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In primo Piano

LA VAL SUSA NON E' SOLA, SIAMO TUTTI/E NO TAV!

Qualche settimana fa si è svolta un'operazione repressiva con decine di arresti e denunce nei confronti di attivisti/e NO TAV in tutta Italia. Da quel momento la solidarietà continua a esprimersi in molteplici forme, dal Nord al Sud del Paese: nessuna/o è sola/o, non ci sono buone/i e cattive/i. Un corteo di 80 mila persone si è riversato nella valle, da Bussoleno a Susa, per dire che il movimento NO TAV non si arresta e non ha paura. Il giorno dopo parte l'allargamento dei cantieri, attraverso l'esproprio militare delle terre valsusine. La resistenza dei NO TAV è immediata. Un compagno, Luca, per impedire l'avanzamento delle ruspe, si arrampica su un traliccio. Inseguito da un carabiniere rocciatore, cade, rischiando la vita: è tuttora ricoverato in ospedale in gravi condizioni. I giornali e i media screditano e minimizzano l'accaduto, insultando il coraggio e la determinazione di Luca. La risposta della Val di Susa è determinata, con blocchi e barricate che vengono immediatamente ricostruite non appena vengono sgomberate. Ancora una volta in tutta Italia la solidarietà si fa sentire con manifestazioni spontanee, presidi, blocchi stradali e ferroviari.  Queste sono solo le ultime pagine di una lotta che va avanti da 23 anni. Di fronte all'attacco dello Stato nei confronti del movimento No Tav, di fronte alla repressione di ogni forma di conflitto, al di fuori del “consentito”, tanto il 3 luglio in Val di Susa quanto il 15 Ottobre a Roma, è necessario reagire. La lotta contro il Tav fa paura ai poteri politici, economici e giuridici, perché ne mette in discussione la loro stessa essenza. Si vuole reprimere l'autorganizzazione, il rifiuto della delega, la molteplicità e la radicalità di azioni e pratiche. Si vuole colpire tanto il dissenso e il contrattacco nei confronti dei poteri costituiti, quanto la condivisione di esperienze di vita che generano forme di cospirazione e di complicità sociale. Anche attraverso Il TAV e la politica delle grandi opere il capitalismo vuole imporre ancora una volta l'idea di un mondo sottomesso alle leggi del profitto e dello sfruttamento affaristico dei beni comuni. La Val di Susa fa paura perché la lotta contro il Tav esprime la possibilità concreta di un cambiamento reale allo stato di cose presenti: determinarne il seguito spetta a tutti e tutte noi!

IL TAV E' OVUNQUE, LOTTIAMO OVUNQUE CONTRO IL TAV

TUTTI/E LIBERI/E!

Sabato 3 marzo, ore 15:00, corteo NO TAV, partenza da Piazzale Tiburtino

Daje Luca, Sempre no Tav, a sarà düra!

Assemblea No Tav di Roma

Editoriale

NOTIZIE BREVI

ESTERI

Gli attivisti e le attiviste dell’associazione QueerLab hanno dato vita ad un fash-Pride questa mattina, davantiall’ambasciata russa a Roma, per protestare contro la legge anti gay e lesbiche approvata mercoledì a San Pietroburgo. La norma approvata nella cittàfederale russa prevede multe da 120 a 12.000 euro per coloro che parlano di omosessualità pubblicamente. In base alla norma appena approvata, è definita “propaganda” omosessuale “la diffusione mirata e incontrollata di informazioni in grado di danneggiare la salute e lo sviluppo morale e spirituale dei minori” (confondendo fra l'altro scientemente omosessualità e pedofilia), in particolare quelle informazioni che possono creare“un’impressione distorta” delle “relazioni coniugali”.“La Rivoluzione Queer non Russa” è stato lo slogan scelto dai giovani attivisti romani per lanciare un messaggio al governatore diSan Pietroburgo, Georgy Poltavchenko. “Le speranze che il governatore fermi quella legge sono minime – hanno spiegato gli organizzatori – maera importante mandare un messaggio di solidarietà alle persone omosessuali e transessuali russe”. “Anche da Roma – continuano – èimportante lanciare un messaggio chiaro: è impensabile censurare l’omosessualità!”.“È evidente – sostengono gli attivisti di QueerLab – che questa legge potrà essere usata, e sarà sicuramente usata, per ridurre le persone omosessuali e transessuali all’invisibilità, per schedare le associazione lgbt e per impedire le manifestazioni pubbliche come i gay pride”. E proprio per rivendicare il diritto a manifestare l’orgoglio e la visibilità, i manifestanti hanno sparato coriandoli elustrini colorati come durante le parate dei pride

I rappresentanti ufficiali indiani potrebbero boicottare le cerimonie di apertura e di chiusura delle Olimpiadi di Londra tra luglio e agosto. La minaccia accoglie in parte le proteste delle associazioni di Bhopal contro il fatto che tra gli sponsor dei Giochi ci sia la Dow Chemical, la multinazionale con sede negli Stati Uniti che nel 2001 ha comprato la Union Carbide, responsabile di uno dei più gravi disastri industriali della storia.Per i gruppi di sopravissuti e di assistenza ai malati di Bhopal, il coinvolgimento della Dow Chemical “macchia lo spirito del movimento olimpico, la sua Carta e il suo codice etico”. Gli attivisti hanno fatto recapitare al governo britannico una petizione con 20.000 firme, chiedendo l’estromissione della multinazionale di prodotti chimici e polistirolo, che dal canto suo nega ogni responsabilità nella tragedia del 1984.Nella notte tra il 2 e il 3 dicembre di 27 anni fa a Bhopal, nello Stato centrale del Madhya Pradesh, dallo stabilimento di produzione di pesticidi dell’azienda statunitense ‘Union Carbide’, in seguito a anni di negligenze, si sprigionò una nube tossica che causò la morte immediata di circa 3500 persone e quella di altre migliaia nei giorni successivi. Decine di migliaia di persone soffrono tuttora di malattie o malformazioni e numerosi bambini sono nati con handicap in seguito all’avvelenamento delle madri, diventando una nuova generazione di vittime di Bhopal.I responsabili statunitensi della Union Carbide non sono mai stati giudicati. Nel 1989, l’azienda patteggiò con il governo indiano il pagamento di 470 milioni di dollari. I sette dirigenti indiani della fabbrica di Bhopal furono inizialmente accusati di omicidio colposo ma nel 1996 la Corte suprema ridusse i capi d’accusa. Nel 2010 furono condannati per “negligenza” a una pena massima di due anni di carcere, suscitando sgomento tra le vittime e l’opinione pubblica indiana. I condannati, tutti anziani, sono stati liberati su cauzione.

BRUXELLES (Reuters) - Tutti i paesi dell'Unione Europea, con l'eccezione di due, hanno firmato il trattato che prevede una disciplina di bilancio più stretta per la zona euro Solo la Gran Bretagna e la Repubblica Ceca non hanno firmato il "fiscal compact", che prevede che i paesi della zona euro inseriscano una "regola d'oro" sull'equilibrio di bilancio nelle proprie costituzioni o legge equivalenti, con meccanismi di correzione automatica nel caso la regola venga infranta.L'accordo può tuttavia ancora incontrare significative difficoltà. L'Irlanda, che dipende dalla zona euro per il supporto finanziario dopo il collasso del suo sistema bancario, terrà un referendum per decidere se partecipare al patto - un voto che il ministro delle Finanze del paese ha paragonato al chiedere alla nazione se vuole rimanere all'interno del blocco della moneta unica. Parlando ai giornalisti dopo l'incontro dei leader, il cancelliere tedesco Angela Merkel ha sottolineato che soltanto i paesi che si sono impegnati nei confronti del nuovo regime si qualificheranno per un salvataggio da parte dell'European Stability Mechanism (Esm).IL FONDO SALVASTATI . L'ACCORDO PREVEDE- l'obbligo di rientrare di un ventesimo dell'extra debito (cioè del debito pubblico superiore al 60% del PIL) all'anno comporta di fatto manovre finanziarie pari a 42 Meuro per il primo anno, 40 Meuro per il secondo, 38 Meuro nel terzo, e così via. Tale regola costringe l'economia italiana a rinunciare ad uscire dalla recessione per lustri si smantella ogni residua sovranità nazionale sulle politiche economiche. Infatti, oltre ad imporre l'obbligo del bilancio in pareggio, che di fatto impedisce al singolo Stato di utilizzare politiche di spesa o fiscali per finalità anti-cicliche, si prevede (art. 7) che i Paesi membri debbano fare rapporto alla Commissione europea ogni volta che intendano procedere ad emissioni del loro debito sovrano, l'obbligo di mantenere il deficit strutturale entro lo 0,5% del Pil, di fatto implica l'impossibilità di utilizzare la spesa pubblica come volano di sviluppo, poiché disegna un sostanziale pareggio di bilancio - questa visione della crescita è socialmente regressiva: implica una flessibilità incontrollata, che genera un ampliamento delle sacche strutturali di precariato esistenziale, uno smantellamento dei sistemi pubblici di welfare, e quindi un crescente impoverimento di ampi settori sociali, Questo modello, quindi, prefigura una società più povera, più insicura, più competitiva, meno solidale;

"A Dakar si guarda già al ballottaggio, previsto per il 18 marzo, che metterà a confronto l’ottantacinquenne capo di Stato Abdoulaye Wade (34,8% dei voti) e l’ex primo ministro e delfino di Wade, passato all’opposizione, Macky Sall (26,6% dei voti). Sono già cominciate trattative tra forze politiche in vista del secondo turno. Il presidente ha perso molti consensi rispetto al 2007, quando venne riconfermato al primo turno con il 55,79% delle preferenze, ma può contare sul sostegno del suo Partito democratico senegalese (Pds, liberale) e sull’ampia coalizione ‘Forze alleate per la vittoria’ (Fal 2012). Negoziati sarebbero già stati avviati per stringere alleanze con alcuni dei candidati sconfitti al primo turno, tra cui il socialista Ousmane Tanor Dieng e l’ex primo ministro Idrissa Seck. Macky Sall dovrebbe essere invece sostenuto dai candidati di opposizione che, seppur andati divisi alle urne, si sono riuniti nel ‘Movimento del 23 Giugno’, l’ampio fronte da mesi impegnato nella contestazione della terza candidatura del presidente, giudicata anticostituzionale".

ITALIA

È riuscito l'intervento chirurgico, durato circa tre ore, sulle parti del corpo di Luca Abbà rimaste ustionate toccando i fili dell'alta tensione, lunedì scorso . I medici del reparto di Rianimazione, dove è ricoverato, lo hanno dichiarato fuori pericolo, ma resta sedato, ventilato e in prognosi riservata. I medici - come informa l'ospedale - hanno proceduto a una pulizia chirurgica delle parti ustionate . L'intervento è stato molto pesante ma è tecnicamente riuscito. Il paziente ha retto bene - si legge nell'aggiornamento delle sue condizioni cliniche diramato dall'azienda ospedaliera - e il pomeriggio e la notte serviranno per stabilizzarlo. Intanto: La compagna del giovane no Tav, Emanuela Favale, ha annunciato sul suo profilo Facebook la volontà di sporgere denuncia contro le forze dell'ordine per tentato omicidio nei confronti di Luca. Nella lettera postata Emanuela scrive: "È stato un tentativo di omicidio da parte delle forze del disordine, in una giornata in cui ci hanno palesemente dichiarato guerra guidati dalla mano assassina di un governo che anzichè ascoltare le richieste dei suoi cittadini e delle popolazioni tutte, usa la forza della violenza per imporre i suoi loschi e sporchi affari ed è disposta a tutto per raggiungere i suoi sporchi fini".

Ad argidosso ( GR) Un operaio ventinovenne, dipendente di una macelleria ha riportato l'amputazione del braccio destro all'altezza del gomito, mentre, secondo le prime ricostruzioni, stava lavorando con una impastatrice per salsicce. L'incidente è avvenuto stamani L'uomo, residente a Montelatrone, è stato soccorso dai sanitari del 118 che sono intervenuti con l'elicottero Pegaso. Sul posto sono intervenuti i tecnici della prevenzione sui luoghi di lavoro della Asl 9 e i carabinieri per gli accertamenti sulla dinamica dell'incidente.

Un detenuto italiano di 62 anni, all'ergastolo nel carcere di Rebibbia Nuovo Complesso, è morto per cause naturali la scorsa notte nella struttura protetta dell'Ospedale 'Sandro Pertinì di Roma. Lo rende noto in un comunicato il Garante dei detenuti del Lazio , che ricorda come si tratti del quarto decesso di un detenuto registrato a Roma in un mese, dopo i tre di Regina Coeli. L'uomo era affetto da problemi cardiaci e da diabete. «La vittima si chiamava Franco di 62 anni, recluso nella sezione G8 di Rebibbia N.C. con un 'fine pena maì l'uomo, affetto da problemi cardiaci e con da diabete, si è sentito male in carcere ed è stato subito trasferito all'ospedale 'Sandro Pertinì dove è deceduto nonostante le cure prestate dai medici. Nel dare la notizia di questo ennesimo decesso non possiamo non costatare che in carcere si continua a morire con preoccupante frequenza. E non deve trarre in inganno la circostanza che si è trattato di una morte naturale. Il problema è che il carcere rende pericolose anche patologie che, normalmente, non lo sono»

CONTRO LA DEVASTAZIONE AMBIENTALE E SOCIALE CHE L’ENEL ESPORTA IN GIRO PER IL MONDO OGGI ORE 15,00 MANIFESTAZIONE VLE R. MARGHERITA 137 L’Enel oggi è una multinazionale dell’energia di primo livello per quanto riguarda i profitti, ma di ultimo per quanto riguarda il rispetto dei diritti umani. In Guatemala, Cile, Colombia sta portando avanti progetti disastrosi contro i quali lottano le popolazioni locali, spesso represse da governi autoritari su ordine della stessa Enel.

OGGI ci sono questi presidi/appuntamenti: ALBA - via maestra angolo via paruzza POTENZA - ore 18.00 piazza della prefettura


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