con l’intento di porre fine a quasi 4 mesi di scontro politico-militare nel cosiddetto ‘Paese del cacao, ma ben più verosimilmente paese del petrolio. | |
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Il presidente del Malawi, Bakili Muluzi, ha dichiarato “lo stato di calamità nazionale” e si è rivolto alla comunità internazionale affinché intervenga in soccorso della popolazione civile colpita da violente alluvioni. Sono diverse migliaia gli sfollati dei sei distretti del Paese maggiormente colpiti dal maltempo ed al momento è impossibile avere un bilancio esatto delle vittime e dei danni in quanto alcune zone sono totalmente isolate. Fonti governative parlano di otto morti, ma si tratta quasi certamente di una cifra ancora provvisoria. Fonti missionarie rilevano che la calamità che si è abbattuta sul Malawi acuisce le sofferenze della gente, già provata da una grave carestia dovuta ad una prolungata siccità. Il presidente ha compiuto sabato un sopralluogo nelle zone maggiormente alluvionate e ha dichiarato di essere rimasto impressionato dalla gravità della situazione. La giustizia italiana non puo' perseguire i trafficanti di armi stranieri che vivono nel nostro paese e che hanno fornito armi a paesi un guerra colpiti dall'embargo dell'Onu. Nel nostro codice, infatti, non esistono sanzioni per chi infrange le decisioni del Palazzo di vetro. Lo afferma la prima sezione penale della Corte di Cassazione nelle motivazioni con le quali lo scorso settembre ha disposto la scarcerazione di Leonid Minin, accusato di aver venduto ai militanti del Ruf della Sierra Leone centinaia di tonnellate di armi. ''E' opportuno precisare -spiega i supremi giudici- che non risultando emanate apposite norme operanti nell'ordinamento interno, con la previsione di sanzioni penali, per effetto di convenzioni internazionali, non si puo' procedere nei confronti del trafficante straniero''. Inoltre, aggiungono ancora gli alti magistrati, l'arresto e il processo ''non possono trovare base giustificativa neanche nel fatto che il traffico d'armi e' stato posto in essere in violazione dell'embargo stabilito da risoluzioni dell'Onu''. Tali risoluzioni, prosegue la Cassazione, ''impegnano gli Stati aderenti sul piano politico senza assumere valore vincolante, in mancanza di puntuali atti di produzione legislativa, all'interno dei singoli ordinamenti''. Per Minin era scattata la custodia cautelare il 22 dicembre del 2001 per ordine del gip di Monza. E la misura carceraria era stata confermata dal Tribunale di Milano lo scorso 14 marzo. |
Ore 9.30
Iraq
Per completare le ispezioni attualmente in corso in Iraq, alla ricerca di eventuali armi di distruzione di massa o degli impianti per produrle, potrebbe occorrere ancora "intorno a un altro anno di lavoro"; e il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, nel garantire loro pieno e unanime appoggio, sarebbe disposto a concedere agli esperti impegnati nelle operazioni di controllo "tutto il tempo che ci serve". Lo ha dichiarato Mark Gwozdecky , portavoce della Aiea, l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica che si trova anch'essa sotto l'egida del Palazzo di Vetro Ieri a Los Angeles 20.000 persone hanno marciato contro la guerra in Iraq,il corteo era formato da varie sigle del movimento Statunitense, Black Block, Gruppi di lavoratori,gruppi cristiani di base. Intanto gran parte degli elettori britannici ritiene che un'eventuale guerra contro l'Iraq sia ingiustificata. E' qanto emerge da un sondaggio realizzato dalla società di ricerche YouGov per l'emittente televisiva inglese ITV. Il 58% degli intervistati ha affermato che il presidente dell'Iraq Saddam Hussein non è abbastanza pericoloso da giustificare un'azione militare. Il 30% degli interpellati è convinto che Washington e Londra in realtà vogliano assicurarsi con la forza il controllo dei giacimenti di petrolio del Paese. Secondo il sondaggio, solo il 13% degli elettori approverebbe un intervento militare della Gran Bretagna al fianco degli Stati Uniti senza un'apposita risoluzione dell'Onu.
GUERRA IRAQ- Nonostante dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna continuano le partenze di militari per il Golfo Persico, le possibilità che si vada in tempi rapidi verso una guerra con Saddam Hussein sono sempre meno probabili. Ora - citano diverse fonti di stampa - a dire che "le probabilità a favore della guerra sono diminuite" sono anche, dopo i britannici, alti ufficiali statunitensi. Secondo gli ufficiali statunitensi ora bisogna dare più tempo agli ispettori delle Nazioni Unite. Era di ieri, però, l'annuncio dell'invio di altri 27 mila soldati americani nel Golfo Arabo, dopo i 35 mila mobilitati solo il giorno prima. Ed è salpata da Portsmouth, in Gran Bretagna, la portaerei Ark Royal, la prima di una flotta di quindici navi da guerra con almeno 3mila marines britannici a bordo. In una significativa dichiarazione rilasciata al Washington Post, un "alto funzionario Usa" si esprime per la prima volta con molta nettezza sulla possibilità di una svolta sulla questione irachena. "Le probabilità a favore della guerra sono diminuite. Noi non abbiamo un buon piano di guerra mentre gli ispettori hanno adesso un accesso senza precedenti in Iraq e solo da poco noi abbiamo iniziato a fornire loro nuovi elementi di intelligence. Ora dobbiamo dargli più tempo per vedere cosa riescono a fare. Non c'è ragione di fermare il processo delle ispezioni adesso, almeno finché non saremo in grado di agire diversamente". ARABIA SAUDITA- Non c'è dubbio che tutte le ragioni conducano alla guerra ma personalmente credo che non ci sarà una guerra. Vedo le flotte armate, ma, se Dio vuole, non ci sarà una guerra". L'alleato chiave degli USA nel Golfo Persico, principe Abdullah d'Arabia si professa ottimista sull'evoluzione della questione irachena e rivela: il Regno Saudita ha una proposta di composizione politica della crisi, già proposta agli Stati arabi vicini.
COSTA D’AVORIO - I due gruppi ribelli, attivi in Costa d’Avorio, che non avevano ancora siglato un ‘cessate il fuoco’ con il governo del presidente Laurent Gbagbo, lo faranno oggi a Lomé (Togo), grazie alla mediazione della Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale (Cedeao, conosciuta anche con l’acronimo inglese di Ecowas). Si tratta del Movimento popolare ivoriano del Grande Ovest (Mpigo) e del Movimento per la giustizia e la pace (Mjp), ambedue attivi nel settore occidentale dell’ex colonia francese. I due gruppi inoltre parteciperanno ai colloqui di pace a Parigi, seguendo l'esempio del più consistente Movimento patriottico della Costa d’Avorio (Mpca) la prima e principale formazione a sottoscrivere una tregua con le autorità ivoriane. Una tregua, è bene ricordarlo, che è stata tuttavia più volta violata da entrambe le parti. A questo punto non resta che attendere i colloqui di pace previsti a mercoledì prossimo nella capitale francese con l’intento di porre fine a quasi 4 mesi di scontro politico-militare nel cosiddetto ‘Paese del cacao, ma ben più verosimilmente paese del petrolio.
Il presidente del Malawi, Bakili Muluzi, ha dichiarato “lo stato di calamità nazionale” e si è rivolto alla comunità internazionale affinché intervenga in soccorso della popolazione civile colpita da violente alluvioni. Sono diverse migliaia gli sfollati dei sei distretti del Paese maggiormente colpiti dal maltempo ed al momento è impossibile avere un bilancio esatto delle vittime e dei danni in quanto alcune zone sono totalmente isolate. Fonti governative parlano di otto morti, ma si tratta quasi certamente di una cifra ancora provvisoria. Fonti missionarie rilevano che la calamità che si è abbattuta sul Malawi acuisce le sofferenze della gente, già provata da una grave carestia dovuta ad una prolungata siccità. Il presidente ha compiuto sabato un sopralluogo nelle zone maggiormente alluvionate e ha dichiarato di essere rimasto impressionato dalla gravità della situazione.
La giustizia italiana non puo' perseguire i trafficanti di armi stranieri che vivono nel nostro paese e che hanno fornito armi a paesi un guerra colpiti dall'embargo dell'Onu. Nel nostro codice, infatti, non esistono sanzioni per chi infrange le decisioni del Palazzo di vetro. Lo afferma la prima sezione penale della Corte di Cassazione nelle motivazioni con le quali lo scorso settembre ha disposto la scarcerazione di Leonid Minin, accusato di aver venduto ai militanti del Ruf della Sierra Leone centinaia di tonnellate di armi. E' opportuno precisare -spiega i supremi giudici- che non risultando emanate apposite norme operanti nell'ordinamento interno, con la previsione di sanzioni penali, per effetto di convenzioni internazionali, non si puo' procedere nei confronti del trafficante straniero. Inoltre, aggiungono ancora gli alti magistrati, l'arresto e il processo non possono trovare base giustificativa neanche nel fatto che il traffico d'armi e' stato posto in essere in violazione dell'embargo stabilito da risoluzioni dell'Onu. Tali risoluzioni, prosegue la Cassazione, impegnano gli Stati aderenti sul piano politico senza assumere valore vincolante, in mancanza di puntuali atti di produzione legislativa, all'interno dei singoli ordinamenti. Per Minin era scattata la custodia cautelare il 22 dicembre del 2001 per ordine del gip di Monza. E la misura carceraria era stata confermata dal Tribunale di Milano lo scorso 14 marzo.
Marco Camenisch
Il Soccorso Rosso della Svizzera informa che la situazione di Marco Camenisch, dopo il trasferimento nel carcere di Thorberg, è peggiorata. Marco continua ad essere in isolamento, non ha i suoi vestiti ed è obbligato ad indossare i vestiti -già utilizzati dagli altri detenuti- che gli passa il carcere. Inoltre si tratta d'indumenti leggeri, ciò gli impedisce di sfruttare dell'ora d'aria. Non può avere pubblicazioni politiche, non può avere libri; mentre continua la censura della corrispondenza. Può avere colloqui solo attraverso il doppio vetro. Alla sua compagna, prima del colloquio, hanno fatto le radiografie alle scarpe e alla giacca che indossava. Marco ha già annunciato di iniziare uno sciopero della fame, se la situazione non migliorerà, a partire dai primi giorni di gennaio. Per questo il Soccorso Rosso (http://www.aufabau.org) propone una mobilizzazione internazionale, nel caso inizi lo sciopero. In particolare c'è già una data in cui esprimere la nostra solidarietà, ed è quella del 17-18 gennaio, quando in Svizzera si terrà il WEF (forum economico mondiale)