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Israele demolisce i progetti finanziati dall'UE nei Territori palestinesi

Le autorità israeliane hanno demolito lo scorso anno dozzine di case palestinesi, serbatoi d'acqua e altre infrastrutture che sono state finanziate con fondi europei: lo riferisce una relazione congiunta di alcune ONG sotto la supervisione dell’ufficio delle Nazioni Unite che coordina le questioni umanitarie. Sono inoltre più di 100 le costruzioni che rischiano tuttora la demolizione. Secondo la relazione del Gruppo di lavoro nel solo 2011 Israele ha demolito ben 620 tra edifici e infrastrutture di cui 62 finanziati dalla UE (Francia, Olanda, Gran Bretagna, Polonia, Irlanda e Commissione europea). Nel mese di aprile, la Francia ha protestato energicamente con l'ambasciatore israeliano a Parigi dopo la demolizione di due serbatoi d'acqua vicino Hebron (nel sud della West Bank), di cui aveva finanziato la costruzione. L'esercito israeliano ha spiegato che è obbligato a far rispettare gli ordini di demolizione emessi quando le strutture erano state edificate senza i necessari permessi.

ISRAELE: MINISTRO CHIEDE DI STACCARE LA LUCE A GAZA

A causa dei previsti cali di fornitura di corrente elettrica ai quali, secondo gli esperti, Israele andrà incontro quest’estate, il ministro dell’Ambiente israeliano ha proposto ieri di sospendere la fornitura di elettricità alla Striscia di Gaza, che attualmente integra, si fa per dire, quella generata dall’unica centrale operante nella striscia, sotto la continua minaccia dell’interruzione delle forniture di gasolio. I costi dell’elettricità in Israele sono aumentati nel 9% ad Aprile, a causa di una riduzione delle forniture del gas naturale dall’Egitto, utilizzato per alimentare le centrali elettriche; in vista dell’aumento della domanda nei mesi estivi, funzionari israeliani hanno preannunciato riduzione delle forniture e possibili black out. E a chi togliere l’elettricità se non “all’entità del terrore” ovvero alla striscia di Gaza che secondo il ministro dell’ambiente Erdan, fruisce gratuitamente di energia? Già in passato era stata ventilata dal governo israeliano la possibilità di togliere la fornitura di energia a Gaza, ma nel 2009, durante l’operazione “Piombo fuso” l’ex procuratore generale vietò di staccare la corrente a Gaza perché la misura poteva essere considerata come una “punizione collettiva”. Secondo Erdan, però, oggi Israele non avrebbe alcun obbligo legale nel garantire a Gaza la fornitura di corrente elettrica e sarebbe già pronto un piano d’emergenza che prevede, in caso di “siccità elettrica” di staccare alcuni servizi, cominciando ovviamente da quelli per Gaza.

GRECIA:VERSO NUOVE ELEZIONI

Continuano le consultazioni in Grecia nel tentativo di formare un qualsivoglia governo che scongiuri nuove elezioni e soprattutto l’uscita dall’Euro, ormai data per scontata anche se non ufficialmente. Il giornale tedesco “Der Spiegel” esce oggi infatti con una significativa copertina: una colonna corinzia tra le macerie e una moneta da un euro spezzata, sotto il titolo “Akropolis adieu”. All’interno dodici pagine dedicate alla situazione greca e al piano B, già ventilato dalla Germania, in caso di uscita del paese dalla moneta europea. Intanto ieri sera ad Atene, nell’ambito delle consultazioni del presidente Papoulias con tutti i partiti presenti nel nuovo parlamento greco, è stato ricevuto anche il segretario di Alba Dorata, che ha conquistato nelle ultime elezioni oltre il 6% dei voti. All’ingresso di Michaloliakos Nikos i giornalisti presenti si sono seduti per terra in segno di protesta per quanto accaduto esattamente una settimana fa, quando durante la conferenza stampa della formazione neonazista fu loro intimato di mettersi sull’attenti.

Spagna: 100 manifestanti via da Puerta Sol

La polizia e' intervenuta stamattina per allontanare da Puerta del Sol circa 100 persone che tentavano di riaccamparsi sulla celebre piazza di Madrid, culla un anno fa del movimento di rivolta dei giovani spagnoli. Due i fermi, identificate diverse decine di giovani. Gli indignados spagnoli celebrano da sabato il primo anniversario del movimento, nato il 15 maggio 2011 a Puerta del Sol. Il governo del premier Mariano Rajoy ha autorizzato le manifestazioni, ma ha vietato nuovi accampamenti.

MONTERREY, VIOLENZA E NARCOTRAFFICO MIETONO NUOVE VITTIME

Potrebbero appartenere a migranti centroamericani, ma è solo una delle ipotesi, i 49 corpi mutilati rinvenuti ieri all’interno di sacchi di plastica abbandonati lungo il ciglio di una strada del nord del Messico, vicino all’area metropolitana di Monterrey, terza città del paese. Si tratta di 43 uomini e sei donne, decapitati e con le mani amputate, presumibilmente per impedirne l’identificazione, secondo fonti della polizia locale.

La stampa messicana riferisce che gli investigatori avrebbero trovato anche un messaggio a firma di un cartello della droga, di cui non è stato diffuso il contenuto. L’episodio giunge a pochi giorni dal rinvenimento di altri 18 cadaveri mutilati dentro due automobili nei pressi di Guadalajara, seconda città del Messico, con ogni probabilità vittime della faida in corso tra il cartello degli Zetas, composto da ex militari disertori dei corpi speciali dell’esercito, e quello di Sinaloa legato a Joaquín ‘Chapo’ Guzmán, che controlla gli stati affacciati sul Pacifico.

Sull’identità delle vittime di Monterrey per ora circolano solo ipotesi: alcuni dei cadaveri recherebbero tatuaggi riconducibili a organizzazioni criminali, ma secondo il procuratore statale Adrián De la Garza potrebbe trattarsi di persone provenienti da altre regioni o dai paesi confinanti a sud.

In piena campagna elettorale per le legislative e presidenziali del 1° luglio, il Messico continua a registrare con scadenza quasi quotidiana nuove vittime della violenza collegata ai cartelli della droga, una vera e propria guerra innescata dalla lotta per il controllo del territorio e delle rotte del narcotraffico che ha visto crescere il coinvolgimento di bande criminali minori al fianco degli Zetas e di Sinaloa.

ITALIA

Termini Imerese, operai occupano due banche

Un centinaio di operai della Fiat e dell'indotto, che stava sfilando stamane in corteo a Termini Imerese, ha occupato l'agenzia di Unicredit. Un altro gruppo di operai ha occupato la filiale della banca Intesa San Paolo, che si trova a un centinaio di metri dall'altra sede bancaria, a Termini Imerese. Anche in questo caso la protesta si è svolta in maniera pacifica, sotto il controllo dei carabinieri. La protesta indetta oggi, spiegano i sindacati, è nei confronti del pool di banche che avrebbe rifiutato il credito alla Dr Motor, bloccando di fatto il processo di riconversione della fabbrica lasciata dal Lingotto a fine 2011.

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