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In primo Piano

Renato, tre anni

La notte tra il 26 ed il 27 agosto del 2006 Renato Biageti veniva ucciso da due ragazzi sul litorale di Focene, all'uscita da una dancehall sulla spiaggia di Focene.

Archiviata subito come una rissa tra balordi-oggi si direbbe un atto di bullismo- nell'inchiesta e sulla stampa, la morte di Renato, grazie al lavoro degli amici, dei compagni e di tutte e tutti coloro che nel corso di questi tre anni hanno contribuito a mantenere viva la sua memoria, è riconosciuta come un'aggressione di stampo fascista nei confronti di chi è diverso, di chi non appartiene ad un territorio.

La reazione alla morte di Renato è proseguita anche nelle aule di tribunale, durante il processo nei confronti dei due imputati dell'omicidio, di cui uno minorenne al momento dell'aggressione, il cui processo è appena iniziato;mentre si è concluso in Cassazione, nel mese di giugno quello che ha visto coinvolto il maggiorenne, condannato a 15 anni.

Domani avrà luogo al Parco Schuster-San Paolo, una iniziativa in ricordo di Renato che porta avanti i progetti che lui aveva in testa.

La giornata cade in una estate costellata di aggressioni di stampo omofobo o razzista, che da più parti d'italia e in modi diversi ricoprdano costantemente la necessità di non abbassare la guardia, poiché il fascismo insito in questa cultura del coltello si annida nella paura nei confronti di chi viene di volta in volta percepito come elemento di disturbo, capro espiatorio delle situazioni difficili: ora i rom;ora un uomo/donna con la pelle scura; ora una coppia di persone omosessuali;ora, come è successo a Renato o a Nicola Tommasoli a Verona, una "zecca" da eliminare dalla faccia della Terra.Quella stessa paura che, dal partitucolo locale, fino al governo italiano serve a giustificare l'adozione di misure sempre più repressive delle espressioni sociali, quali il pacchetto sicurezza recentemente approvato.

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Editoriale

Non solo Enalotto

Prosegue la protesta degli operai della Lasme di Melfi

da Ansa

In attesa di un incontro, domani mattina, nella prefettura di Potenza, continua la protesta, cominciata martedì sera, di sette operai sul tetto della Lasme di Melfi (Potenza), azienda che produceva componenti per la Fiat e che ha deciso di chiudere la fabbrica collocando in mobilità di 174 dipendenti. Stamani, gli altri lavoratori (che da due giorni «occupano» il piazzale dello stabilimento) hanno fatto un'assemblea con i rappresentanti sindacali. C'è attesa per la riunione di domani, alla quale parteciperanno anche i dirigenti dell'azienda, di Confindustria e della Regione Basilicata. I sette operai sul tetto hanno confermato che «fino a quando l'azienda non ritirerà le procedure di mobilità» porteranno avanti la protesta.

A Milano presidio degli operai alla Ercole Marelli

Ventuno operai della Ercole Marelli di Sesto San Giovanni, alle porte di Milano, presidiano il capannone per evitare che vengano rimossi i macchinari. Ne dà notizia la Fiom Cgil di Milano. Martedì scorso, spiega il sindacato, si è svolto un incontro tra sindacato, lavoratori e i rappresentanti della GestComm, un consorzio di tre cooperative della bergamasca, che hanno espresso il proprio interesse ad affittare l'azienda per due anni. Secondo la Fiom «nel corso dell'incontro non è stato sciolto il nodo di fondo: chi si farà carico di estinguere i pesantissimi debiti accumulati dalla Ercole Marelli non solo nei confronti di Alstom (affittuaria dell'immobile dove si svolgono le produzioni) ma, anche, nei confronti di altri soggetti, dall'Esatri all'Inps, ai fornitori? Non si tratta di un particolare secondario. Nella serata di ieri, in modo non ufficiale, sindacato e lavoratori hanno saputo che Alstom non sarebbe affatto disponibile a cedere in locazione il capannone. Se la notizia verrà confermata, l'incontro previsto per lunedì 31 con GestComm per approfondire le questioni relative al piano industriale non avrebbe alcun senso». I lavoratori hanno annunciato che continueranno a presidiare l'azienda fino a che non verrà trovata soluzione per la ripresa dell'attività produttiva

Ad Ascoli Piceno, sei operai barricati in azienda

da Ansa

Sei operai della Novico spa di Ascoli Piceno, azienda che produce dispositivi medici e ha messo in cassa integrazione a rotazione tutti gli 80 dipendenti, si sono chiusi stamani per protesta all'interno del reparto sterilizzazione, che è ad alto rischio cobalto. Da tempo l'azienda non paga con regolarità gli stipendi. Deve ancora corrispondere la quattordicesima e gli assegni familiari, non versa alle banche il quinto di stipendio dei dipendenti che hanno contratto mutui per la casa, non versa ai sindacati la quota comunque trattenuta in busta paga, dicono gli operai.

A pochi chilometri di distanza intanto prosegue il presidio permanente di un'altra azienda ascolana in crisi, la Manuli Rubbers, che ha messo in mobilità tutti i 375 addetti E solo due giorni fa, il 25 agosto, dieci operai di una cooperativa che lavora per i cantieri navali di Pesaro sono rimasti arrampicati per quattro ore su due gru alte 30 metri per rivendicare il pagamento dei salari, sospeso da due mesi.

NOTIZIE BREVI

ESTERI

ITALIA

La sicurezza dell'infortunio

Un operaio è rimasto ferito a La Spezia

Adnkronos

Grave infortunio sul lavoro questa mattina alla Spezia, in porto, a calata Paita. Un uomo di 45 anni è stato colpito da una lastra di marmo alla coscia sinistra.

Divertimento fiammeggiante

Ansa

Due operai rimasti ustionati a Valmontone, RM. Sono rimasti ustionati due operai, uno di 38 anni e l'altro 22 anni, entrambi residenti a Sezze (Lt), dipendenti di due società di Latina, mentre intervenivano per dei lavori di manutenzione di un guaina all'interno dei piloni del fabbricato che si è incendiata. L'incidente è accaduto ieri a Valmontone, all'interno del cantiere Terra Magica, parco giochi che dovrà sorgere alle porte di Roma. Subito soccorsi, gli operai sono uno all' ospedale sant'Eugenio, dove è ancora ricoverato e l'altro all'ospedale civile di Colleferro dal quale è stato dimesso con una prognosi di 20 giorni.

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