PROTESTE: MIGLIAIA IN PIAZZA TAHRIR PER IL “GIORNO DELLE DIMISSIONI”

Alta tensione a piazza Tahrir, dove migliaia di persone stanno affluendo per partecipare a una manifestazione che, nel venerdì di preghiera per i musulmani, ha l’obiettivo di costringere alle dimissioni il presidente Hosni Mubarak. Secondo fonti della MISNA al Cairo, tra i dimostranti c’è grande preoccupazione dopo gli incidenti seguiti alle incursioni dei sostenitori di Mubarak che negli ultimi due giorni hanno provocato almeno 13 vittime e centinaia di feriti. Oggi a piazza Tahrir si è recato il ministro della Difesa Mohammed Hussein Tantawi, che ha ribadito l’appello del governo al dialogo con le forze di opposizione, in particolare il movimento dei Fratelli musulmani. Una disponibilità al confronto politico era stata espressa nei giorni scorsi anche dal vice-presidente Omar Suleiman, nominato da Mubarak dopo l’inizio delle manifestazioni popolari. Ieri sera e ancora questa mattina, quest’ipotesi è stata però scartata dai Fratelli musulmani, considerati da molti osservatori il più popolare tra i movimenti che animano la rivolta. Offerte di dialogo e richieste di dimissioni immediate, a ogni modo, potrebbero essere scelte tattiche. Il quotidiano statunitense "New York Times" ha riferito di incontri di alto livello tra esponenti del governo egiziano e funzionari dell’amministrazione americana, storicamente alleata di Mubarak ma ora costretta dalla rivolta popolare a cercare soluzioni nuove. Secondo il giornale, si valuta la costituzione di un governo di transizione guidato da Suleiman dopo le dimissioni di Mubarak. Ancora ieri sera però, in un’intervista all’emittente americana “Abc”, il capo di Stato ha detto di non poter lasciare prima delle elezioni di settembre perché altrimenti ci sarebbe il “caos”. Oggi la parola alla piazza, per quello che le forze di opposizione hanno battezzato il "giorno delle dimissioni". Fonti della MISNA raccontano di agenti pagati dal governo per creare incidenti in piazza Tahrir e smantellare le milizie popolari che si sono costituite nei quartieri del Cairo, di Alessandria e delle altre città infiammate dalla rivolta.

Tunisia: abolita pena morte, approvata misura contro tortura

Il consiglio dei ministri tunisino ha approvato una serie di convenzioni internazionali e di protocolli non vincolanti riguardanti, in particolare, l'abolizione della pena di morte e la lotta contro la tortura.

Attualmente in Tunisia i condannati a morte per impiccagione sono 130, tra cui quattro donne. L'ultima sentenza è stata eseguita nel mese di ottobre del 1991. Le condanne a morte vengono tramutate nell'ergastolo "duro", nel senso che i condannati non hanno più alcun contatto con il mondo esterno, familiari ed avvocati difensori compresi.

COLOMBIA

URUGUAY

Fughe e rivolte a Restinco… e a Modena

«Trentadue ne son fuggiti venerdì scorso, quattro l’altro ieri sono riusciti a darsela a gambe dopo aver praticato un foro nel muro di recinzione del Centro di identificazione e di espulsione di Restinco.

Sono i “fantasmi” che non rivelano la propria provenienza e il proprio nome, gli stranieri che approdano sulle coste italiane sui barconi e che non hanno documenti. Scappano, organizzano sommosse, non hanno nulla da perdere. Quelli che riescono a dileguarsi non vengono quasi mai rintracciati in territorio brindisino, camminano a lungo per poi doversi arrendere dinanzi a qualcuno che li blocca e chiede loro il documento. E ricomincia la trafila. Non dichiarano la propria identità, vengono rinchiusi in un “Cie” in attesa che le pratiche burocratiche, che i contatti con i Paesi dai quali potrebbero provenire, abbiano buon esito. In taluni casi l’iter non si conclude mai, ché ci sono Stati, per lo più africani, dove non ci sono neppure le anagrafi. E’ una storia infinita quella della migrazione d’uomini disperati. I tentativi di evasione di massa sono ormai all’ordine del giorno. Non passa settimana che non vi siano disordini a Restinco, alla periferia di Brindisi. Lì c’è gente molto giovane, agile. Disposta a qualsiasi cosa pur di riacquistare la libertà. Sono per lo più persone che hanno visto o subito violenze inaudite, e che non temono agenti e militari brindisini. Ce ne sono una quindicina tra poliziotti, carabinieri, finanzieri e soldati dell’esercito che vigilano ogni giorno sulla tranquillità del “Cie”. E sono loro che rischiano la vita, quotidianamente, nel cercare di sedare rivolte e sommosse, nell’arginare i tentativi di fuga che quasi sempre sfumano, ma che talvolta vanno a segno. Martedì scorso è accaduto di nuovo, nel pomeriggio. I 46 ospiti del Centro di Restinco hanno praticato un foro in un muro di recinzione dal quale speravano di sgattaiolare, senza che nessuno se ne accorgesse. Sono stati chiamati i rinforzi. Anche i vigili del fuoco sono intervenuti a supporto degli uomini in divisa che erano lì e cercavano di ripristinare l’ordine. Uno degli stranieri è salito sul tetto, pensavano che si buttasse giù. Voleva soltanto trovare una via di fuga, non ce l’ha fatta.»