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ARGENTINA

L’Ufficio Anticorruzione (organismo creato dal governo del presidente Fernando De la Rua nel 1999) avrebbe presentato alla giustizia argentina un documento in base al quale altri due conti bancari segreti in Svizzera sarebbero attribuibili all’ex presidente Carlos Saúl Menem ed al suo ex segretario Ramón Hernán. I due conti conterrebbero un totale di 33 milioni e mezzo di dollari Usa (16 milioni in uno e 17 e mezzo nel secondo) Il documento, che secondo quanto confermato da diverse fonti sarebbe stato redatto in base ad informazioni confidenziali del ministero degli esteri argentino, menziona come titolari dei conti, oltre a Menem ed a Hernández, anche altri due stretti collaboratori dell’ex presidente, Alberto Kohan ed il medico personale Alejandro Tfeli. In questo modo la situazione di Menem si complicherebbe ulteriormente. Già nel luglio scorso l’ex capo di Stato aveva ammesso, durante dichiarazioni pubbliche alla catena televisiva Cnn, l’esistenza di un conto in Svizzera di 600 mila dollari, taciuto a suo tempo (Menem ha sempre smentito di possedere conti in banca all'estero, e nelle dichiarazioni patrimoniali questi non hanno mai figurato). Tale conto sarebbe il frutto di una indennizzazione concessa dallo stato argentino, in riparazione alla detenzione patita durante la dittatura. I giudici hanno già chiesto a Menem in che modo una indennizzazione di 180 mila dollari si sia potuta trasformata in più del triplo dal 1986 in poi, anno dell’apertura del conto. Ma il problema vero è il conto di 6 milioni di dollari attribuito al suo ex segretario personale, Ramón Hernández. Le entrate di Hernández, e la sua attivitá pubblica, non potrebbero spiegare tale fortuna. La giustizia argentina, con lentezza ed imprecisione che alcuni osservatori giudicano sospettosa, non è ancora riuscita a rivolgere alla giustizia svizzera i quesiti indispensabili per venire a capo di così gravi denunce

USA

Indagati i pescatori che hanno soccorso i clandestini

POZZALLO (RAGUSA) - Favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, è questa l'accusa per il comandante e i quattro componenti d'equipaggio del "Cicho", il peschereccio che ieri ha salvato 151 extracomunitari alla deriva nel Canale di Sicilia e sbarcati a Pozzallo.

il legale del comandante della imbarcazione ha riferito che il suo assistito, Corrado Scala, e i suoi uomini sono stati interrogati dal procutare di Modica che prima li ha sentiti come testimoni e poi ha ritenuto opportuno di indagarli. l'interrogatorioi è terminato alle tre di questa mattina.

La Procura ha disposto anche il sequestro del "Cicho" e l'acquisizione delle registrazioni delle concitate comunicazioni intercorse durante il salvataggio tra il comandante del peschereccio italiano e la centrale operativa di Roma della Capitaneria di Porto.

Secondo la ricostruzione del comandante Scala, il peschereccio sarebbe intervenuto per salvare i 151 clandestini alla deriva, con a bordo anche donne e bambini. La destinazione iniziale era Malta, ma a La Valletta non sarebbe stata data risposta a un fax di autorizzazione e di richiesta di soccorso inviata dalla Capitaneria di porto. Inoltre i clandestini avrebbero attuato una piccola sommossa dopo avere intuito che la destinazione non era il nostro Paese.

- C' era anche una donna con un arresto cardiaco a bordo - prosegue l'avvocato Valvo - e problemi di incolumità e al comandante da Roma è stato detto di comportarsi come meglio riteneva per la salvezza di tutti, quindi anche di cambiare rotta e dirigersi verso la Sicilia. Allo stato attuale non mi sembra ci siano i presupposti per un' ipotesi di reato, anzi... .