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Appunti e note redazionali

Fonti

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FEMMINICIDI

Crescono i casi di violenza sulle donne nel catanese Aprite un centro a Giarre Adriana Prazio, presidente del centro antiviolENza e antistalking “La Nereide” di Siracusa, sulla base dei dati relativi ai vari casi registrati nell’hinterland jonico-etneo chiede di aprire a Giarre, in provincia di Catania, un nuovo sportello antiviolenza. “Raccogliamo segnalazioni da numerosi comuni che interessano l’area jonica di Giarre, Randazzo, Bronte, ma anche Messina – dice Adriana Prazio -. Sono storie di donne maltrattate da compagni o mariti, o violentate per le quali immediatamente attiviamo una rete di contatti per poterle aiutare in tempi veramente brevissimi”.

MORTI SUL LAVORO

E' deceduto oggi (18 gennaio) all'ospedale Niguarda di Milano Salvatore Catalano, uno dei sei operai rimasti gravemente ustionati nell'incidente sul lavoro avvenuto a Paderno Dugnano lo scorso novembre nell'azienda Eureco.

Un operaio è rimasto gravemente ferito mentre lavorava all'interno di un deposito dell'Atac in via di Grottarossa, a Roma. Secondo quanto si è appreso, l'operaio, un trentacinquenne dipendente dell'azienda di trasporti capitolina, è stato schiacciato da un motore mentre lavorava sotto un ponte elevatore. L'uomo stava smontando il motore e con ogni probabilità hanno ceduto i supporti in ghisa. L'operaio è stato trasportato all'ospedale S. Andrea, dove è ricoverato in prognosi riservata.

FIAT: ADESSO IL RICATTO A MELFI E CASSINO

Dopo Pomigliano e Mirafiori, il nuovo contratto Fiat investirà anche Melfi e Cassino. È quanto afferma Sergio Marchionne in un’intervista pubblicata oggi da Repubblica, in cui l’ad del Lingotto sostiene che “non c’è alternativa” al nuovo modello contrattuale. Marchionne ha promesso di alzare i salari e, addirittura, di far partecipare i dipendenti agli utili, a patto però di riuscire prima a ridurre i costi di produzione. “Ci arriveremo -ha detto il manager-. Voglio arrivarci. Ma prima di parteciparli, gli utili dobbiamo farli”. Negando l’intenzione di cedere Alfa Romeo e il comparto veicoli industriali, Marchionne ha però confermato la volontà di spostare sempre più verso l’estero gli assi portanti della Fiat. “Bisognerà abituarsi al fatto che avremo più teste, a Torino, a Detroit, in Brasile, in Turchia, spero in Cina” ha spiegato l’ad del Lingotto. Categorica, infine, la risposta alle richieste di riaprire la trattativa sul contratto dopo il referendum di Mirafiori. “L’intesa Mirafiori non si tocca. Nel referendum le urne hanno detto che il sì ha avuto la maggioranza. Il discorso è chiuso” ha dichiarato con spavalderia Marchionne. La risposta a Marchionne arriva dalle pagine del Corriere della sera per bocca di Giorgio Airaudo, responsabile auto della Fiom. “I lavoratori che hanno votato sì hanno la stessa dignità di quelli del no, non sono certo stati vigliacchi, e molti di loro hanno espresso la loro opinione con legittima convinzione -ha detto Airaudo-. Ma se quel voto fosse stato davvero libero, io so chi avrebbe vinto”. Chiaro il riferimento al ricatto di Marchionne verso gli operai: accettare il nuovo contratto, oppure rischiare di restare senza lavoro perché l’azienda, senza l’ok al referendum, non avrebbe investito sulla fabbrica di Mirafiori. Esattamente lo stesso ricatto già messo in scena dal Lingotto a Pomigliano d’Arco. Intanto, da stamani, operai e sindacalisti della Fiom presidiano il palazzo di giustizia di Melfi (Potenza), dov’è in corso la terza udienza del processo per esaminare il ricorso della Fiat contro la decisione del giudice del lavoro che, nell’agosto 2010, reintegrò tre operai dello stabilimento potentino del Lingotto che l’azienda aveva licenziato un mese prima, ritenendoli responsabili di aver interrotto una linea di produzione durante un corteo interno. Al presidio partecipano anche i tre lavoratori licenziati e poi reintegrati, che però l’azienda non ha mai fatto tornare alla catena di montaggio, offrendo loro solo la possibilità di svolgere attività sindacale.

Casilino 900 un anno dopo. La chiusura fa ancora discutere Il 19 gennaio 2010 iniziava la demolizione del campo più grande d’Europa. L’associazione romana "21 luglio" annuncia un rapporto sulla ‘diaspora’ dei suoi abitanti. Il 19 gennaio di un anno fa veniva abbattuta la prima baracca del campo rom simbolo di Roma e il più grande d’Europa: il Casilino 900. Circa un mese di lavori e poi la chiusura definitiva il 15 febbraio alle 13 in punto, con la chiusura del cancello da parte del sindaco di Roma, Gianni Alemanno. Le associazioni (con in testa la 21 luglio) e i portavoce dell'ex campo, Nenad Sedjiovic e Giuseppe Salkanovic, accusano il comune di non aver rispettato gli impegni, di non aver procurato case e lavoro e di aver causato gravi conseguenze scolastiche ai bambini. L’area dove sorgeva l’ex insediamento, del resto, non è mai diventata un parco ed interessi speculativi rendono appetibile quello spazio, nuovamente ripopolato da baracche sparse degli ultimi “disperati” ed utilizzato, al suo ingresso, come discarica”. Secondo l’associazione 21 luglio, “oggi gli ex abitanti di Casilino 900, profondamente umiliati dalle false promesse delle autorità, rimpiangono le loro case con acqua ed elettricità, l’armonia che si respirava tra le famiglie e la vicinanza dal centro di Roma e dai servizi essenziali, come scuole, ospedali e negozi di generi alimentari”. Il report sarà presentato alla stampa martedì 15 febbraio alle ore 11,00 presso la sala Auditorium Unicef in via Palestro 68, a Roma, mentre alle 16,00, ci sarà la presentazione del Report per i cittadini a cui seguirà una tavola rotonda con le associazioni.

Ddl, Cgil: "150 mila precari hanno 7 giorni per impugnarlo Manca una settimana al termine dei 60 giorni, stabiliti dal collegato lavoro, perchè i lavoratori con un contratto a termine scaduto possano fare ricorso al proprio datore di lavoro prima di perdere definitivamente il diritto di farlo. Il 23 gennaio, infatti, e' la 'dead line' individuata dal collegato lavoro, dopo l'entrata in vigore della legge lo scorso 24 novembre, per quei lavoratori e quelle lavoratrici con un contratto a termine scaduto, di impugnare il licenziamento contro l'azienda in caso di irregolarita', pena la decadenza dal poterlo fare per tutti i periodi retroattivi". Si tratta di "una norma tagliola" , una vera e propria controriforma del diritto e del processo del lavoro. Ma e' soprattutto una norma, quella dei 60 giorni, che colpisce i lavoratori e le lavoratrici precarie che attendono un eventuale rinnovo". Restituzione tasse terremotati, si comincia tra 13 giorni con quelle automobilistiche E' stata fissata al 31 gennaio prossimo la scadenza per il pagamento in unica soluzione. L’Agenzia delle entrate, d'intesa con la Regione Abruzzo, ha formalizzato i termini e le modalità per la restituzione delle tasse automobilistiche sospese a causa del sisma del 6 aprile 2009. Nelle scorse settimane, dopo giorni di proteste e tensioni, il termine per la restituzione delle tasse per i Comuni del cratere, inizialmente previsto per il 1° gennaio 2011, è stato prorogato di sei mesi. Un lavoro impegnativo che è riuscito a tamponare l'emergenza, anche se non tutti si sono detti contenti e qualcuno si aspettava una proroga più ampia.

ESTERI

Egitto. La situazione dei MIGRANTI AFRICANI SEQUESTRATI daiTRAFFICANTI Sono rimasti in 27, tra cui quattro donne, gli ostaggi eritrei in mano a trafficanti di uomini nel deserto del Sinai. Lo rende noto l’associazione Habeisha per i diritti dei migranti, sottolineando che, in base alle testimonianze degli stessi rifugiati segregati nella penisola egiziana al confine con Israele, una delle donne, incinta al quinto mese di gravidanza, rischia di perdere il bambino, a causa di abusi e maltrattamenti subiti dai predoni. Secondo l’associazione, che grazie a contatti con gli ostaggi e i loro familiari ha sollevato la drammatica situazione dei migranti portandola all’attenzione dell’opinione pubblica internazionale, altri 32 eritrei sarebbero caduti nelle mani di trafficanti. La richiesta dei carcerieri, come nel caso precedente, è di diverse migliaia di euro in cambio dei rilascio. Intanto ieri, una giovane eritrea di circa 20 anni è stata uccisa a colpi di arma da fuoco dalle guardie di frontiera egiziane mentre tentava di superare illegalmente la frontiera con Israele. Secondo fonti locali egiziane altri sei eritrei sono stati arrestati nella notte mentre tentavano di attraversare il confine.

TUNISIA: GOVERNO NUOVO, POLITICI VECCHI: PROTESTE DI PIAZZA La formazione del nuovo esecutivo di unità nazionale non spegne le proteste della popolazione in Tunisia. Centinaia di persone si sono nuovamente radunate oggi nel centro di Tunisi per manifestare contro il partito dell’ex presidente Ben Ali, comunque dominante nella coalizione di governo ufficializzata ieri. La polizia ha disperso il corteo, ma nella capitale si registrano comunque tante piccole manifestazioni spontanee, sparse un po’ in tutta la città. Proteste di piazza anche a Biserta, dove nei giorni scorsi si sono verificati violenti scontri sia fra cittadini e polizia, sia fra esercito regolare e forze fedeli a Ben Ali. Anche a Biserta, come a Tunisi, i dimostranti hanno chiesto a gran voce lo scioglimento del partito di regime e le dimissioni del premier, Mohamed Ghannouchi, esponente proprio del partito dell’ex presidente.

ARRESTI IN EUSKAL HERRIA Questa notte operativi della Guardia Civil e della Policia Nicional hanno effettuato 10 arresti sul territorio basco nella zona della Navarra, 10 persone accusate di appoggiare il gruppo armato Eta. In galera è finito anche Iker Moreno Ibanez, figlio dell’attuale portavoce della sinistra indipendentista basca, Txelui Moreno. Secondo il giudice Fernando Marlaska, che ha ordinato gli arresti, le persone finite in manette sarebbero accusate di aver cercato di ricostruire Ekin, un’associazione giovanile indipendentista illegalizzata dalle autorità spagnole perché ritenuta fiancheggiatrice di Eta. Il teorema che sta dietro a questa struttura accusatoria è però il solito: chiunque punti all’indipendenza da sinistra in modo radicale, per il sistema giudiziario spagnolo diventa automaticamente complice delle azioni armate di Eta. Le operazioni di oggi arrivano dopo che Eta, la scorsa settimana ha dichiarato un cessate il fuoco permanente e verificabile.'

Iran, arrestato il marito dell'avvocatessa che difese il Nobel Shirin Ebadi

Dopo aver cercato di difendere la moglie, condannata a 11 anni di carcere in Iran, Reza Khandan è stato anche lui arrestato domenica mattina a Teheran. La notizia è stata diffusa dal sito della campagna «Un milione di firme», un gruppo di attiviste che lottano contro le discriminazioni riguardanti le donne presenti nelle leggi iraniane. La moglie di Reza Khandan è Nasrin Sotoudeh, avvocatessa iraniana che ha difeso detenuti minorenni, prigionieri politici, attivisti per i diritti umani, e anche il premio Nobel per la pace Shirin Ebadi. Sotoudeh è stata condannata la scorsa settimana a 11 anni di carcere per attentato alla sicurezza dello stato e propaganda contro il regime. Le è stato proibito per altri 20 anni di esercitare la professione e di lasciare il Paese. Reza Khandan era stato convocato stamattina alla procura della prigione di Evin. Si trattava della sua seconda convocazione dopo l’arresto della moglie a settembre. La sua accusa non è ancora chiara. In passato gli era stato intimato di smettere di parlare con i media stranieri. Lui aveva continuato, cercando di difendere la moglie. Secondo i familiari gli è stato chiesto di versare una cauzione di 50 milioni di toman (37mila euro). Reza e Nasrin hanno due figli, di 11 e di 3 anni.


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