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SI PUO' CHIAMARE VALERIO O CRISTIAN DI ACROBAX


Quelli in ritardo siete voi, vogliamo votare San Precario!
 
Oggi 29 Marzo, alle 15.10, come comitati per il reddito ci siamo ritrovati nel seggio dietro piazza Venezia, vicino Palazzo Grazioli, perché vogliamo votare per il nostro unico candidato: S.Precario! Abbiamo un decreto interpretativo dalla nostra parte!
Eravamo solo usciti un attimo a mangiare un panino e ora vogliamo che ci facciate esprimere per il nostro candidato che è l’unico che parli di contenuti in queste elezioni.
Vogliamo rivendicare un reddito di cittadinanza garantito per disoccupati e precari.
 Nella Regione Lazio è stata approvata una legge, unica in Italia, per il reddito garantito ma con pochissimi soldi, infatti a oggi su 130.000 domande ne sono state soddisfatte solo 1000. Da qui vogliamo che si parta per affermare un nuovo sistema di welfare degno di questo nome, dove si garantiscano i servizi a partire dalla sanità e dalla formazione, fino ad arrivare al diritto all’abitare e ai trasporti.
 
Win for rights! Win for life!
 
Comitati per il reddito
San Precario
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Appunti e note redazionali

Fonti

Gr 19:30

Sommario

In primo Piano

CHIAMARE CHIAIANO OPPURE QUALCUNO DI INSURGENCIA NAPOLI

Assemblea pubblica alle ore 18 alla rotonda di Chiaiano. Diffondiamo tutti!

Comunicato Stampa

"Misure cautelari agli attivisti del preisidio di Chiaiano per le cariche del 23 maggio 2008...!"

La vendetta va servita fredda!! In che altro modo possiamo commentare quello che è successo stanotte?? La polizia si è presentata a casa degli attivisti del presidio per notificare 5 provvedimenti di misura cautelare tra arresti domiciliari e obbligo di firma per "pericolosità sociale" per fatti di due anni fà (!!). Gli eventi sono quelli famosissimi delle prime cariche a Chiaiano del 23 maggio 2008 quando la polizia caricò il presidio di cittadini a mani alzate (fu manganellato perfino il giornalista Rai Romolo Sticchi) facendo indignare tutta l'Italia. Era il prologo delle cariche del giorno dopo quando due ragazzi sarebbero addirittura stati scaraventati giù da via Cupa dei Cani rischiando di ammazzarli.

Ebbene mentre nessuno di quei poliziotti e dirigenti è stato mai inquisito per quelle cariche e per la loro violenza gratuita, a due anni di distanza (!!) l'inchiesta condotta dal Pm Narducci produce misure cautelari per i dimostranti! Con accuse francamente surreali rispetto alla gravità della misura dopo così tanto tempo e al merito effettivo dei fatti contestati: danneggiamenti e interruzione di pubblico servizio. Qualcuno è accusato "di aver fatto bloccare un pullman", qualcun altro "di aver tentato di sottrarre lo scudo a un agente di polizia", mentre li massacravano di botte...! Gli elementi che a distanza di così tanto tempo qualificherebbero la "pericolosità sociale" sono ancora più incredibili: per Egidio e Davide ad esempio è il fatto di essere stati fermati in un camion (quello della manifestazione dello Jatevenne Day il 30 settembre 2008) insieme al proprietario dello stesso che nel camion teneva una falce. Situazione per la quale all'epoca del fermo del camion non ricevettero nessuna accusa perchè fù subito accertato che la falce apparteneva al proprietario che di mestiere fa il contadino. Per Pietro addirittura la situazione è paradossale: proprio il 23 maggio fu fermato durante le cariche e processato per resistenza. Quindi sarebbe due volte inquisito per le stesse cose!! E l'elemento che secondo il Pm accerterebbe la sua "pericolosità", il fatto di parlare col megafono agli altri manifestanti, è stato già derubricato nel giudizio del tribunale come un atto non rivolto ad aizzare la folla ma a mantenere la

  • calma...

E allora ci chiediamo se l'inchiesta di Narducci c'entri qualcosa con l'amministrazione della giustizia o non rappresenti piuttosto la rivalsa esemplare dei poteri forti di questa regione e di questo paese verso la resistenza di una popolazione che ha fatto parlare l'Italia e ha disturbato non poco i grandi speculatori "dell'affare rifiuti". Ma noi non ci stiamo a veder criminalizzata la nostra lotta in difesa della salute e della nostra terra mentre i grandi inquisiti per la sua devastazione (a partire da Guido Bertolaso) girano tranquillamente a piede libero! Già oggi convochiamo un'assemblea al presidio di Chiaiano alle ore 18.00 per mobilitarci e chiediamo a tutti i cittdadini napoletani di difendere con noi la verità e la giustizia.

Comitato in difesa delle cave di Chiaiano e Marano

Editoriale

NOTIZIE BREVI

ESTERI

ITALIA

SI PUO' CHIAMARE VALERIO O CRISTIAN DI ACROBAX

Quelli in ritardo siete voi, vogliamo votare San Precario!

Oggi 29 Marzo, alle 15.10, come comitati per il reddito ci siamo ritrovati nel seggio dietro piazza Venezia, vicino Palazzo Grazioli, perché vogliamo votare per il nostro unico candidato: S.Precario! Abbiamo un decreto interpretativo dalla nostra parte! Eravamo solo usciti un attimo a mangiare un panino e ora vogliamo che ci facciate esprimere per il nostro candidato che è l’unico che parli di contenuti in queste elezioni. Vogliamo rivendicare un reddito di cittadinanza garantito per disoccupati e precari.

  • Nella Regione Lazio è stata approvata una legge, unica in Italia, per il reddito garantito ma con pochissimi soldi, infatti a oggi su 130.000 domande ne sono state soddisfatte solo 1000. Da qui vogliamo che si parta per affermare un nuovo sistema di welfare degno di questo nome, dove si garantiscano i servizi a partire dalla sanità e dalla formazione, fino ad arrivare al diritto all’abitare e ai trasporti.

Win for rights! Win for life!

Comitati per il reddito San Precario Generazione P Rete degli Indipendenti

Siparietto


Gr 13:00

In primo Piano

Una diga lascia a secco 200mila etiopi L'impianto, realizzato dall'italiana Salini, blocca le piene del fiume Omo che alimentano agricoltura a pascoli

MILANO - Su oltre 200mila persone incombe un'ombra gigantesca, che parte dall'Italia. Si chiama Gibe III: è una diga alta 240 metri il cui bacino si allungherà per 150 km. Posizionata nella bassa Valle dell'Omo (vedi mappa), e realizzata dall'italiana Salini Costruttori, questa struttura mastodontica, destinata a diventare la più grande dell' Africa, muterà drasticamente la portata del fiume Omo, principale affluente del Lago Turkana del Kenya, eliminando il naturale ciclo delle piene e mettendo a repentaglio coltivazioni e pascoli dell'intera area. Il Gibe III è il nuovo passo che seguirà il Gibe II, impianto con un tunnel lungo 26 chilometri che genera elettricità, sfruttando la differenza di altitudine tra il bacino della diga Gibe I e la sottostante valle dell'Omo.

Anche questo impianto è stato realizzato dalla Salini, che ha messo a frutto il più grande contributo versato dalle casse italiane per un progetto all'estero: 220 milioni di euro. Almeno in parte spesi male, visto che un pezzo di questo tunnel, inaugurato il 13 gennaio scorso alla presenza del ministro degli Esteri Franco Frattini, dopo 12 giorni è crollato (vedi video) interrompendo subito il flusso di elettricità che, nelle parole del ministro «avrebbe dovuto cambiare la vita all'Etiopia». E invece Meheret Debebe, capo dell'Ethiopian Electric and PowerCorporation (EEPCo), l'ente elettrico etiope, ha invitato la gente a «comprendere il problema e risparmiare energia finchè il guasto non sarò risolto».

I DANNI - Ma quella è storia passata. Ora all'orizzonte c'è quella della diga Gibe III che rilancia rischi enormi sulla testa delle popolazioni indigene della valle dell’Omo legati alla scomparsa del naturale ciclo delle piene. Danni esclusi però dalla Salini già nello scorso gennaio, in una dichiarazione pubblicata su Panorama: «Abbiamo previsto rilasci d’acqua controllati a beneficio dell’agricoltura e progettato l’invaso in modo che si riempia a una velocità compatibile con la quantità delle piogge. Questa è un’occasione per trasformare l’Etiopia in un esportatore di energia, se l’Italia non farà la sua parte la faranno i cinesi, che si sono già aggiudicati la costruzione della diga Gilgel Gibe IV». Prendere o lasciare quindi. Ma i rischi a cui vanno incontro le popolazioni indigene sono invece confermati in un dossier realizzato da International River, che studia e tutela i diritti delle popolazioni che vivono sugli argini dei fiumi: «Gli agricoltori locali piantano le colture lungo le rive del fiume dopo ogni piena annuale. Queste ridanno anche vita ai pascoli per il bestiame e segnano l’inizio della migrazione dei pesci. Se non si fermeranno i lavori e non si interverrà con adeguate misure di mitigazione, la diga provocherà carestie croniche, problemi di salute, dipendenza dagli aiuti umanitari, e un generale disfacimento dell’economia della regione e della stabilità del suo tessuto sociale, in un ambiente ecologicamente già di per sè molto fragile».

APPALTO E COSTRUZIONE - I lavori di costruzione sono iniziati nel 2006: la Salini ha aperto il cantiere in accordo con il governo etiope che ha approvato l'appalto a trattativa diretta, senza alcuna gara e quindi senza comparazione delle offerte. «Nella fretta di procedere - si legge ancora nel dossier di International River - il governo ha omesso di valutare tutti i rischi economici, tecnici e d’impatto ambientale e sociale, violando leggi interne e standard internazionali. Inoltre non ha preso in considerazione gli effetti legati ai cambiamenti climatici, che sul lungo termine potrebbero incidere drammaticamente sulla capacità produttiva della diga. Oggi sono stati effettuati studi postumi alla costruzione per confermare una decisione presa anni fa». L'unica valutazione di impatto ambientale è stata fatta a posteriori, a cantiere già aperto. «Al di là di questa anomalia, che non è di poco conto - commenta Marco Bassi, antropologo italiano dell'università di Oxford appena rientrato dalla Valle dell'Omo, dove studia le culture indigene - non si tratta di uno studio degno di questo nome. L'ho verificato di persona quando mi sono trovato nelle aree indicate dalle mappe della relazione: non sono segnati i villaggi, non si traccia in modo preciso la distinzione tra zone agricole e selvatiche mentre quelle a pascolo non sono nemmeno indicate. Come si può pensare che ci siano certezze che una diga di quelle dimensioni funzioni in modo da salvaguardare le economie di sussistenza della popolazione? La verità è che le tribù dei Kara e dei Kwegu che vivono lungo il corso del fiume sono condannate all'estinzione e anche tutte le altre che abitano sul delta vedranno compromesse le loro fonti di sostentamento».

AFFITTO DELLE TERRE - Oltre ad accarezzare l'idea di vendere energia elettrica al Kenya, nella Valle dell'Omo il governo etiope progetta di affittare vaste aree di terra indigena a compagnie e governi stranieri per coltivazioni agricole su larga scala, biocarburanti inclusi. Si tratta di circa 120mila ettari, un business colossale. E da qui arriva la spinta alla costruzione di Gibe III: per l'irrigazione verrà attinta acqua dalla diga. La maggior parte dei popoli colpiti non sa nulla del progetto e il governo sta lavorando contro le organizzazioni tribali a loro insaputa. L'anno scorso, nella parte meridionale del paese le autorità hanno sciolto almeno 41 associazioni locali rendendo impossibile il dialogo e lo scambio di informazioni sulla diga tra le varie comunità. «Per le tribù della valle dell'Omo - ha detto Stephen Corry, direttore generale di Survival International, associazioni che tutela le popolazioni indigene - la diga Gibe III sarà un cataclisma di ciclopiche proporzioni. Perderanno le loro terre e tutti i loro mezzi di sussistenza. Nessun ente degno di rispetto dovrebbe finanziare questo atroce progetto».

NOTIZIE BREVI

ESTERI

RUSSIA

  • Almeno due esplosioni avvenute all’interno della metropolitana di Mosca hanno causato 37 morti e 25 feriti. Il bilancio parziale è stato riferito dalla polizia della capitale russa secondo cui gli ordigni sono stati azionati da due attentatrici suicide i due differenti stazioni (Lubianka e Park Kulturi). Indagini sono già in corso per appurare la matrice degli attentati, eventuali fiancheggiatori e l’esatto numero delle esplosioni. Secondo alcune fonti ci sarebbe già una rivendicazione di un gruppo separatista ceceno.

SCONTRI ED ESPLOSIONI A MOGADISCIO

Sono in corso da questa mattina a Mogadiscio violenti scontri a fuoco tra soldati dell’esercito regolare e uomini armati dell’insurrezione anti-governativa. Lo riferiscono fonti locali che parlano di almeno un morto e cinque feriti negli scontri a fuoco, concentrati nei distretti di Hawl Wadag e Hodan, cominciati sporadicamente durante la notte e via via intensificatisi. Secondo alcune emittenti locali sarebbero intervenuti in sostegno dell’esercito anche alcuni caschi verdi della missione dell’Unione Africana a Mogadiscio (Amisom). In un episodio separato, altre due persone sarebbero rimaste ferite e una uccisa, quando una granata è esplosa nei pressi di una postazione militare nel distretto di Hamar Jabab. Non si sarebbe trattato dell’unica esplosione verificatasi nelle ultime ore nella capitale, secondo testimoni locali che parlano di altre deflagrazione avvenute nei pressi di altre basi dell’esercito ma senza provocare vittime.

Afghanistan, colpito elicottero nella provincia di Zabul: 14 feriti

I talebani hanno rivendicato l'azione, precisando di aver invece ucciso tutti i militari a bordo

Un elicottero della Nato è precipitato nella provincia di Zabul, nell'Afghanistan meridionale. Quattordici i feriti. La Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) ha diffuso un comunicato in cui si precisa che il personale a bordo del velivolo è stato trasferito in una base militare per cure mediche. Secondo Mohammad Jan Rasoolyar, portavoce del governatorato di Zabul citato dall'agenzia di stampa 'Dpa', i feriti sono nove militari Isaf, quattro soldati afgani e un interprete afgano. Su quanto avvenuto Isaf ha aperto un'inchiesta, ma al momento precisano dalla Forza internazionale di assistenza alla sicurezza "non vi sono indicazioni" che facciano pensare a un attacco degli insorti. Con un comunicato i talebani hanno rivendicato la responsabilità per quanto avvenuto, sostenendo di aver ucciso tutti i militari che si trovavano a bordo del velivolo.

La Volvo diventa cinese

La Volvo è diventata cinese. A Goeteborg è stato firmato oggi l'accordo conclusivo che segna il passaggio del costruttore automobilistico svedese dalla Ford alla Geely, la maggior casa produttrice privata cinese, controllata dal milionario Li Shufu. Lo rende noto il portavoce del gruppo svedese, confermando un'agenzia di Nuova Cina.

La scommessa imprenditoriale è importante. Non solo perché Geely acquisisce una casa automobilistica con un fatturato cinque volte maggiore. Ma anche perché con l'avvicinarsi del closing dell'operazione i sindacati della Volvo sono allertati e chiedono la massima trasparenza nell'operazione, che coinvolge 22 mila dipendenti in tutto il mondo.

La transazione, rivela il Financial Times, dovrebbe avere un valore di 1,8 miliardi di dollari pari a circa 1,3 miliardi di euro. Di tale cifra, tra i 500 e gli 800 milioni di dollari sarebbero prestati dalla Banca Europea degli Investimenti e altri 500 milioni dai governi di Svezia e Belgio, che ospitano gli impianti produttivi di Volvo.

ITALIA

Rifiuti Napoli: i 5 indagati frequentano tutti un centro sociale

Non volevano la discarica, puniti dalla giustizia. Cinque misure cautelari sono state eseguite dagli uomini della Digos della Questura di Napoli nell’ambito dell’inchiesta della Procura della Repubblica per le manifestazioni contro la discarica di Chiaiano del maggio 2008. Uno dei manifestanti è stato posto agli arresti domiciliari mentre per altri quattro è stato disposto l’obbligo di firma. I provvedimenti hanno colpito persone che gravitano, secondo quanto riferiscono fonti di polizia, nell’ambiente dei centri sociali. Tra gli episodi contestati, quello dell’incendio di un pullman.

IL COMITATO: RIVALSA DEI POTERI FORTI - «Ci chiediamo se quest’inchiesta c’entri qualcosa con l’amministrazione della giustizia o non rappresenti piuttosto la rivalsa esemplare dei poteri forti di questa regione e di questo Paese verso la resistenza di una popolazione che ha fatto parlare l’Italia e ha disturbato non poco i grandi speculatori dell’affare rifiuti». Lo dice, in una nota, il comitato in difesa delle cave di Chiaiano e Marano in merito alle misure cautelare disposte dalla Procura di Napoli nei confronti degli attivisti del presidio anti discarica. Nel comunicato si accusa la polizia che, a dire del comitato, «caricò il presidio di cittadini a mani alzate facendo indignare tutta l’Italia mentre il giorno dopo due ragazzi sarebbero addirittura stati scaraventati giù da via Cupa dei Cani rischiando di ammazzarli. Ebbene, mentre nessuno di quei poliziotti e dirigenti è stato mai inquisito per quelle cariche e per la loro violenza gratuita, a due anni di distanza l’inchiesta condotta dal Pm Parducci produce misure cautelari per i dimostranti, con accuse francamente surreali rispetto alla gravità della misura dopo così tanto tempo e al merito effettivo dei fatti contestati: danneggiamenti e interruzione di pubblico servizio».

«LA NOSTRA LOTTA CRIMINALIZZATA» - «Noi - sottolineano i componenti del comitato - non ci stiamo a veder criminalizzata la nostra lotta in difesa della salute e della nostra terra mentre i grandi inquisiti per la sua devastazione (a partire da Guido Bertolaso) girano tranquillamente a piede libero. Già oggi - annunciano - convochiamo un’assemblea al presidio di Chiaiano alle ore 18 per mobilitarci e chiediamo a tutti i cittadini napoletani di difendere con noi la verità e la giustizia». Siparietto


Gr 9:30

ESTERI

ITALIA


Appunti e note redazionali

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gror100329 (last edited 2010-03-29 17:37:49 by anonymous)