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== PRIMA EDIZIONE == '''DISASTRO UMANITARIO A BASSORA''' 2 milioni le persone senza acqua in tutto l'Iraq. "Bassora è sull'orlo di un disastro umanitario, in città manca l'acqua e l'elettricità da tre giorni".l'allarme sulle condizioni in cui versa la principale città del sud dell'Iraq è stato lanciato dal segretario generale delle Nazioni Unite Kofi Annan, che ha inoltre richiamato l'urgenza di far ripartire al più presto le operazioni del programma umanitario 'petrolio in cambio di cibo' da cui dipende il sostentamento del 60 per cento degli iracheni. Alle richieste dell'ONU ha fatto eco il Comitato Internazionale della Croce Rossa che dal quartier generale di Ginevra ha definito la situazione nella città ''estremamente critica, soprattutto sul fronte dell'approvvigionamento idrico. www.agenziaitalia.it Fonti non confermate riferiscono che il segretario generale dell'Onu Kofi Annan vorrebbe mandare d'urgenza i caschi blu in Iraq per affrontare la crisi umanitaria.Secondo le indiscrezioni Annan avrebbe comunicato questa decisione al segretario generale per la sicurezza Usa, Condoleeza Rice, mentre Bush ne parlerebbe domani nell'incontro con il premier britannico Tony Blair. http://www.rainews24.it/Notizia.asp?NewsID=34623 ''' i fronti ''' Intanto sul fronte secondo fonti dell'esercito statunitense almeno 500 iraqueni sono stati uccisi negli ultimi due giorni negli scontri nel sud dell'Iraq,una squadra di reporter che da NasirYa si è spostata verso nord ha riferito di aver visto almeno cento cadaveri sul ciglio della strada,impossibile distinguere se siano civili o militari. Confermata anche da fonti iraqene dopo tre giorni di false dichiarazioni del Pentagono la notizia che le città nel sud dell'Iraq: Umm Qasar e Al Basrah sono controllate dall' esercito angloamericano.Il fronte centrale è fermo, i marines sono impantanati in una zona paludosa. cosi anche a Karba'la, dove una fortissima tempesta di sabbia ha bloccato la terza divisione di fanteria americana a 80 km da Bagdad. Ancora un incidente provocato dal fuoco amico: alcuni F-16 americani hanno bombardato per errore una batteria di missili anti-missile Patriot, in Iraq.Lo hanno indicato fonti del Comando Centrale Usa in Kuwait citate dalla Ap, precisando che non ci sarebbero vittime. http://www.misna.org/ita/default.htm www.un.org www.italy.indymedia.org ''' Sciiti gli Usa ci hanno ordinato di star fuori da guerra ''' Gli Stati Uniti evrebbero ordinato ai combattenti del più importante movimento sciita di opposizione a Saddam Hussein di restare fuori dalle operazioni di guerra in Iraq. Lo ha riferito oggi il leader dell'Assemblea suprema della Rivoluzione islamica in Iraq (Sairi), l'ayatollah Mohammead Baker Hakim, nel corso di una conferenza stampa. www.agenziaitalia.it www.italy.indymedia.org '''GRANDE MANIFESTAZIONE DI PROTESTA A DAMASCO''' Continuano le proteste in tutto il medio oriente a Damasco centinaia di migliaia di persone si sono riversate oggi nelle strade ed in tutta la Siria per protestare contro la guerra in Iraq. I dimostranti hanno chiesto la fine dell'intervento armato condotto da Stati Uniti e Gran Bretagna, l'espulsione dei diplomatici dei due paesi e la chiusura delle ambasciate di Washington e Londra in Siria.Rabbia tra i manifestanti anche per l'attacco di un aereo britannico contro un pullman che riportava a casa un gruppo di lavoratori siriani,10 le persone uccise. '''Italia''' buone notizie dall'Italia dove i lavoratori del cantiere Orlando di Livorno, nonostante con le famiglie vivano da mesi le difficolta' economiche dell'azienda sulla propria pelle, si rifiutano di prestare la loro opera per effettuare riparazioni urgenti su una nave che trasporta mezzi militari amerikani. '''OCCUPATA DAGLI STUDENTI L'AULA MAGNA ALL'UNIVERSITA' DI ROMA''' L'Aula Magna del rettorato dell'Universita' La Sapienza di Roma e' stata occupata dagli studenti per protesta contro la guerra in Iraq. L'occupazione e' avvenuta pochi minuti prima delle 14.00 dopo che il rettore Giuseppe D'Ascenzo ne aveva negato l'uso. Due bandiere della pace sono state annodate alla ringhiera dell'ampia balconata del rettorato. Momenti di tensione tra studenti e una decina di agenti di polizia in borghese che volevano entrare nell'aula. Erano due anni che l'Aula magna del rettorato della Sapienza non veniva occupata. In diverse facolta' dell'ateneo sono sospese le attivita' didattiche, mentre gli studenti chiedono che i fondi destinati dall'universita' per i festeggiamenti in occasione del VII centenario della Sapienza siano destinati alla ricostruzione dell'universita' di Baghdad. == SECONDA EDIZIONE == '''ALL'ESAME DEL PARLAMENTO MODIFICA NORMATIVA COMMERCIO ARMI''' E' alle battute finali in senato l'esame del disegno di legge n.1547, primo firmatario l'On Cesare Previti, senatore di Forza Italia nonché ex membro del Cda della Alenia, che almeno a parole dovrebbe ratificare l'Accordo-quadro per la ristrutturazione dell'industria europea della difesa firmato a Farnborough nel 2000. '''La rete oscurata''' Yellow times è stato chiuso ( e ha riaperto dopo un giorno) perché per primo ha pubblicato le foto delle vittime americane a Nasiriayah, che la Cnn non ha voluto mandare in onda con la scusa di applicare la Convenzione di Ginevra. Le foto erano visibili all'indirizzo http://www.yt.org/article.php?sid=1199 YellowTimes.org, un fonte americana di informazione indipendente, che fornisce punti di vista non convenzionali sugli eventi di attualità, è stata chiusa per un giorno ed ha potuto riaprire il sito solo dopo aver rimosso le foto pubblicate on line che riguardavano danni ai civili e prigionieri americani in Iraq. Le motivazioni: contenuto grafico inappropriato. Yellow Times ha rivendicato il diritto a pubblicare i drammi della guerra, e l'orrore inflitto a entrambe le parti. E condannando la guerra, le violenze e gli orrori, ha sottolineato la necessità di condannare anche l'assenza di verità. Per altre informazioni: http://www.YellowTimes.org Anche Israele censura internet.Le autorità militari avvertono i siti di informazione che prima di pubblicare devono superare il vaglio delle commissioni di censura. Israele teme che informazioni possano circolare al di fuori del proprio controllo le autorità hanno deciso di porre un freno censorio all'informazione elettronica. In una nota trasmessa ai news magazine Rotter (www.rotter.net) e Fresh (www.fresh.co.il), l'ufficio per la censura dell'esercito israeliano ha indicato due comportamenti che questi e altri siti di informazione devono d'ora in poi tenere. Il primo è possibilmente di non pubblicare informazioni che possano essere considerate sensibili. Il secondo è che,qualora si voglia pubblicare questo genere di informazione, sarà necessario avere l'ok dalle autorità di controllo e censura di Gerusalemme o Tel Aviv. Per "sensibili" si intendono cose come: aree precise dell'impatto di missili e bombe, tipologia dei missili utilizzati, operazioni dell'esercito in qualsiasi area, dati sulla collaborazione con entità straniere, discussioni all'interno del Governo. = APPUNTAMENTI DI DOMANI = 1. Assemblea contro la guerra a Palermo all'aula magna di ingegneria alle 10 di domani mattina L'obbiettivo dell'assemblea vorrebbe essere quello di (ri)lanciare delle iniziative concrete contro il conflitto L'idea dell'assemblea si inserisce nel quadro di una serie di iniziative organizzate dalla facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo atte a rendere manifesto e tangibile il dissenso della città nei confronti di questa guerra. |
Solo chi vive o ha vissuto dentro un campo profughi può comprendere quanto difficoltosa possa essere la vita di un rifugiato. Come donna palestinese sotto occupazione, nata e cresciuta dentro un campo profughi, non mi sovviene facile parlare della vita, della mia esistenza di donna in un paese occupato da più di cinquantanni. Da quando sono nata non ho visto nientaltro che il mio campo, esso rappresenta la mia città, il mio villaggio, il cortile ed il mio ospedale. Questo luogo invaso di cemento è tutta la mia vita, tutto mi è stato negato eccetto il campo. In passato trovavo insopportabile essere un abitante del campo: le persone guardano i rifugiati con occhi diversi e riescono a vederci solo come esseri maleducati, senza istruzione e poveri. Il campo è uno spazio molto affollato, le abitazioni sono separate da strade strettissime e se il tuo vicino urla contro sua moglie, o i bambini, puoi udirlo chiaramente e aprendo la porta, o una finestra, puoi spiare la vita che scorre dentro le altre case. Essendo il mio campo il più piccolo dei tre di Betlemme, non è stato fornito di scuole o cliniche ospedaliere, obbligando i suoi abitanti ad usufruire dei servizi offerti negli altri due campi. Tutto questo esiste ancora oggi ma in passato la vita era ancora più dura, per esempio durante lestate non cera lacqua. Adesso, forse puoi immaginare quanto sia difficile la vita di un rifugiato. Il mio campo profughi si trova a nord di Betlemme, vicino alla tomba di Rachele, divenuta da tempo postazione militare israeliana e fonte di grossi problemi per gli abitanti del campo. Ho un fratello ed un cugino che studiano alluniversità di Gerusalemme, in Abu Dis, un quartiere vicino alla città vecchia, isolato dal muro dellApartheid. Per raggiungere i luoghi di studio devono attraversare un check point che il più delle volte trovano chiuso senza una precisa ragione. Così, sono obbligati a trascorrere anche più di tre ore sotto il sole, in attesa che i soldati riaprano il passaggio, decisione che dipende esclusivamente dallumore del momento. Per non affrontare queste pressioni ho deciso di frequentare luniversità di Betlemme evitando lattraversamento quotidiano del check point. Non pensiamo mai a cosa faremo la settimana prossima, il nostro unico pensiero è cosa potrà accederci il minuto successivo. Durante la prima Intifada le donne del campo erano al pari degli uomini. Erano parte attive nella resistenza: i sodati israeliani le arrestavano e le trasportavano alle postazioni militari, erano donne coraggiose. Mia madre mi ha raccontato molte storie di lei e delle altre donne del campo, durante la prima resistenza. Una volta, rientrando dal lavoro un soldato la fermò con lintenzione di arrestarla e lei riuscì a scappare. Ricordo di me e delle mie amiche, al ritorno da scuola, mentre tentavamo di nasconderci dai soldati che sparavano gas lacrimogeni e vidi alcune donne aiutare i ragazzi a nascondersi ed altre lanciare pietre. Eravamo ununica, grande famiglia e chiunque avesse un problema trovava facilmente aiuto. Cera lavoro e i soldati israeliani erano meno duri: ogni mese ammazzavano un solo palestinese! Durante questa seconda Intifada (Al-Aqsa Intifada) tutto è cambiato, in ogni istante potrebbe accadere qualcosa di veramente terribile. Non possiamo vivere senza ascoltare le notizie alla televisione almeno ogni dieci minuti, non possiamo vivere senza versare lacrime. Nel nostro campo il 70% della popolazione è senza lavoro, molti dei nostri giovani sono rinchiusi nelle carceri israeliane, molti degli abitanti sono feriti e/o invalidi. Molti ragazzi lasciano la scuola per cercare un lavoro, altri siedono sulla strada aspettando due spiccioli dalla famiglia, altri approdano alluniversità per svagare la mente. Alcune famiglie impediscono alle figlie di frequentare la scuola superiore o luniversità e non è raro trovare ragazze sedicenni già sposate. Tuttavia non possiamo dimenticare che il campo ha partecipato attivatamene alla prima resistenza e continua a sfidare e a resistere sotto loccupazione. La resistenza contro la forza occupante è un diritto dei palestinesi e se guardiamo la storia della Palestina troviamo che i profughi hanno perso le loro terre, la libertà e la possibilità di avere una vita dignitosa e per queste ragioni continuano ancora ad oggi a combattere loccupazione. Nel campo puoi vedere molte persone che parlano del diritto al ritorno o della situazione nella quale versa la Palestina. La Palestina intera significa molto per noi: nella nostra cultura la terra è lelemento più importante per la nostra vita. Noi rivogliamo tutta la Palestina (48 e 67) e con essa Gerusalemme. In quanto rifugiata ho diritto a ritornare al villaggio dal quale i soldati israeliani obbligarono la mia famiglia a partire, disperdendola nel mondo. Ho due zii che non ho mai visto e che conosco solo per telefono. Io chiedo di poter tornare al mio villaggio. Non posso accontentarmi di ricevere solo una parte di tutta la Palestina storica. Questa terra è per i palestinesi e non per gli israeliani che, arrivando da ogni parte del mondo, sono convinti di possedere il diritto a vivere su questa regione, considerandola come la loro nazione! Continuo a sperare e a chiedere giustizia e a lottare per una giusta pace. E possibile che il mondo sia convinto che i palestinesi odino la vita in sè? Eppure ne avrebbero tutte le ragioni: loccupazione israeliana, nessuna giustizia, punizioni e torture nella città e nei campi, coprifuoco per giorni e notti, demolizione di case, padri e fratelli rinchiusi nelle carceri israeliane, divieto di visitare parenti che abitano in altre città, è questa vita? Udire gli spari per dieci ore consecutive e la mattina tornare alla vita normale: scuola, lavoro, università. Obbligati ad ascoltare il fragore dei bombardamenti e a respirare lodore di morte. Quelle sono state le sensazioni che ci hanno accompagnato per più di sei mesi, quando i carri armati, i blindati ed i bulldozer, assediarono la città. Quando si ritirarono cominciò una nuova vita ma la sensazione che tutto potesse ricominciare non ci ha più abbandonato. Addormentarci senza il rumore delloccupazione è il nostro sogno. Io prego per una giusta pace, è importante per la nostra gente e per i nostri bambini, soffocati dalloccupazione. Ho un sogno: vedere i bambini palestinesi vivere una vita normale, senza paura, senza depressioni e stanchezze. Vorrei vederci riconosciuto il diritto alla vita, allo studio, al divertimento ed infine sentirmi al sicuro. Ho qualcosa da dire al popolo europeo: non guardare solo ad un lato della questione palestinese, prova a conoscerci meglio ed aiutaci a cambiare questa dura realtà. Cara Manar, scriverti per me è importantissimo. È un esilio che cerco ogni giorno. Mi serve per uscire dalla banalità della mia Italia. Penso spesso alla Palestina. Io ricordo quando tornavamo a casa prima del tramonto del sole, è pericoloso in Palestina muoversi con loscurità. In Italia noi giovani vivamo molto anche di notte. Ma non riusciamo ad apprezzare questa libertà. Sarebbe una preziosa libertà, ma non la capiamo. Noi in Italia ebdiamo tutto banale. Ho scelto di stare in zone di guerra. In quelle zone di guerra inventate dal mio occidente e dalla mia Italia. Per questo motivo sarei felice di imparare larabo. Qui in occidente si ha paura di tutto il mondo islamico. Io ho paura di questo. Io ho paura del mio occidente. Io rispondo alla tua lettera. Conosco la storia di Mohannad e del viaggio in Italia. Lho saputa da Roberta. Io e Roberta siamo stati molto tristi per questa storia. Io e Roberta ne abbiamo parlato molto. Io penso che tu hai davanti a te due rivoluzioni; due liberazioni da portare a termire. La prima è quella da Israele e dalloccupazione sionista che vuole la tua intelligenza ferma in un campo per profughi. La seconda è dagli aspetti brutti della cultura araba che vuole la tua intelligenza con meno possibilità rispetto qella di un uomo. Non crede che rispetto le donne la cultura italiana sia molto migliore. Io penso che questo è un difficile argomento. Ma penso che è importante affrontare questo argomento. Io penso che io e te non avremo molte possibilità di comunicare, ma credo che mantenere la speranza possa essere una piccola parte di quella seconda rivoluzione che ci aspetta. Se Mohannad non ti ha portato in Italia quando ha avuto la possibilità. Tu sai che hai sempre una casa in Italia, e anche un po di amici. Io sono convinto che prima o poi ci sarà la possibilità. Ti ho visto per cinque minuti. È un tempo piccolo. E non ho parlato con te in quei cinque minuti. Ma è sufficiente per averti conosciuto. Per avere provato affetto verso la tua intelligenza. Io sono sicuro che ci vedremo. Questo o il prossimo anno. Io voglio lavorare anche sulla Palestina. E tu sei tra le persone care che ho in Palestina. Qui in italia continuo la università. Io devo cambiare casa. Napoli è una bella città, un poco araba. I bambini che vivono nelle strade di Napoli sono molto simili ai bambini palestinesi. Io lavoro in questo periodo per un giornale di sinistra. Scrivo articoli circa la cultura. Scrivo articoli anche sulla cultura palestinese. Questa settimana ho scritto una piccola cosa su Jean Khalil Chamoun e Mai Masri. Due registi libanesi che hanno fatto un film sulle donne palestinesi. Ho pensato anche a te mentre scrivevo poi te lo spedisco. Tu sei importante A presto IN THE SHADOWS OF THE CITY (Taïf al madina) January 12 (Saturday) 8:30 pm Directed by Jean Khalil Chamoun France/Lebanon 2000, 35mm, color, 100 min. With Majdi Machmouchi, Ammar Chalak, Christine Choueiri Arabic with English subtitles To escape the civil war between Christians and Muslims, a family moves from the countryside to Beirut--only to be caught in an equally dangerous situation. The film revisits the decade and a half of civil war in Lebanon that ended in 1990 through the eyes of Rami, following the boy from age twelve to adulthood as his family struggles with unemployment, death, and the disappearance of loved ones. Documentary filmmaker Jean Khalil Chamoun, in his first fiction film, combines archival footage and a verite style to create a harrowing overview of the senseless conflict that left his country in physical and moral tatters. Yet even as he funnels this history through his young protagonist, he invests the shadows of the past with noble dreams and precious memories. In the Shadows of the City gennemspiller borgerkrigen i Libanon fra de første israelske missiler blev afsendt mod mål i den sydlige del af landet i 1975 til krigen sluttede i 1990. Uden at tage parti, eller for den sag skyld at identificere konfliktens parter som henholdsvis kristne og muslimer, tegner Jean Khalil Chamoun et såre realistisk billede at livet i en krigszone. Rent tematisk ligger filmen tæt på Ziad Doueiris West Beyrouth (vist på NatFilm 99), men Chamoun er mindre nostalgisk i sit snit og mere konfronterende i sin stil. Instruktøren, der selv har arbejdet som krigskorrespondent, indrammer sin historie i nyhedsklip, som leverer den historiske og politiske baggrund for historien om den tolvårige Rami, der flytter til Beirut med sin familie. Her får han job som en slags stik-i-rend dreng på en livlig café, ejet af en enke med smag for livets goder. Og her møder hans flere af de figurer, der kommer til at tegne Chamouns karakterdrevne historie - og Ramis eget voksenliv. Den voksne Rami får arbejde som ambulancefører i den ruinhob, der er tilbage af barndommens Beirut. Da han og faderen kidnappes af nogle soldater, slipper han på mirakuløs vis fri, hvorefter han langt om længe tager parti i konflikten og slutter sig til byguerillaen. Udover at tegne et bevægende, tredimensionelt portræt af en mand, der gennemlever krigen uden at miste sin integritet, skal In the Shadows of the City også anbefales for sine fint afrundede og sammensatte kvindeportrætter. He mixed archived images and fiction. Chamoun paints the portrait of Lebanon that the generations knew as a country in war. The city spectrum isn't a film about the war, but it's a succession of charismatic portraits of men , women, and children in a country in the war. Rami, a twelve years old child, is obliged to leave his village in southern Lebanon under the Israeli army's bombs, and seek shelter in Beirut with his family. His fathers unemployment obliged him to leave school and work in a café. The civil war flared. The assassination of his friend the musician shocks him deeply. Yasmine, his friend, leaves the region. Twelve years later Rami and his father are kidnapped on the front line that divides the city. He escaped and joined the militia where he met Siham, a woman determined to find her husband... More than 350,000 Palestinian refugees live in Lebanon, 15,000 of them in the refugee camp of Shatila in Beirut. Through the eyes of two children who live in this camp, Issa and Farah, this documentary explores the determination to keep family and dreams thriving in a landscape that has been sculpted by war, poverty, grief and displacement. Issa, a little boy who lives with his grandfather, sustained severe injuries when he was hit by a speeding car and has trouble learning in school. Farah lives with her parents and two sisters. The children?s memories and history are shaped by the violence that surrounds them. Both have lost family in the massacres and attacks that followed the 1948 Diaspora and the 1982 invasion of Lebanon by Israel. An aunt was decapitated, an uncle shot ? every family and friend they know has lost someone to the violence. The filmmaker gives Issa and Farah a small video camera to film their lives and learn how they see their own world. Both children start asking their elders how they felt about leaving Palestine. When queried about what he wants to tell the new generation of Palestinians, an old man asks that Palestine must never be forgotten. ?Promise me that,? he tells the children. The poverty of Shatila offers little escape. Farah?s mother says that when her children tell her their dreams she feels ?awkward and afraid to shock them with the truth,? and wonders about the kind of future that lies ahead. Yet both children inspire viewers with their ability to keep their hearts and minds open. Farah tells a nursery class, ?Imagining is the main thing, even if you only draw a bird.? And Issa has a wonderful dream where he is a prince. While the focus is on the lives of children, this documentary is not suitable for younger children. It is appropriate for mature young adults, and university and community audiences interested in learning about the Israeli-Palestinian conflict, life in the refugee camps, and the lasting effects of war. Hello alissandro I am fine , busy with the school , I am finishing the subjectes with my students , and preparing for the final examination , and I am looking and waiting the summer holiday , because I am tired from teaching , any way it is really nice to hear form you , and to know that you are starting to study arabic , it is really wonderful, I hope you will be good in arabic , I also know arabic is not easy but if you like the language you can learn fast , and roby tolled me that you are taking lissones it seemes nice so good luck , and also with your examinations. And to study two months in Damascus , it is good but it is hard if you want to comeback to palestine , so I dont know what you should do , so I hope you will not have proplemes with this , and for your visiting in November , you are wellcoming any time , maybe we can have a chance to talk more, but I think it will be hard , because of our habites and tradition , ok you asked once about if the girl can travel , or if I can visit italy , well ali you sow mhannad my brother and I am sure you liked his mind and the way of thinking , and as you know he is pflp , but believe me he cant live away from the habites and tradition , even I dont blame him , but I will tell you something, when mohannad had the chance to go to italy he was very happy and we where talking a lot a bout this with my uncle , and mohannad had the chance to take a girl with him from the camp , and this trip has lotes of both girles and boyes they go from my university so my uncle toled him you can take manar with you , specially my father will not say no because I will be with my brother and you could know what happened ? mohanad sayed no , he cant take me with him , and he talk with a girl from the camp to go with him, I remember this day I was very sad from him , ( he can go with girls ) you know why ? because he is ( MAN ) sorry for all what I say, it is a lot but I really feel sad a bout this ?? Thanks again for youre letter , and good luck with every thing you do in youre life Best wishes from me Manar |
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2.Iniziativa contro la guerra di Critical mass a livorno a partire dalle 5 di pomeriggio partendo da P.zza Cavour 3. Sit in delle Donne in nero a Roma a Largo di Torre Argentina alle 6.00 DEDICATO a Leyla Zana una donna curda detenuta nelle carceri turche, condannata a 15 anni di prigione con l'accusa di separatismo per aver pronunciato giuramento alla costituzione turca in lingua curda, dopo la sua elezione in rappresentanza della minoranza curda. 4.ora in silenzio per la pace Promossa nel settembre del 2001 dalla "retecontrog8 per la globalizzazione dei diritti", dalle ore 18.00 alle ore 19.00 in tutti i tutti i mercoledì a piazza de ferrari, scalini palazzo ducale a Genova 5.Manifestazione a Camaiore contro la guerra a partire dalle 9 di sera in piazza san bernardino da Siena e sarà una fiaccolata. Milano: domani, ore 17 alla Statale assemblea cittadina contro la guerra sia che il Rettore metta a disposizione l'Aula Magna, sia che rifiuti, domani alle 17 si svolgerà in Statale un'assemblea cittadina contro la guerra. |
hi alessandro, i talked to amira and lucas about the film and none of us have seen it. we're trying to collect documentaries in the office so it would be really wonderful if you could make us a copy. do you have the pengon address? how is work on your documentary going? you must have a lot of footage to go through. not much good news here. the army continues to come to dheisheh almost nightly and have regularly arrested people. it was passover and easter last week so jerusalem was crazy with tourists here for holy days. many american jews walking around waving israeli flags. lots of press came to dheisheh in the past few days to see the refugees reaction to bush. they put ziad on bbc news. alright, i should go back to my piles. (i got through all the ones that were out when you were here but now am working on amira's office) take care and thank you. josie and i haven't forgotten about the contact for the Canadian Film Festival. It's just been a little crazy lately because i had a big proposal due last week for Ibdaa. I will be back in Ibdaa on friday the 23rd and will hopefully be able to send you the information then. |
Solo chi vive o ha vissuto dentro un campo profughi può comprendere quanto difficoltosa possa essere la vita di un rifugiato. Come donna palestinese sotto occupazione, nata e cresciuta dentro un campo profughi, non mi sovviene facile parlare della vita, della mia esistenza di donna in un paese occupato da più di cinquantanni. Da quando sono nata non ho visto nientaltro che il mio campo, esso rappresenta la mia città, il mio villaggio, il cortile ed il mio ospedale. Questo luogo invaso di cemento è tutta la mia vita, tutto mi è stato negato eccetto il campo. In passato trovavo insopportabile essere un abitante del campo: le persone guardano i rifugiati con occhi diversi e riescono a vederci solo come esseri maleducati, senza istruzione e poveri. Il campo è uno spazio molto affollato, le abitazioni sono separate da strade strettissime e se il tuo vicino urla contro sua moglie, o i bambini, puoi udirlo chiaramente e aprendo la porta, o una finestra, puoi spiare la vita che scorre dentro le altre case. Essendo il mio campo il più piccolo dei tre di Betlemme, non è stato fornito di scuole o cliniche ospedaliere, obbligando i suoi abitanti ad usufruire dei servizi offerti negli altri due campi. Tutto questo esiste ancora oggi ma in passato la vita era ancora più dura, per esempio durante lestate non cera lacqua. Adesso, forse puoi immaginare quanto sia difficile la vita di un rifugiato. Il mio campo profughi si trova a nord di Betlemme, vicino alla tomba di Rachele, divenuta da tempo postazione militare israeliana e fonte di grossi problemi per gli abitanti del campo. Ho un fratello ed un cugino che studiano alluniversità di Gerusalemme, in Abu Dis, un quartiere vicino alla città vecchia, isolato dal muro dellApartheid. Per raggiungere i luoghi di studio devono attraversare un check point che il più delle volte trovano chiuso senza una precisa ragione. Così, sono obbligati a trascorrere anche più di tre ore sotto il sole, in attesa che i soldati riaprano il passaggio, decisione che dipende esclusivamente dallumore del momento. Per non affrontare queste pressioni ho deciso di frequentare luniversità di Betlemme evitando lattraversamento quotidiano del check point. Non pensiamo mai a cosa faremo la settimana prossima, il nostro unico pensiero è cosa potrà accederci il minuto successivo. Durante la prima Intifada le donne del campo erano al pari degli uomini. Erano parte attive nella resistenza: i sodati israeliani le arrestavano e le trasportavano alle postazioni militari, erano donne coraggiose. Mia madre mi ha raccontato molte storie di lei e delle altre donne del campo, durante la prima resistenza. Una volta, rientrando dal lavoro un soldato la fermò con lintenzione di arrestarla e lei riuscì a scappare. Ricordo di me e delle mie amiche, al ritorno da scuola, mentre tentavamo di nasconderci dai soldati che sparavano gas lacrimogeni e vidi alcune donne aiutare i ragazzi a nascondersi ed altre lanciare pietre. Eravamo ununica, grande famiglia e chiunque avesse un problema trovava facilmente aiuto. Cera lavoro e i soldati israeliani erano meno duri: ogni mese ammazzavano un solo palestinese! Durante questa seconda Intifada (Al-Aqsa Intifada) tutto è cambiato, in ogni istante potrebbe accadere qualcosa di veramente terribile. Non possiamo vivere senza ascoltare le notizie alla televisione almeno ogni dieci minuti, non possiamo vivere senza versare lacrime. Nel nostro campo il 70% della popolazione è senza lavoro, molti dei nostri giovani sono rinchiusi nelle carceri israeliane, molti degli abitanti sono feriti e/o invalidi. Molti ragazzi lasciano la scuola per cercare un lavoro, altri siedono sulla strada aspettando due spiccioli dalla famiglia, altri approdano alluniversità per svagare la mente. Alcune famiglie impediscono alle figlie di frequentare la scuola superiore o luniversità e non è raro trovare ragazze sedicenni già sposate. Tuttavia non possiamo dimenticare che il campo ha partecipato attivatamene alla prima resistenza e continua a sfidare e a resistere sotto loccupazione. La resistenza contro la forza occupante è un diritto dei palestinesi e se guardiamo la storia della Palestina troviamo che i profughi hanno perso le loro terre, la libertà e la possibilità di avere una vita dignitosa e per queste ragioni continuano ancora ad oggi a combattere loccupazione. Nel campo puoi vedere molte persone che parlano del diritto al ritorno o della situazione nella quale versa la Palestina. La Palestina intera significa molto per noi: nella nostra cultura la terra è lelemento più importante per la nostra vita. Noi rivogliamo tutta la Palestina (48 e 67) e con essa Gerusalemme. In quanto rifugiata ho diritto a ritornare al villaggio dal quale i soldati israeliani obbligarono la mia famiglia a partire, disperdendola nel mondo. Ho due zii che non ho mai visto e che conosco solo per telefono. Io chiedo di poter tornare al mio villaggio. Non posso accontentarmi di ricevere solo una parte di tutta la Palestina storica. Questa terra è per i palestinesi e non per gli israeliani che, arrivando da ogni parte del mondo, sono convinti di possedere il diritto a vivere su questa regione, considerandola come la loro nazione! Continuo a sperare e a chiedere giustizia e a lottare per una giusta pace. E possibile che il mondo sia convinto che i palestinesi odino la vita in sè? Eppure ne avrebbero tutte le ragioni: loccupazione israeliana, nessuna giustizia, punizioni e torture nella città e nei campi, coprifuoco per giorni e notti, demolizione di case, padri e fratelli rinchiusi nelle carceri israeliane, divieto di visitare parenti che abitano in altre città, è questa vita? Udire gli spari per dieci ore consecutive e la mattina tornare alla vita normale: scuola, lavoro, università. Obbligati ad ascoltare il fragore dei bombardamenti e a respirare lodore di morte. Quelle sono state le sensazioni che ci hanno accompagnato per più di sei mesi, quando i carri armati, i blindati ed i bulldozer, assediarono la città. Quando si ritirarono cominciò una nuova vita ma la sensazione che tutto potesse ricominciare non ci ha più abbandonato. Addormentarci senza il rumore delloccupazione è il nostro sogno. Io prego per una giusta pace, è importante per la nostra gente e per i nostri bambini, soffocati dalloccupazione. Ho un sogno: vedere i bambini palestinesi vivere una vita normale, senza paura, senza depressioni e stanchezze. Vorrei vederci riconosciuto il diritto alla vita, allo studio, al divertimento ed infine sentirmi al sicuro. Ho qualcosa da dire al popolo europeo: non guardare solo ad un lato della questione palestinese, prova a conoscerci meglio ed aiutaci a cambiare questa dura realtà.
Cara Manar, scriverti per me è importantissimo. È un esilio che cerco ogni giorno. Mi serve per uscire dalla banalità della mia Italia. Penso spesso alla Palestina. Io ricordo quando tornavamo a casa prima del tramonto del sole, è pericoloso in Palestina muoversi con loscurità. In Italia noi giovani vivamo molto anche di notte. Ma non riusciamo ad apprezzare questa libertà. Sarebbe una preziosa libertà, ma non la capiamo. Noi in Italia ebdiamo tutto banale. Ho scelto di stare in zone di guerra. In quelle zone di guerra inventate dal mio occidente e dalla mia Italia. Per questo motivo sarei felice di imparare larabo. Qui in occidente si ha paura di tutto il mondo islamico. Io ho paura di questo. Io ho paura del mio occidente. Io rispondo alla tua lettera. Conosco la storia di Mohannad e del viaggio in Italia. Lho saputa da Roberta. Io e Roberta siamo stati molto tristi per questa storia. Io e Roberta ne abbiamo parlato molto. Io penso che tu hai davanti a te due rivoluzioni; due liberazioni da portare a termire. La prima è quella da Israele e dalloccupazione sionista che vuole la tua intelligenza ferma in un campo per profughi. La seconda è dagli aspetti brutti della cultura araba che vuole la tua intelligenza con meno possibilità rispetto qella di un uomo. Non crede che rispetto le donne la cultura italiana sia molto migliore. Io penso che questo è un difficile argomento. Ma penso che è importante affrontare questo argomento. Io penso che io e te non avremo molte possibilità di comunicare, ma credo che mantenere la speranza possa essere una piccola parte di quella seconda rivoluzione che ci aspetta. Se Mohannad non ti ha portato in Italia quando ha avuto la possibilità. Tu sai che hai sempre una casa in Italia, e anche un po di amici. Io sono convinto che prima o poi ci sarà la possibilità. Ti ho visto per cinque minuti. È un tempo piccolo. E non ho parlato con te in quei cinque minuti. Ma è sufficiente per averti conosciuto. Per avere provato affetto verso la tua intelligenza. Io sono sicuro che ci vedremo. Questo o il prossimo anno. Io voglio lavorare anche sulla Palestina. E tu sei tra le persone care che ho in Palestina.
Qui in italia continuo la università. Io devo cambiare casa. Napoli è una bella città, un poco araba. I bambini che vivono nelle strade di Napoli sono molto simili ai bambini palestinesi.
Io lavoro in questo periodo per un giornale di sinistra. Scrivo articoli circa la cultura. Scrivo articoli anche sulla cultura palestinese. Questa settimana ho scritto una piccola cosa su Jean Khalil Chamoun e Mai Masri. Due registi libanesi che hanno fatto un film sulle donne palestinesi. Ho pensato anche a te mentre scrivevo poi te lo spedisco.
Tu sei importante
A presto
IN THE SHADOWS OF THE CITY (Taïf al madina)
January 12 (Saturday) 8:30 pm
Directed by Jean Khalil Chamoun France/Lebanon 2000, 35mm, color, 100 min. With Majdi Machmouchi, Ammar Chalak, Christine Choueiri Arabic with English subtitles
To escape the civil war between Christians and Muslims, a family moves from the countryside to Beirut--only to be caught in an equally dangerous situation. The film revisits the decade and a half of civil war in Lebanon that ended in 1990 through the eyes of Rami, following the boy from age twelve to adulthood as his family struggles with unemployment, death, and the disappearance of loved ones. Documentary filmmaker Jean Khalil Chamoun, in his first fiction film, combines archival footage and a verite style to create a harrowing overview of the senseless conflict that left his country in physical and moral tatters. Yet even as he funnels this history through his young protagonist, he invests the shadows of the past with noble dreams and precious memories.
In the Shadows of the City gennemspiller borgerkrigen i Libanon fra de første israelske missiler blev afsendt mod mål i den sydlige del af landet i 1975 til krigen sluttede i 1990. Uden at tage parti, eller for den sag skyld at identificere konfliktens parter som henholdsvis kristne og muslimer, tegner Jean Khalil Chamoun et såre realistisk billede at livet i en krigszone. Rent tematisk ligger filmen tæt på Ziad Doueiris West Beyrouth (vist på NatFilm 99), men Chamoun er mindre nostalgisk i sit snit og mere konfronterende i sin stil. Instruktøren, der selv har arbejdet som krigskorrespondent, indrammer sin historie i nyhedsklip, som leverer den historiske og politiske baggrund for historien om den tolvårige Rami, der flytter til Beirut med sin familie. Her får han job som en slags stik-i-rend dreng på en livlig café, ejet af en enke med smag for livets goder. Og her møder hans flere af de figurer, der kommer til at tegne Chamouns karakterdrevne historie - og Ramis eget voksenliv. Den voksne Rami får arbejde som ambulancefører i den ruinhob, der er tilbage af barndommens Beirut. Da han og faderen kidnappes af nogle soldater, slipper han på mirakuløs vis fri, hvorefter han langt om længe tager parti i konflikten og slutter sig til byguerillaen. Udover at tegne et bevægende, tredimensionelt portræt af en mand, der gennemlever krigen uden at miste sin integritet, skal In the Shadows of the City også anbefales for sine fint afrundede og sammensatte kvindeportrætter.
He mixed archived images and fiction. Chamoun paints the portrait of Lebanon that the generations knew as a country in war. The city spectrum isn't a film about the war, but it's a succession of charismatic portraits of men , women, and children in a country in the war. Rami, a twelve years old child, is obliged to leave his village in southern Lebanon under the Israeli army's bombs, and seek shelter in Beirut with his family. His fathers unemployment obliged him to leave school and work in a café. The civil war flared. The assassination of his friend the musician shocks him deeply. Yasmine, his friend, leaves the region. Twelve years later Rami and his father are kidnapped on the front line that divides the city. He escaped and joined the militia where he met Siham, a woman determined to find her husband...
More than 350,000 Palestinian refugees live in Lebanon, 15,000 of them in the refugee camp of Shatila in Beirut. Through the eyes of two children who live in this camp, Issa and Farah, this documentary explores the determination to keep family and dreams thriving in a landscape that has been sculpted by war, poverty, grief and displacement.
Issa, a little boy who lives with his grandfather, sustained severe injuries when he was hit by a speeding car and has trouble learning in school. Farah lives with her parents and two sisters. The children?s memories and history are shaped by the violence that surrounds them. Both have lost family in the massacres and attacks that followed the 1948 Diaspora and the 1982 invasion of Lebanon by Israel. An aunt was decapitated, an uncle shot ? every family and friend they know has lost someone to the violence.
The filmmaker gives Issa and Farah a small video camera to film their lives and learn how they see their own world. Both children start asking their elders how they felt about leaving Palestine. When queried about what he wants to tell the new generation of Palestinians, an old man asks that Palestine must never be forgotten. ?Promise me that,? he tells the children.
The poverty of Shatila offers little escape. Farah?s mother says that when her children tell her their dreams she feels ?awkward and afraid to shock them with the truth,? and wonders about the kind of future that lies ahead. Yet both children inspire viewers with their ability to keep their hearts and minds open. Farah tells a nursery class, ?Imagining is the main thing, even if you only draw a bird.? And Issa has a wonderful dream where he is a prince.
While the focus is on the lives of children, this documentary is not suitable for younger children. It is appropriate for mature young adults, and university and community audiences interested in learning about the Israeli-Palestinian conflict, life in the refugee camps, and the lasting effects of war.
Hello alissandro I am fine , busy with the school , I am finishing the subjectes with my students , and preparing for the final examination , and I am looking and waiting the summer holiday , because I am tired from teaching , any way it is really nice to hear form you , and to know that you are starting to study arabic , it is really wonderful, I hope you will be good in arabic , I also know arabic is not easy but if you like the language you can learn fast , and roby tolled me that you are taking lissones it seemes nice so good luck , and also with your examinations. And to study two months in Damascus , it is good but it is hard if you want to comeback to palestine , so I dont know what you should do , so I hope you will not have proplemes with this , and for your visiting in November , you are wellcoming any time , maybe we can have a chance to talk more, but I think it will be hard , because of our habites and tradition , ok you asked once about if the girl can travel , or if I can visit italy , well ali you sow mhannad my brother and I am sure you liked his mind and the way of thinking , and as you know he is pflp , but believe me he cant live away from the habites and tradition , even I dont blame him , but I will tell you something, when mohannad had the chance to go to italy he was very happy and we where talking a lot a bout this with my uncle , and mohannad had the chance to take a girl with him from the camp , and this trip has lotes of both girles and boyes they go from my university so my uncle toled him you can take manar with you , specially my father will not say no because I will be with my brother and you could know what happened ? mohanad sayed no , he cant take me with him , and he talk with a girl from the camp to go with him, I remember this day I was very sad from him , ( he can go with girls ) you know why ? because he is ( MAN ) sorry for all what I say, it is a lot but I really feel sad a bout this ?? Thanks again for youre letter , and good luck with every thing you do in youre life Best wishes from me
- Manar
hi alessandro, i talked to amira and lucas about the film and none of us have seen it. we're trying to collect documentaries in the office so it would be really wonderful if you could make us a copy. do you have the pengon address? how is work on your documentary going? you must have a lot of footage to go through. not much good news here. the army continues to come to dheisheh almost nightly and have regularly arrested people. it was passover and easter last week so jerusalem was crazy with tourists here for holy days. many american jews walking around waving israeli flags. lots of press came to dheisheh in the past few days to see the refugees reaction to bush. they put ziad on bbc news. alright, i should go back to my piles. (i got through all the ones that were out when you were here but now am working on amira's office) take care and thank you.
josie and i haven't forgotten about the contact for the Canadian Film Festival. It's just been a little crazy lately because i had a big proposal due last week for Ibdaa. I will be back in Ibdaa on friday the 23rd and will hopefully be able to send you the information then.
U.S.A.
governo americano
presidente GeorgewBush
the Cabinet uyybzcfzesxbole Secretary of Agriculture Ann Veneman
Secretary of Commerce Don Evans
Secretary of Defense DonaldRumsfeld
Secretary of Education Rod Paige
Secretary of Energy Spencer Abraham
Secretary of Health & Human Services Tommy Thompson
Secretary of Homeland Security TomRidge
Secretary of State ColinPowell
Secretary of Transportation Norman Mineta
Secretary of Treasury John Snow
Secretary of Veterans Affairs Anthony Principi
Secretary of Housing & Urban Development Mel Martinez
Secretary of Interior GaleNorton
Attorney General John Ashcroft
Secretary of Labor Elaine Chao
consiglieri del presidente
Consigliere Di Sicurezza Nazionale CondoleezzaRice
ISRAELE
governo israeliano
ArielSharon - Prime Minister
(inoltre tiene le comunicazioni, l'alloggiamento e la costruzione, gli affari labor e sociali e le cartelle religiose di affari)
YosefLapid - Ministro della Giustizia, and Deputy Prime Minister
EhudOlmert - Ministro dell'industria e del commercio, and Deputy Prime Minister
SilvanShalom -Ministro degli affari esteri, and Deputy Prime Minister
BenyaminElon - Ministro del turismo
TzachiHanegbi - Ministro della pubblica sicurezza
YisraelKatz - Ministro dell'agricoltura e dello sviluppo rurale
AvigdorLieberman - Ministro dei trasporti
LimorLivnat - Ministro della educazione, cultura e sport
TzipiLivni - Ministero per l'assorbimento degli immigrati
ShaulMofaz - Ministro delle difesa
YehuditNaot - Ministro dell'ambiente
DanNaveh - Ministro della salute
BenjaminNetanyahu - Ministro della finanza
JosephParitzky - Ministro delle infrastrutture nazionali Avraham Poraz - Ministro dell'interno Eliezer Sandberg - Ministero delle scienze e tecconologie Gideon Ezra - Minister without Portfolio Uzi Landau - Minister without Portfolio Natan Sharansky - Minister without Portfolio
Meir Sheetrit - Minister without Portfolio