Differences between revisions 192 and 259 (spanning 67 versions)
Revision 192 as of 2003-03-27 16:31:16
Size: 7177
Editor: anonymous
Comment:
Revision 259 as of 2006-02-14 11:10:02
Size: 24073
Editor: anonymous
Comment:
Deletions are marked like this. Additions are marked like this.
Line 1: Line 1:
== PRIMA EDIZIONE == ---- /!\ '''Edit conflict - other version:''' ----
Di fronte alla vittoria di Hamas, Ehud Olmert ha dimostrato di saper tenere saldo il timone del governo israeliano ed ha aiutato il suo partito Kadima, avvantaggiato anche dagli errori strategici di Netanyahu, a mantenersi in netto vantaggio nei sondaggi in vista delle elezioni del 28 marzo.
Line 3: Line 4:
Marco Pinfari
Line 4: Line 6:
'''La Cap Horn lascia Livorno''' Equilibri.net (14 febbraio 2006)
Line 6: Line 8:
Nessuna riparazione per la nave-traghetto "Cape Horn", noleggiata dall'esercito Usa che ha ripreso il largo lasciando la rada del porto di Livorno.
La decisione e' stata assunta dal comando della nave, probabilmente su ordini provenienti da livelli piu' alti. La "Cape Horn" aveva chiesto al Cantiere Navale Fratelli Orlando, gestito da una coop operaia e attualmente in amministrazione controllata, di poter usufruire dei servizi di riparazione
Ad un primo rifiuto dei lavoratori, che non volevano aiutare gli Stati Uniti in una fase di guerra, ieri sera e' seguita la decisione dei sindacati di riprendere i lavori adducendo "superiori esigenze di sicurezza della nave" ma molto più probabilmente dovuta a ragioni di carattere economico, la stessa regione Liguria aveva espresso la sua preoccupazione che gli scioperi del settore potessero danneggiare il mercato, in questo caso quello delle armi. In nottata la svolta definitiva: la nave, che evidentemente poteva navigare nonostante l'avaria, ha levato l'ancora lasciando Livorno e non si sa dove sia diretta.
A più di un mese dall’ictus cerebrale che lo ha ridotto in fin di vita e ha bruscamente posto fine alla sua carriera politica, sabato 11 febbraio Ariel Sharon è stato sottoposto ad un ulteriore intervento chirurgico per arrestare un’emorragia intestinale che rischiava di aggravare ulteriormente il già gravissimo quadro clinico del premier israeliano. L’intervento presso l’ospedale Hadassah è riuscito e Sharon non è più in pericolo di vita immediato. Tuttavia, con il passare delle settimane, le possibilità di un suo risveglio sono sempre più scarse, e praticamente nulle le speranze che riacquisti almeno parte delle capacità intellettive.
Line 10: Line 10:
L’aggravamento delle condizioni del premier ha attratto l’attenzione dei media israeliani ed internazionali dopo settimane di pressoché assoluto silenzio. Il silenzio sullo stato di salute di Sharon è stato ripetutamente chiesto della famiglia dell’ex generale, ed il suo rigoroso rispetto è stato facilitato dalla presenza di numerosi sviluppi internazionali che gettano la propria ombra sul futuro dello stato ebraico: in particolare, la vittoria elettorale di Hamas il 25 gennaio e la determinazione con cui l’Iran di Ahmadinejad prosegue nell’acquisizione di tecnologie nucleari a fronte dell’esplicita condanna dell’AIEA. Questi eventi, insieme alle diatribe sulla prosecuzione della costruzione del muro difensivo in Cisgiordania, hanno permesso ad Israele di focalizzare la propria attenzione sull’operato del primo ministro ad interim Ehud Olmert, candidato premier per il neoformato Kadima. Un operato, quello di Olmert, che ha attratto vasti consensi e che pone le basi per una significativa vittoria elettorale del partito fondato da Ariel Sharon.
Olmert, Hamas ed il dualismo governativo dell’ANP
Line 11: Line 13:
Il 31 gennaio la presentazione della lista elettorale di Kadima ha stabilito definitivamente i ruoli all’interno del partito. Olmert è stato posto al vertice della lista, seguito da Shimon Peres e da Tzipi Tivni. Quest’ultima, quarantott’anni, attualmente alle guida del ministero degli affari esteri in attesa delle imminenti elezioni, godeva di un rapporto di particolare stima e fiducia con Ariel Sharon ed è indubbiamente una delle personalità più rilevanti della nuova generazione di politici israeliani che sta lentamente emergendo. I quotidiani israeliani hanno riferito la volontà di Olmert di includere Sharon nella lista; un’ipotesi dall’alto significato simbolico, che non ha ricevuto attuazione per l’evidente incapacità del leader di firmare l’atto di candidatura, ma che testimonia la centralità del programma politico ed ideologico dell’ex generale in Kadima.
Line 12: Line 15:
Nonostante si premuri di precisare regolarmente il suo debito personale e politico nei confronti di Sharon, Ehud Olmert ha dato prova, nelle ultime settimane, di una notevole capacità di leadership e di una indiscutibile intelligenza politica. La vittoria di Hamas nelle elezioni per l’assemblea politica palestinese ha testimoniato come il cammino verso una collaborazione sempre più stretta con l’ANP sia irto di ostacoli. Il susseguirsi di azioni criminali nella striscia di Gaza e la progressiva deriva islamista degli abitanti dei Territori ha evidenziato la possibilità che il ritiro unilaterale dai Territori possa non generare la sicurezza e la pace promessi da Sharon. In tale situazione, la strategia di Olmert è stata particolarmente attenta ed efficace. Pur esprimendo una seria preoccupazione per la preminenza di Hamas nell’assemblea legislativa, e nonostante la minaccia di non collaborare con un governo palestinese a guida islamista, Olmert ha riaffermato il legame di fiducia con Abu Mazen, sbloccando il trasferimento all’ANP di 54 milioni di dollari ricavati da tasse su palestinesi e da rendite doganali, fondamentali per garantire la sopravvivenza della sua enorme amministrazione pubblica. Pochi giorni più tardi, il 7 febbraio, Olmert ha compiuto un sopralluogo nelle aree della Cisgiordania in cui è ancora in costruzione la “security fence”, sottolineando l’impegno di Kadima di concluderne la costruzione «entro l’anno» e di includere nell’area ad ovest della barriera i nuclei più massicci di insediamenti, tra cui Gush Etzion e Ma’ale Adunim.
La strategia del primo ministro ad interim è chiara. Kadima è fortemente impegnato a proseguire la strategia di Sharon di ritiro unilaterale dai Territori, e prende in seria considerazione l’ipotesi di un ritiro anche dalla Cisgiordania, quando la barriera sarà conclusa. Secondo le stime attuali, il ritiro dall’area racchiusa dalla barriera – che prevedrà anche un tratto ad est, nella valle del Giordano – implicherà il trasferimento di circa 120.000 coloni, la metà circa di quelli attualmente insediati al di là della “linea verde”. L’altra metà, che include i grandi gruppi di colonie demografiche quali Ariel, Gush Etzion e Ma’ale Adunim, si troverà di fatto annessa ad Israele. Un programma ambizioso, ma allo stesso tempo fortemente simpatetico con i desideri di vasti gruppi di coloni; un programma che non può incontrare l’approvazione dell’ANP, ma attorno al quale si coagula il consenso della maggioranza dell’elettorato israeliano.
Line 13: Line 18:
'''Ritter contro ministro britannico''' In tale contesto, la vittoria di Hamas non ha stravolto la strategia di Kadima. La possibilità di una radicalizzazione della politica palestinese rafforza il sostegno interno per la costruzione della barriera. Soprattutto, la presenza di una struttura governativa duale al vertice dell’ANP costituisce un’àncora di salvezza per Israele e per la stessa politica estera palestinese. Nel 2003, la creazione della figura del primo ministro aiutò Arafat a mantenere i contatti con Israele ed i partner occidentali negli anni in cui egli era oggetto di un ostracismo diplomatico a causa del suo coinvolgimento nell’Intifada in corso. Oggi, la presenza di tale figura, nel fluido contesto costituzionale dell’ANP, rende possibile per Israele mantenere i contatti con la più alta carica dell’ANP pur in presenza di un progressivo allineamento dell’elettorato verso i programmi di Hamas. Olmert può, dunque, chiedere l’isolamento internazionale di Hamas – seguito con determinazione dagli Stati Uniti – pur senza chiudere i rapporti con Abu Mazen e la leadership palestinese, senza il cui sostegno amministrativo e militare non sarebbe possibile concludere alcun disimpegno unilaterale dai Territori.
La debole strategia di Labor e Likud
Line 15: Line 21:
Scott Ritter, ex ispettore Onu ed ex marine ha rilasciato alle agenzie internazionali una dichiarazione nella quale afferma di essere molto preoccupato che alla fine BUSH ordini di usare ordigni nucleari. Il presidente statunitense infatti potrebbe decidere di impiegare armi dagli effetti devastanti nella guerra in corso ''. Inoltre Ritter ha aggiunto che non ci sono armi di distruzione di massa in Iraq e definisce ''un gigantesco bluff'' i piani militari Usa. Sono dichiarazioni in aperto contrasto con quello che oggi va affermando il ministro della difesa britannico Geoff Hoon, il quale naturalmente da per certe scoperte importanti circa l'intenzione irachena di usare armi chimico-batteriologiche Tuttavia, la strategia elettorale di Kadima trae giovamento dall’assenza di una reale, seria competizione programmatica sui grandi temi di politica estera del paese. Qualsiasi primo ministro israeliano, di fronte all’acutizzarsi della crisi internazionale attorno al programma nucleare iraniano, avrebbe affermato, alla pari di Olmert, la possibilità che l’Iran debba pagare un «prezzo molto alto» per la sua condotta. Mantenere una linea dura nei confronti del nucleare iraniano è una priorità per l’esecutivo di Israele, ma non può costituire una possibile linea di frattura nel dibattito politico. La vera partita elettorale in politica estera si gioca sui temi del ritiro da Gaza e dalla Cisgiordania e dei rapporti politici con i palestinesi: in tale contesto, Kadima gode di un vantaggio assoluto rispetto ai principali concorrenti.
Line 17: Line 23:
'''IRAQ: PERSI CONTATTI CON CINQUE GIORNALISTI''' La strategia di Amir Peretz, leader del Labor, è esplicitamente concentrata su tematiche economiche e sulla difesa dello stato sociale. I suoi attacchi ad Olmert mirano ad evidenziare l’adesione di Kadima alle politiche neoliberiste del Likud ed il rifiuto del primo ministro ad interim di considerare l’innalzamento dei salari minimi e delle pensioni d’anzianità. Le critiche di Peretz sono certamente fondate: il programma economico di Kadima è esplicitamente di ispirazione liberale. Tuttavia, il chiaro orientamento settoriale dell’agenda del Labor implica un’autoesclusione dalla lotta per la poltrona di primo ministro. Il sostegno che il Labor è in grado di ottenere attorno al suo programma difficilmente supererà il 20% dei consensi: un risultato che probabilmente porterà i laburisti all’interno della coalizione governativa, ma che non concederà loro alcuna possibilità di influenzare le grandi direttive politiche del paese.
Line 19: Line 25:
Persi i contatti con cinque giornalisti che lavorano in Iraq. Due giornalisti del quotidiano statunitense 'Newsday' a Baghdad e una troupe di tre persone della televisione di Dubai, 'Al Arabiya', sono dati per dispersi. L'inviato Matt McAllester, 33 anni, ex corrispondente dal Medio Oriente per il Newsday, e il fotoreporter Moises Saman, 29 annii non si mettono in contatto con la loro redazione da lunedì. Poco prima le autorita' irachene avevano notificato agli interessati che sarebbero stati accompagnati al confine con la Giordania perche' i loro visti erano scaduti. Ancora più debole è la posizione di Netanyahu. L’agenda elettorale del Likud si fonda su due principali strategie: criticare l’operato di Olmert e del Kadima, e rievocare i successi dei tre anni di governo di Netayahu. Attaccare le politiche di Olmert da “destra” è tuttavia - specialmente per un partito che, a sua volta, ha l’ambizione di attrarre parte dell’elettorato moderato - particolarmente difficile. Olmert non ha ancora commesso errori macroscopici, e, quando le sue politiche hanno prestato il fianco alle accuse di collusione con il terrorismo palestinese – come nel caso del trasferimento di denaro all’ANP - Kadima ha avuto buon gioco a rievocare il fatto che, da ministro delle finanze del governo Sharon, Netanyahu ha per anni, in prima persona, approvato le stesse misure che ora, per ragioni elettorali, vengono da lui pubblicamente criticate.
Né la rievocazione del periodo 1996-1999 può essere una strategia vincente per il Likud. In quegli anni il processo di Oslo intraprese un lento ed inesorabile declino. Da primo ministro, Netanyahu alternò ad altisonanti promesse di pace dure repressioni contro i palestinesi, allontanando definitivamente ogni possibilità di compromesso. Oggi i cittadini israeliani sembrano consapevoli che l’unica strada per garantire la propria sicurezza a breve termine è quella del disimpegno dai Territori accompagnato dalla costruzione della barriera, una strategia che contrasta fortemente con la diplomazia bilaterale di Oslo. Richiamare gli anni ’90 non è una scelta politica destinata a pagare: il contrasto tra il giovane Netanyahu vittorioso nel 1996, ritratto dai manifesti del Likud recentemente affissi nelle strade israeliane, ed il Netanyahu di oggi, vistosamente invecchiato, potrebbe simboleggiare non solo come il tempo di Oslo sia ormai passato, ma come la strategia del Likud di “spingere la barriera a est” sia ormai ai margini del discorso politico israeliano.
Line 21: Line 28:
Per quanto riguarda i tre dell'emittente 'Al Arabya', la redazione ha fatto sapere di avere perso dal 22 marzo i contatti con il giornalista siriano Wael Awwad, con il cameraman libanese Talal Masri e con il tecnico libanese Ali Safa. A sei settimane alle elezioni parlamentari, Israele sembra dunque avallare sempre più il progetto politico di Kadima. Gli ultimi sondaggi accreditano il partito fondato da Ariel Sharon di circa 40 seggi – un risultato che, se confermato il giorno del voto, porrebbe le basi per quattro anni di stabile governo per Olmert. La prospettiva di un esecutivo forte di una larga base parlamentare è ulteriormente confermata dai dati che accreditano il Labor di più di 20 seggi, ed il Likud di un risultato di poco inferiore alla soglia dei 20. Se gli elettori israeliani confermeranno questi orientamenti, la frammentazione politica alla Knesset sarebbe particolarmente bassa, in controtendenza rispetto alle elezioni degli anni ’90 ma in linea con quanto emerso nell’ultima tornata elettorale del 2003. Kadima ed il suo leader Olmert potrebbero quindi giovarsi di un forte e solido sostegno per proseguire nella loro linea di politica estera, sostenuti da un consenso di cui lo stesso Sharon non ha mai goduto. Questa potrebbe essere la conseguenza più significativa dell’uscita di scena dell’ex generale: la fine drammatica di un leader, come spesso avviene, si sta tramutando in una finestra di opportunità per attuare la sua vera – o supposta – eredità politica.
Line 23: Line 30:
'''IRAQ: TV AL JAZIRA ESORTA USA A GARANTIRE LIBERTA' DI STAMPA''' ---- /!\ '''Edit conflict - your version:''' ----
Di fronte alla vittoria di Hamas, Ehud Olmert ha dimostrato di saper tenere saldo il timone del governo israeliano ed ha aiutato il suo partito Kadima, avvantaggiato anche dagli errori strategici di Netanyahu, a mantenersi in netto vantaggio nei sondaggi in vista delle elezioni del 28 marzo.
Line 25: Line 33:
Messa al bando da Wall Street e attaccata dagli 'hacker' su Internet, l'emittente araba Al Jazira, ha difeso la sua copertura della guerra irachena e chiesto aiuto agli Stati Uniti nel nome della liberta' di stampa. Marco Pinfari
Line 27: Line 35:
L'emittente satellitare del Qatar ha manifestato forte preoccupazione per l'espulsione di due suoi corrispondenti dalla sala delle grida della borsa di New York e per l'attacco dei pirati informatici al suo sito 'web'. I responsabili di Wall Street hanno bloccato le trasmissioni dell'emittente, dicendo che le credenziali erano concesse soltanto alle reti in grado di fornire informazioni "resposanbili". Equilibri.net (14 febbraio 2006)
Line 29: Line 37:
'''PALESTINA''' A più di un mese dall’ictus cerebrale che lo ha ridotto in fin di vita e ha bruscamente posto fine alla sua carriera politica, sabato 11 febbraio Ariel Sharon è stato sottoposto ad un ulteriore intervento chirurgico per arrestare un’emorragia intestinale che rischiava di aggravare ulteriormente il già gravissimo quadro clinico del premier israeliano. L’intervento presso l’ospedale Hadassah è riuscito e Sharon non è più in pericolo di vita immediato. Tuttavia, con il passare delle settimane, le possibilità di un suo risveglio sono sempre più scarse, e praticamente nulle le speranze che riacquisti almeno parte delle capacità intellettive.
Line 31: Line 39:
Un elicottero apache israeliano ha attaccato una sede della polizia dell'Autorita' nazionale palestinese uccidendo tre poliziotti. E' accaduto nel nord della striscia di Gaza. Le squadre di soccorso palestinesi hanno dichiarato che i soldati di Israele hanno impedito loro di raggiungere il luogo dell'aggressione, sparando per diverse volte verso le autombulanze che intendevano soccorrere i feriti.
secondo l'ANP a Beit Hanoon 10 carrarmati sono entrati nell'area occupata dai palestinesi, gli abitanti della zona hanno subito organizzato una resistenza con lancio di pietre e bottiglie molotov.
L’aggravamento delle condizioni del premier ha attratto l’attenzione dei media israeliani ed internazionali dopo settimane di pressoché assoluto silenzio. Il silenzio sullo stato di salute di Sharon è stato ripetutamente chiesto della famiglia dell’ex generale, ed il suo rigoroso rispetto è stato facilitato dalla presenza di numerosi sviluppi internazionali che gettano la propria ombra sul futuro dello stato ebraico: in particolare, la vittoria elettorale di Hamas il 25 gennaio e la determinazione con cui l’Iran di Ahmadinejad prosegue nell’acquisizione di tecnologie nucleari a fronte dell’esplicita condanna dell’AIEA. Questi eventi, insieme alle diatribe sulla prosecuzione della costruzione del muro difensivo in Cisgiordania, hanno permesso ad Israele di focalizzare la propria attenzione sull’operato del primo ministro ad interim Ehud Olmert, candidato premier per il neoformato Kadima. Un operato, quello di Olmert, che ha attratto vasti consensi e che pone le basi per una significativa vittoria elettorale del partito fondato da Ariel Sharon.
Olmert, Hamas ed il dualismo governativo dell’ANP
Line 34: Line 42:
Il 31 gennaio la presentazione della lista elettorale di Kadima ha stabilito definitivamente i ruoli all’interno del partito. Olmert è stato posto al vertice della lista, seguito da Shimon Peres e da Tzipi Tivni. Quest’ultima, quarantott’anni, attualmente alle guida del ministero degli affari esteri in attesa delle imminenti elezioni, godeva di un rapporto di particolare stima e fiducia con Ariel Sharon ed è indubbiamente una delle personalità più rilevanti della nuova generazione di politici israeliani che sta lentamente emergendo. I quotidiani israeliani hanno riferito la volontà di Olmert di includere Sharon nella lista; un’ipotesi dall’alto significato simbolico, che non ha ricevuto attuazione per l’evidente incapacità del leader di firmare l’atto di candidatura, ma che testimonia la centralità del programma politico ed ideologico dell’ex generale in Kadima.
Line 35: Line 44:
'''FUJIMORI ‘WANTED''' Nonostante si premuri di precisare regolarmente il suo debito personale e politico nei confronti di Sharon, Ehud Olmert ha dato prova, nelle ultime settimane, di una notevole capacità di leadership e di una indiscutibile intelligenza politica. La vittoria di Hamas nelle elezioni per l’assemblea politica palestinese ha testimoniato come il cammino verso una collaborazione sempre più stretta con l’ANP sia irto di ostacoli. Il susseguirsi di azioni criminali nella striscia di Gaza e la progressiva deriva islamista degli abitanti dei Territori ha evidenziato la possibilità che il ritiro unilaterale dai Territori possa non generare la sicurezza e la pace promessi da Sharon. In tale situazione, la strategia di Olmert è stata particolarmente attenta ed efficace. Pur esprimendo una seria preoccupazione per la preminenza di Hamas nell’assemblea legislativa, e nonostante la minaccia di non collaborare con un governo palestinese a guida islamista, Olmert ha riaffermato il legame di fiducia con Abu Mazen, sbloccando il trasferimento all’ANP di 54 milioni di dollari ricavati da tasse su palestinesi e da rendite doganali, fondamentali per garantire la sopravvivenza della sua enorme amministrazione pubblica. Pochi giorni più tardi, il 7 febbraio, Olmert ha compiuto un sopralluogo nelle aree della Cisgiordania in cui è ancora in costruzione la “security fence”, sottolineando l’impegno di Kadima di concluderne la costruzione «entro l’anno» e di includere nell’area ad ovest della barriera i nuclei più massicci di insediamenti, tra cui Gush Etzion e Ma’ale Adunim.
La strategia del primo ministro ad interim è chiara. Kadima è fortemente impegnato a proseguire la strategia di Sharon di ritiro unilaterale dai Territori, e prende in seria considerazione l’ipotesi di un ritiro anche dalla Cisgiordania, quando la barriera sarà conclusa. Secondo le stime attuali, il ritiro dall’area racchiusa dalla barriera – che prevedrà anche un tratto ad est, nella valle del Giordano – implicherà il trasferimento di circa 120.000 coloni, la metà circa di quelli attualmente insediati al di là della “linea verde”. L’altra metà, che include i grandi gruppi di colonie demografiche quali Ariel, Gush Etzion e Ma’ale Adunim, si troverà di fatto annessa ad Israele. Un programma ambizioso, ma allo stesso tempo fortemente simpatetico con i desideri di vasti gruppi di coloni; un programma che non può incontrare l’approvazione dell’ANP, ma attorno al quale si coagula il consenso della maggioranza dell’elettorato israeliano.
Line 37: Line 47:
La persona può essere pericolosa.. Questo l’avvertimento che spicca sulla ‘Red Notice’ (avviso rosso) relativa ad Alberto Fujimori, pubblicata ieri dall’Interpol sul suo sito internet. Ii reati attribuiti al 64enne ex presidente peruviano, oggi residente a Tokyo sono assalto, contraffazione, rapimento, sparizione forzata, omicidio, crimine organizzato. In tale contesto, la vittoria di Hamas non ha stravolto la strategia di Kadima. La possibilità di una radicalizzazione della politica palestinese rafforza il sostegno interno per la costruzione della barriera. Soprattutto, la presenza di una struttura governativa duale al vertice dell’ANP costituisce un’àncora di salvezza per Israele e per la stessa politica estera palestinese. Nel 2003, la creazione della figura del primo ministro aiutò Arafat a mantenere i contatti con Israele ed i partner occidentali negli anni in cui egli era oggetto di un ostracismo diplomatico a causa del suo coinvolgimento nell’Intifada in corso. Oggi, la presenza di tale figura, nel fluido contesto costituzionale dell’ANP, rende possibile per Israele mantenere i contatti con la più alta carica dell’ANP pur in presenza di un progressivo allineamento dell’elettorato verso i programmi di Hamas. Olmert può, dunque, chiedere l’isolamento internazionale di Hamas – seguito con determinazione dagli Stati Uniti – pur senza chiudere i rapporti con Abu Mazen e la leadership palestinese, senza il cui sostegno amministrativo e militare non sarebbe possibile concludere alcun disimpegno unilaterale dai Territori.
La debole strategia di Labor e Likud
Line 39: Line 50:
L’Interpol, alla quale aderiscono 181 Paesi, ha accolto la richiesta delle autorità del Perù diffondendo un mandato emesso nel 2001 dalla magistratura locale per assassinio e sequestro. Spetta adesso ai Paesi membri decidere, in base alla legislazione nazionale ed ai trattati bilaterali con il Perù, se considerare la ‘Red Notice’ come un ordine di arresto provvisorio o come una semplice informazione, priva di valore giuridico. Tuttavia, la strategia elettorale di Kadima trae giovamento dall’assenza di una reale, seria competizione programmatica sui grandi temi di politica estera del paese. Qualsiasi primo ministro israeliano, di fronte all’acutizzarsi della crisi internazionale attorno al programma nucleare iraniano, avrebbe affermato, alla pari di Olmert, la possibilità che l’Iran debba pagare un «prezzo molto alto» per la sua condotta. Mantenere una linea dura nei confronti del nucleare iraniano è una priorità per l’esecutivo di Israele, ma non può costituire una possibile linea di frattura nel dibattito politico. La vera partita elettorale in politica estera si gioca sui temi del ritiro da Gaza e dalla Cisgiordania e dei rapporti politici con i palestinesi: in tale contesto, Kadima gode di un vantaggio assoluto rispetto ai principali concorrenti.
Line 41: Line 52:
http://www.interpol.int/ La strategia di Amir Peretz, leader del Labor, è esplicitamente concentrata su tematiche economiche e sulla difesa dello stato sociale. I suoi attacchi ad Olmert mirano ad evidenziare l’adesione di Kadima alle politiche neoliberiste del Likud ed il rifiuto del primo ministro ad interim di considerare l’innalzamento dei salari minimi e delle pensioni d’anzianità. Le critiche di Peretz sono certamente fondate: il programma economico di Kadima è esplicitamente di ispirazione liberale. Tuttavia, il chiaro orientamento settoriale dell’agenda del Labor implica un’autoesclusione dalla lotta per la poltrona di primo ministro. Il sostegno che il Labor è in grado di ottenere attorno al suo programma difficilmente supererà il 20% dei consensi: un risultato che probabilmente porterà i laburisti all’interno della coalizione governativa, ma che non concederà loro alcuna possibilità di influenzare le grandi direttive politiche del paese.
Line 43: Line 54:
Ancora più debole è la posizione di Netanyahu. L’agenda elettorale del Likud si fonda su due principali strategie: criticare l’operato di Olmert e del Kadima, e rievocare i successi dei tre anni di governo di Netayahu. Attaccare le politiche di Olmert da “destra” è tuttavia - specialmente per un partito che, a sua volta, ha l’ambizione di attrarre parte dell’elettorato moderato - particolarmente difficile. Olmert non ha ancora commesso errori macroscopici, e, quando le sue politiche hanno prestato il fianco alle accuse di collusione con il terrorismo palestinese – come nel caso del trasferimento di denaro all’ANP - Kadima ha avuto buon gioco a rievocare il fatto che, da ministro delle finanze del governo Sharon, Netanyahu ha per anni, in prima persona, approvato le stesse misure che ora, per ragioni elettorali, vengono da lui pubblicamente criticate.
Né la rievocazione del periodo 1996-1999 può essere una strategia vincente per il Likud. In quegli anni il processo di Oslo intraprese un lento ed inesorabile declino. Da primo ministro, Netanyahu alternò ad altisonanti promesse di pace dure repressioni contro i palestinesi, allontanando definitivamente ogni possibilità di compromesso. Oggi i cittadini israeliani sembrano consapevoli che l’unica strada per garantire la propria sicurezza a breve termine è quella del disimpegno dai Territori accompagnato dalla costruzione della barriera, una strategia che contrasta fortemente con la diplomazia bilaterale di Oslo. Richiamare gli anni ’90 non è una scelta politica destinata a pagare: il contrasto tra il giovane Netanyahu vittorioso nel 1996, ritratto dai manifesti del Likud recentemente affissi nelle strade israeliane, ed il Netanyahu di oggi, vistosamente invecchiato, potrebbe simboleggiare non solo come il tempo di Oslo sia ormai passato, ma come la strategia del Likud di “spingere la barriera a est” sia ormai ai margini del discorso politico israeliano.
Line 44: Line 57:
A sei settimane alle elezioni parlamentari, Israele sembra dunque avallare sempre più il progetto politico di Kadima. Gli ultimi sondaggi accreditano il partito fondato da Ariel Sharon di circa 40 seggi – un risultato che, se confermato il giorno del voto, porrebbe le basi per quattro anni di stabile governo per Olmert. La prospettiva di un esecutivo forte di una larga base parlamentare è ulteriormente confermata dai dati che accreditano il Labor di più di 20 seggi, ed il Likud di un risultato di poco inferiore alla soglia dei 20. Se gli elettori israeliani confermeranno questi orientamenti, la frammentazione politica alla Knesset sarebbe particolarmente bassa, in controtendenza rispetto alle elezioni degli anni ’90 ma in linea con quanto emerso nell’ultima tornata elettorale del 2003. Kadima ed il suo leader Olmert potrebbero quindi giovarsi di un forte e solido sostegno per proseguire nella loro linea di politica estera, sostenuti da un consenso di cui lo stesso Sharon non ha mai goduto. Questa potrebbe essere la conseguenza più significativa dell’uscita di scena dell’ex generale: la fine drammatica di un leader, come spesso avviene, si sta tramutando in una finestra di opportunità per attuare la sua vera – o supposta – eredità politica.
Line 45: Line 59:

















U.S.A.

governo americano

presidente GeorgewBush

the Cabinet uyybzcfzesxbole Secretary of Agriculture Ann Veneman

Secretary of Commerce Don Evans

Secretary of Defense DonaldRumsfeld

Secretary of Education Rod Paige

Secretary of Energy Spencer Abraham

Secretary of Health & Human Services Tommy Thompson

Secretary of Homeland Security TomRidge

Secretary of State ColinPowell

Secretary of Transportation Norman Mineta

Secretary of Treasury John Snow

Secretary of Veterans Affairs Anthony Principi

Secretary of Housing & Urban Development Mel Martinez

Secretary of Interior GaleNorton

Attorney General John Ashcroft

Secretary of Labor Elaine Chao

consiglieri del presidente

Consigliere Di Sicurezza Nazionale CondoleezzaRice

ISRAELE

governo israeliano

ArielSharon - Prime Minister

(inoltre tiene le comunicazioni, l'alloggiamento e la costruzione, gli affari labor e sociali e le cartelle religiose di affari)

      YosefLapid - Ministro della Giustizia, and Deputy Prime Minister

      EhudOlmert - Ministro dell'industria e del commercio, and Deputy Prime Minister

      SilvanShalom -Ministro degli affari esteri, and Deputy Prime Minister

      BenyaminElon - Ministro del turismo

      TzachiHanegbi - Ministro della pubblica sicurezza

      YisraelKatz - Ministro dell'agricoltura e dello sviluppo rurale

      AvigdorLieberman - Ministro dei trasporti

      LimorLivnat - Ministro della educazione, cultura e sport

      TzipiLivni - Ministero per l'assorbimento degli immigrati

      ShaulMofaz - Ministro delle difesa

      YehuditNaot - Ministro dell'ambiente

      DanNaveh - Ministro della salute

      BenjaminNetanyahu - Ministro della finanza

      JosephParitzky - Ministro delle infrastrutture nazionali

      Avraham Poraz - Ministro dell'interno

      Eliezer Sandberg - Ministero delle scienze e tecconologie

      Gideon Ezra - Minister without Portfolio

      Uzi Landau - Minister without Portfolio

      Natan Sharansky - Minister without Portfolio

Meir Sheetrit - Minister without Portfolio
---- /!\ '''End of edit conflict''' ----


/!\ Edit conflict - other version:


Di fronte alla vittoria di Hamas, Ehud Olmert ha dimostrato di saper tenere saldo il timone del governo israeliano ed ha aiutato il suo partito Kadima, avvantaggiato anche dagli errori strategici di Netanyahu, a mantenersi in netto vantaggio nei sondaggi in vista delle elezioni del 28 marzo.

Marco Pinfari

Equilibri.net (14 febbraio 2006)

A più di un mese dall’ictus cerebrale che lo ha ridotto in fin di vita e ha bruscamente posto fine alla sua carriera politica, sabato 11 febbraio Ariel Sharon è stato sottoposto ad un ulteriore intervento chirurgico per arrestare un’emorragia intestinale che rischiava di aggravare ulteriormente il già gravissimo quadro clinico del premier israeliano. L’intervento presso l’ospedale Hadassah è riuscito e Sharon non è più in pericolo di vita immediato. Tuttavia, con il passare delle settimane, le possibilità di un suo risveglio sono sempre più scarse, e praticamente nulle le speranze che riacquisti almeno parte delle capacità intellettive.

L’aggravamento delle condizioni del premier ha attratto l’attenzione dei media israeliani ed internazionali dopo settimane di pressoché assoluto silenzio. Il silenzio sullo stato di salute di Sharon è stato ripetutamente chiesto della famiglia dell’ex generale, ed il suo rigoroso rispetto è stato facilitato dalla presenza di numerosi sviluppi internazionali che gettano la propria ombra sul futuro dello stato ebraico: in particolare, la vittoria elettorale di Hamas il 25 gennaio e la determinazione con cui l’Iran di Ahmadinejad prosegue nell’acquisizione di tecnologie nucleari a fronte dell’esplicita condanna dell’AIEA. Questi eventi, insieme alle diatribe sulla prosecuzione della costruzione del muro difensivo in Cisgiordania, hanno permesso ad Israele di focalizzare la propria attenzione sull’operato del primo ministro ad interim Ehud Olmert, candidato premier per il neoformato Kadima. Un operato, quello di Olmert, che ha attratto vasti consensi e che pone le basi per una significativa vittoria elettorale del partito fondato da Ariel Sharon. Olmert, Hamas ed il dualismo governativo dell’ANP

Il 31 gennaio la presentazione della lista elettorale di Kadima ha stabilito definitivamente i ruoli all’interno del partito. Olmert è stato posto al vertice della lista, seguito da Shimon Peres e da Tzipi Tivni. Quest’ultima, quarantott’anni, attualmente alle guida del ministero degli affari esteri in attesa delle imminenti elezioni, godeva di un rapporto di particolare stima e fiducia con Ariel Sharon ed è indubbiamente una delle personalità più rilevanti della nuova generazione di politici israeliani che sta lentamente emergendo. I quotidiani israeliani hanno riferito la volontà di Olmert di includere Sharon nella lista; un’ipotesi dall’alto significato simbolico, che non ha ricevuto attuazione per l’evidente incapacità del leader di firmare l’atto di candidatura, ma che testimonia la centralità del programma politico ed ideologico dell’ex generale in Kadima.

Nonostante si premuri di precisare regolarmente il suo debito personale e politico nei confronti di Sharon, Ehud Olmert ha dato prova, nelle ultime settimane, di una notevole capacità di leadership e di una indiscutibile intelligenza politica. La vittoria di Hamas nelle elezioni per l’assemblea politica palestinese ha testimoniato come il cammino verso una collaborazione sempre più stretta con l’ANP sia irto di ostacoli. Il susseguirsi di azioni criminali nella striscia di Gaza e la progressiva deriva islamista degli abitanti dei Territori ha evidenziato la possibilità che il ritiro unilaterale dai Territori possa non generare la sicurezza e la pace promessi da Sharon. In tale situazione, la strategia di Olmert è stata particolarmente attenta ed efficace. Pur esprimendo una seria preoccupazione per la preminenza di Hamas nell’assemblea legislativa, e nonostante la minaccia di non collaborare con un governo palestinese a guida islamista, Olmert ha riaffermato il legame di fiducia con Abu Mazen, sbloccando il trasferimento all’ANP di 54 milioni di dollari ricavati da tasse su palestinesi e da rendite doganali, fondamentali per garantire la sopravvivenza della sua enorme amministrazione pubblica. Pochi giorni più tardi, il 7 febbraio, Olmert ha compiuto un sopralluogo nelle aree della Cisgiordania in cui è ancora in costruzione la “security fence”, sottolineando l’impegno di Kadima di concluderne la costruzione «entro l’anno» e di includere nell’area ad ovest della barriera i nuclei più massicci di insediamenti, tra cui Gush Etzion e Ma’ale Adunim. La strategia del primo ministro ad interim è chiara. Kadima è fortemente impegnato a proseguire la strategia di Sharon di ritiro unilaterale dai Territori, e prende in seria considerazione l’ipotesi di un ritiro anche dalla Cisgiordania, quando la barriera sarà conclusa. Secondo le stime attuali, il ritiro dall’area racchiusa dalla barriera – che prevedrà anche un tratto ad est, nella valle del Giordano – implicherà il trasferimento di circa 120.000 coloni, la metà circa di quelli attualmente insediati al di là della “linea verde”. L’altra metà, che include i grandi gruppi di colonie demografiche quali Ariel, Gush Etzion e Ma’ale Adunim, si troverà di fatto annessa ad Israele. Un programma ambizioso, ma allo stesso tempo fortemente simpatetico con i desideri di vasti gruppi di coloni; un programma che non può incontrare l’approvazione dell’ANP, ma attorno al quale si coagula il consenso della maggioranza dell’elettorato israeliano.

In tale contesto, la vittoria di Hamas non ha stravolto la strategia di Kadima. La possibilità di una radicalizzazione della politica palestinese rafforza il sostegno interno per la costruzione della barriera. Soprattutto, la presenza di una struttura governativa duale al vertice dell’ANP costituisce un’àncora di salvezza per Israele e per la stessa politica estera palestinese. Nel 2003, la creazione della figura del primo ministro aiutò Arafat a mantenere i contatti con Israele ed i partner occidentali negli anni in cui egli era oggetto di un ostracismo diplomatico a causa del suo coinvolgimento nell’Intifada in corso. Oggi, la presenza di tale figura, nel fluido contesto costituzionale dell’ANP, rende possibile per Israele mantenere i contatti con la più alta carica dell’ANP pur in presenza di un progressivo allineamento dell’elettorato verso i programmi di Hamas. Olmert può, dunque, chiedere l’isolamento internazionale di Hamas – seguito con determinazione dagli Stati Uniti – pur senza chiudere i rapporti con Abu Mazen e la leadership palestinese, senza il cui sostegno amministrativo e militare non sarebbe possibile concludere alcun disimpegno unilaterale dai Territori. La debole strategia di Labor e Likud

Tuttavia, la strategia elettorale di Kadima trae giovamento dall’assenza di una reale, seria competizione programmatica sui grandi temi di politica estera del paese. Qualsiasi primo ministro israeliano, di fronte all’acutizzarsi della crisi internazionale attorno al programma nucleare iraniano, avrebbe affermato, alla pari di Olmert, la possibilità che l’Iran debba pagare un «prezzo molto alto» per la sua condotta. Mantenere una linea dura nei confronti del nucleare iraniano è una priorità per l’esecutivo di Israele, ma non può costituire una possibile linea di frattura nel dibattito politico. La vera partita elettorale in politica estera si gioca sui temi del ritiro da Gaza e dalla Cisgiordania e dei rapporti politici con i palestinesi: in tale contesto, Kadima gode di un vantaggio assoluto rispetto ai principali concorrenti.

La strategia di Amir Peretz, leader del Labor, è esplicitamente concentrata su tematiche economiche e sulla difesa dello stato sociale. I suoi attacchi ad Olmert mirano ad evidenziare l’adesione di Kadima alle politiche neoliberiste del Likud ed il rifiuto del primo ministro ad interim di considerare l’innalzamento dei salari minimi e delle pensioni d’anzianità. Le critiche di Peretz sono certamente fondate: il programma economico di Kadima è esplicitamente di ispirazione liberale. Tuttavia, il chiaro orientamento settoriale dell’agenda del Labor implica un’autoesclusione dalla lotta per la poltrona di primo ministro. Il sostegno che il Labor è in grado di ottenere attorno al suo programma difficilmente supererà il 20% dei consensi: un risultato che probabilmente porterà i laburisti all’interno della coalizione governativa, ma che non concederà loro alcuna possibilità di influenzare le grandi direttive politiche del paese.

Ancora più debole è la posizione di Netanyahu. L’agenda elettorale del Likud si fonda su due principali strategie: criticare l’operato di Olmert e del Kadima, e rievocare i successi dei tre anni di governo di Netayahu. Attaccare le politiche di Olmert da “destra” è tuttavia - specialmente per un partito che, a sua volta, ha l’ambizione di attrarre parte dell’elettorato moderato - particolarmente difficile. Olmert non ha ancora commesso errori macroscopici, e, quando le sue politiche hanno prestato il fianco alle accuse di collusione con il terrorismo palestinese – come nel caso del trasferimento di denaro all’ANP - Kadima ha avuto buon gioco a rievocare il fatto che, da ministro delle finanze del governo Sharon, Netanyahu ha per anni, in prima persona, approvato le stesse misure che ora, per ragioni elettorali, vengono da lui pubblicamente criticate. Né la rievocazione del periodo 1996-1999 può essere una strategia vincente per il Likud. In quegli anni il processo di Oslo intraprese un lento ed inesorabile declino. Da primo ministro, Netanyahu alternò ad altisonanti promesse di pace dure repressioni contro i palestinesi, allontanando definitivamente ogni possibilità di compromesso. Oggi i cittadini israeliani sembrano consapevoli che l’unica strada per garantire la propria sicurezza a breve termine è quella del disimpegno dai Territori accompagnato dalla costruzione della barriera, una strategia che contrasta fortemente con la diplomazia bilaterale di Oslo. Richiamare gli anni ’90 non è una scelta politica destinata a pagare: il contrasto tra il giovane Netanyahu vittorioso nel 1996, ritratto dai manifesti del Likud recentemente affissi nelle strade israeliane, ed il Netanyahu di oggi, vistosamente invecchiato, potrebbe simboleggiare non solo come il tempo di Oslo sia ormai passato, ma come la strategia del Likud di “spingere la barriera a est” sia ormai ai margini del discorso politico israeliano.

A sei settimane alle elezioni parlamentari, Israele sembra dunque avallare sempre più il progetto politico di Kadima. Gli ultimi sondaggi accreditano il partito fondato da Ariel Sharon di circa 40 seggi – un risultato che, se confermato il giorno del voto, porrebbe le basi per quattro anni di stabile governo per Olmert. La prospettiva di un esecutivo forte di una larga base parlamentare è ulteriormente confermata dai dati che accreditano il Labor di più di 20 seggi, ed il Likud di un risultato di poco inferiore alla soglia dei 20. Se gli elettori israeliani confermeranno questi orientamenti, la frammentazione politica alla Knesset sarebbe particolarmente bassa, in controtendenza rispetto alle elezioni degli anni ’90 ma in linea con quanto emerso nell’ultima tornata elettorale del 2003. Kadima ed il suo leader Olmert potrebbero quindi giovarsi di un forte e solido sostegno per proseguire nella loro linea di politica estera, sostenuti da un consenso di cui lo stesso Sharon non ha mai goduto. Questa potrebbe essere la conseguenza più significativa dell’uscita di scena dell’ex generale: la fine drammatica di un leader, come spesso avviene, si sta tramutando in una finestra di opportunità per attuare la sua vera – o supposta – eredità politica.


/!\ Edit conflict - your version:


Di fronte alla vittoria di Hamas, Ehud Olmert ha dimostrato di saper tenere saldo il timone del governo israeliano ed ha aiutato il suo partito Kadima, avvantaggiato anche dagli errori strategici di Netanyahu, a mantenersi in netto vantaggio nei sondaggi in vista delle elezioni del 28 marzo.

Marco Pinfari

Equilibri.net (14 febbraio 2006)

A più di un mese dall’ictus cerebrale che lo ha ridotto in fin di vita e ha bruscamente posto fine alla sua carriera politica, sabato 11 febbraio Ariel Sharon è stato sottoposto ad un ulteriore intervento chirurgico per arrestare un’emorragia intestinale che rischiava di aggravare ulteriormente il già gravissimo quadro clinico del premier israeliano. L’intervento presso l’ospedale Hadassah è riuscito e Sharon non è più in pericolo di vita immediato. Tuttavia, con il passare delle settimane, le possibilità di un suo risveglio sono sempre più scarse, e praticamente nulle le speranze che riacquisti almeno parte delle capacità intellettive.

L’aggravamento delle condizioni del premier ha attratto l’attenzione dei media israeliani ed internazionali dopo settimane di pressoché assoluto silenzio. Il silenzio sullo stato di salute di Sharon è stato ripetutamente chiesto della famiglia dell’ex generale, ed il suo rigoroso rispetto è stato facilitato dalla presenza di numerosi sviluppi internazionali che gettano la propria ombra sul futuro dello stato ebraico: in particolare, la vittoria elettorale di Hamas il 25 gennaio e la determinazione con cui l’Iran di Ahmadinejad prosegue nell’acquisizione di tecnologie nucleari a fronte dell’esplicita condanna dell’AIEA. Questi eventi, insieme alle diatribe sulla prosecuzione della costruzione del muro difensivo in Cisgiordania, hanno permesso ad Israele di focalizzare la propria attenzione sull’operato del primo ministro ad interim Ehud Olmert, candidato premier per il neoformato Kadima. Un operato, quello di Olmert, che ha attratto vasti consensi e che pone le basi per una significativa vittoria elettorale del partito fondato da Ariel Sharon. Olmert, Hamas ed il dualismo governativo dell’ANP

Il 31 gennaio la presentazione della lista elettorale di Kadima ha stabilito definitivamente i ruoli all’interno del partito. Olmert è stato posto al vertice della lista, seguito da Shimon Peres e da Tzipi Tivni. Quest’ultima, quarantott’anni, attualmente alle guida del ministero degli affari esteri in attesa delle imminenti elezioni, godeva di un rapporto di particolare stima e fiducia con Ariel Sharon ed è indubbiamente una delle personalità più rilevanti della nuova generazione di politici israeliani che sta lentamente emergendo. I quotidiani israeliani hanno riferito la volontà di Olmert di includere Sharon nella lista; un’ipotesi dall’alto significato simbolico, che non ha ricevuto attuazione per l’evidente incapacità del leader di firmare l’atto di candidatura, ma che testimonia la centralità del programma politico ed ideologico dell’ex generale in Kadima.

Nonostante si premuri di precisare regolarmente il suo debito personale e politico nei confronti di Sharon, Ehud Olmert ha dato prova, nelle ultime settimane, di una notevole capacità di leadership e di una indiscutibile intelligenza politica. La vittoria di Hamas nelle elezioni per l’assemblea politica palestinese ha testimoniato come il cammino verso una collaborazione sempre più stretta con l’ANP sia irto di ostacoli. Il susseguirsi di azioni criminali nella striscia di Gaza e la progressiva deriva islamista degli abitanti dei Territori ha evidenziato la possibilità che il ritiro unilaterale dai Territori possa non generare la sicurezza e la pace promessi da Sharon. In tale situazione, la strategia di Olmert è stata particolarmente attenta ed efficace. Pur esprimendo una seria preoccupazione per la preminenza di Hamas nell’assemblea legislativa, e nonostante la minaccia di non collaborare con un governo palestinese a guida islamista, Olmert ha riaffermato il legame di fiducia con Abu Mazen, sbloccando il trasferimento all’ANP di 54 milioni di dollari ricavati da tasse su palestinesi e da rendite doganali, fondamentali per garantire la sopravvivenza della sua enorme amministrazione pubblica. Pochi giorni più tardi, il 7 febbraio, Olmert ha compiuto un sopralluogo nelle aree della Cisgiordania in cui è ancora in costruzione la “security fence”, sottolineando l’impegno di Kadima di concluderne la costruzione «entro l’anno» e di includere nell’area ad ovest della barriera i nuclei più massicci di insediamenti, tra cui Gush Etzion e Ma’ale Adunim. La strategia del primo ministro ad interim è chiara. Kadima è fortemente impegnato a proseguire la strategia di Sharon di ritiro unilaterale dai Territori, e prende in seria considerazione l’ipotesi di un ritiro anche dalla Cisgiordania, quando la barriera sarà conclusa. Secondo le stime attuali, il ritiro dall’area racchiusa dalla barriera – che prevedrà anche un tratto ad est, nella valle del Giordano – implicherà il trasferimento di circa 120.000 coloni, la metà circa di quelli attualmente insediati al di là della “linea verde”. L’altra metà, che include i grandi gruppi di colonie demografiche quali Ariel, Gush Etzion e Ma’ale Adunim, si troverà di fatto annessa ad Israele. Un programma ambizioso, ma allo stesso tempo fortemente simpatetico con i desideri di vasti gruppi di coloni; un programma che non può incontrare l’approvazione dell’ANP, ma attorno al quale si coagula il consenso della maggioranza dell’elettorato israeliano.

In tale contesto, la vittoria di Hamas non ha stravolto la strategia di Kadima. La possibilità di una radicalizzazione della politica palestinese rafforza il sostegno interno per la costruzione della barriera. Soprattutto, la presenza di una struttura governativa duale al vertice dell’ANP costituisce un’àncora di salvezza per Israele e per la stessa politica estera palestinese. Nel 2003, la creazione della figura del primo ministro aiutò Arafat a mantenere i contatti con Israele ed i partner occidentali negli anni in cui egli era oggetto di un ostracismo diplomatico a causa del suo coinvolgimento nell’Intifada in corso. Oggi, la presenza di tale figura, nel fluido contesto costituzionale dell’ANP, rende possibile per Israele mantenere i contatti con la più alta carica dell’ANP pur in presenza di un progressivo allineamento dell’elettorato verso i programmi di Hamas. Olmert può, dunque, chiedere l’isolamento internazionale di Hamas – seguito con determinazione dagli Stati Uniti – pur senza chiudere i rapporti con Abu Mazen e la leadership palestinese, senza il cui sostegno amministrativo e militare non sarebbe possibile concludere alcun disimpegno unilaterale dai Territori. La debole strategia di Labor e Likud

Tuttavia, la strategia elettorale di Kadima trae giovamento dall’assenza di una reale, seria competizione programmatica sui grandi temi di politica estera del paese. Qualsiasi primo ministro israeliano, di fronte all’acutizzarsi della crisi internazionale attorno al programma nucleare iraniano, avrebbe affermato, alla pari di Olmert, la possibilità che l’Iran debba pagare un «prezzo molto alto» per la sua condotta. Mantenere una linea dura nei confronti del nucleare iraniano è una priorità per l’esecutivo di Israele, ma non può costituire una possibile linea di frattura nel dibattito politico. La vera partita elettorale in politica estera si gioca sui temi del ritiro da Gaza e dalla Cisgiordania e dei rapporti politici con i palestinesi: in tale contesto, Kadima gode di un vantaggio assoluto rispetto ai principali concorrenti.

La strategia di Amir Peretz, leader del Labor, è esplicitamente concentrata su tematiche economiche e sulla difesa dello stato sociale. I suoi attacchi ad Olmert mirano ad evidenziare l’adesione di Kadima alle politiche neoliberiste del Likud ed il rifiuto del primo ministro ad interim di considerare l’innalzamento dei salari minimi e delle pensioni d’anzianità. Le critiche di Peretz sono certamente fondate: il programma economico di Kadima è esplicitamente di ispirazione liberale. Tuttavia, il chiaro orientamento settoriale dell’agenda del Labor implica un’autoesclusione dalla lotta per la poltrona di primo ministro. Il sostegno che il Labor è in grado di ottenere attorno al suo programma difficilmente supererà il 20% dei consensi: un risultato che probabilmente porterà i laburisti all’interno della coalizione governativa, ma che non concederà loro alcuna possibilità di influenzare le grandi direttive politiche del paese.

Ancora più debole è la posizione di Netanyahu. L’agenda elettorale del Likud si fonda su due principali strategie: criticare l’operato di Olmert e del Kadima, e rievocare i successi dei tre anni di governo di Netayahu. Attaccare le politiche di Olmert da “destra” è tuttavia - specialmente per un partito che, a sua volta, ha l’ambizione di attrarre parte dell’elettorato moderato - particolarmente difficile. Olmert non ha ancora commesso errori macroscopici, e, quando le sue politiche hanno prestato il fianco alle accuse di collusione con il terrorismo palestinese – come nel caso del trasferimento di denaro all’ANP - Kadima ha avuto buon gioco a rievocare il fatto che, da ministro delle finanze del governo Sharon, Netanyahu ha per anni, in prima persona, approvato le stesse misure che ora, per ragioni elettorali, vengono da lui pubblicamente criticate. Né la rievocazione del periodo 1996-1999 può essere una strategia vincente per il Likud. In quegli anni il processo di Oslo intraprese un lento ed inesorabile declino. Da primo ministro, Netanyahu alternò ad altisonanti promesse di pace dure repressioni contro i palestinesi, allontanando definitivamente ogni possibilità di compromesso. Oggi i cittadini israeliani sembrano consapevoli che l’unica strada per garantire la propria sicurezza a breve termine è quella del disimpegno dai Territori accompagnato dalla costruzione della barriera, una strategia che contrasta fortemente con la diplomazia bilaterale di Oslo. Richiamare gli anni ’90 non è una scelta politica destinata a pagare: il contrasto tra il giovane Netanyahu vittorioso nel 1996, ritratto dai manifesti del Likud recentemente affissi nelle strade israeliane, ed il Netanyahu di oggi, vistosamente invecchiato, potrebbe simboleggiare non solo come il tempo di Oslo sia ormai passato, ma come la strategia del Likud di “spingere la barriera a est” sia ormai ai margini del discorso politico israeliano.

A sei settimane alle elezioni parlamentari, Israele sembra dunque avallare sempre più il progetto politico di Kadima. Gli ultimi sondaggi accreditano il partito fondato da Ariel Sharon di circa 40 seggi – un risultato che, se confermato il giorno del voto, porrebbe le basi per quattro anni di stabile governo per Olmert. La prospettiva di un esecutivo forte di una larga base parlamentare è ulteriormente confermata dai dati che accreditano il Labor di più di 20 seggi, ed il Likud di un risultato di poco inferiore alla soglia dei 20. Se gli elettori israeliani confermeranno questi orientamenti, la frammentazione politica alla Knesset sarebbe particolarmente bassa, in controtendenza rispetto alle elezioni degli anni ’90 ma in linea con quanto emerso nell’ultima tornata elettorale del 2003. Kadima ed il suo leader Olmert potrebbero quindi giovarsi di un forte e solido sostegno per proseguire nella loro linea di politica estera, sostenuti da un consenso di cui lo stesso Sharon non ha mai goduto. Questa potrebbe essere la conseguenza più significativa dell’uscita di scena dell’ex generale: la fine drammatica di un leader, come spesso avviene, si sta tramutando in una finestra di opportunità per attuare la sua vera – o supposta – eredità politica.


/!\ End of edit conflict


mace (last edited 2008-06-26 09:53:48 by anonymous)