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Sgombero del campo rom rioccupato dopo lo sgombero alla casilina. Audio
Sommario GRECIA
– Potrebbe estendersi a tutti e 35 i penitenziari della Grecia lo sciopero della fame dei detenuti che protestano contro le condizioni di prigionia: lo sottolineano alcune organizzazioni non governative impegnate nella difesa dei diritti dei carcerati. A oggi l’agitazione riguarda nove penitenziari, da Atene a Salonicco.
Honduras - CORTE SUPREMA RINVIA DECISIONE SU DESTITUZIONE ZELAYA
Nonostante sei ore di delibera a porte chiuse, la Corte suprema non ha espresso il suo parere sulla destituzione del presidente Manuel Zelaya, deposto con un golpe lo scorso 28 Giugno, annunciando la nomina di una commissione di cinque magistrati incaricati di formulare un’opinione, da sottoporre al voto della Corte entro mercoledì prossimo. Il giudizio del massimo tribunale, insieme a quello della Procura, era stato chiesto dal parlamento (‘Congreso’), a sua volta sollecitato sia da Zelaya che dal presidente ‘de facto’ Roberto Micheletti, per tentare di trovare una via d’uscita alla crisi politica in atto nel paese. Dal canto suo, il parlamento ha fatto sapere tramite il suo presidente, José Alfredo Saavedra, che convocherà una sessione plenaria per votare sulla possibile restituzione del potere a Zelaya non appena avrà ricevuto i pareri degli organi giudicanti, senza ipotizzare una data. E mentre passano i giorni, si avvicinano le elezioni generali in programma per il 29 Novembre, sulla validità delle quali si sta dividendo la comunità internazionale: mentre l’Organizzazione degli stati americani (Osa) ha fatto sapere che non manderà osservatori, il governo di Washington, mediatore nella crisi, ha detto che il voto sembra ormai l’unica via possibile per sciogliere il braccio di ferro. Ieri, in un’intervista al canale televisivo Ntn24, ripreso nei locali dell’ambasciata del Brasile che lo ospita dal suo ritorno in patria il 21 Settembre, Zelaya ha ribadito che non è più disposto a negoziare, sostenendo che “il governo de facto non ha agito in alcun modo per mettere in atto il dialogo, né l’accordo, né le iniziative dell’Osa o dell’Onu”.
Perù, i leader dei popoli indios esprimono solidarietà alla lotta peruviana Il ministro della Giustizia peruviano vuole chiudere l'organizzazione nazionale degli Indiani amazzonici
L'annuncio del governo peruviano di sciogliere l'AIDESEP, l'organizzazione nazionale degli Indiani amazzonici del Perù, ha scatenato dure polemiche e proteste in tutto il mondo. A sostegno degli indios dell'Amazzonia si sono schierati la maggior parte dei leader indigeni del pianeta, dai boscimani del Botswana agli Innu della Nitassinan in Canada. "Se attacchi l'AIDESEP, attacchi tutti i popoli indigeni - hanno fatto sapere dalla CAOI, l'organizzazione che riunisce gli indios di Argentina, Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador e Perù - non solo in Amazzonia o in Perù, ma in tutto il mondo". La proposta di scioglimento dell'AIDESEP, che si è opposta con determinazione ai progetti governativi di aprire l'Amazzonia alle compagnie straniere petrolifere e minerarie, è stata presa dal ministro della Giustizia peruviano tre giorni dopo la manifestazione che si è svolta a Bagua. Negli scontri tra polizia e indios sono morte più di trenta persone e circa duecento sono stati i feriti.
Ghana: crollo miniera oro
GHANA, 12 NOV - Quattordici donne e quattro uomini sono morti sepolti dal crollo di una miniera d'oro privata illegale, nel Ghana occidentale. Nella miniera d'oro, a Dompoase, lavoravano una trentina di persone.'Si tratta del piu' grave incidente della storia del paese - ha detto un funzionario - il governo deve prendere misure.Il prezzo in ascesa dell'oro sui mercati mondiali ha fatto esplodere il fenomeno dei minatori illegali, in Ghana che e' il secondo produttore mondiale.
Yemen: pioggia di razzi sauditi sui villaggi nei pressi della frontiera
Sanaa, 12 novembre - La guerriglia zaidita yemenita ha denunciato, citato da Press Tv, che le forze saudite hanno lanciato oltre 145 razzi su dei villaggi yemeniti, nei pressi della frontiera tra i due Paesi, in più di 15 raid aerei compiuti durante la notte scorsa
Yemen, almeno diciassette feriti in un attentato nei pressi di un mercato L'attentatore è già stato fermato ed è un personaggio noto alle forze dell'ordine
Nella città yemenita di Hajja, a nord di Sanaa, sono rimaste ferite almeno diciassette persone a causa di un attentato. Un uomo ha lanciato una bomba a mano all'interno di un mercato affollato di persone. A riferire la notizia è stato il sito del giornale yemenita al-Sahwa.net, secondo cui il bilancio dell'attentato potrebbe aggravarsi, visto che due dei feriti versano in condizioni molto gravi. L'attentatore, Hussein al-Ghazi, è stato già fermato e, dalle prime indiscriminazioni, sembra un soggetto già noto alle forze dell'ordine. Al-Ghazi secondo le fonti della sicurezza soffrirebbe di squilibri mentali, ma il sito "Elaph" sostiene che dietro l'attacco potrebbe esserci la mano del gruppo terroristico di al-Quaeda.
Nepal, assedio degli uffici governativi
Nella capitale nepalese, Kathmandu, migliaia di manifestanti maoisti, arrivati da ogni parte del Nepal, hanno circondato gli uffici governativi per protestare contro il presidente Ram Baran Yadav. A guidarli è il leader del partito maoista nepalese ed ex primo ministro, Prachanda. Il governo ha schierato centinaia di uomini in tenuta anti-sommossa in difesa del palazzo.
La mobilitazione di quest'oggi si inserisce in un percorso di contestazione iniziato da tempo, solo l'altro giorno altre migliaia di manifestanti han bloccato la principale strada di accesso alla capitale Kathmandu. I maoisti hanno invece rinunciato a bloccare l'aereoporto internazionale, come preannunciato in un primo tempo.
Ma la tensione nel paese è evidente: il partito maoista, emerso come prima forza politica dalle prime elezioni democratiche del Nepal, l'anno scorso, dopo la guerriglia che ha portato all'abbattimento della monarchia, chiedono le dimissioni del governo di minoranza e accusano il presidente Ram Baran Yadav di aver agito incostituzionalmente, nel maggio scorso, quando ha reinsediato il capo dell'esercito che il premier Prachanda aveva destituito, obbligando il leader maoista a dimettersi. Appelli a un governo di unità nazionali sono finora caduti nel vuoto. Lunedì scorso il leader maoista ha ammonito che se le proteste non sortiranno effetto il suo partito sarà costretto a creare un «contro-governo» parallelo.
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