Libano

Un bambino libanese di quattro anni è stato ucciso questa notte da una esplosione in un villaggio situato vicino alla frontiera con Israele. Il fratello gemello è rimasto ferito. Secondo i servizi di sicurezza libanesi e gli abitanti del villaggio di Houla, Ali Yassin è stato ucciso e il gemello ferito, ma non si sa ancora qual è la causa precisa. La deflagrazione potrebbe essere stata causata dalla caduta di un obice anti-aereo sparato dal Libano o se si è trattato di un proiettile diretto verso Israele, secondo le autorità libanesi. L'esercito israeliano afferma che almeno tre colpi di mortaio sono stati sparati dal Libano verso il nordest di Israele stanotte. Secondo la radio israeliana, il bambino libanese è stato ucciso da uno di questi tiri. Nessun ferito è stato segnalato da parte israeliana. Qualche minuto dopo l'esplosione, gli aerei e gli elicotteri israeliani hanno compiuto voli di ricognizione al di sopra della zona di frontiera vicino a Houla, secondo gli abitanti del villaggio.

medio oriente

Sale la tensione fra Israele e Libano, dopo il raid israeliano sulla Siria. Fonti della sicurezza di Beirut accusano gli israeliani di aver bombardato la periferia di Kfar Schouba, una cittadina nel Libano meridionale, e di aver aperto il fuoco contro una strada presso il confine. L'esercito israeliano ha smentito di aver compiuto un raid aereo contro il Libano e ammette la perdita di un soldato caduto ieri pomeriggio in una sparatoria alla frontiera libanese, colpito da un attacco degli Hezbollah. Hezbollah, organizzazione di guerriglia di confessione sciita, sostenuta da Siria ed Iran, ha smentito il proprio coinvolgimento nella sparatoria, con un comunicato diramato a Beirut. Fonti libanesi hanno smentito questa versione, affermando che sono stati i soldati israeliani ad aprire il fuoco verso un'auto e un mini bus. Uno dei due veicoli, hanno riferito, è stato colpito, ma non ci sono stati feriti. Un ufficiale delle forze Onu in Libano, da parte sua, ha dichiarato che un'autobotte dell'Unifil, chiaramente riconoscibile, è stata colpita da tre pallottole provenienti dalla parte israeliana del confine. Sul piano politico, in sede ONU salta il voto al Consiglio di Sicurezza sulla condanna del raid israeliano in territorio siriano e il presidente americano George W. Bush lascia intendere di poter arrivare fino al veto ONU per impedire che passi la bozza di risoluzione siriano-araba. Israele reagisce accentuando la pressione sul presidente palestinese Yasser Arafat. Ieri sera Raanan Gissin, consigliere di alto grado del primo ministro israeliano Ariel Sharon, ha detto che il governo non ha ancora deciso come e quando "allontanarlo" dalla sua terra, ma che le ore del leader Anp a Ramallah sono contate. L'attacco di sabato, con le sue 19 vittime, ha spiegato Gissin, convince le autorità israeliane ad accelerare i tempi di attuazione della decisione approvata in linea di massima il mese scorso: l'esilio del presidente palestinese per allontanarlo dalla sua terra e dalla gestione del potere. L'espulsione di Yasser Arafat dai Territori palestinesi sarebbe "un atto di terrorismo" condannato dalla comunità internazionale, replica a distanza il presidente egiziano Hosni Mubarak nel trentesimo anniversario dell'inizio della Guerra del Kippur del 1973, quando Egitto e Siria lanciarono un attacco per riconquistare i territori persi nel 1967 con la Guerra dei Sei Giorni. "Se Israele metterà in atto le sue minacce, non otterra' il suo scopo...questo atto sarebbe considerato illegale e terrorista e condannato dall'intera comunita' internazionale non porterebbe ad altro risultato che l'aumento di un clima di violenza e disperazione", ha spiegato Mubarak.

turchia

Il governo turco vuole mandare truppe in Iraq e per questo ha deciso di presentare una richiesta formale al parlamento. La decisione del gabinetto guidato da Tayyip Erdogan e' stata presa per andare incontro alle richieste degli Stati Uniti, sei mesi dopo che Ankara aveva rifiutato alle forze armate di Washington il permesso di utilizzare le basi turche per aprire il fronte settentrionale nella guerra contro Saddam Hussein. Compiacimento per l'iniziativa del governo turco e' stata espressa stasera stessa a Washington dal portavoce del Dipartimento di Stato americano, Richard Boucher: "La Turchia - ha detto - ha un ruolo importante da svolgere nella stabilizzazione dell'Iraq. Proseguiremo le discussioni con le autorita' turche sull'eventuale dispiegamento militare, qualora il parlamento approvera' la proposta governativa". Secondo Cemil Cicek, ministro della Giustizia turco, una risposta del parlamento potrebbe arrivare gia' domani. Cicek ha detto che la mozione presentata ai deputati non specifica quanti soldati dovranno essere inviati ne' in quale regione irachena. Tuttavia, ha sottolineato, l'approvazione della richiesta permetterebbe al governo turco di negoziare con gli Stati Uniti su alcune questioni rimaste in sospeso.

USA

Per smaltire il suo surplus, il Pentagono aveva messo in vendita su Internet materiale da laboratorio che poteva servire a realizzare armi biologiche. Lo ha scoperto un'agenzia di controllo del Congresso degli Stati Uniti, secondo quanto ha riferito la Cnn. L'ufficio del Pentagono che aveva messo sul mercato a prezzi scontati incubatrici, centrifughe e tute protettive, ha interrotto la vendita il 19 settembre. Il General accounting office (Gao) che ha denunciato il fatto, ha potuto acquistare tramite una compagnia fittizia un'incubatrice, una centrifuga, un apparecchio per asciugare il materiale biologico e fra 300 e 400 tute protettive. Il tutto al prezzo di soli 4mila dollari, contro i 46mila del prezzo originale. Secondo la bozza di rapporto del Gao, alcune delle tute erano state vendute dopo che il Pentagono aveva scoperto che erano difettose.

USA

Lo scrittore e regista americano Michael Moore, autore del documentario 'Bowling for Columbine', premiato agli Oscar, ha un solo punto in comune con il presidente americano George W. Bush: come l'inquilino della Casa Bianca, Moore auspica un cambiamento di regime. Ma contrariamente a quelle pronunciate da Bush in questi ultimi mesi, le parole di Moore non si rivolgono all'Iraq, ma agli Stati Uniti, guidati appunto da George W. Esce oggi nelle librerie americane 'Dude, where's my Country?' (Ehi, dov'e' finito il mio paese?), l'ultimo libro di Moore, che - come accennato e come spiega lo stesso autore sul suo sito web - ha un solo obiettivo principale: Il cambiamento di regime negli Usa. Negli Stati Uniti si votera' per le presidenziali nel novembre prossimo, e Bush si e' ricandidato, chiedendo un nuovo mandato di quattro anni alla Casa Bianca. Moore ha annunciato nei giorni scorsi l'intenzione di appoggiare, tra i dieci candidati alla nomination democratica, l'ex generale Wesley Clarke, l'uomo della guerra in ex Jugoslavia, contrario invece al conflitto iracheno. . Tra le scoperte di Moore - come ha raccontato oggi il New York Times - c'e' la presenza, nella coalizione dei volenterosi costruita de Bush per l'Iraq, dell'inutile arcipelago delle Palau, nel Pacifico. C'e' ottima tapioca ed eccellenti noci di cocco, ma sfortunatamente neppure un soldato, scrive Moore. Lo scrittore regista rivela poi che l'Usa Patriot Act, la legge antiterrorismo varata dopo gli attacchi dell'11 settembre, e' illegibile e incomprensibile. Moore racconta anche che nei moduli per ottenere il rimborso delle tasse c'e' la casella un milione di dollari, destinata probabilmente agli amici di Bush. Moore rivela inoltre che ci fu una missione di Taleban in Texas, nel 1997, per questioni legati al petrolio. L'autore di 'Bowling for Columbine' si chiede infine come mai le immagini dell'incontro, 20 anni or sono, tra il segretario alla difesa Donald Rumsfeld e l'ex dittatore iracheno Saddam Hussein non sono quasi mai state trasmesse dalle tv americane. Tra i consigli prodigati da Moore, ci sono per esempio quelli - a dir vero utilissimi - su come rivolgersi al cognato, conservatore. Per esempio, basta riconoscere che gli uomini e le donne sono diversi, che gli animali non hanno diritti, e che un po' di sole fa bene alla salute. Soprattutto non discutere di politica.