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Islanda in bancarotta, nella voragine precipitano gli enti locali inglesi: buco da 1 mld

Un piccolo Paese, un grande problema. L'Islanda è sull'orlo del fallimento: crolla anche l'ultima grande banca, la corona è in caduta libera, la Borsa è chiusa. Il presidente, Olafur Ragnar Grimsson, va in ospedale per problemi cardiaci. E il premier Geir Haarde davanti alle telecamere ammette: per il sistema bancario islandese c'è un concreto "rischio di bancarotta". Non bastasse, la crisi avvelena i rapporti con Londra.

Banche nazionalizzate
Il governo islandese ieri ha assunto il controllo di Kaupthing Bank, il primo istituto di credito della nazione. Neanche l'intervento della Svezia, che aveva messo a disposizione un prestito di emergenza da circa cinque miliardi di corone per sostenere la divisione svedese di Kaupthing, è
servito a evitare il collasso dell'istituto sotto il peso dei debiti. Nel giro di poche ore si e' cosi' completato il 'takeover' del sistema bancario da parte del governo: Kaupthing era infatti
l'unica grande banca dell'Islanda rimasta indipendente dopo che gli altri due maggiori istituti, Landsbanki e Glitnir, erano finiti sotto il controllo dell'Authority finanziaria.

Borsa chiusa
L'Authority di vigilanza ha garantito integralmente i depositi di Kaupthing e la regolare operatività della banca, ma intanto sono state sospese tutte le contrattazioni della Borsa
fino a lunedì per le "eccezionali condizioni" di mercato. La moneta islandese è in caduta libera dopo che la banca centrale ha tentato invano di ancorarla all'euro e gli scambi sono stati sospesi.

"Stiamo fallendo"
Per il sistema bancario islandese c'è un concreto "rischio di bancarotta", ha ammesso il primo ministro Geir Haarde. Stando ai calcoli dell'agenzia Bloomberg, l'Islanda ha accumulato un debito pari a 61 miliardi di dollari, una cifra 12 volte superiore al Pil del Paese. Nel corso degli ultimi anni, d'altra parte, le banche islandesi si sono lanciate in operazioni finanziarie sempre più ardite, che hanno portato ad un rapporto fra gli impegni e il Pil (ovvero, fra gli investimenti e la ricchezza prodotta in un anno) di 10 a 1. Reykjavik sta affannosamente cercando di ottenere un prestito dalla Russia - si parla di 4 miliardi di euro - e un incontro fra i rispettivi leader potrebbe esserci martedì. Contemporaneamente, il governo potrebbe chiedere aiuto al Fondo Monetario Internazionale per far fronte alle garanzie sui depositi.

La rabbia inglese
Contro l'Islanda punta il dito il premier britannico Gordon Brown, affatto impietosito dalla crisi del Paese dei ghiacci. Brown ha definito "inaccettabile" il comportamento delle autorità dell'isola, e ha minacciato "azioni legali" contro il governo islandese se la questione della tutela dei depositi dei cittadini o degi enti britannici non sarà risolta. In particolare, il premier critica la decisione islandese di congelare i conti dei clienti britannici sulla banca online Icesave, filiale della Landsbanki, che e' stata nazionalizzata.
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'''Kosovo: l'ONU vuole una perizia sull'indipendenza'''

La Corte internazionale di giustizia dell'Aja si pronuncerà sulla legittimità della dichiarazione d'indipendenza del Kosovo. È quanto ha deciso l'Assemblea generale dell'ONU, approvando una risoluzione avanzata dalla Serbia.

Le autorità di Belgrado sono riuscite ad aggiudicarsi il primo round nella vertenza sullo statuto internazionale del Kosovo, l'ex-provincia serba a maggioranza albanese, la cui dichiarazione unilaterale d'indipendenza è stata riconosciuta finora da 48 Stati.

Nel corso dell'Assemblea generale delle Nazioni unite, 77 dei 192 paesi membri dell'ONU hanno accettato la proposta della Serbia di chiedere alla Corte internazionale di giustizia dell'Aja una perizia sulla legittimità dell'indipendenza del Kosovo. Solo 6 Stati si sono opposti a questa richiesta, mentre 74 si sono astenuti dal voto, tra cui anche Svizzera, Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna.

La Corte internazionale di giustizia è ora chiamata a decidere, se la proclamazione d'indipendenza è conforme al diritto internazionale. Il processo di riconoscimento del nuovo Stato da parte della comunità internazionale rischia così di essere rallentato, dal momento che i giudici dell'Aja impiegheranno prevedibilmente almeno un anno per esaminare la questione.

'''Israele: forte tensione a Akko dopo scontri arabi-ebrei'''
 

GERUSALEMME - Un clima di forte tensione regna stamane nella città di Akko (l'antica San Giovanni d'Acri) dopo i violenti disordini di ieri e dello scorso mercoledì notte tra arabi ed ebrei, scoppiati dopo che un arabo israeliano era passato in auto in un quartiere ebraico durante la festività dello Yom Kippur (dove gli ebrei digiunano e vanno a piedi).

Nella città si è tenuta questa mattina una consultazione del capo della polizia David Cohen con alti ufficiali e con le autorità cittadine, nell'intento di prevenire nuovi scoppi di violenze.

Nella città (50 mila abitanti), a popolazione mista di arabi (un terzo) e ebrei, la polizia è stata rinforzata da centinaia di agenti. Dozzine di persone delle due comunità sono intanto state arrestate in relazione alle violenze e agli atti di vandalismo commessi nel corso dei disordini, che hanno visto la devastazione di decine di negozi e un centinaio di automobili danneggiate.

La tensione sembra però estendersi anche ad altri centri e per questo motivo le forze dell'ordine si sono dispiegate anche in altre località del paese, come nei villaggi arabi della Galilea, dove potrebbero scoppiare manifestazioni violente. A questo clima teso sembrano inoltre contribuire anche gli scambi di accuse di pogrom tra esponenti politici arabi e ebrei, che reciprocamente scaricano sulla parte avversaria la responsabilità dei disordini.

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Fonti

Gr 19:30

Sommario

In primo Piano

Editoriale

NOTIZIE BREVI

ESTERI

ITALIA

Siparietto


Gr 13:00

In primo Piano

Islanda in bancarotta, nella voragine precipitano gli enti locali inglesi: buco da 1 mld

Un piccolo Paese, un grande problema. L'Islanda è sull'orlo del fallimento: crolla anche l'ultima grande banca, la corona è in caduta libera, la Borsa è chiusa. Il presidente, Olafur Ragnar Grimsson, va in ospedale per problemi cardiaci. E il premier Geir Haarde davanti alle telecamere ammette: per il sistema bancario islandese c'è un concreto "rischio di bancarotta". Non bastasse, la crisi avvelena i rapporti con Londra.

Banche nazionalizzate Il governo islandese ieri ha assunto il controllo di Kaupthing Bank, il primo istituto di credito della nazione. Neanche l'intervento della Svezia, che aveva messo a disposizione un prestito di emergenza da circa cinque miliardi di corone per sostenere la divisione svedese di Kaupthing, è servito a evitare il collasso dell'istituto sotto il peso dei debiti. Nel giro di poche ore si e' cosi' completato il 'takeover' del sistema bancario da parte del governo: Kaupthing era infatti l'unica grande banca dell'Islanda rimasta indipendente dopo che gli altri due maggiori istituti, Landsbanki e Glitnir, erano finiti sotto il controllo dell'Authority finanziaria.

Borsa chiusa L'Authority di vigilanza ha garantito integralmente i depositi di Kaupthing e la regolare operatività della banca, ma intanto sono state sospese tutte le contrattazioni della Borsa fino a lunedì per le "eccezionali condizioni" di mercato. La moneta islandese è in caduta libera dopo che la banca centrale ha tentato invano di ancorarla all'euro e gli scambi sono stati sospesi.

"Stiamo fallendo" Per il sistema bancario islandese c'è un concreto "rischio di bancarotta", ha ammesso il primo ministro Geir Haarde. Stando ai calcoli dell'agenzia Bloomberg, l'Islanda ha accumulato un debito pari a 61 miliardi di dollari, una cifra 12 volte superiore al Pil del Paese. Nel corso degli ultimi anni, d'altra parte, le banche islandesi si sono lanciate in operazioni finanziarie sempre più ardite, che hanno portato ad un rapporto fra gli impegni e il Pil (ovvero, fra gli investimenti e la ricchezza prodotta in un anno) di 10 a 1. Reykjavik sta affannosamente cercando di ottenere un prestito dalla Russia - si parla di 4 miliardi di euro - e un incontro fra i rispettivi leader potrebbe esserci martedì. Contemporaneamente, il governo potrebbe chiedere aiuto al Fondo Monetario Internazionale per far fronte alle garanzie sui depositi.

La rabbia inglese Contro l'Islanda punta il dito il premier britannico Gordon Brown, affatto impietosito dalla crisi del Paese dei ghiacci. Brown ha definito "inaccettabile" il comportamento delle autorità dell'isola, e ha minacciato "azioni legali" contro il governo islandese se la questione della tutela dei depositi dei cittadini o degi enti britannici non sarà risolta. In particolare, il premier critica la decisione islandese di congelare i conti dei clienti britannici sulla banca online Icesave, filiale della Landsbanki, che e' stata nazionalizzata.

NOTIZIE BREVI

ESTERI

Kosovo: l'ONU vuole una perizia sull'indipendenza

La Corte internazionale di giustizia dell'Aja si pronuncerà sulla legittimità della dichiarazione d'indipendenza del Kosovo. È quanto ha deciso l'Assemblea generale dell'ONU, approvando una risoluzione avanzata dalla Serbia.

Le autorità di Belgrado sono riuscite ad aggiudicarsi il primo round nella vertenza sullo statuto internazionale del Kosovo, l'ex-provincia serba a maggioranza albanese, la cui dichiarazione unilaterale d'indipendenza è stata riconosciuta finora da 48 Stati.

Nel corso dell'Assemblea generale delle Nazioni unite, 77 dei 192 paesi membri dell'ONU hanno accettato la proposta della Serbia di chiedere alla Corte internazionale di giustizia dell'Aja una perizia sulla legittimità dell'indipendenza del Kosovo. Solo 6 Stati si sono opposti a questa richiesta, mentre 74 si sono astenuti dal voto, tra cui anche Svizzera, Italia, Germania, Francia e Gran Bretagna.

La Corte internazionale di giustizia è ora chiamata a decidere, se la proclamazione d'indipendenza è conforme al diritto internazionale. Il processo di riconoscimento del nuovo Stato da parte della comunità internazionale rischia così di essere rallentato, dal momento che i giudici dell'Aja impiegheranno prevedibilmente almeno un anno per esaminare la questione.

Israele: forte tensione a Akko dopo scontri arabi-ebrei

GERUSALEMME - Un clima di forte tensione regna stamane nella città di Akko (l'antica San Giovanni d'Acri) dopo i violenti disordini di ieri e dello scorso mercoledì notte tra arabi ed ebrei, scoppiati dopo che un arabo israeliano era passato in auto in un quartiere ebraico durante la festività dello Yom Kippur (dove gli ebrei digiunano e vanno a piedi).

Nella città si è tenuta questa mattina una consultazione del capo della polizia David Cohen con alti ufficiali e con le autorità cittadine, nell'intento di prevenire nuovi scoppi di violenze.

Nella città (50 mila abitanti), a popolazione mista di arabi (un terzo) e ebrei, la polizia è stata rinforzata da centinaia di agenti. Dozzine di persone delle due comunità sono intanto state arrestate in relazione alle violenze e agli atti di vandalismo commessi nel corso dei disordini, che hanno visto la devastazione di decine di negozi e un centinaio di automobili danneggiate.

La tensione sembra però estendersi anche ad altri centri e per questo motivo le forze dell'ordine si sono dispiegate anche in altre località del paese, come nei villaggi arabi della Galilea, dove potrebbero scoppiare manifestazioni violente. A questo clima teso sembrano inoltre contribuire anche gli scambi di accuse di pogrom tra esponenti politici arabi e ebrei, che reciprocamente scaricano sulla parte avversaria la responsabilità dei disordini.

CIPRO: QUARTO INCONTRO TRA PRESIDENTI PER RIUNIFICAZIONE

È previsto oggi il quarto incontro del dialogo per la riunificazione dell’isola tra il presidente greco-cipriota Dimitris Christofias e quello turco-cipriota Mehmet Ali Talat; alla riunione, che si svolgerà in una località nella zona cuscinetto sotto il controllo Onu tra le due parti dell’isola, partecipa anche dell’inviato speciale del segretario generale dell’Onu Alexander Downer. Il processo politico è stato avviato su iniziativa del presidente Christofias all’indomani della sua elezione a febbraio, ma dopo un notevole slancio e progressi positivi ha incontrato problemi sulla definizione del futuro assetto dell’isola: se i turco-ciprioti insistono per una struttura federale con una forte autonomia, i greco-ciprioti vorrebbero una sorta di confederazione più integrata. Resta aperto anche lo spinoso problema dei risarcimenti per i circa 240 mila greco-ciprioti che hanno perso le loro proprietà nella parte nord dell’isola, dopo l’occupazione turca del 1974 seguita a un fallito colpo di stato di nazionalisti greco-ciprioti per annettere l’isola alla Grecia. Nei giorni scorsi, per incoraggiare il dialogo tra le parti, si sono recati a Cipro l’ex presidente americano Jimmy Carter, l’arcivescovo sudafricano Desmond Tutu e l’ex ministro degli Esteri algerino Lakhdar Brahimi, in qualità di facilitatori.

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