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buon di a tutt* iniziamo una nuova giornata e un nuovo gr :)danielina |
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ore 11.15 ci sono anche io, massimo | ||<tablestyle="background-color: #00FF00; align: right">[:rorinterattiva: Home page Ror interattiva]||<style="background-color: #CCCCCC; align: right">[#appunti Appunti e note redazionali]||<style="background-color: #FF0000; align: right">[:RorFonti: Fonti]|| ## PER INDICAZIONI SULL'USO DI QUESTE PAGINE VEDERE LA PAGINA DI HELP RAGGIUNGIBILE DALLA HOME PAGE DI RORINTERATTIVA ## FORMATO CON CUI INSERIRE LE NOTIZIE, RIPETUTO PER OGNI NOTIZIA DELLE DIVERSE SEZIONI ## Titolo: ## FONTE E DATA Fonte: ## Testo: ## EVENTUALE AUDIO COLLEGATO Audio: === Gr 19:30 === '''Sommario''' '''In primo Piano''' '''CANTIERI MORTALI ANCORA UN LAVORATORE DI 44 ANNI MORTO SUL LAVORO A ROMA NEI CANTIERI EDILI''' il TG3 Lazio ne ha fatto la 1° notizia , ma il nome,la famiglia e il luogo di provenienza non è stato comunicato in quanto la notizia non è così di rilievo da farne un servizio completo, la morte di un operaio non è uguale a quella di un politico, di uno sportivo, di un'artista !!!! E' accaduto stamani 1° settembre nel lotto di cantiere dell'Alta Velocità in v. della Serenissima-ramo sud, caduto da una scala, dopo un volo di 3 metri e rimbalzato su una impalcatura per poi finire infilzato sui tondini di ferro sottostanti: una morte orribile, come sempre avviene nei maledetti cantieri edili dove le norme non vengono rispettate e dove il rischio è totale ( ancora ieri a Monterotondo moriva in cantiere un operaio di 53 anni). NEI PRIMI 8 MESI DEL 2005 SONO GIÀ 12 I MORTI SUL LAVORO NEL COMUNE DI ROMA, AVVENUTI SIA NEI CANTIERI DELL'ALTA VELOCITÀ, SIA NEI LAVORI PER LA 3° CORSIA DELL'ANULARE, SIA NEI TANTI CANTIERI PRIVATI: ANCHE QUEST'ANNO ROMA E LAZIO FORNIRANNO IL LORO TREMENDO TRIBUTO ALLA CONTA GENERALE DEI MORTI SUL LAVORO, IL CRUDO PRIMATO CHE NEL MONDO OCCIDENTALE DA 20 ANNI COMPETE ALL'ITALIA, CON OLTRE 1.200 MORTI L'ANNO, 4 AL GIORNO!! Ci siamo stancati di piangere questi nostri più disgraziati compagni, è ora che cessi questa carneficina, che paghino veramente i criminali che ci costringono a morire! Denunciamo ovunque ( Ispettorato, pompieri, Asl, CC/Ps, Comune/Provincia/Regione) la mancanza e/o la carenza di sicurezza: in ogni occasione i Cobas provvederanno a rinforzare l'accusa, anche con la costituzione di parte civile; ricordiamoci che la Corte di Cassazione ha emesso di recente la sentenza che indica ai lavoratori di fermarsi se intravedono un pericolo evidente nello svolgimento dell'attività lavorativa. Nel nostro Cantiere -1°Lotto(ditta Garboli/Comicos)- abbiamo già denunciato la carenza di sicurezza dovuta : 1) agli scavi profondi (fogna sotto ponte Portonaccio) senza l'uso di casseformi; 2) alla scarsa segnalazione del cantiere in compresenza della viabilità ordinaria, ovvero il pericolo di essere colpiti da auto private in corsa. Cosa dobbiamo fare ancora per impedire che si verifichino incidenti, o peggio ancora? Il capo Cantiere è stato già avvisato più volte, ora partiranno le denunce. Questo lavoro è già duro , pesante e difficile, ma non vogliamo in alcun modo rimetterci la pelle! La salute e la sicurezza innanzitutto: chi sfrutta i lavoratori e lucra sulla sicurezza dei cantieri è uno sciacallo che deve essere bandito dalla società!! Le Assemblee e gli Scioperi, devono servire a risolvere una volta per tutte il problema, non per piangersi addosso. Alla famiglia del caduto, le condoglianze e l'impegno dei Cobas a sconfiggere i Cantieri criminali. Roma 1 settembre 2005 COBAS DEL LAVORO PRIVATO PS. Renato Caputo - da Eboli, padre di 4 figli- è il nome del lavoratore ucciso nel cantiere dell'Alta Velocità, praticamente davanti agli occhi del figlio Alex di 21 anni anch'egli operaio in quel cantiere della morte. |
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= g.r. ore 10.00 = | '''Editoriale''' |
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'''dall'estero''' | '''NOTIZIE BREVI''' |
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''palestina'' | '''ESTERI''' |
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GAZA, PALESTINESE UCCISO IN SPARATORIA CON SOLDATI Un miliziano palestinese e' stato ucciso dai soldati israeliani nella sparatoria di stamane vicino a un insediamento ebraico nel nord della Striscia di Gaza. |
'''ITALIA''' '''Siparietto''' ---- === Gr 13:00 === '''In primo Piano''' '''NOTIZIE BREVI''' '''ESTERI''' '''ITALIA''' '''Siparietto''' ---- === Gr 9:30 === |
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Via libera alla deportazione a Gaza dei fratelli e dei parenti dei palestinesi | '''ESTERI''' |
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Un'altra pagina nera per i diritti umani è stata scritta ieri in Palestina. Con decisione unanime, in aperta violazione della IV Convenzione di Ginevra, l'Alta Corte di giustizia israeliana, nella sua composizione allargata (9 giudici), ha approvato la richiesta dell'esercito israeliano di deportare dalla Cisgiordania a Gaza una ragazza e un ragazzo palestinesi, Intisar e Kifah Ajuri, perchè colpevoli di non aver denunciato le attività del fratello, Ali, responsabile, secondo i servizi segreti israeliani, di aver organizzato attentati nello Stato ebraico. La deportazione dei due fratelli, al momento detenuti, dovrebbe avvenire questa mattina. Intisar e Kifah verranno esiliati per un periodo di due anni. L'Alta Corte ha invece bloccato la deportazione di un terzo palestinese, Abdel Naser Asida, fratello di Naseredin capo del commando che lo scorso giugno attaccò un autobus di coloni in Cisgiordania uccidendo 17 israeliani. Secondo la corte Abdel Naser ignorava che il fratello stesse organizzando l'agguato. La sentenza è giunta mentre nelle campagne di Burin (Nablus) venivano ritrovati i resti di due palestinesi, Baher Rahid, 23 anni, e Hussein Najah, 21 anni, fatti a pezzi da una cannonata israeliana. L'esercito ha detto di aver fatto fuoco contro due «terroristi» che tentavano di infiltrarsi nella colonia ebraica di Bracha (Nablus). I due però erano disarmati e, con ogni probabilità, stavano soltanto attraversando la campagna. Sale perciò a 13 il bilancio di civili palestinesi uccisi in quattro giorni dal fuoco dell'esercito israeliano. Altri 10 palestinesi lunedì hanno rischiato la morte a Rafah (Gaza) quando un bulldozer militare ha abbattuto - «per distruggere un tunnel sotterraneo» ha detto un portavoce militare - la parete di una casa e una intera famiglia è rimasta sotto le macerie. Si è salvata per miracolo. In una imboscata palestinese nei pressi di Bir Zeit (Ramallah) invece è stato ferito gravemente un colono ebreo di Neveh Zuf alla guida della sua automobile. Altri coloni, quelli di Elad (acronimo di «Verso la città di Davide») hanno occupato ieri un'altra abitazione palestinese a Jabel el-Mukaber, alla periferia sud di Gerusalemme. Elad ha occupato negli ultimi dieci anni numerose case arabe - che afferma di aver comprato - nel quartiere di Silwan e all'interno delle mura antiche di Gerusalemme. «E' una giornata nera per i diritti dell'uomo perchè approvando la deportazione dei due fratelli Ajuri, anche l'Alta Corte di giustizia israeliana ha avallato il principio di una punizione collettiva, contro le leggi e le convenzioni internazionali» ha commentato il ministro e negoziatore palestinese Saeb Erikat. Un altro ministro dell'Anp, Ghassan Al-Khatib ha parlato di «crimine di guerra». Tutto regolare invece per il ministro della difesa israeliano (e leader laburista) Benyamin Ben Eliezer che ha annunciato che le deportazioni previste oggi non saranno le ultime. «Abbiamo già messo a punto una lista di altri palestinesi candidati alla espulsione» ha detto aggiungendo che le deportazioni, assieme alla demolizione delle case dove abitavano i kamikaze «si sono rivelate misure efficaci per ridurre il numero degli attentati». Le deportazioni sono una vecchia arma contro la popolazione civile palestinese. Oggi si manifesta con il trasferimento a Gaza di cittadini della Cisgiordania. In passato invece i palestinesi venivano portati in Libano del sud e in Giordania. Nel dicembre del 1992 fece clamore in tutto il mondo, ad esempio, la deportazione in Libano di oltre 400 dirigenti e militanti di Hamas (che poi rientrarono nei Territori occupati). Negli anni precedenti tutta la leadership dell'Intifada era stata deportata nei paesi arabi confinanti. Lo scorso maggio, sulla base di un accordo firmato anche dall'Anp, 13 degli oltre 200 palestinesi rimasti asserragliati per 38 giorni nella Basilica della Natività di Betlemme sono stati deportati a Cipro e in alcuni paesi europei (Italia inclusa). Altre decine presero la via di Gaza. Contro le deportazioni dei fratelli Ajuri si sono schierate ieri anche alcune associazioni israeliane per i diritti umani come Acri e HaMoked. La durezza della repressione israeliana ha portato ad ulteriore irrigidimento dei gruppi armati palestinesi che ieri hanno respinto l'appello del ministro dell'interno dell'Anp, Abdel Razek Yahiyah, a porre fine ad ogni forma di violenza contro Israele, anche nei Territori occupati. Le Brigate dei martiri di al-Aqsa (Al-Fatah), il Fronte popolare per la liberazione della Palestina e i movimenti islamici Hamas e Jihad hanno detto che la lotta armata continuerà «fino a quando non cesserà l'occupazione militare israeliana». Intanto oggi sono attesi al Cairo i ministri degli esteri dei 22 paesi membri della Lega araba. Il portavoce della Lega, Hisham Yusef, ha detto che la riunione, che si concluderà domani, «è ordinaria ma affronterà una situazione straodinaria». Il mondo arabo infatti è schierato (più o meno) compatto contro il nuovo attacco devastante che l'Amministrazione Usa intende lanciare in Iraq. Secondo indiscrezioni la risoluzione che i partecipanti approveranno alla fine della riunione affermerà «una netta opposizione a un attacco militare contro qualsiasi Stato arabo», e chiederà invece la ripresa delle ispezioni internazionali in Iraq che, sostengono gli analisti politici arabi, sono in grado di bloccare la macchina bellica che gli Usa stanno mettendo in moto. | '''ITALIA''' |
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''IRAQ'' USA PENSANO A NUOVA RISOLUZIONE ONU Il presidente americano George Bush sta considerando l'ipotesi di chiedere al Consiglio di Sicurezza dell'Onu il voto di una risoluzione che imponga un ultimatum all'Iraq per la ripresa delle ispezioni internazionali, pena l'intervento militare. Lo riferiscono fonti dell'amministrazione Usa, citate dalla Bbc. |
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''stati uniti'' Il capo del Tesoro degli Stati Uniti, Paul O´Neill, ha dichiarato oggi che il piano economico presentato dall´Argentina per arrivare ad un accordo con il Fondo Monetario Internazionale (FMI) "non é sufficiente" per creare le "basi di stabilitá" richieste. Poco prima, il suo numero due, John Taylor, ha detto che il paese deve "mettere in ordine" un programma monetario. O´Neill, che ha visitato l´Argentina da poco meno di un mese nel corso una serie di incontri con vari capi di stato sudamericani, ha sostenuto: "Ci sono cose che noi non possiamo fare, e che dipendono dai leaders del paese". "Noi stiamo lavorando con il FMI e vogliamo che il popolo argentino viva una vita decente, peró ci sono cose che non possiamo fare da fuori del governo, dipende dai leaders del paese prendere decisioni per il proprio popolo", ha affermato. O´Neill, in dichiarazioni rese al programma C-SPAN del Washington Journal, ha affermato di essere disposto ad aiutare per quanto possibile l´Argentina, peró ha insistito che "solo i leaders del paese possono stabilire le leggi, illuminare il cammino per lottare contro la corruzione" e creare "un sistema dove le tasse vengano pagate da chi deve pagarle". Ha rivelato poi che, quando visitó l´Argentina, il governo promise che in una settimana avrebbe inviato una proposta al FMI, e che peró "non lo fece se non dopo 10/14 giorni" e che "quello che é stato proposto non é realmente sufficiente per creare le basi della stabilitá". Il sottosegretario del Tesoro USA, John Taylor, ha segnalato che se il governo argentino riesce a "mettere in marcia" un programma monetario, si arriverá immediatamente all´accordo con Fondo Monetario Internazionale. Taylor, in un´intervista concessa alla agenzia di notizie Bloomberg, ha messo come condizione che le autoritá nazionali "convincano" quelle delle provincie a "smettere di stampare buoni, in maniera di assicurare un accordo con il Fondo". "Non c´é dubbio che il tema é delicato, perché si sta chiedendo ad un paese che controlli la propria offerta monetaria, quando le province stanno emittendo la loro propria moneta", ha aggiunto il funzionario nordamericano. |
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'''Appunti e note redazionali''' | |
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''colombia'' Donne indigene: uccisi quattro membri ong Quattro esponenti di una organizzazione non governativa che opera in difesa delle donne indigene profughe sono stati uccisi oggi nel dipartimento colombiano di Norte de Santander, al confine con il Venezuela. Gloria Marin Maya, direttrice dell'Associazione delle donne contadine di Villa del Rosario, e tre suoi compagni stavano viaggiando in auto quando sono stati bloccati da uomini armati che, dopo averli fatti scendere, li hanno fucilati. Al moento nessuno ha rivendicato l'attentato. La strage è avvenuta proprio nel giorno in cui l'Organizzazione per la difesa dei diritti umani e dei profughi (Codhes), ha denunciato che, dal 1985 ad oggi, il conflitto armato ha costretto almeno 2.700.000 colombiani ad abbandonare le proprie case. "I dati riguardanti i profughi di guerra - ha rilevato Jorge Rojas, direttore dell'ong - ci mettono sullo stesso piano di Sudan e Cecenia". Solo dal gennaio al luglio di quest'anno i profughi sono stati 200.000. "In pratica - ha precisato Rojas - nell'ultimo anno e mezzo ci sono stati almeno mille sfollati al giorno". Secondo Francis Deng, rappresentante dell'Onu in Colombia, quello che sta avvenendo nel paese rappresenta "una delle peggiori crisi umanitarie del mondo". (red) |
'''Servizi audio della giornata''' |
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''COLOMBIA'' STRAGE DELL’ALTO NAYA: CONDANNATI 16 PARAMILITARI (STANDARD, GENERAL) Tra il 10 e il 12 aprile del 2001, durante la settimana di Pasqua, un gruppo di circa 500 paramilitari delle Auc (Autodifese unite della Colombia) fece strage di ‘campesinos’ in una zona rurale dell’Alto Naya (dipartimento di Cauca) tra la località di Palo Solo e il fiume Mina. Ora, dopo oltre un anno e mezzo, un giudice di Popayán ha condannato a pene da due a 26 anni di carcere 16 esponenti del movimento armato che fino a pochi mesi fa faceva capo a Carlos Castaño, oggi leader delle Accu (Autodifese unite di Cordova e Urabá). Per il massacro, che secondo la ‘Defensoría del pueblo’ (ufficio governativo per i diritti civili) costò la vita a 37 civili, mentre i contadini parlano almeno di 50 morti, sono sotto processo altri 52 paramilitari. "Gli armati perpetrarono atti di barbarie – si legge nel dossier della ‘Defensoría’ – seminando il terrore e costringendo la gente a fuggire. Le vittime, accusate di sostenere la guerriglia, vennero prelevate dalle proprie case in base ad una lista di nomi compilata dai paramilitari. Poi furono mutilate e uccise". Di fatto, il ricordo della famigerata "strage di Pasqua" resta indelebile tra la popolazione della regione, mentre le indagini per riuscire a identificare i mandanti restano ancora in alto mare. Come se non bastasse, attorno alla carneficina dell’Alto Naya esistono ancora molti punti oscuri che forse non verranno mai chiariti. Di certo si sa che tra il 9 e il 12 aprile 2001 le Auc entrarono nella regione del Naya dalla località di El Ceral. Da lì, fino alla fine del tragitto, concluso presumibilmente a Puerto Merizalde, seminarono distruzione e morte. Un episodio rilevante accadde l’11 aprile, quando circa duecento paramilitari si imbatterono in una colonna di guerriglieri dell’Eln (Esercito di liberazione nazionale). Le Auc, che si appropriarono tra l’altro di 150 chili di cocaina della guerriglia, obbligarono un nemico a collaborare e a riferire i nominativi di chi nella zona sosteneva l’Eln. Il gruppo si divise in due parti e una andò a cercare i ‘traditori’ prendendo la strada per la comunità indigena de La Paila. Secondo gli inquirenti le Auc avevano deciso di costringere gli abitanti a un esodo massiccio per impossessarsi, tra l’altro, anche di un’area di 3mila ettari di coltivazioni illecite (coca, papavero da oppio). Uno degli accusati, Rubén Dario Rovira, ha dichiarato ai magistrati che tutte le uccisioni furono eseguite con un singolo colpo di pistola alla nuca, ma gli investigatori trovarono invece corpi straziati da ferite da machete e mutilati. ''BRAsile'' GRANDE MOBILITAZIONE POPOLARE PER PLEBISCITO CONTRO L’ALCA Nel 2000 l’esecutivo del presidente Fernando Henrique Cardoso ha firmato un accordo con gli Usa ai quali è stata affittata l’area. L’accordo permette che la base sia ceduta a Washington che ne avrebbe così il totale controllo, incluso il diritto di decidere chi potrà o meno avere accesso all’area. Ma non solo. La dogana brasiliana non potrebbe imporre alcun dazio sui carichi provenienti dagli Usa e in cambio il Paese riceverebbe 34 milioni di dollari all’anno. Alcântara ha tra l’altro una posizione strategica: 2 gradi sotto la linea dell’Equatore. Da qui si possono lanciare missili risparmiando addirittura fino al 30 per cento di combustibile. Disponendo già di basi militari in Ecuador, Colombia e Bolivia, la Casa Bianca potrebbe infine assicurare la propria presenza in Amazzonia, potenzialmente, utilizzare il territorio per attaccare anche con armi nucleari qualunque paese del pianeta. Per ora , gli Usa possono già contare su un ufficio della Cia a San Paolo e su diverse imprese che controllano il cosiddetto “Sistema di vigilanza dell’Amazzonia” (Sivam), inaugurato da Cardoso il 25 luglio scorso a Manaus, capitale dello Stato di Amazonas. Si tratta di un sofisticato sistema d'osservazione militare, con satelliti spia, aerei radar e almeno 120 postazioni di terra, che dovrebbe servire ufficialmente a vigilare sull'Amazzonia brasiliana nell'ambito della lotta al narcotraffico e contro lo sfruttamento delle risorse naturali. Il plebiscito brasiliano contro l’Alca si concluderà con il “Grido degli esclusi” il 7 settembre. Lo stesso giorno inizierà lo spoglio delle schede e il 17 e 18 i risultati saranno resi pubblici a Brasilia nell’ambito di una manifestazione a cui prenderanno parte rappresentanti di ogni comune brasiliano. La Campagna Continentale contro l’Alca conta di poter effettuare simili consultazioni nei diversi Paesi della regione fino al marzo prossimo. (FB) ''francia'' Sans papiers nel caos. E ora in piazza by anna merlo (postato da blicero) Thursday September 05, 2002 at 02:27 AM Le vie di Parigi riempite dalla protesta degli immigrati, per giorni in coda inseguendo fantomatiche «liste» di regolarizzazione. Un movimento cresce, ancora senza leader Erano ancora arrivati in centinaia, ieri mattina, di fronte alle porte chiuse della Borsa del lavoro, nel centro di Parigi. Sono i sans papiers di tutta la regione parigina, che - dopo l'occupazione della basilica di Saint Denis, dove sono sepolti i re di Francia, il 17 agosto scorso - obbligati ad abbandonare il luogo la scorsa settimana, si sono riversati sulla Borsa su proposta del portavoce del Coordinamento nazionale, Romain Binazon. Nel pomeriggio di ieri si è svolta una grossa manifestazione di fronte alla Prefettura di polizia di Parigi, vicino a Notre Dame; una delegazione è stata ricevuta. Il movimento dei sans papiers riprende e cresce, più grosso di quello dell'estate del `96 che si era concluso tragicamente, con l'irruzione della polizia a colpi di ascia nella chiesa di Saint Bernard, nel XVIII arrondissement, dove dei clandestini facevano lo sciopero della fame. Il movimento, però, è per il momento senza testa né direzione. Una quarantina di organizzazioni politiche e umanitarie sostengono la lotta, ma la confusione regna. Il governo, del resto, non fa che ripetere che non ci sarà una sanatoria di massa, e che le varie prefetture analizzeranno le situazioni «caso per caso». In 2700, dopo ore di coda, erano riusciti lunedì a farsi iscrivere su una «lista», che dovrebbe essere destinata alla Prefettura di polizia. Erano accorsi in quasi 3mila, alla Borsa del lavoro, venuti da tutta la regione parigina, perché da giorni, dagli ultimi momenti dell'occupazione di Saint Denis, corre una voce incontrollata tra i sans papiers, che è possibile iscriversi su una «lista» e che poi arriveranno i documenti. Sono in maggioranza cinesi e africani (senegalesi e maliani, soprattutto) ad aggrapparsi a questo filo di speranza. Sono persone che vivono da anni in Francia, che qui hanno la famiglia, che qui hanno avuto figli. Sono coloro che sono rimasti fuori dalle sanatorie dell'epoca di Jean Pierre Chevènement, che aveva regolarizzato 83mila persone su 147mila domande presentate, a cui si sono aggiunti i nuovi arrivi. Adesso, gli immigrati in Francia dovrebbero essere tra i 150 e i 200mila. In migliaia hanno deciso di mostrare il volto in pieno centro, di non nascondersi più. Era impressionante vedere, ancora ieri mattina, la coda disordinata di persone munite di fatture del gas, di pezzi di carta scritti a mano che attestano la presenza sul territorio francese, di documenti di ogni tipo, che speravano di aver trovato il bandolo della matassa per uscire da una clandestinità che costa cara, in termini di lavoro nero sotto-pagato, di affitti carissimi imposti dai «venditori di sonno», di paura della polizia e di incertezza per sé e per la famiglia. La polizia, per una volta, non è stata aggressiva: alcuni agenti si sono persino dati da fare per aiutare a trasportare carrozzine e bambini in lacrime. Ma dove va questo movimento? Le associazioni, i sindacati (la Cgt), i partiti (Lcr), non lo sanno neppure loro. «E' un fenomeno che nessuno gestisce più» ammette una militante di Lcr. «Abbiamo iscritto la gente per dare una mano - dicono alla Cgt, che ha mandato alla Borsa del lavoro una trentina di militanti per prendere i nomi - ma adesso tocca al Coordinamento prendere le cose in mano». A differenza del `96, quando il movimento aveva espresso dei leader (basti pensare a Boubacar Diop, ora alla testa di un sistema Internet per comunicare a basso prezzo tra Parigi e Dakar), adesso la protesta sembra acefala. Le contraddizioni epslodono. Addirittura, domenica scorsa, poco prima della manifestazione al Trocadero, quando ormai i sans papiers avevano accettato di lasciare Saint Denis, un gruppo di senegalesi appartenenti all'Organizzazione politica, una formazione maoista, hanno tentato di scalare la cancellata della basilica e di convincere i sans papiers a rioccuparla. I maoisti accusano la Cgt e il Coordinamento di prestarsi a compilare le liste per poi passarle alla polizia per una schedatura in massa. Ali Mansouri, organizzatore del Coordinamento, se la prende con questi «rompiscatole che rovineranno tutto». L'avvocato Michel Toubiana, della Lega dei diritti del'uomo, ha l'intenzione di lanciare una petizione per raccogliere firme a favore della regolarizzazione. Al Trocadero, domenica, erano presenti alcune personalità, come l'ex ministro comunista Jack Ralite, il sindaco Pcf di Saint Denis, Patrick Braouezec, monsignor Gaillot o il professor Léon Schwartzenberg. Ma per il momento, le divisioni interne e la confusione nella linea di azione frenano le manifestazioni di solidarietà. Anche se il movimento cresce. In settimana, sono previste manifestazioni nella periferia parigina, prima della marcia di sabato prossimo, tra place de Clichy e Nation. '''dall'italia''' ''7 milioni e 828 mila poveri in Italia'' by () Thursday September 05, 2002 at 02:26 AM Rapporto Istat sulla povertà:una famiglia su cinque è povera, o quasi. Gli anziani spendono il 60% del loro reddito per cibo, medicine e casa 7 milioni e 828 mila poveri in Italia. Una famiglia su cinque è povera, o quasi MENTRE GLI EX PRESIDENTI DELLA REPUBBLICA INCASSANO 723 MILA EURO L'ANNO E D'ALEMA SI FA LA BARCA DA 100 MILA EURO Mentre i signori del palazzo, grazie alle scandalose indennità parlamentari e vitalizi vari, continuano a sguazzare nell'oro col denaro della collettività, mentre gli ex presidenti della Repubblica intascano senza fiatare un vitalizio annuo di 723 mila euro (1 miliardo e 400 milioni di lire) e Massimo D'Alema, presidente di quello che dovrebbe essere il maggiore partito d'opposizione, si è fatto la barca da 18 metri pagandola nientemeno che 100 mila euro, una famiglia su cinque è in condizione di povertà o è a serio rischio di divenirlo. Una povertà, che non va solo ricercata tra i senza casa e gli emarginati ma sta fagocitando la famiglia apparentemente "normale'', ossia la povertà di chi deve gestire con un stipendio o una pensione insufficienti una nuova famiglia o una famiglia numerosa, una malattia, la perdita del lavoro, la vecchiaia, ecc. Insomma nell'Italia del neoduce Berlusconi e del suo fantomatico "miracolo italiano'', l'esercito dei poveri aumenta, soprattutto nel Mezzogiorno. ''palermo'' Isnello (Pa): Sindaco rimuove cippo dedicato a Peppino Impastato Nel giorno del ricordo dell’uccisione del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa l’amministrazione comunale di Isnello (Palermo), a guida centrodestra, lancia un segnale inquietante contro storia della lotta alla mafia in Sicilia: la rimozione del cippo dedicato a Peppino Impastato. Lo denunciano Giusto Catania e Antonio Marotta, segretario regionale e provinciale di Rifondazione Comunista, i quali si dichiarano indignati per un gesto raccapricciante che getta ombre pesantissime sull’operato dell’amministrazione comunale di Isnello che, da quando si è insediata, ha come un unico obiettivo quello di cancellare tutte le tracce dell’amministrazione precedente. Abbiamo chiesto al prefetto di intervenire affinché il cippo in onore di Impastato venga riposto e domani saranno presentate due interrogazioni, una al ministro degli Interni e una all’Assessorato Regionale EE.LL, a firma dei deputati Russo Spena e Forgione, per chiedere le ragioni di un atto così vergognoso. |
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CANTIERI MORTALI ANCORA UN LAVORATORE DI 44 ANNI MORTO SUL LAVORO A ROMA NEI CANTIERI EDILI
- il TG3 Lazio ne ha fatto la 1° notizia , ma il nome,la famiglia e il luogo di provenienza non è stato comunicato in quanto la notizia non è così di rilievo da farne un servizio completo, la morte di un operaio non è uguale a quella di un politico, di uno sportivo, di un'artista !!!!
E' accaduto stamani 1° settembre nel lotto di cantiere dell'Alta Velocità in v. della Serenissima-ramo sud, caduto da una scala, dopo un volo di 3 metri e rimbalzato su una impalcatura per poi finire infilzato sui tondini di ferro sottostanti: una morte orribile, come sempre avviene nei maledetti cantieri edili dove le norme non vengono rispettate e dove il rischio è totale ( ancora ieri a Monterotondo moriva in cantiere un operaio di 53 anni).
NEI PRIMI 8 MESI DEL 2005 SONO GIÀ 12 I MORTI SUL LAVORO NEL COMUNE DI ROMA, AVVENUTI SIA NEI CANTIERI DELL'ALTA VELOCITÀ, SIA NEI LAVORI PER LA 3° CORSIA DELL'ANULARE, SIA NEI TANTI CANTIERI PRIVATI: ANCHE QUEST'ANNO ROMA E LAZIO FORNIRANNO IL LORO TREMENDO TRIBUTO ALLA CONTA GENERALE DEI MORTI SUL LAVORO, IL CRUDO PRIMATO CHE NEL MONDO OCCIDENTALE DA 20 ANNI COMPETE ALL'ITALIA, CON OLTRE 1.200 MORTI L'ANNO, 4 AL GIORNO!!
Ci siamo stancati di piangere questi nostri più disgraziati compagni, è ora che cessi questa carneficina, che paghino veramente i criminali che ci costringono a morire! Denunciamo ovunque ( Ispettorato, pompieri, Asl, CC/Ps, Comune/Provincia/Regione) la mancanza e/o la carenza di sicurezza: in ogni occasione i Cobas provvederanno a rinforzare l'accusa, anche con la costituzione di parte civile; ricordiamoci che la Corte di Cassazione ha emesso di recente la sentenza che indica ai lavoratori di fermarsi se intravedono un pericolo evidente nello svolgimento dell'attività lavorativa.
Nel nostro Cantiere -1°Lotto(ditta Garboli/Comicos)- abbiamo già denunciato la carenza di sicurezza dovuta : 1) agli scavi profondi (fogna sotto ponte Portonaccio) senza l'uso di casseformi; 2) alla scarsa segnalazione del cantiere in compresenza della viabilità ordinaria, ovvero il pericolo di essere colpiti da auto private in corsa. Cosa dobbiamo fare ancora per impedire che si verifichino incidenti, o peggio ancora? Il capo Cantiere è stato già avvisato più volte, ora partiranno le denunce. Questo lavoro è già duro , pesante e difficile, ma non vogliamo in alcun modo rimetterci la pelle! La salute e la sicurezza innanzitutto: chi sfrutta i lavoratori e lucra sulla sicurezza dei cantieri è uno sciacallo che deve essere bandito dalla società!! Le Assemblee e gli Scioperi, devono servire a risolvere una volta per tutte il problema, non per piangersi addosso.
Alla famiglia del caduto, le condoglianze e l'impegno dei Cobas a sconfiggere i Cantieri criminali.
Roma 1 settembre 2005 COBAS DEL LAVORO PRIVATO
PS. Renato Caputo - da Eboli, padre di 4 figli- è il nome del lavoratore ucciso nel cantiere dell'Alta Velocità, praticamente davanti agli occhi del figlio Alex di 21 anni anch'egli operaio in quel cantiere della morte.
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