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Grecia, nuove molotov contro gli squatters di Villa Amalias E' il secondo attacco incendiario in due giorni da parte di ignoti

Gli occupanti di Villa Amalias ad Atene hanno denunciato il lancio di due bombe molotov contro l'edificio. Si tratta del secondo attacco incendiario compiuto da sconosciuti in due giorni. Occupata dal lontano 1990, Villa Amalias nel corso degli anni ha subito numerosi attacchi ed evacuazioni forzate. Nonostante i vari tentativi di sgombero, gli occupanti sono sempre riusciti a ritornare nello stabile. Ieri anche gli squatters di via Lelas Karagiannis, la piu' antica occupazione di Atene che resiste dal 1988, aveva subito un attacco incendiario. Questa volta, però, gli occupanti avevano risposto alla provocazione e dopo un principio di incendio, erano riusciti a far scappare gli aggressori. Nella fuga i responsabili dell'attacco hanno abbandonato una sacca con dentro altri ordigni.

Colombia, tredici guerriglieri delle Farc uccisi durante gli scontri con l'esercito

I combattimenti si sono svolti nella zona meridionale del Paese durante il fine settimana

Secondo quanto reso noto da fonti militari colombiane almeno tredici guerriglieri delle Farc, le forze armate rivoluzionarie della Colombia, sarebbero stati uccisi negli scontri con l'esercito. I primi sette combattenti sono morti domenica a Pueblo nuovo nel Sud. Gli altri sei guerriglieri sono rimasti uccisi negli scontri avvenuti nel dipartimento di Caqueta, sempre nell'area meridionale della Colombia.

Palestina

Gerusalemme, continuano le demolizioni di abitazioni palestinesi.

Le autorità di occupazione israeliana a Gerusalemme hanno lanciato una nuova campagna di aggressioni contro le case palestinesi in diversi quartieri di Gerusalemme.

Le prime abitazioni demolite sono un edificio residenziale nel quartiere at-Thawri, a Silwan, a sud della moschea al-Aqsa, di proprietà della famiglia di Abu Halab ash-Shweiki, e tre case situate nel quartiere at-Turi. Le demolizioni sono state effettuate con il pretesto della "mancanza di permessi di concessione edilizia". Licenze che Israele non autorizza mai.

Domenica 1° novembre, la municipalità gerosolimitana ha costretto il cittadino Musa Sulaiman Mashahreh, residente nel quartiere as-Sal'a, a Jabal al-Mukabber, ad auto-demolire la propria casa, di 50 metri quadrati, e ospitante una famiglia di 6 persone.

In una delle case demolite abitavano 15 persone, in gran parte bambini, che sono state evacuate con la forza, senza che venisse permesso loro di raccogliere gli oggetti personali. Tutti si sono ritrovati senza tetto, per strada, al freddo.

Il direttore dell'Associazione gerosolimitana, Mu'ath az-Zaatari, ha avvertito della possibilità che le ruspe israeliane possano demolire altre case, in altri quartieri di Gerusalemme.

Egli ha sottolineato che le truppe d'occupazione hanno imposto uno stretto assedio militare e non consentono ai cittadini palestinesi di avvicinarsi ai luoghi dove avvengono le demolizioni.

31-10-2009 MURO CONTRO MURO Resistenza quotidiana contro l'apartheid

Nella giornata di oggi, 31 Ottobre, siamo andati a conoscere il territorio di Betlemme e i campi profughi di Aida e Dheishe, circondati dal muro dell'apartheid e dagli insediamenti dei coloni israeliani. Nella prima parte della mattinata ci siamo diretti nella zona di Beit Saohur, dove le case dei contadini palestinesi hanno al loro fianco una colonia in rapida espansione che si sta sviluppando sulla collina sovrastante. Qui e' presente un tipo di divisione fisica costituita da una rete metallica rigida che, potendo essere rimossa agilmente, viene usata dagli israeliani per annettere porzioni sempre piu'grandi di territorio. Questo sistema viene praticato nelle zone piu' periferiche a differenza delle parti piu' popolate della citta' dove e' stato innalzato l'ormai tristemente noto muro costituito da pannelli di cemento. Un esempio inquietante di questa strategia, che mira a trasformare le citta' palestinesi in prigioni a cielo aperto, l'abbiamo avuto andando a vedere una casa che e' stata circondata su tre lati per "proteggere" una strada usata solo dai militari israeliani.

Ci siamo poi recati all'Aida Camp. Qua il muro ha tagliato fuori dalla comunita' alcune case e i relativi terreni agricoli. Solo i proprietari di questi campi e case hanno un documento che gli permette di valicare il muro, ma nella pratica il passaggio e' consentito a discrezione dei militari. Per la coltivazione delle terre l'entrata e' permessa solo al proprietario e ad al massimo due figli di questo, con la conseguenza di un graduale abbandono di queste terre per la mancanza materiale di forza lavoro.

Lungo il muro sono presenti dei graffiti fatti in questi anni , ma recentemente e' stata tracciata una lunga linea celeste a significare la decisione degli abitanti del campo di non volere piu' abbellire un simile esempio di atrocita'. Al contrario viene consigliato a chi vuole fare dei murales di farli all'interno dei campi. Successivamente siamo andati a Dheisheh dove abbiamo visitato la prima struttura dell' Ibdaa center nata nel 1994 grazie all'impegno della comunita' palestinese e all'appoggio di singoli e di associazioni internazionali. Qua viene dato sostegno alla popolazione del campo in ambito medico con grande attenzione a non isolare i soggetti dalla comunita' e socializzando le soluzioni ai problemi piu' comuni tramite terapie di gruppo. Inoltre per i ragazzi con problemi di rendimento scolastico e' organizzato un percorso alternativo che mira al loro reinserimento nella scuola cercando di coinvolgere le famiglie.

Ci e' sembrato molto importante quello che le persone che qua lavorano hanno voluto sottolineare riguardo la collaborazione e il sostegno economico di associazioni e singoli individui. Gli aiuti internazionali sono ovviamente ben accetti, ma nel rispetto dell'autonomia della comunita' del campo in scelte e decisioni. Questa infatti e' l'unica a decidere e non tollera nessuna imposizione esterna.

Nel pomeriggio siamo stati nella zona di Beit Jala dove abbiamo conosciuto un contadino che ha la sua terra nel mezzo di due insediamenti di coloni. Abbiamo ammirato la sua forza e dignita' nel non voler cedere a nessun ricatto e la sua resistenza con la continua presenza e il lavoro della terra anche tramite l'aiuto di molte persone solidali che lo supportano. Lo stato israeliano vorrebbe unire le due colonie , e per questo ha anche cercato, senza risultato, di comprare il suo terreno offrendogli una grossa cifra di denaro.

Abbiamo deciso in comune accordo con lui di tornare domani e pensiamo di aiutarlo nel costruire una pavimentazione all'esterno della sua capanna. Porteremo anche degli alberi da piantare nel suo terreno per consolidare una pratica di resistenza che ha gia' visto la collaborazione di altri palestinesi, attivisti israeliani ed internazionali.

ITALIA

Corte Strasburgo, no a crocefisso nelle classi Accolto il ricorso di una cittadina italiana

03 novembre, 12:05 Da Strasburgo stop a crocifissi a scuola

STRASBURGO - La presenza dei crocefissi nelle aule scolastiche costituisce "una violazione dei genitori ad educare i figli secondo le loro convinzioni" e una violazione alla "libertà di religione degli alunni". E' quanto ha stabilito oggi la Corte europea dei diritti dell'uomo di Strasburgo nella sentenza su un ricorso presentato da una cittadina italiana.

Il caso era stato sollevato da Soile Lautsi, cittadina italiana originaria della Finlandia, che nel 2002 aveva chiesto all'istituto statale "Vittorino da Feltre" di Abano Terme (Padova), frequentato dai suoi due figli, di togliere i crocefissi dalle aule. A nulla, in precedenza, erano valsi i suoi ricorsi davanti ai tribunali in Italia. Ora i giudici di Strasburgo le hanno dato ragione.

La sentenza emessa oggi dalla Corte europea dei diritti dell'uomo sul ricorso presentato da Soile Lautsi, cittadina italiana di origine finlandese, contro l'esposizione dei crocefissi nelle scuole ha previsto che il governo italiano dovrà pagare alla donna un risarcimento di cinquemila euro per danni morali. La sentenza, rende noto l'ufficio stampa della Corte, è la prima in assoluto in materia di esposizione dei simboli religiosi nelle aule scolastiche.

Roma - Deportazione al campo di Via di Salone Corrispondenza ROR (viadisalone.mp3)

Roma - Iniziativa GIAP Oggi a Piazza dell'Immcaolta h.16,00 Corrispondenza ROR (iniziativagiap.mp3)

Roma - Iniziativa Forte Prenestino h.19,00

CAMBIAMO SISTEMA, NON CLIMA! movimenti a Copenhagen

Verso COP-15, per la giustizia climatica

Nel dicembre 2009 i governi del mondo si riuniranno a Copenhagen per la XV Conferenza ONU sul Clima (COP15), che dovrà trovare un successore al Trattato di Kyoto. Sarà il più grande vertice sul cambiamento climatico di sempre. Anche USA, Cina e India saranno della partita. Aziende e governi dei paesi sovrasviluppati vogliono imporre false soluzioni di mercato come la compravendita delle emissioni che non arrestano la tendenza al surriscaldamento globale. I movimenti di azione climatica chiamano a manifestare il 12 dicembre nella giornata mondiale sul clima e ad unirsi all'azione di massa nonviolenta del 16 dicembre per occupare per un giorno il centro congressi Bella Center dove si terrà la conferenza dei potenti del mondo.

Chi ci marcia in Danimarca? Ne parliamo con David Balleby Rønbach, Climate Justice Action, Klimax, e con altr* attivist* danesi presenti in italia per condividere informazioni di prima mano sui contenuti della protesta e sulle azioni in programma durante le giornate di Copenhagen.

Appello

Non si puó riparare un sistema in pezzi

Movimento per la giustizia climatica verso la conferenza ONU sul clima

La conferenza ONU sul clima non risolverá la crisi climatica. Non siamo piú vicini alla riduzione delle emissioni di gas serra di quanto non fossimo quando i negoziati internazionali iniziarono, 15 anni fa: le emissioni aumentano piú rapide che mai, mentre il commercio delle emissioni di CO2 permette ai criminali del clima di inquinare e ricavare profitti. All’oggi, la conferenza ONU legittima nella sostanza un nuovo colonialismo che spartisce le poche risorse rimaste sul pianeta. Davanti alla profonda crisi della nostra civiltá, tutto ció che otteniamo é un teatrino che giova solo agli interessi delle multinazionali. In risposta a questa follia, un movimento globale per la giustizia climatica é emerso per reclamare potere sul nostro futuro. Come parte di questo movimento, il network internazionale Climate Justice Action sta mobilizzando decine di migliaia di persone in tutto il mondo per agire durante i negoziati climatici internazionali di Copenhagen, nel Dicembre 2009. Basta false soluzioni!

Non possiamo fidarci del mercato per il nostro futuro, cosí come non possiamo riporre la nostra fiducia in tecnologie non sicure, non accertate e non sostenibili. Contrariamente a coloro che ripongono le loro speranze in un “capitalismo verde”, noi sappiamo che é impossibile avere una crescita illimitata su un pianeta limitato. Invece di provare a riparare un sistema in pezzi, dovremmo:

lasciare i combustibili fossili sotto terra socializzare e decentralizzare la produzione di energia rilocalizzare la produzione di cibo riconoscere e ripagare il debito ecologico e climatico verso i paesi del Sud del mondo rispettare i diritti delle popolazioni indigene rigenerare i nostri ecosistemi. Le soluzioni reali alla crisi climatica vengono costruite da coloro che hanno sempre difeso la Terra e da coloro che lottano quotidianamente per difendere il loro ambiente e le loro condizioni di vita. Dobbiamo globalizzare queste soluzioni e impegnarci per una giusta transizione verso un futuro senza CO2.

Siparietto


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