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Appunti e note redazionali

Fonti

Gr 19:30

Sommario

In primo Piano

CHIAMARE CHIAIANO OPPURE QUALCUNO DI INSURGENCIA NAPOLI

NAPOLI: ARRESTI E OBBLIGO DI FIRMA CONTRO ATTIVISTI PER MOBILITAZIONI 2008 A CHIAIANO

La vendetta va servita fredda!! In che altro modo possiamo commentare quello che è successo stanotte?? La polizia si è presentata a casa degli attivisti del presidio per notificare 5 provvedimenti di misura cautelare tra arresti domiciliari e obbligo di firma per "pericolosità sociale" per fatti di due anni fà (!!). Gli eventi sono quelli famosissimi delle prime cariche a Chiaiano del 23 maggio 2008 quando la polizia caricò il presidio di cittadini a mani alzate (fu manganellato perfino il giornalista Rai Romolo Sticchi) facendo indignare tutta l'Italia. Era il prologo delle cariche del giorno dopo quando due ragazzi sarebbero addirittura stati scaraventati giù da via Cupa dei Cani rischiando di ammazzarli. Ebbene mentre nessuno di quei poliziotti e dirigenti è stato mai inquisito per quelle cariche e per la loro violenza gratuita, a due anni di distanza (!!) l'inchiesta condotta dal Pm Narducci produce misure cautelari per i dimostranti! Con accuse francamente surreali rispetto alla gravità della misura dopo così tanto tempo e al merito effettivo dei fatti contestati: danneggiamenti e interruzione di pubblico servizio. Qualcuno è accusato "di aver fatto bloccare un pullman", qualcun altro "di aver tentato di sottrarre lo scudo a un agente di polizia", mentre li massacravano di botte...! Gli elementi che a distanza di così tanto tempo qualificherebbero la "pericolosità sociale" sono ancora più incredibili: per Egidio e Davide ad esempio è il fatto di essere stati fermati in un camion (quello della manifestazione dello Jatevenne Day il 30 settembre 2008) insieme al proprietario dello stesso che nel camion teneva una falce. Situazione per la quale all'epoca del fermo del camion non ricevettero nessuna accusa perchè fù subito accertato che la falce apparteneva al proprietario che di mestiere fa il contadino. Per Pietro addirittura la situazione è paradossale: proprio il 23 maggio fu fermato durante le cariche e processato per resistenza. Quindi sarebbe due volte inquisito per le stesse cose!! E l'elemento che secondo il Pm accerterebbe la sua "pericolosità", il fatto di parlare col megafono agli altri manifestanti, è stato già derubricato nel giudizio del tribunale come un atto non rivolto ad aizzare la folla ma a mantenere la calma... E allora ci chiediamo se l'inchiesta di Narducci c'entri qualcosa con l'amministrazione della giustizia o non rappresenti piuttosto la rivalsa esemplare dei poteri forti di questa regione e di questo paese verso la resistenza di una popolazione che ha fatto parlare l'Italia e ha disturbato non poco i grandi speculatori "dell'affare rifiuti". Ma noi non ci stiamo a veder criminalizzata la nostra lotta in difesa della salute e della nostra terra mentre i grandi inquisiti per la sua devastazione (a partire da Guido Bertolaso) girano tranquillamente a piede libero! Già oggi convochiamo un'assemblea al presidio di Chiaiano alle ore 18.00 per mobilitarci e chiediamo a tutti i cittdadini napoletani di difendere con noi la verità e la giustizia. (Comitato in difesa delle cave di Chiaiano e Marano)

Editoriale

Incidenti sul lavoro: sempre più spesso sono i tribunali a decidere

Nove condanne, comprese tra un anno e sei mesi e due anni di reclusione sono state chieste dal pm di Milano, nel processo che vede imputati anche alcuni responsabili e dirigenti delle Ferrovie Nord, in relazione alla morte di un operaio travolto da un treno Malpensa Express mentre stava lavorando sulla banchina della stazione di Bollate (Milano). Il 27 maggio 2005 l'operaio, Sergio Della Morte, di 39 anni, venne ucciso dal treno perchè non si accorse del suo arrivo, mentre stava effettuando lavori di manutenzione nello spazio compreso tra la rotaia e la banchina. Secondo l'accusa, sarebbe bastato un «agente avvistatore» per richiamare l'operaio al lavoro, ma «per mere esigenze di contenimento dei costi» non era stato utilizzato. Il pm oggi ha chiesto la condanna a due anni di reclusione per cinque persone, tra cui due responsabili delle Ferrovie Nord, un architetto e due rappresentanti della ditta che prese in subappalto i lavori. L'accusa inoltre ha chiesto una condanna a un anno e sei mesi per altre tre persone, tra cui tre rappresentanti e responsabili dell'azienda appaltatrice e il capo dell'unità tecnico logistica della stazione di Bollate. Tutti sono imputati di cooperazione in omicidio colposo.

NOTIZIE BREVI

ITALIA

TARANTO: GRAVE INCIDENTE SUL LAVORO ALL'ACCIAIERIA ILVA (audio: ROR)

Un capoturno e due operai dell'Ilva di Taranto sono rimasti feriti - uno in modo grave - in un incidente sul lavoro avvenuto nel reparto Finitura Nastri. I tre operai stavano avvolgeno un rotolo di materiale metallico, quando la saldatura cosi detta di sicurezza che lo teneva è saltata e il rotolo li ha travolti.Due di loro hanno riportato contusioni al torace e alle mani. Il manutentore, Orazio Laera, è stato sbalzato invece in una botola profonda oltre tre metri: ha riportato un trauma facciale e ha perso molto sangue. Ora si trova in ospdeale. «Quello che è accaduto è grave - dice all'Ansa Cosimo Panarelli, della Fim Cisl -. Il rotolo di Coils era di elevato spessore e non poteva essere trattato in quella maniera. Abbiamo chiesto un incontro urgente all'azienda per fare chiarezza sull'accaduto». Sul posto sono intervenuti anche gli ispettori del lavoro e i carabinieri per ricostruire le modalità dell'incidente e chiarire eventuali responsabilità. (ANSA).

MILANO: Muore un operaio caduto dal camioncino mentre lavorava

È morto all'ospedale Niguarda di Milano un operaio di 48 anni che giovedì mattina è caduto dal camioncino della nettezza urbana mentre era impegnato nella raccolta dei rifiuti a Caronno Pertusella, nel Varesotto. Salvatore Grasso, si trovava nel reparto di rianimazione dell'ospedale, in gravissime condizioni per il trauma cranico e le lesioni su tutto il corpo riportate nell'incidente. L'uomo, impiegato della Eco Nord, l'azienda che gestisce la raccolta dei rifiuti nel comune, avrebbe perso l'equilibrio all'improvviso, cadendo dal camioncino in movimento. Per quattro giorni il personale medico ha cercato di salvargli la vita, ma nella serata di ieri le sue condizioni sono peggiorate in maniera irreversibile. Quanti incidenti al giorno dovrannoi ancora accadere prima che qualcuno faccia qualcosa? Quasi tutti gli incidenti sembrano avvenire per distrazione dei lavoratori o per loro imperizia, ma questo è quello che vorrebbero industriali e costruttori. Sappiamo bene che i problemi sono ben altri: i ritmi di lavoro in primo luogo, poi le condizioni materiali in cui esso si svolge, la mancanza di una formazione corretta dei lavoratori, i contratti “atipici”...

REGGIO EMILIA: MOLESTIE SESSUALI SUL LAVORO CONTRO UNA DONNA

Sono molte le donne, immigrate o autoctone, che subiscono violenze dai propri padroni, come è giusto definirli. Non sempre quaste storie trovano spazio sulla stampa perché possono emergere solo a seguito della denuncia di chi ha subito violenza: così è accaduto oggi a Reggio Emilia, dove una donna era appena riuscita a trovare un lavoro di “domestica” o “colf”, ma da subito l'uomo che l'ha assunta ha mostrato le sue reali intenzioni, prima rivolgendo inequivocabili apprezzamenti e poi palpeggiandola. Vittima delle tentata violenza una 18enne di Reggio Emilia che è riuscita a sfuggire al suo aguzzino .

Operai della Colombo a Milano occpano la sede dell'azienda

Una trentina di lavoratori in cassa integrazione della Carlo Colombo Spa, società produttrice di componenti in rame, hanno occupato gli uffici della sede centrale di Milano in via Crespi per protestare «contro l'atteggiamento di totale chiusura dell'azienda riguardo agli accordi presi in tema di ricollocazione degli esuberi e dei prepensionamenti». Gli operai, come si legge in una nota, «sono decisi a mantenere l'occupazione finchè l'azienda non darà delle serie garanzie di voler rispettare gli accordi presi più di un anno fa con i lavoratori e il sindacato». I lavoratori della Carlo Colombo protestano perchè l'azienda «si è lavata le mani» quando Confindustria a ottobre ha comunicato che mancavano le condizioni per concedere il secondo anno di cassa integrazione a cui si era impegnata a gennaio dello scorso anno dopo aver attivato una procedura di mobilità per 81 dipendenti nella sede di Agrate Brianza con conseguente chiusura del sito. «Gli esuberi non sono stati ben gestiti - denuncia il Comitato dei lavoratori -. Tale compito spettava alla Carlo Colombo, che se ne lava le mani e la soluzione sono 77 lavoratori in mobilità! Dopo le proteste dei lavoratori, la Regione concede per il 2010 la Cassa integrazione in deroga, ossia l'azienda scarica sulla collettività i costi che si era impegnata a versare».

ELEZIONI REGIONALI: FORTE ASTENSIONE, FORSE PAREGGGIO TRA I DUE POLI

In bilico il Lazio e il Piemonte, ma nelle altre regioni i giochi sembrano fatti, anche a spoglio ancora in corso. Restano al centrosinistra Emilia Romagna, Toscana, Marche, Umbria, Basilicata e Puglia, e anche in Liguria è in vantaggio il centrosinistra. Il centrodestra si afferma in Lombardia, Veneto, Calabria e Campania. L'astensione è alta un po' ovunque. L'affluenza nelle 9 regioni gestite dal ministero dell'Interno e' stata pari al 65%, con un calo del 7% rispetto alla precedente tornata elettorale regionale. Lo ha detto il ministro dell'Interno, Roberto Maroni. Il calo piu' significativo, ha aggiunto, e' quello del Lazio, dove la diminuzione e' stata del 10 per cento.

ROMA: PRECARI VOTANO S.PRECARIO (audio: ROR)

Oggi 29 Marzo, alle 15.10, come comitati per il reddito ci siamo ritrovati nel seggio dietro piazza Venezia, vicino Palazzo Grazioli, perché vogliamo votare per il nostro unico candidato: S.Precario! Abbiamo un decreto interpretativo dalla nostra parte! Eravamo solo usciti un attimo a mangiare un panino e ora vogliamo che ci facciate esprimere per il nostro candidato che è l’unico che parli di contenuti in queste elezioni. Vogliamo rivendicare un reddito di cittadinanza garantito per disoccupati e precari. Nella Regione Lazio è stata approvata una legge, unica in Italia, per il reddito garantito ma con pochissimi soldi, infatti a oggi su 130.000 domande ne sono state soddisfatte solo 1000. Da qui vogliamo che si parta per affermare un nuovo sistema di welfare degno di questo nome, dove si garantiscano i servizi a partire dalla sanità e dalla formazione, fino ad arrivare al diritto all’abitare e ai trasporti.

VICENZA: AZIONE DEL PRESIDIO NO DAL MOLIN CONTRO LA BASE USA (audio: ROd'U)

Azione di lotta, ieri, da parte degli attivisti No Dal Molin di Vicenza. Un centinaio di donne e uomini, ritrovatesi al presidio permanente all'ora di pranzo, ha rimosso una delle recinzioni illegali, non autorizzate, allestite attorno ai cantieri della nuova base militare statunitense in costruzione. Obiettivo dell'azione: eliminare l'ennesimo intervento illecito, fatto per impedire ai cittadini di Vicenza di vedere cosa succede nei cantieri.

AQUILA: SEQUESTRATE LE CARRIOLE E VIETATO RIPULIRE IL CENTRO CITTADINO

"Oggetto: Verbale di sequestro di una carriola, in pessimo stato di conservazione, con contenitore in ferro di colore blu, con legatura in ferro sotto il contenitore, e cerchio ruota di colore viola, e di due pale con manico in legno". Questo il testo di in verbale di sequestro della Digos, intervenuta ieri contro il cosiddetto popolo delle carriole tornato, come sempre nelle ultime domeniche, nel centro storico dell'Aquila, per portare via le macerie del terremoto, in segno di protesta contro chi ha speculato sul sisma. Circa duecento persone sono scese in strada, nonostante il divieto della Prefettura, motivato dal silenzio elettorale. Il sequestro della carriole da parte delle forze dell'ordine è stato immediato. Era un'eventualità attesa e gli organizzatori della protesta hanno attuato una strategia diversiva: sono entrati nel centro storico come normali cittadini e, una volta dentro, hanno preso alcune carriole che avevano nascosto precedentemente sotto un tendone, in piazza Duomo. Poi hanno formato un corteo sulla via principale, che si è diretto verso piazza Nove Martiri. La polizia è rimasta a guardare, ma ha provveduto a identificare tutti i manifestanti. "La Digos ha preso i nomi di decine di noi -dicono i manifestanti-. Vogliono denunciarci. Intimidirci. Noi ci autodenunceremo tutti come portatori delle carriole".

ESTERI

RUSSIA: ATTENTATO SUICIDA NEL METRO', DECINE DI MORTI

Una sfida del terrorismo caucasico al cuore dello Stato, messa a segno da un commando di sole donne, come durante il conflitto russo-ceceno: sembrano concordi investigatori, analisti e politici sull'interpretazione del duplice attentato terroristico che stamane, dopo sei anni, torna a colpire la frequentatissima metropolitana di Mosca, causando 37 morti e 102 feriti, una trentina dei quali in gravi condizioni. La pista del terrorismo nord-caucasico è stata indicata ufficialmente da Aleksandr Bortnikov, capo dei servizi segreti (Fsb), vicino alla cui sede è avvenuto il primo attentato, quello nella stazione Lubianka: "Sul posto sono stati trovati i resti di due donne kamikaze che, secondo i dati preliminari, avevano a che fare in termini di residenza con il Caucaso del Nord", ha spiegato Bortnikov. Donne anche le presunte complici, già ricercate dopo che le videocamere della metro hanno ripreso i loro volti. Il generale ha aggiunto che è stato usato come esplosivo l'Exogene, impiegato in precedenti attentati di matrice caucasica. In una stazione la potenza era pari a 4 kg di tritolo, nell'altra a 1,5-2 kg. Entrambi gli ordigni erano inoltre imbottiti di chiodi, bulloni e pezzi di ferro. Immediata la reazione del Cremlino, che ha già disposto il rafforzamento delle misure di sicurezza in tutto il Paese: la lotta al terrorismo sarà proseguita "sino alla fine e senza alcuna esitazione", ha assicurato il presidente Dmitri Medvedev, attento anche a richiamare i servizi segreti a non violare i diritti delle persone durante le indagini. Gli attentati sono avvenuti lungo la linea rossa Sokolniceskaia, che passa sotto il cuore della capitale, a due passi dal Cremlino e dalla piazza Rossa. Il primo ordigno è esploso all'altezza del secondo vagone, durante la fermata alla stazione Lubianka, alle 07.56 (le 05.56 in Italia). Il secondo ordigno è deflagrato 40 minuti dopo alla stazione Park Kulturi, vicino al leggendario Gorki Park. L'esplosione ha interessato la terza vettura del treno, che andava verso la periferia, in direzione contraria rispetto al primo. Gli attentati hanno seminato il panico tra i passeggeri e nella popolazione, che ormai pensava di essersi lasciata alle spalle la lunga stagione degli attentati ceceni dei primi anni Duemila. Numerose le ambulanze arrivate sul posto per i primi soccorsi. Per l'evacuazione dei feriti sono stati usati anche elicotteri. "E' una catastrofe", ha detto all'ANSA il procuratore di Mosca Iuri Semin.

GRECIA: ATTENTATO ATENE, PROSEGUONO INDAGINI ALTITERRORISMO

Continuano le indagini dell' Antiterrorismo greco sul luogo dello scoppio della bomba che, nella tarda serata di ieri, ha ucciso ad Atene un giovane di origine afgana, ferendo la madre e la sorellina. Secondo l'ultimo comunicato della polizia, i servizi dell'antiterrorismo stanno indagando su una telefonata anonima, fatta da una persona che parlava con accento straniero, alle 8,46 di mattino, alla stazione televisiva Alter, e nella quale si annunciava, di lì a pochi minuti, lo scoppio di una bomba davanti alla sede di «Evee». La polizia ha cercato, senza esito, la sede di qualche dipartimento al quale corrispondessero le iniziali riferite dall'autore della telefonata. La bomba, peraltro, non è scoppiata nei tempi annunciati dalla telefonata, ma molte ore più tardi, davanti alla sede della Scuola per la Formazione dei Funzionari Pubblici. L'interrogativo al quale la polizia è chiamata ora a rispondere è se la bomba è in qualche modo collegata con la telefonata anonima, ma con un obiettivo sbagliato, e perchè non è stata fatta una seconda telefonata, visto che la bomba non è esplosa nel tempo preannunciato. In caso contrario si pensa che forse la bomba è stata messa pochi minuti prima della scoperta da parte della famiglia di immigrati e che gli autori non hanno avuto il tempo di fare un' altra telefonata di avvertimento.


Gr 13:00

In primo Piano

Una diga lascia a secco 200mila etiopi L'impianto, realizzato dall'italiana Salini, blocca le piene del fiume Omo che alimentano agricoltura a pascoli

MILANO - Su oltre 200mila persone incombe un'ombra gigantesca, che parte dall'Italia. Si chiama Gibe III: è una diga alta 240 metri il cui bacino si allungherà per 150 km. Posizionata nella bassa Valle dell'Omo (vedi mappa), e realizzata dall'italiana Salini Costruttori, questa struttura mastodontica, destinata a diventare la più grande dell' Africa, muterà drasticamente la portata del fiume Omo, principale affluente del Lago Turkana del Kenya, eliminando il naturale ciclo delle piene e mettendo a repentaglio coltivazioni e pascoli dell'intera area. Il Gibe III è il nuovo passo che seguirà il Gibe II, impianto con un tunnel lungo 26 chilometri che genera elettricità, sfruttando la differenza di altitudine tra il bacino della diga Gibe I e la sottostante valle dell'Omo.

Anche questo impianto è stato realizzato dalla Salini, che ha messo a frutto il più grande contributo versato dalle casse italiane per un progetto all'estero: 220 milioni di euro. Almeno in parte spesi male, visto che un pezzo di questo tunnel, inaugurato il 13 gennaio scorso alla presenza del ministro degli Esteri Franco Frattini, dopo 12 giorni è crollato (vedi video) interrompendo subito il flusso di elettricità che, nelle parole del ministro «avrebbe dovuto cambiare la vita all'Etiopia». E invece Meheret Debebe, capo dell'Ethiopian Electric and PowerCorporation (EEPCo), l'ente elettrico etiope, ha invitato la gente a «comprendere il problema e risparmiare energia finchè il guasto non sarò risolto».

I DANNI - Ma quella è storia passata. Ora all'orizzonte c'è quella della diga Gibe III che rilancia rischi enormi sulla testa delle popolazioni indigene della valle dell’Omo legati alla scomparsa del naturale ciclo delle piene. Danni esclusi però dalla Salini già nello scorso gennaio, in una dichiarazione pubblicata su Panorama: «Abbiamo previsto rilasci d’acqua controllati a beneficio dell’agricoltura e progettato l’invaso in modo che si riempia a una velocità compatibile con la quantità delle piogge. Questa è un’occasione per trasformare l’Etiopia in un esportatore di energia, se l’Italia non farà la sua parte la faranno i cinesi, che si sono già aggiudicati la costruzione della diga Gilgel Gibe IV». Prendere o lasciare quindi. Ma i rischi a cui vanno incontro le popolazioni indigene sono invece confermati in un dossier realizzato da International River, che studia e tutela i diritti delle popolazioni che vivono sugli argini dei fiumi: «Gli agricoltori locali piantano le colture lungo le rive del fiume dopo ogni piena annuale. Queste ridanno anche vita ai pascoli per il bestiame e segnano l’inizio della migrazione dei pesci. Se non si fermeranno i lavori e non si interverrà con adeguate misure di mitigazione, la diga provocherà carestie croniche, problemi di salute, dipendenza dagli aiuti umanitari, e un generale disfacimento dell’economia della regione e della stabilità del suo tessuto sociale, in un ambiente ecologicamente già di per sè molto fragile».

APPALTO E COSTRUZIONE - I lavori di costruzione sono iniziati nel 2006: la Salini ha aperto il cantiere in accordo con il governo etiope che ha approvato l'appalto a trattativa diretta, senza alcuna gara e quindi senza comparazione delle offerte. «Nella fretta di procedere - si legge ancora nel dossier di International River - il governo ha omesso di valutare tutti i rischi economici, tecnici e d’impatto ambientale e sociale, violando leggi interne e standard internazionali. Inoltre non ha preso in considerazione gli effetti legati ai cambiamenti climatici, che sul lungo termine potrebbero incidere drammaticamente sulla capacità produttiva della diga. Oggi sono stati effettuati studi postumi alla costruzione per confermare una decisione presa anni fa». L'unica valutazione di impatto ambientale è stata fatta a posteriori, a cantiere già aperto. «Al di là di questa anomalia, che non è di poco conto - commenta Marco Bassi, antropologo italiano dell'università di Oxford appena rientrato dalla Valle dell'Omo, dove studia le culture indigene - non si tratta di uno studio degno di questo nome. L'ho verificato di persona quando mi sono trovato nelle aree indicate dalle mappe della relazione: non sono segnati i villaggi, non si traccia in modo preciso la distinzione tra zone agricole e selvatiche mentre quelle a pascolo non sono nemmeno indicate. Come si può pensare che ci siano certezze che una diga di quelle dimensioni funzioni in modo da salvaguardare le economie di sussistenza della popolazione? La verità è che le tribù dei Kara e dei Kwegu che vivono lungo il corso del fiume sono condannate all'estinzione e anche tutte le altre che abitano sul delta vedranno compromesse le loro fonti di sostentamento».

AFFITTO DELLE TERRE - Oltre ad accarezzare l'idea di vendere energia elettrica al Kenya, nella Valle dell'Omo il governo etiope progetta di affittare vaste aree di terra indigena a compagnie e governi stranieri per coltivazioni agricole su larga scala, biocarburanti inclusi. Si tratta di circa 120mila ettari, un business colossale. E da qui arriva la spinta alla costruzione di Gibe III: per l'irrigazione verrà attinta acqua dalla diga. La maggior parte dei popoli colpiti non sa nulla del progetto e il governo sta lavorando contro le organizzazioni tribali a loro insaputa. L'anno scorso, nella parte meridionale del paese le autorità hanno sciolto almeno 41 associazioni locali rendendo impossibile il dialogo e lo scambio di informazioni sulla diga tra le varie comunità. «Per le tribù della valle dell'Omo - ha detto Stephen Corry, direttore generale di Survival International, associazioni che tutela le popolazioni indigene - la diga Gibe III sarà un cataclisma di ciclopiche proporzioni. Perderanno le loro terre e tutti i loro mezzi di sussistenza. Nessun ente degno di rispetto dovrebbe finanziare questo atroce progetto».

NOTIZIE BREVI

ESTERI

RUSSIA

SCONTRI ED ESPLOSIONI A MOGADISCIO

Sono in corso da questa mattina a Mogadiscio violenti scontri a fuoco tra soldati dell’esercito regolare e uomini armati dell’insurrezione anti-governativa. Lo riferiscono fonti locali che parlano di almeno un morto e cinque feriti negli scontri a fuoco, concentrati nei distretti di Hawl Wadag e Hodan, cominciati sporadicamente durante la notte e via via intensificatisi. Secondo alcune emittenti locali sarebbero intervenuti in sostegno dell’esercito anche alcuni caschi verdi della missione dell’Unione Africana a Mogadiscio (Amisom). In un episodio separato, altre due persone sarebbero rimaste ferite e una uccisa, quando una granata è esplosa nei pressi di una postazione militare nel distretto di Hamar Jabab. Non si sarebbe trattato dell’unica esplosione verificatasi nelle ultime ore nella capitale, secondo testimoni locali che parlano di altre deflagrazione avvenute nei pressi di altre basi dell’esercito ma senza provocare vittime.

Afghanistan, colpito elicottero nella provincia di Zabul: 14 feriti

I talebani hanno rivendicato l'azione, precisando di aver invece ucciso tutti i militari a bordo

Un elicottero della Nato è precipitato nella provincia di Zabul, nell'Afghanistan meridionale. Quattordici i feriti. La Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf) ha diffuso un comunicato in cui si precisa che il personale a bordo del velivolo è stato trasferito in una base militare per cure mediche. Secondo Mohammad Jan Rasoolyar, portavoce del governatorato di Zabul citato dall'agenzia di stampa 'Dpa', i feriti sono nove militari Isaf, quattro soldati afgani e un interprete afgano. Su quanto avvenuto Isaf ha aperto un'inchiesta, ma al momento precisano dalla Forza internazionale di assistenza alla sicurezza "non vi sono indicazioni" che facciano pensare a un attacco degli insorti. Con un comunicato i talebani hanno rivendicato la responsabilità per quanto avvenuto, sostenendo di aver ucciso tutti i militari che si trovavano a bordo del velivolo.

La Volvo diventa cinese

La Volvo è diventata cinese. A Goeteborg è stato firmato oggi l'accordo conclusivo che segna il passaggio del costruttore automobilistico svedese dalla Ford alla Geely, la maggior casa produttrice privata cinese, controllata dal milionario Li Shufu. Lo rende noto il portavoce del gruppo svedese, confermando un'agenzia di Nuova Cina.

La scommessa imprenditoriale è importante. Non solo perché Geely acquisisce una casa automobilistica con un fatturato cinque volte maggiore. Ma anche perché con l'avvicinarsi del closing dell'operazione i sindacati della Volvo sono allertati e chiedono la massima trasparenza nell'operazione, che coinvolge 22 mila dipendenti in tutto il mondo.

La transazione, rivela il Financial Times, dovrebbe avere un valore di 1,8 miliardi di dollari pari a circa 1,3 miliardi di euro. Di tale cifra, tra i 500 e gli 800 milioni di dollari sarebbero prestati dalla Banca Europea degli Investimenti e altri 500 milioni dai governi di Svezia e Belgio, che ospitano gli impianti produttivi di Volvo.

ITALIA

Rifiuti Napoli: i 5 indagati frequentano tutti un centro sociale

Non volevano la discarica, puniti dalla giustizia. Cinque misure cautelari sono state eseguite dagli uomini della Digos della Questura di Napoli nell’ambito dell’inchiesta della Procura della Repubblica per le manifestazioni contro la discarica di Chiaiano del maggio 2008. Uno dei manifestanti è stato posto agli arresti domiciliari mentre per altri quattro è stato disposto l’obbligo di firma. I provvedimenti hanno colpito persone che gravitano, secondo quanto riferiscono fonti di polizia, nell’ambiente dei centri sociali. Tra gli episodi contestati, quello dell’incendio di un pullman.

IL COMITATO: RIVALSA DEI POTERI FORTI - «Ci chiediamo se quest’inchiesta c’entri qualcosa con l’amministrazione della giustizia o non rappresenti piuttosto la rivalsa esemplare dei poteri forti di questa regione e di questo Paese verso la resistenza di una popolazione che ha fatto parlare l’Italia e ha disturbato non poco i grandi speculatori dell’affare rifiuti». Lo dice, in una nota, il comitato in difesa delle cave di Chiaiano e Marano in merito alle misure cautelare disposte dalla Procura di Napoli nei confronti degli attivisti del presidio anti discarica. Nel comunicato si accusa la polizia che, a dire del comitato, «caricò il presidio di cittadini a mani alzate facendo indignare tutta l’Italia mentre il giorno dopo due ragazzi sarebbero addirittura stati scaraventati giù da via Cupa dei Cani rischiando di ammazzarli. Ebbene, mentre nessuno di quei poliziotti e dirigenti è stato mai inquisito per quelle cariche e per la loro violenza gratuita, a due anni di distanza l’inchiesta condotta dal Pm Parducci produce misure cautelari per i dimostranti, con accuse francamente surreali rispetto alla gravità della misura dopo così tanto tempo e al merito effettivo dei fatti contestati: danneggiamenti e interruzione di pubblico servizio».

«LA NOSTRA LOTTA CRIMINALIZZATA» - «Noi - sottolineano i componenti del comitato - non ci stiamo a veder criminalizzata la nostra lotta in difesa della salute e della nostra terra mentre i grandi inquisiti per la sua devastazione (a partire da Guido Bertolaso) girano tranquillamente a piede libero. Già oggi - annunciano - convochiamo un’assemblea al presidio di Chiaiano alle ore 18 per mobilitarci e chiediamo a tutti i cittadini napoletani di difendere con noi la verità e la giustizia». Siparietto


Gr 9:30

ESTERI

ITALIA


Appunti e note redazionali

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gror100329 (last edited 2010-03-29 17:37:49 by anonymous)