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Elezioni medio termine USA

Secondo le ultime proiezioni diffuse dai mass media americani, in particolare dai network televisivi 'Nbc' e 'Cbs', nelle elezioni di medio termine dell'altroieri negli Usa i democratici avrebbero ottenuto anche il seggio al Senato in palio in Virginia, l'unico che mancava loro per garantirsi la maggioranza alla camera alta del Congresso di Washington dopo aver largamente conquistato quella dei Rappresentanti. In Virginia, infatti, sarebbe confermata la vittoria sul filo di lana del candidato democratico Jim Webb, gia' profilatasi fin dalle prime battute dello spoglio delle schede ma rimasta incerta fino all'ultimo. Webb sarebbe prevalso sul repubblicano George Allen, cui il seggio apparteneva in precedenza, per appena 7.300 voti circa. In Senato i democratici avrebbero dunque il controllo diretto di 49 seggi su cento, piu' altri due attribuiti a candidati indipendenti ma a essi omogenei; i repubblicani ne manterrebbero 49. Se il risultato sara' ribadito ufficialmente, l'intero Congresso sara' nelle mani di quella che era finora la minoranza. Ai democratici serviva strappare agli avversari sei seggi alla camera alta: a parte la Virginia, l'hanno spuntata in Ohio, Pennsylvania, Rhode Island, Missouri e, da ultimo, nel Montana.

C'e' anche il Montana tra gli Stati-chiave strappati dai democratici ai repubblicani nelle elezioni di medio termine per assicurarsi il controllo del Senato: era suo uno dei sei seggi senatoriali determinanti, e il partito finora di minoranza se lo e' aggiudicato insieme a quelli in palio in Ohio, Pennsylvania, Rhode Island, Missouri e probabilmente in Virginia, dove peraltro di andra' di certo a un nuovo conteggio dei suffragi. Il repubblicano Conrad Burns, sconfitto nel Montana dal democratico Jon Tester, si e' tuttavia rifiutato di riconoscere di aver perso il seggio che egli stesso deteneva, e non ha concesso la vittoria all'avversario. Anche nel suo Stato, ha incalzato Burns, si dovra' procedere a un ulteriore e scrupoloso controllo, scheda per scheda; lo sconfitto si e' lamentato infatti dell'apparente mancata conta di un certo numero di voti a suo favore. A far andare su tutte le furie Burns e i repubblicani del Montana sembra essere stato non tanto l'esiguo margine con cui si e' imposto Tester, meno di cinquemila voti, inferiore persino ai circa 7.300 che in Virginia avrebbero permesso al democratico Jim Webb di prevalere sul senatore uscente George Allen, repubblicano. La lamentele di Burns hanno preso di mira soprattutto il cattivo funzionamento delle apparecchiature elettroniche di votazione, inaugurate con la consultazione dell'altroieri; come del resto altrove, in Montana hanno creato non pochi problemi: soprattutto, pero', al momento dello scrutinio. E' stato cosi' necessario riprogrammarle, e la divulgazione dei dati finali ne e' risultata di conseguenza pesantemente ritardata.

Pacifisti USA

A poche ore dalla sconfitta elettorale dei repubblicani nelle elezioni di medio termine, davanti alla Casa Bianca a Washington si e' tenuta una nuova manifestazione contro la guerra in Iraq, lo scontento per la quale e' considerato la causa principale del cambio di maggioranza al Congresso; e ancora una volta e' stata arrestata Cindy Sheean, la pacifista madre di un soldato morto al fronte nel Paese arabo due anni fa, divenuta il simbolo dell'opposizione alla campagna militare irachena. L'arresto di Sheean e di altre tre donne che erano con lei e' stato reso noto da fonti dell'amministrazione Usa. Alla testa di circa cinquecento dimostranti, l'attivista intendeva presentare al presidente George W. Bush l'ennesima petizione per il ritiro dall'Iraq, sottoscritta da ottantamila persone; nel testo si manifestava inoltre la contrarieta' dei firmatari a un eventuale ricorso alla forza per risolvere la crisi nucleare con l'Iran. Quando la polizia ha bloccato le quattro pacifiste, queste si erano appena arrampicate sulla recinzione del parco della residenza presidenziale per intonare slogan anti-militaristi; e' stato contestato loro il reato di interferenza nell'esercizio delle prerogative del governo.

Beit Hanun

Il consiglio di sicurezza dell' Onu discutera' in giornata a New York la nuova ondata di violenza in Medio Oriente. L'Autorita' Palestinese chiede una risoluzione che imponga il coprifuoco nell'area e l'invio di osservatori dell'Onu per verificare il rispetto della tregua, seguendo il modulo gia' adottato in Libano.

C’è urgente bisogno di assistenza medica e materiale sanitario a Beit Hanoun, la località nel nord della Striscia di Gaza dove ieri almeno 19 persone sono state uccise dall’esercito di Israele – in gran parte donne e bambini – in una tragica giornata in cui il bilancio totale dei palestinesi ammazzati anche in altri incidenti in Cisgiordania è di 28. Lo sostiene il responsabile del centro medico di Gaza della Caritas Gerusalemme in un comunicato. Beit Hanoun è stata sotto assedio per sei giorni, prima del ritiro dei militari dello Stato ebraico conclusosi con la strage di civili di ieri, condannata in modo unanime da tutte le principali istituzioni internazionali, dall’Onu alla Croce Rossa. Intanto, sei organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno chiesto con urgenza all’Alta Corte di giustizia israeliana di accelerare l’analisi della loro richiesta di espansione della “fascia di sicurezza” tra le aree abitate da civili palestinesi e quelle in cui l’esercito dello Stato ebraico può bombardare. L’istanza era stata rivolta sette mesi fa, dopo la decisione delle forze armate israeliane di diminuire tale distanza da 300 a 100 metri. Ieri – dopo il cannoneggiamento di civili che ha provocato il massacro di Beit Hanoun – le forze armate hanno parlato di un “errore”. Stando ai giornali israeliani, almeno 12 granate sarebbero state sparate nell’area residenziale della località a nord di Gaza; nell’ultima settimana, almeno 70 persone sono state uccise in quella zona e altre 250 ferite. Dal rapimento di un sottufficiale lo scorso 25 giugno da parte di estremisti palestinesi, le forze armate di Isralee hanno ucciso oltre 300 persone, tra cui in numero elevato di civili.

Gay pride

Sara' probabilmente rinviato il Gay Pride previsto per il prossimo venerdi' a Gerusalemme. La sorveglianza di una manifestazione cosi' folta in un contesto ad alto allarme terroristico richiede la presenza di migliaia di agenti. "Abbiamo fatto presente che sara' necessario rinviare l'evento", ha detto il capo della polizia di Gerusalemme. La marcia, il cui annuncio ha provocato fortissime proteste nelle diverse comunita' religiose, potrebbe tenersi la prossima settimana. "Possiamo aspettare un settimana se oggi la situazione della sicurezza non lo permette", ha spiegato Noa Satat, leader della comunita' omosessuale di Gerusalemme. Nel pomeriggio la protesta contro la marcia era stata espressa dalla Santa Sede. "Mentre ribadisce quanto affermato dal Catechismo della Chiesa Cattolica circa le persone omosessuali profondamente radicate, la Santa Sede - si legge in una nota ufficiale - esprime la sua viva disapprovazione per tale iniziativa perche' essa costituisce un grave affronto ai sentimenti di milioni di credenti ebrei, musulmani e cristiani, i quali riconoscono il particolare carattere sacro della citta' di Gerusalemme e chiedono che la loro convinzione sia rispettata. Alla luce di tali elementi e considerando che in precedenti occasioni sono stati sistematicamente offesi i valori religiosi, la Santa Sede - conclude il testo - nutre la speranza che la questione possa venire sottoposta a doverosa riconsiderazione'. Una nota di uguale tenore e' stata presentata dalla Nunziatura Apostolica in Israele al Ministero degli Affari Esteri di Israele".

Messico

“Insufficiente”: è il voto dato all’amministrazione del presidente uscente Vicente Fox dalla ‘Comisión nacional de derechos humanos’ (Cndh) nel suo “Bilancio in materia di diritti umani 2000-2006”. Secondo la Cndh, la “caratteristica” del governo Fox è stata “l’adesione pubblica alla causa dei diritti fondamentali”, principalmente a livello internazionale, a cui sono seguite “poche azioni concrete” per fermare fenomeni come “l’esercizio indebito della funzione pubblica, che ha implicato detenzioni arbitrarie e trattamenti crudeli e degradanti nelle carceri”. La Commissione ha ricordato di avere emesso ripetute raccomandazioni su casi di interesse nazionale come gli omicidi di donne a Ciudad Juárez, l’impunità dei crimini commessi durante la cosiddetta ‘guerra sporca’ degli anni ’60-’70 contro i movimenti studenteschi e sociali di sinistra o le denunce per torture nei confronti di agenti della Procura generale della Repubblica: “Questioni che a parole sono state recepite, ma senza che si sia provveduto a sanzionare i responsabili”. La Cndh elenca inoltre altre denunce sull’uso illegale della forza da parte di esercito e polizia, la sterilizzazione forzata di donne indigene, violazioni della libertà di espressione, maltrattamenti ai migranti. “L’amministrazione federale che si appresta a terminare il suo mandato – il prossimo 1° dicembre – lascia un’ingente eredità di temi pendenti e punti irrisolti che passeranno ora al prossimo governo”.

ITALIA


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