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'''DITTATURA: PRIMO SACERDOTE A PROCESSO PER VIOLAZIONI DIRITTI UMANI'''

Si è aperto a La Plata, 60 chilometri a sud di Buenos Aires, il processo contro l’ex-cappellano della polizia ‘Bonaerense’ Christian Von Wernich, accusato di violazioni dei diritti umani durante l’ultima dittatura (1976-’90): si tratta del primo sacerdote chiamato a rispondere di crimini commessi negli anni del regime militare di fronte a una corte argentina. Come riferisce oggi il quotidiano argentino ‘Clarin’, Von Wernich – chiamato a rispondere di sette omicidi, 31 casi di tortura e 42 sequestri commessi in cinque centri di detenzione clandestini allestiti nella vasta provincia di Buenos Aires – si è rifiutato di deporre di fronte ai giudici; già padre spirituale dell’ex-capo della ‘Bonaerense’, Ramón Camps (deceduto) – ricorda il ‘Clarin’ – Von Wernich era solito visitare i campi di concentramento dove venivano reclusi, torturati e uccisi gli oppositori politici. la corte ascolterà nell’arco del processo 126 testimoni, 70 dei quali sopravvissuti ai centri di detenzione clandestini e familiari delle vittime. Il collegio giudicante è lo stesso che alla fine del 2006 aveva condannato all’ergastolo Miguel Etchecolatz, già capo della polizia ‘Bonaerense’, il primo ex-gerarca dell’ultima dittatura – ex-braccio destro di Camps - rinviato a giudizio dopo la cancellazione delle cosiddette ‘leggi del perdono’ (Obbedienza dovuta e Punto finale), decisa nel 2003 dal Parlamento e ratificata nel 2005 dalla Corte Suprema; un verdetto ‘storico’ in cui, sempre per la prima volta, è apparsa la parola “genocidio” accostata alle violazioni dei diritti umani perpetrate dai militari. La condanna di Echecolaz, 77 anni, è stata possibile anche grazie alla testimonianza di Julio López, un anziano muratore, sopravvissuto ai campi di sterminio, scomparso in circostanze ancora oscure il 18 settembre 2006 dopo essere uscito dalla sua abitazione nella periferia di La Plata. López, di cui da allora si sono perse le tracce, è ormai conosciuto in Argentina come “il primo ‘desaparecido’ della democrazia”. Altri giudici e testimoni del processo Echecolaz sono stati minacciati di morte.

'''GAZA: INCURSIONE ISRAELIANA TERMINA CON 11 VITTIME PALESTINESI'''

L’esercito israeliano si è ritirato nella notte dal centro della Striscia di Gaza dopo una nuova incursione, iniziata ieri all’alba, considerata la più pesante da quando tre settimane fa Hamas ha preso il controllo della zona: 11 i palestinesi uccisi, tra cui sei attivisti del braccio armato di Hamas, e altri 25 quelli rimasti feriti, tra cui – secondo fonti mediche locali – anche alcuni civili. “L’operazione è conclusa” ha annunciato un portavoce delle truppe israeliane che ieri mattina, con un commando armato sotto copertura, erano penetrate nel campo profughi di al-Burij, dove erano stati individuati dalle brigate Ezzedin al-Qassam. Nei violenti scontri a fuoco con i miliziani è stato colpito anche il cameraman della tv di Hamas e sono rimasti lievemente feriti due soldati. Una ‘missione di routine’, come è stata definita dai vertici militari israeliani, che ha assunto le dimensioni di una massiccia incursione con carri armati e bulldozer supportati dal elicotteri Apache, e si è prolungata fino alla sera. Il primo ministro palestinese destituito, Ismail Haniyeh, ha condannato il “massacro criminale” rivendicando “il diritto alla resistenza e all’autodifesa” delle sue milizie.

'''NON TUTTI GLI SCIITI E I SUNNITI SI COMBATTONO, MOLTI SI SCAMBIANO LE CASE…'''

Scambiare le proprie case per continuare a vivere è una consuetudine che da qualche tempo si è consolidata in Iraq: famiglie sciite e sunnite, costrette a causa dalla dilagante violenza a lasciare i quartieri o le città in cui avevano da sempre vissuto, si mettono d'accordo per uno scambio di case che può valere una vita più tranquilla in un contesto che resta quotidianamente scandito dalla violenza. Con il crollo dei prezzi, era diventato impossibile vendere la propria abitazione per ricomprarne una altrove, ma adesso sunniti e sciiti si aiutano, scambiandosi le case stanno tra l’altro dimostrando di essere molto meno divisi e contrapposti – se non per alcune frange radicali – di quanto normalmente si scriva e si pensi. Presunti correligionari di entrambi i fronti, secondo cronache che sottolineano e in realtà alimentano comportamenti settari, combattendosi in rappresentanza di interessi terzi, hanno guadagnato finora, come succede con tutte le cattive notizie, molto spazio sui grandi mezzi d’informazione. Ma lo scambio delle case sta mettendo in luce una realtà diversa, un tessuto connettivo solidaristico che nemmeno l’assurda guerra in corso è riuscito a distruggere. La pratica sembra funzionare al punto che ha già attratto gli interessi di agenzie immobiliari specializzate nel mettere in contatto le famiglie. cercando di far incontrare le diverse esigenze. E' il caso, per esempio, della famiglia sciita di Baqir Zaidan Najim e di quella sunnita di Abdul-Khaliq Mohammed Khayon. Sei mesi fa, Baqir era stato costretto ad abbandonare la sua abitazione di Baghdad nel sobborgo a prevalenza sunnita di Dora; uomini, appartenenti a una presunta milizia sunnita, si erano presentati alla sua porta e lo avevano costretto a lasciare tutto. Due mesi prima, nel distretto sciita di Kadhimiyah, stessa sorte era toccata ad Abdul-Khaliq. Da allora per entrambi era stato un trasferimento da un luogo di fortuna ad un altro, fino a quando, lo scorso mese, i due capifamiglia si sono scambiati una stretta di mano, accordandosi per scambiare le loro case. “E' difficile lasciare la casa che hai costruito e nella quale hai i ricordi di una vita – racconta Najim, un altro sciita espulso da Dora – ma quando ho sentito di questa possibilità, mi sono messo alla ricerca di una famiglia sunnita che, costretta a spostarsi, fosse alla ricerca come me di un luogo dove poter vivere. La guerra porta solo lacrime, noi ci siamo messi d'accordo con la promessa di scambiare nuovamente casa non appena la sicurezza migliorerà”. Secondo l'Agenzia per i rifugiati dell'Onu, dal febbraio del 2006 – quando fu bombardata la moschea di Samarra, uno dei luoghi santi degli sciiti – sono stati 823.000 gli iracheni costretti a lasciare la propria a casa e a spostarsi in nuove aree: 200.000 vivevano a Baghdad.

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DITTATURA: PRIMO SACERDOTE A PROCESSO PER VIOLAZIONI DIRITTI UMANI

Si è aperto a La Plata, 60 chilometri a sud di Buenos Aires, il processo contro l’ex-cappellano della polizia ‘Bonaerense’ Christian Von Wernich, accusato di violazioni dei diritti umani durante l’ultima dittatura (1976-’90): si tratta del primo sacerdote chiamato a rispondere di crimini commessi negli anni del regime militare di fronte a una corte argentina. Come riferisce oggi il quotidiano argentino ‘Clarin’, Von Wernich – chiamato a rispondere di sette omicidi, 31 casi di tortura e 42 sequestri commessi in cinque centri di detenzione clandestini allestiti nella vasta provincia di Buenos Aires – si è rifiutato di deporre di fronte ai giudici; già padre spirituale dell’ex-capo della ‘Bonaerense’, Ramón Camps (deceduto) – ricorda il ‘Clarin’ – Von Wernich era solito visitare i campi di concentramento dove venivano reclusi, torturati e uccisi gli oppositori politici. la corte ascolterà nell’arco del processo 126 testimoni, 70 dei quali sopravvissuti ai centri di detenzione clandestini e familiari delle vittime. Il collegio giudicante è lo stesso che alla fine del 2006 aveva condannato all’ergastolo Miguel Etchecolatz, già capo della polizia ‘Bonaerense’, il primo ex-gerarca dell’ultima dittatura – ex-braccio destro di Camps - rinviato a giudizio dopo la cancellazione delle cosiddette ‘leggi del perdono’ (Obbedienza dovuta e Punto finale), decisa nel 2003 dal Parlamento e ratificata nel 2005 dalla Corte Suprema; un verdetto ‘storico’ in cui, sempre per la prima volta, è apparsa la parola “genocidio” accostata alle violazioni dei diritti umani perpetrate dai militari. La condanna di Echecolaz, 77 anni, è stata possibile anche grazie alla testimonianza di Julio López, un anziano muratore, sopravvissuto ai campi di sterminio, scomparso in circostanze ancora oscure il 18 settembre 2006 dopo essere uscito dalla sua abitazione nella periferia di La Plata. López, di cui da allora si sono perse le tracce, è ormai conosciuto in Argentina come “il primo ‘desaparecido’ della democrazia”. Altri giudici e testimoni del processo Echecolaz sono stati minacciati di morte.

GAZA: INCURSIONE ISRAELIANA TERMINA CON 11 VITTIME PALESTINESI

L’esercito israeliano si è ritirato nella notte dal centro della Striscia di Gaza dopo una nuova incursione, iniziata ieri all’alba, considerata la più pesante da quando tre settimane fa Hamas ha preso il controllo della zona: 11 i palestinesi uccisi, tra cui sei attivisti del braccio armato di Hamas, e altri 25 quelli rimasti feriti, tra cui – secondo fonti mediche locali – anche alcuni civili. “L’operazione è conclusa” ha annunciato un portavoce delle truppe israeliane che ieri mattina, con un commando armato sotto copertura, erano penetrate nel campo profughi di al-Burij, dove erano stati individuati dalle brigate Ezzedin al-Qassam. Nei violenti scontri a fuoco con i miliziani è stato colpito anche il cameraman della tv di Hamas e sono rimasti lievemente feriti due soldati. Una ‘missione di routine’, come è stata definita dai vertici militari israeliani, che ha assunto le dimensioni di una massiccia incursione con carri armati e bulldozer supportati dal elicotteri Apache, e si è prolungata fino alla sera. Il primo ministro palestinese destituito, Ismail Haniyeh, ha condannato il “massacro criminale” rivendicando “il diritto alla resistenza e all’autodifesa” delle sue milizie.

NON TUTTI GLI SCIITI E I SUNNITI SI COMBATTONO, MOLTI SI SCAMBIANO LE CASE…

Scambiare le proprie case per continuare a vivere è una consuetudine che da qualche tempo si è consolidata in Iraq: famiglie sciite e sunnite, costrette a causa dalla dilagante violenza a lasciare i quartieri o le città in cui avevano da sempre vissuto, si mettono d'accordo per uno scambio di case che può valere una vita più tranquilla in un contesto che resta quotidianamente scandito dalla violenza. Con il crollo dei prezzi, era diventato impossibile vendere la propria abitazione per ricomprarne una altrove, ma adesso sunniti e sciiti si aiutano, scambiandosi le case stanno tra l’altro dimostrando di essere molto meno divisi e contrapposti – se non per alcune frange radicali – di quanto normalmente si scriva e si pensi. Presunti correligionari di entrambi i fronti, secondo cronache che sottolineano e in realtà alimentano comportamenti settari, combattendosi in rappresentanza di interessi terzi, hanno guadagnato finora, come succede con tutte le cattive notizie, molto spazio sui grandi mezzi d’informazione. Ma lo scambio delle case sta mettendo in luce una realtà diversa, un tessuto connettivo solidaristico che nemmeno l’assurda guerra in corso è riuscito a distruggere. La pratica sembra funzionare al punto che ha già attratto gli interessi di agenzie immobiliari specializzate nel mettere in contatto le famiglie. cercando di far incontrare le diverse esigenze. E' il caso, per esempio, della famiglia sciita di Baqir Zaidan Najim e di quella sunnita di Abdul-Khaliq Mohammed Khayon. Sei mesi fa, Baqir era stato costretto ad abbandonare la sua abitazione di Baghdad nel sobborgo a prevalenza sunnita di Dora; uomini, appartenenti a una presunta milizia sunnita, si erano presentati alla sua porta e lo avevano costretto a lasciare tutto. Due mesi prima, nel distretto sciita di Kadhimiyah, stessa sorte era toccata ad Abdul-Khaliq. Da allora per entrambi era stato un trasferimento da un luogo di fortuna ad un altro, fino a quando, lo scorso mese, i due capifamiglia si sono scambiati una stretta di mano, accordandosi per scambiare le loro case. “E' difficile lasciare la casa che hai costruito e nella quale hai i ricordi di una vita – racconta Najim, un altro sciita espulso da Dora – ma quando ho sentito di questa possibilità, mi sono messo alla ricerca di una famiglia sunnita che, costretta a spostarsi, fosse alla ricerca come me di un luogo dove poter vivere. La guerra porta solo lacrime, noi ci siamo messi d'accordo con la promessa di scambiare nuovamente casa non appena la sicurezza migliorerà”. Secondo l'Agenzia per i rifugiati dell'Onu, dal febbraio del 2006 – quando fu bombardata la moschea di Samarra, uno dei luoghi santi degli sciiti – sono stati 823.000 gli iracheni costretti a lasciare la propria a casa e a spostarsi in nuove aree: 200.000 vivevano a Baghdad.

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