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=== Materiale per trasmissione La conta del 29 gennaio===

'''SANITA’ IN CARCERE'''
Fonte: Vita.it del 27/1/2003

Il C.N.C.A. lancia un appello per l'applicazione della legge di riforma della sanità in carcere e ricorda “la necessità di un atto di clemenza”.
Formulando la sua adesione all'appello sottoscritto dalla “Lega delle autonomie locali” sulla situazione sanitaria in carcere, il C.N.C.A. – secondo firmatario del documento, su proposta del suo Gruppo tematico carcere - intende anche ribadire la sua opinione sulla necessità di un atto di clemenza nei confronti dei detenuti italiani, deplorando il comportamento di alcuni “gruppi parlamentari, che tentano di far scivolare la richiesta di clemenza – nota Lucio Babolin, presidente del Coordinamento -, chiedendo l'amnistia anche per gli indagati per corruzione politica e l'indulto per i ‘picciotti'”. La federazione si schiera contro qualsiasi patto strisciante tra politica e criminalità, stigmatizzando una politica incapace di rispondere con coerenza ai valori etici”. Ricordando che i diritti sanitari in carcere “non sono garantiti”, il C.N.C.A. auspica che il dibattito su un possibile provvedimento di clemenza “non venga affossato, contro ogni logica di coscienza civile”.
Segue il testo dell'Appello.
Fatti sempre più frequenti di “malasanità” scuotono il sistema penitenziario italiano. Spesso la cronaca porta all'attenzione dell'opinione pubblica decessi di detenuti per mancata assistenza sanitaria. Giorno dopo giorno i detenuti devono fare i conti con un sistema sanitario che non garantisce né la prevenzione né la cura appropriata e tempestiva delle malattie. Il sovraffollamento e le condizioni materiali delle strutture carcerarie rendono la pratica sanitaria estremamente difficile. Misure urgenti di clemenza sono indispensabili anche per ridurre i rischi di malattie nelle carceri italiane.
A questi fattori strutturali negativi, si aggiunge l'inconsistenza di un sistema sanitario penitenziario, tuttora dipendente dal Ministero della Giustizia, taglieggiato nelle risorse, precario e inattendibile, fondato sulla subordinazione al sistema penitenziario degli operatori, indotti a piegare la stessa deontologia professionale ad esigenze di controllo sociale.
Una svolta radicale, in linea con la Costituzione, è stata avviata con il decreto legislativo n. 230 del 1999 che dispone il passaggio della competenza sulla salute dei detenuti e sulla sanità penitenziaria dal Ministero della Giustizia al Servizio Sanitario Nazionale, quindi alle Regioni italiane, alle Aziende Sanitarie e al sistema delle Autonomie locali. Il nuovo titolo V della Costituzione ha definitivamente sanzionato quella scelta riformatrice. Oggi è possibile mettere a disposizione del sistema penitenziario tutto il complesso dei servizi e dei presidi del SSN per garantire a tutti i detenuti il diritto alla salute e alla cura nella stessa misura e qualità che sono richieste per i cittadini liberi. Il Governo ha l'obbligo costituzionale di applicare la legge approvata dal Parlamento.
Purtroppo così non è. A tre anni di distanza, solo alcune funzioni sono passate nella competenza regionale, per di più senza le risorse finanziarie e professionali corrispondenti. Detenuti e operatori sanitari vivono da tre anni nella più totale incertezza e precarietà circa il presente e il futuro della salute e della sanità. Questo è un ulteriore contributo allo scadimento di tutto il sistema penitenziario. Bisogna fermare la deriva che porta inesorabilmente il sistema penitenziario italiano fuori della Costituzione.
Al contrario, progetti di recupero sociale dei detenuti, fondati sul rispetto delle regole della convivenza civile, sono tanto più motivati quanto più lo Stato, per primo, mostra di saper rispettare i diritti e la dignità delle persone e di voler applicare con coerenza le leggi della Repubblica Italiana. Per questo l'inadempienza del Governo è insostenibile sul piano sociale, oltre che palesemente illegittima sul piano costituzionale.
I firmatari del presente documento fanno appello al Governo e al Parlamento italiano perché sia applicata la legge di “Riordino della medicina penitenziaria” che - in sintonia con il dettato costituzionale - affida alle Regioni la competenza legislativa sulla materia sanitaria, senza riserva alcuna, nel rispetto dei principi fondamentali presenti nella legge quadro n. 230 del 22 giugno 1999.
 
'''INDULTO'''

''Il Messaggero.it del 27/1/2003''

Avevano cominciato i detenuti di Regina Coeli, nel corso dell’estenuante discussione parlamentare su indulto, indultino e amnistia, a manifestare con mitezza e civiltà la loro speranza per un buon esito del dibattito e la loro preoccupazione per un altro possibile nulla di fatto sul fronte del "gesto di clemenza" tanto invocato dal Papa. A Regina Coeli, così come nella precedente stagione di protesta, i detenuti hanno deciso di donare alla Caritas cinquecento pasti al giorno, pasti a cui hanno rinunciato con il simbolico ma non troppo "sciopero del carrello", ovvero il rifiuto del vitto dell’amministrazione.
E da sabato, la popolazione detenuta di Rebibbia-nuovo complesso ha scelto, con un passo ulteriore, una forma più avanzata di protesta: lo sciopero totale della fame. Su mille detenuti, gruppi di dieci o quindici in ogni sezione e a rotazione si nutriranno di sola acqua, per due settimane. Fino al 4 febbraio, data in cui dovrebbe essere discusso e votato l’indultino, il solo e il più esile provvedimento di clemenza che sembra ancora possibile.
Spiega l’associazione Papillon-Rebibbia (www.Papillon-Rebibbia.org) che la speranza è nella ripresa di un dibattito su un vero e proprio provvedimento di indulto, come premessa di una generale riforma del sistema penitenziario; con l’auspicio di un intervento diretto del presidente del Consiglio.
Così, mentre le carceri non sono certo meno sovraffollate e il Comitato di bioetica lancia l’allarme sul fortissimo disagio vissuto dietro le sbarre, sul tasso di suicidi 20 volte più alto di quello riscontrato nella popolazione libera e su migliaia di episodi di autolesionismo, pazientemente e con una speranza non ancora sfinita la popolazione detenuta riprende la sua pacifica protesta. Le altre grandi carceri del Paese si stanno interrogando sulle possibili alternative: lo sciopero del carrello, della fame, dell’aria, del lavoro, per seguire l’esempio dei compagni di pena di Rebibbia, storicamente capofila delle grandi stagioni delle discussioni sulle riforme e degli scioperi. Prima della ripresa del dibattito parlamentare, il cui esito finora sterile è stato duramente stigmatizzato dall’"Osservatore Romano", ciascun carcere aveva scelto una o più forme di protesta contemporaneamente. Sempre civili, sempre miti. Da adesso e fino al 4 febbraio, la fatica sarà più dura, l’attesa più penosa.

''Papillon
COMUNICATO STAMPA - 25/01/2003''

Dopo che alla Camera è stato di fatto deriso e mortificato l'appello dei detenuti e di Giovanni Paolo II per un atto di clemenza, i detenuti di Rebibbia Nuovo Complesso hanno iniziato un vero e proprio sciopero totale della fame per chiedere un provvedimento di indulto.
Gli oltre 1.000 detenuti impegnati nella pacifica protesta di queste settimane, hanno deciso che, a rotazione, gruppi di 10-15 persone per ogni reparto inizino lo sciopero della fame, sostenuti dalla solidarietà di tutti gli altri.
La stessa forma di protesta è oggi in discussione tra i detenuti della gran parte deglle carceri italiane.

I detenuti di Rebibbia chiedono ai capigruppo di ogni partito di riprende con serenità il dibattito su un vero e proprio provvedimento di indulto che sia premessa di una generale riforma del sistema penitenziario e auspicano un intervento diretto del Presidente del Consiglio.

Inoltre si appellano a tutte le istanze della società civile affinchè il loro grido di dolore venga ripreso ed amplificato nelle piazze, nelle scuole, nelle chiese e ovunque all'esterno delle carceri.

Papillon - 25/01/2003

 
''Radicali''

RADICALI:DICHIARAZIONE DI CAPEZZONE, D'ELIA E BERNARDINI di sospensione temporanea dello sciopero della fame

Roma, 23 gennaio 2003

[... eliminata parte iniziale del comunicato con ricostruzione e commenti sulle vicende parlamentari]

 -ringraziamo, ancora una volta, i detenuti che da 66 carceri hanno partecipato anche a questa seconda fase dello sciopero: da loro continua a venire una testimonianza di nonviolenza e di amore civile dinanzi alla quale la “politica ufficiale” italiana ha finora offerto una imbarazzante, triste prova di impotenza e irresponsabilità;

-li invitiamo a sospendere, con noi, lo sciopero della fame, per riprenderlo all’inizio di febbraio, alla vigilia della ripresa della discussione e del relativo voto sul cosiddetto indultino;

-rinnoviamo il nostro impegno affinché la partita dell’indulto non sia chiusa: occorre che le forze parlamentari e politiche che hanno continuato e continuano a dirsi favorevoli a questa ipotesi siano messe di fronte alle loro responsabilità: i radicali operano e opereranno, insieme ai detenuti, affinché anche le proposte sull’indulto siano portate in Aula, e quindi approvate o respinte.
 
''L’Altro diritto (centro di documentazione)''
Dall'indulto all'insulto
La discussione di questi giorni sul problema del sovraffollamento carcerario e del provvedimento di clemenza, che sembra l'unica via per risolverlo, si colloca a metà strada tra la commedia degli equivoci e il teatro dell'assurdo (tralasciando la malafede). Il problema riguarda il provvedimento che i giornali hanno definito "indultino" e che, tecnicamente, porta il nome di "Sospensione dell'esecuzione della pena detentiva nel limite massimo di tre anni".Credo che sia urgente fare chiarezza su questo provvedimento che rischia di distruggere il delicato equilibrio dei percorsi di reinserimento sociale creato dal legislatore con l'ordinamento penitenziario del 1975 e soprattutto con la legge Gozzini nel 1986.Il termine "indultino" fa pensare ad una misura di clemenza di impatto minore dell'indulto. Si afferma che questa misura sarebbe in ogni caso una risposta alla richiesta di clemenza sostenuta da autorevoli voci (da quella del Papa a quella del Presidente della Repubblica). Queste voci hanno fatto seguito alle forme di protesta pacifica attuate dai detenuti nell'autunno scorso, al prezzo di sacrifici spesso immensi date le loro condizioni, per sollevare il problema del sovraffollamento carcerario. In alcuni casi, la situazione è così grave da costringere alcuni reclusi a dormire su delle brande che devono essere spostate durante il giorno per avere la possibilità di muoversi in cella. Quello approvato prima di Natale in Commissione Giustizia alla Camera non è però un provvedimento di clemenza, ma un provvedimento antirecidiva per di più tutto impostato sulla linea della repressione penale senza dare alcun rilievo al piano della prevenzione sociale.[.... eliminato corpo centrale del comunicato in cui si spiegano tutti i limiti dell’indultino]L'unico aspetto clemenziale dell'indultino è che il detenuto può rinunciare ad usufruirne!Prof. Emilio Santorodirettore de L'altro diritto

 
'''Minorile - Italia'''


''Fonte: ilnuovo (29 GENNAIO 2003)''

"Presto potrebbero arrivare le pistole in classe"

Gaetano De Leo, ordinario di psicologia giuridica all'Università La Sapienza di Roma è autore dell'ultima ricerca sul bullismo. "Un fenomeno che ha bisogno di attenzioni e non d'improvvisi allarmi".

ROMA - "La prossima tappa sono le pistole in classe. Le tragedie dei paesi anglosassoni non possono essere solo viste da lontano, con ragazzi che sparano a compagni e professori. Serve attenzione continua, ma non allarmi improvvisi, provvedimenti speciali. Metodo e non emergenze". Gaetano De Leo, ordinario di psicologia giuridica all'Università La Sapienza è autore di una delle più recenti indagini sul fenomeno bullismo, sul disagio giovanile, sulla violenza minore su minore.

Il rapporto, pubblicato dalla rivista ufficiale della Polizia, indica in una incidenza del 25% i giovani e giovanissimi che hanno subìto "atti di sopraffazione da coetanei". "Gli studi sistematici sulle prepotenze, in campo scolastico - continua De Leo - risalgono a tempi relativamente recenti, tra la fine degli anni ‘80 e gli inizi degli anni ’90 e in ambito internazionale questo fenomeno è comunemente definito con il termine bullismo. Per bullismo si intende quel particolare tipo di interazione deviata tra bambini o ragazzi, per cui uno è protagonista di atti di aggressione e prevaricazione ed un altro si trova, suo malgrado, nel ruolo della vittima e del perseguitato".
Le statistiche - denunciate anche dal procuratore generale presso la Cassazione Francesco Favara - dicono che il problema è in aumento. Secondo lei qual è la situazione?
In termini generali c'è una leggera recrudescenza di reati contro la persona e un decremento di quelli contro il patrimonio, ma non è giusto speculare su un segno più o meno. Personalmente sono contro un abbassamento dell'età imputabile da 14 a 12 anni, però non bisogna cadere nel sociologismo quando si osserva il fenomeno.
La preoccupazione ci deve essere?
Certamente. Ogni giorno, in molte città del nostro Paese avvengono piccoli furti, rapine per così dire al minuto, estorsioni all'uscita di scuola. Tante volte arrivano denunce per i responsabili, in altri casi c'è la sopportazione della vittima. Uno scarto non irrilevante sfocia in vere e proprie tragedie che arrivano sui giornali. Il tendenziale aumento di tutto il discorso a guardare i dai potrebbe però essere dato anche da settori al limite della società. In pratica i provvedimenti contro i nomadi, ad esempio, fanno impennare i valori d'assieme sulla classe d'età e di fatto confondono.
Quali misure si possono adottare?
Oggi il minore che sbaglia, che delinque, viene inserito in una comunità alloggio, bisogno stare attenti a potenziare queste strutture e a renderle più funzionali e funzionanti. Non bisogna tornare ai carcere minorili, aboliti nel '77.
Dall'estero, però, i segnali sono discordanti rispetto a questo.
La cosa che deve far riflettere è l'arma in classe, la strage di compagni e professori. Fino ad ora è un fenomeno che è rimasto confinato in Inghilterra e negli Stati Uniti d'America, nei paesi nordici in genere. Comunque si ricordi che colui che si esprime con tanta violenza, sente un livello di sofferenza così alta da non trovare altro modo per esprimerlo. Questo soggetto ha bisogno di essere assistito e non etichettato. Di fatto i bulli, se non vengono aiutati a modificare i loro comportamenti aggressivi, possono continuare ad usare modalità aggressive nelle loro relazioni interpersonali.
 
'''Francia'''

''La Stampa''


Minigonna sfacciata? Due mesi di carcere. Tempi duri anche per chi fischia l´inno nazionale, chi vive di elemosina, i nomadi, gli squatter e le bande dei bulletti di periferia

29/1/2003

Cesare Martinetti, corrispondente da PARIGI

L'ordine di Nicolas Sarkozy regna sulla Francia dove tra qualche giorno sarà rischioso calcare i marciapiedi in minigonna, chiedere l'elemosina, fermarsi in gruppo a chiacchierare negli ingressi dei grandi condomini di banlieue.
Proibito fischiare la Marsigliese e la bandiera tricolore: sei mesi di galera per oltraggio ai simboli della République. La sinistra denuncia la legge «liberticida». Ma lo fa sottovoce, perché i sondaggi dicono che la stragrande maggioranza dei francesi è d'accordo col governo, a cominciare dagli abitanti dei quartieri popolari. Il ministro dell'Interno Sarkozy incassa una vittoria parlamentare e irride la sinistra: «Conteranno i risultati e rimpiangerete di aver votato contro». Ieri sera l'Assemblée ha votato a favore: 381 sì, e cioè tutta la destra parlamentare che sostiene il governo di Jean-Pierre Raffarin, 164 no e cioè socialisti, comunisti e verdi. Nessun imprevisto rispetto al testo iniziale che mesi fa fu salutato come la fine dello stato di diritto e l'inizio della «repubblica dei flic», o l'espressione della «lepenizzazione» degli spiriti indotta dall'imprevista e incredibile affermazione del fascista Jean-Marie Le Pen nel primo turno delle elezioni presidenziali. Le associazioni per i diritti civili ne fecero l'inizio di una battaglia, il vecchio Abbé Pierre, mitico e fragile difensore dei poveri e dei senza casa, si fece ricevere da Chirac e Raffarin per denunciare una legge contro chi non ha nulla. Qualcosa si è mosso, chi non ha dove andare non sarà espulso dall'immobile che occupa illegalmente.
Ma complessivamente Sarkò ha portato a casa una legge che dà all'ordine pubblico francese un sinistro e continuo suono di manette. Nel frattempo il ministro dell'Interno è diventato allo stesso tempo il più noto e apprezzato uomo politico francese e la marionetta di ogni satira: «Sarkò partout, justice nulle part», Sarkozy è ovunque, la giustizia in nessun luogo, per parafrasare il vecchio anatema di Victor Hugo alla Francia di Louis Napoléon. Ma la scalata del piccolo ministro appare inarrestabile. Monsieur Chirac, che sul tema della sicurezza ha costruito la sua rielezione, può essere al tempo stesso soddisfatto e inquieto: Sarkò mantiene le promesse elettorali, ma minaccia la popolarità del presidente. La legge cambierà molte cose anche se bisognerà vedere quanto sarà possibile attuarla e quanto resterà una «grida» manzoniana. Prendiamo, per esempio, l'ultimo reato inventato e inserito nel testo: l'oltraggio all'inno nazionale. E´ successo due volte, nel giro di un anno, sempre a Parigi, allo Stade de France. A settembre 2001, nel primo incontro storico tra le nazionali di Francia e di Algeria, e fu uno choc: ottantamila fischi algerini alla Marsigliese, Zidane e compagni impalliditi nei primi piani dello schermo gigante, Jospin (allora primo ministro) impietrito in tribuna d'onore. Poi in primavera, con i tifosi corsi del Bastia e uno Chirac furibondo che abbandona la tribuna d'onore. Se ricapita, che succederà? Il «Canard enchaîné», giornale satirico (ma non troppo), ipotizza la risposta di un arrestato al giudice: «Sissignore, ho fischiato, ma in piedi e a tempo di musica per accompagnare l'orchestra». Anche le norme sulla prostituzione (che non è vietata) non saranno tanto facili da applicare. Diventa reato l'adescamento sulla pubblica via, sia attivo che passivo. Ma cos'è un adescamento «passivo»? La legge dice così: «...incitare a relazioni sessuali con qualunque mezzo». Ma se è «passivo», se non si commettono «atti» di adescamento, può essere una semplice provocazione nell'abbigliamento, una minigonna, una scollatura, uno spacco, chissà. Nell'attesa di vedere come si regolerà la Police, la pena è stata fissata in due mesi di galera e 3 mila 750 euro di multa. Niente pene per i clienti (che qualche deputata socialista voleva invece sanzionare), ma durezza con gli sfruttatori e con chi affitta locali e roulotte (fino a dieci anni e un milione di multa). Le prostitute straniere e senza permesso saranno rispedite in patria; quelle che denunceranno sfruttatori e schiavisti avranno permesso di soggiorno e di lavoro. Galera anche per chi sfrutta i mendicanti (tre anni a chi lo fa da solo, fino a dieci alle bande organizzate) ma anche per i mendicanti che usano animali per raccattare denaro: sei mesi di carcere e 3 mila 750 euro di ammenda. Tre anni anche a chi è in contatto con qualcuno che mendica e non ha di che giustificare mezzi economici e stile di vita. Pugno duro anche con i nomadi: sei mesi di galera e 3 mila 750 euro per chi si installa abusivamente con tende e caravan su terreni pubblici e privati. Requisizione della vettura (non della roulotte, per non privare nessuno del tetto, come chiedeva l'Abbé Pierre), ma contemporaneamente obbligo ai comuni di attrezzare aree di parcheggio.
Multe e galera (due mesi) per gli squatter e le bande di ragazzi che nelle case popolari passano ore e ore negli ingressi degli edifici. E´ una pratica, quasi un gioco di banlieue: gli inquilini sono costretti a fendere una piccola folla che spinge, sputa, afferra qualcosa dalle borse della spesa, smanaccia le ragazze. Presto, si sentiranno tutti più sicuri. Parola di Sarkò.
 
'''Marco Camenisch'''

Liberta' per Marco Camenisch, liberta' per tutte/i
Le lotte, le iniziative, i presidi, i volantinaggi , gli invii massicci di fax e cartoline di solidarietà internazionale al carcere fortezza di Thorberg a sostegno di Marco Camenisch, entrato in sciopero della fame per protestare contro l'isolamento e la durissima detenzione carceraria hanno aperto una breccia nel muro di silenzio e di indifferenza nel quale lo si voleva seppellire. Mercoledì 22 dicembre Marco è stato di nuovo trasferito al carcere di Pfaffikon dove le condizioni di detenzione sono meno pesanti. Sta comunque continuando lo sciopero della fame contro l'isolamento. Invitiamo a sostenere solidalmente la campagna che, nell'ottica della liberazione di Marco, concretamente nell'immediato pone i seguenti obbiettivi per una carcerazione meno dura:
- Il trasferimento al carcere di Lugano raggiungibile senza grossi problemi dalla anziana madre e dalla moglie.
- Fine della censura e delle forti limitazioni della corrispondenza.
- Colloqui con persone non strettamente familiari.
- Ricusazione della magistrata Claudia WiderKehr, in quanto figlia del presidente della NOK (azienda elettrica a suo tempo danneggiata dai sabotaggi di Marco), ravvisando nel suo ruolo istituzionale la possibilità di influenzare negativamente l'esito del processo. Processo previsto a fine anno e che lo vede accusato dell'omicidio di un doganiere svizzero in Val Poschiavo, pochi chilometri dall'abitazione dei suoi familiari e dalla tomba del padre dove lui sfortunatamente si era recato in quel periodo di latitanza. La sua figura di latitante si è ben prestata come capro espiatorio per un caso di omicidio irrisolto costruendo su di lui un infame castello accusatorio che costituiscono una pesante ipoteca per la sua libertà. Fare cancellare questa montatura è oggi l'obiettivo prioritario in ogni iniziativa di solidarietà.
PRESIDIO NAZIONALE DI SOLIDARIETA' il 1 febbraio a Milano in Via Palestro, 2
dalle ore 11 in poi, davanti al principale consolato svizzero in Italia.
Per chi dalla Toscana non ha la possibilità di raggiungere Milano, in
contemporanea è stato indetto un presidio a Firenze il 1 febbraio dalle 14
in poi davanti alla procura, in piazza della Repubblica.

LIBERTA' PER MARCO E' LIBERTA' PER TUTTI/E E LOTTA PER UNA SOCIETA' LIBERATA
DA PROFITTO INQUINAMENTO E GALERE.

Scrivete a:
Marco Camenisch
Hornlistrasse 55
8330 PFAFFIKON - Suisse

INDIVIDUALITA' RIBELLI - Pietrasanta
ALPI IN RESISTENZA - Sondrio






=== Materiale per trasmissione La conta del 29 gennaio===

SANITA’ IN CARCERE Fonte: Vita.it del 27/1/2003

Il C.N.C.A. lancia un appello per l'applicazione della legge di riforma della sanità in carcere e ricorda “la necessità di un atto di clemenza”. Formulando la sua adesione all'appello sottoscritto dalla “Lega delle autonomie locali” sulla situazione sanitaria in carcere, il C.N.C.A. – secondo firmatario del documento, su proposta del suo Gruppo tematico carcere - intende anche ribadire la sua opinione sulla necessità di un atto di clemenza nei confronti dei detenuti italiani, deplorando il comportamento di alcuni “gruppi parlamentari, che tentano di far scivolare la richiesta di clemenza – nota Lucio Babolin, presidente del Coordinamento -, chiedendo l'amnistia anche per gli indagati per corruzione politica e l'indulto per i ‘picciotti'”. La federazione si schiera contro qualsiasi patto strisciante tra politica e criminalità, stigmatizzando una politica incapace di rispondere con coerenza ai valori etici”. Ricordando che i diritti sanitari in carcere “non sono garantiti”, il C.N.C.A. auspica che il dibattito su un possibile provvedimento di clemenza “non venga affossato, contro ogni logica di coscienza civile”. Segue il testo dell'Appello. Fatti sempre più frequenti di “malasanità” scuotono il sistema penitenziario italiano. Spesso la cronaca porta all'attenzione dell'opinione pubblica decessi di detenuti per mancata assistenza sanitaria. Giorno dopo giorno i detenuti devono fare i conti con un sistema sanitario che non garantisce né la prevenzione né la cura appropriata e tempestiva delle malattie. Il sovraffollamento e le condizioni materiali delle strutture carcerarie rendono la pratica sanitaria estremamente difficile. Misure urgenti di clemenza sono indispensabili anche per ridurre i rischi di malattie nelle carceri italiane. A questi fattori strutturali negativi, si aggiunge l'inconsistenza di un sistema sanitario penitenziario, tuttora dipendente dal Ministero della Giustizia, taglieggiato nelle risorse, precario e inattendibile, fondato sulla subordinazione al sistema penitenziario degli operatori, indotti a piegare la stessa deontologia professionale ad esigenze di controllo sociale. Una svolta radicale, in linea con la Costituzione, è stata avviata con il decreto legislativo n. 230 del 1999 che dispone il passaggio della competenza sulla salute dei detenuti e sulla sanità penitenziaria dal Ministero della Giustizia al Servizio Sanitario Nazionale, quindi alle Regioni italiane, alle Aziende Sanitarie e al sistema delle Autonomie locali. Il nuovo titolo V della Costituzione ha definitivamente sanzionato quella scelta riformatrice. Oggi è possibile mettere a disposizione del sistema penitenziario tutto il complesso dei servizi e dei presidi del SSN per garantire a tutti i detenuti il diritto alla salute e alla cura nella stessa misura e qualità che sono richieste per i cittadini liberi. Il Governo ha l'obbligo costituzionale di applicare la legge approvata dal Parlamento. Purtroppo così non è. A tre anni di distanza, solo alcune funzioni sono passate nella competenza regionale, per di più senza le risorse finanziarie e professionali corrispondenti. Detenuti e operatori sanitari vivono da tre anni nella più totale incertezza e precarietà circa il presente e il futuro della salute e della sanità. Questo è un ulteriore contributo allo scadimento di tutto il sistema penitenziario. Bisogna fermare la deriva che porta inesorabilmente il sistema penitenziario italiano fuori della Costituzione. Al contrario, progetti di recupero sociale dei detenuti, fondati sul rispetto delle regole della convivenza civile, sono tanto più motivati quanto più lo Stato, per primo, mostra di saper rispettare i diritti e la dignità delle persone e di voler applicare con coerenza le leggi della Repubblica Italiana. Per questo l'inadempienza del Governo è insostenibile sul piano sociale, oltre che palesemente illegittima sul piano costituzionale. I firmatari del presente documento fanno appello al Governo e al Parlamento italiano perché sia applicata la legge di “Riordino della medicina penitenziaria” che - in sintonia con il dettato costituzionale - affida alle Regioni la competenza legislativa sulla materia sanitaria, senza riserva alcuna, nel rispetto dei principi fondamentali presenti nella legge quadro n. 230 del 22 giugno 1999.

INDULTO

Il Messaggero.it del 27/1/2003

Avevano cominciato i detenuti di Regina Coeli, nel corso dell’estenuante discussione parlamentare su indulto, indultino e amnistia, a manifestare con mitezza e civiltà la loro speranza per un buon esito del dibattito e la loro preoccupazione per un altro possibile nulla di fatto sul fronte del "gesto di clemenza" tanto invocato dal Papa. A Regina Coeli, così come nella precedente stagione di protesta, i detenuti hanno deciso di donare alla Caritas cinquecento pasti al giorno, pasti a cui hanno rinunciato con il simbolico ma non troppo "sciopero del carrello", ovvero il rifiuto del vitto dell’amministrazione. E da sabato, la popolazione detenuta di Rebibbia-nuovo complesso ha scelto, con un passo ulteriore, una forma più avanzata di protesta: lo sciopero totale della fame. Su mille detenuti, gruppi di dieci o quindici in ogni sezione e a rotazione si nutriranno di sola acqua, per due settimane. Fino al 4 febbraio, data in cui dovrebbe essere discusso e votato l’indultino, il solo e il più esile provvedimento di clemenza che sembra ancora possibile. Spiega l’associazione Papillon-Rebibbia (www.Papillon-Rebibbia.org) che la speranza è nella ripresa di un dibattito su un vero e proprio provvedimento di indulto, come premessa di una generale riforma del sistema penitenziario; con l’auspicio di un intervento diretto del presidente del Consiglio. Così, mentre le carceri non sono certo meno sovraffollate e il Comitato di bioetica lancia l’allarme sul fortissimo disagio vissuto dietro le sbarre, sul tasso di suicidi 20 volte più alto di quello riscontrato nella popolazione libera e su migliaia di episodi di autolesionismo, pazientemente e con una speranza non ancora sfinita la popolazione detenuta riprende la sua pacifica protesta. Le altre grandi carceri del Paese si stanno interrogando sulle possibili alternative: lo sciopero del carrello, della fame, dell’aria, del lavoro, per seguire l’esempio dei compagni di pena di Rebibbia, storicamente capofila delle grandi stagioni delle discussioni sulle riforme e degli scioperi. Prima della ripresa del dibattito parlamentare, il cui esito finora sterile è stato duramente stigmatizzato dall’"Osservatore Romano", ciascun carcere aveva scelto una o più forme di protesta contemporaneamente. Sempre civili, sempre miti. Da adesso e fino al 4 febbraio, la fatica sarà più dura, l’attesa più penosa.

Papillon COMUNICATO STAMPA - 25/01/2003

Dopo che alla Camera è stato di fatto deriso e mortificato l'appello dei detenuti e di Giovanni Paolo II per un atto di clemenza, i detenuti di Rebibbia Nuovo Complesso hanno iniziato un vero e proprio sciopero totale della fame per chiedere un provvedimento di indulto. Gli oltre 1.000 detenuti impegnati nella pacifica protesta di queste settimane, hanno deciso che, a rotazione, gruppi di 10-15 persone per ogni reparto inizino lo sciopero della fame, sostenuti dalla solidarietà di tutti gli altri. La stessa forma di protesta è oggi in discussione tra i detenuti della gran parte deglle carceri italiane.

I detenuti di Rebibbia chiedono ai capigruppo di ogni partito di riprende con serenità il dibattito su un vero e proprio provvedimento di indulto che sia premessa di una generale riforma del sistema penitenziario e auspicano un intervento diretto del Presidente del Consiglio.

Inoltre si appellano a tutte le istanze della società civile affinchè il loro grido di dolore venga ripreso ed amplificato nelle piazze, nelle scuole, nelle chiese e ovunque all'esterno delle carceri.

Papillon - 25/01/2003

Radicali

RADICALI:DICHIARAZIONE DI CAPEZZONE, D'ELIA E BERNARDINI di sospensione temporanea dello sciopero della fame

Roma, 23 gennaio 2003

[... eliminata parte iniziale del comunicato con ricostruzione e commenti sulle vicende parlamentari]

  • -ringraziamo, ancora una volta, i detenuti che da 66 carceri hanno partecipato anche a questa seconda fase dello sciopero: da loro continua a venire una testimonianza di nonviolenza e di amore civile dinanzi alla quale la “politica ufficiale” italiana ha finora offerto una imbarazzante, triste prova di impotenza e irresponsabilità;

-li invitiamo a sospendere, con noi, lo sciopero della fame, per riprenderlo all’inizio di febbraio, alla vigilia della ripresa della discussione e del relativo voto sul cosiddetto indultino;

-rinnoviamo il nostro impegno affinché la partita dell’indulto non sia chiusa: occorre che le forze parlamentari e politiche che hanno continuato e continuano a dirsi favorevoli a questa ipotesi siano messe di fronte alle loro responsabilità: i radicali operano e opereranno, insieme ai detenuti, affinché anche le proposte sull’indulto siano portate in Aula, e quindi approvate o respinte.

L’Altro diritto (centro di documentazione) Dall'indulto all'insulto La discussione di questi giorni sul problema del sovraffollamento carcerario e del provvedimento di clemenza, che sembra l'unica via per risolverlo, si colloca a metà strada tra la commedia degli equivoci e il teatro dell'assurdo (tralasciando la malafede). Il problema riguarda il provvedimento che i giornali hanno definito "indultino" e che, tecnicamente, porta il nome di "Sospensione dell'esecuzione della pena detentiva nel limite massimo di tre anni".Credo che sia urgente fare chiarezza su questo provvedimento che rischia di distruggere il delicato equilibrio dei percorsi di reinserimento sociale creato dal legislatore con l'ordinamento penitenziario del 1975 e soprattutto con la legge Gozzini nel 1986.Il termine "indultino" fa pensare ad una misura di clemenza di impatto minore dell'indulto. Si afferma che questa misura sarebbe in ogni caso una risposta alla richiesta di clemenza sostenuta da autorevoli voci (da quella del Papa a quella del Presidente della Repubblica). Queste voci hanno fatto seguito alle forme di protesta pacifica attuate dai detenuti nell'autunno scorso, al prezzo di sacrifici spesso immensi date le loro condizioni, per sollevare il problema del sovraffollamento carcerario. In alcuni casi, la situazione è così grave da costringere alcuni reclusi a dormire su delle brande che devono essere spostate durante il giorno per avere la possibilità di muoversi in cella. Quello approvato prima di Natale in Commissione Giustizia alla Camera non è però un provvedimento di clemenza, ma un provvedimento antirecidiva per di più tutto impostato sulla linea della repressione penale senza dare alcun rilievo al piano della prevenzione sociale.[.... eliminato corpo centrale del comunicato in cui si spiegano tutti i limiti dell’indultino]L'unico aspetto clemenziale dell'indultino è che il detenuto può rinunciare ad usufruirne!Prof. Emilio Santorodirettore de L'altro diritto

Minorile - Italia

Fonte: ilnuovo (29 GENNAIO 2003)

"Presto potrebbero arrivare le pistole in classe"

Gaetano De Leo, ordinario di psicologia giuridica all'Università La Sapienza di Roma è autore dell'ultima ricerca sul bullismo. "Un fenomeno che ha bisogno di attenzioni e non d'improvvisi allarmi".

ROMA - "La prossima tappa sono le pistole in classe. Le tragedie dei paesi anglosassoni non possono essere solo viste da lontano, con ragazzi che sparano a compagni e professori. Serve attenzione continua, ma non allarmi improvvisi, provvedimenti speciali. Metodo e non emergenze". Gaetano De Leo, ordinario di psicologia giuridica all'Università La Sapienza è autore di una delle più recenti indagini sul fenomeno bullismo, sul disagio giovanile, sulla violenza minore su minore.

Il rapporto, pubblicato dalla rivista ufficiale della Polizia, indica in una incidenza del 25% i giovani e giovanissimi che hanno subìto "atti di sopraffazione da coetanei". "Gli studi sistematici sulle prepotenze, in campo scolastico - continua De Leo - risalgono a tempi relativamente recenti, tra la fine degli anni ‘80 e gli inizi degli anni ’90 e in ambito internazionale questo fenomeno è comunemente definito con il termine bullismo. Per bullismo si intende quel particolare tipo di interazione deviata tra bambini o ragazzi, per cui uno è protagonista di atti di aggressione e prevaricazione ed un altro si trova, suo malgrado, nel ruolo della vittima e del perseguitato". Le statistiche - denunciate anche dal procuratore generale presso la Cassazione Francesco Favara - dicono che il problema è in aumento. Secondo lei qual è la situazione? In termini generali c'è una leggera recrudescenza di reati contro la persona e un decremento di quelli contro il patrimonio, ma non è giusto speculare su un segno più o meno. Personalmente sono contro un abbassamento dell'età imputabile da 14 a 12 anni, però non bisogna cadere nel sociologismo quando si osserva il fenomeno. La preoccupazione ci deve essere? Certamente. Ogni giorno, in molte città del nostro Paese avvengono piccoli furti, rapine per così dire al minuto, estorsioni all'uscita di scuola. Tante volte arrivano denunce per i responsabili, in altri casi c'è la sopportazione della vittima. Uno scarto non irrilevante sfocia in vere e proprie tragedie che arrivano sui giornali. Il tendenziale aumento di tutto il discorso a guardare i dai potrebbe però essere dato anche da settori al limite della società. In pratica i provvedimenti contro i nomadi, ad esempio, fanno impennare i valori d'assieme sulla classe d'età e di fatto confondono. Quali misure si possono adottare? Oggi il minore che sbaglia, che delinque, viene inserito in una comunità alloggio, bisogno stare attenti a potenziare queste strutture e a renderle più funzionali e funzionanti. Non bisogna tornare ai carcere minorili, aboliti nel '77. Dall'estero, però, i segnali sono discordanti rispetto a questo. La cosa che deve far riflettere è l'arma in classe, la strage di compagni e professori. Fino ad ora è un fenomeno che è rimasto confinato in Inghilterra e negli Stati Uniti d'America, nei paesi nordici in genere. Comunque si ricordi che colui che si esprime con tanta violenza, sente un livello di sofferenza così alta da non trovare altro modo per esprimerlo. Questo soggetto ha bisogno di essere assistito e non etichettato. Di fatto i bulli, se non vengono aiutati a modificare i loro comportamenti aggressivi, possono continuare ad usare modalità aggressive nelle loro relazioni interpersonali.

Francia

La Stampa

Minigonna sfacciata? Due mesi di carcere. Tempi duri anche per chi fischia l´inno nazionale, chi vive di elemosina, i nomadi, gli squatter e le bande dei bulletti di periferia

29/1/2003

Cesare Martinetti, corrispondente da PARIGI

L'ordine di Nicolas Sarkozy regna sulla Francia dove tra qualche giorno sarà rischioso calcare i marciapiedi in minigonna, chiedere l'elemosina, fermarsi in gruppo a chiacchierare negli ingressi dei grandi condomini di banlieue. Proibito fischiare la Marsigliese e la bandiera tricolore: sei mesi di galera per oltraggio ai simboli della République. La sinistra denuncia la legge «liberticida». Ma lo fa sottovoce, perché i sondaggi dicono che la stragrande maggioranza dei francesi è d'accordo col governo, a cominciare dagli abitanti dei quartieri popolari. Il ministro dell'Interno Sarkozy incassa una vittoria parlamentare e irride la sinistra: «Conteranno i risultati e rimpiangerete di aver votato contro». Ieri sera l'Assemblée ha votato a favore: 381 sì, e cioè tutta la destra parlamentare che sostiene il governo di Jean-Pierre Raffarin, 164 no e cioè socialisti, comunisti e verdi. Nessun imprevisto rispetto al testo iniziale che mesi fa fu salutato come la fine dello stato di diritto e l'inizio della «repubblica dei flic», o l'espressione della «lepenizzazione» degli spiriti indotta dall'imprevista e incredibile affermazione del fascista Jean-Marie Le Pen nel primo turno delle elezioni presidenziali. Le associazioni per i diritti civili ne fecero l'inizio di una battaglia, il vecchio Abbé Pierre, mitico e fragile difensore dei poveri e dei senza casa, si fece ricevere da Chirac e Raffarin per denunciare una legge contro chi non ha nulla. Qualcosa si è mosso, chi non ha dove andare non sarà espulso dall'immobile che occupa illegalmente. Ma complessivamente Sarkò ha portato a casa una legge che dà all'ordine pubblico francese un sinistro e continuo suono di manette. Nel frattempo il ministro dell'Interno è diventato allo stesso tempo il più noto e apprezzato uomo politico francese e la marionetta di ogni satira: «Sarkò partout, justice nulle part», Sarkozy è ovunque, la giustizia in nessun luogo, per parafrasare il vecchio anatema di Victor Hugo alla Francia di Louis Napoléon. Ma la scalata del piccolo ministro appare inarrestabile. Monsieur Chirac, che sul tema della sicurezza ha costruito la sua rielezione, può essere al tempo stesso soddisfatto e inquieto: Sarkò mantiene le promesse elettorali, ma minaccia la popolarità del presidente. La legge cambierà molte cose anche se bisognerà vedere quanto sarà possibile attuarla e quanto resterà una «grida» manzoniana. Prendiamo, per esempio, l'ultimo reato inventato e inserito nel testo: l'oltraggio all'inno nazionale. E´ successo due volte, nel giro di un anno, sempre a Parigi, allo Stade de France. A settembre 2001, nel primo incontro storico tra le nazionali di Francia e di Algeria, e fu uno choc: ottantamila fischi algerini alla Marsigliese, Zidane e compagni impalliditi nei primi piani dello schermo gigante, Jospin (allora primo ministro) impietrito in tribuna d'onore. Poi in primavera, con i tifosi corsi del Bastia e uno Chirac furibondo che abbandona la tribuna d'onore. Se ricapita, che succederà? Il «Canard enchaîné», giornale satirico (ma non troppo), ipotizza la risposta di un arrestato al giudice: «Sissignore, ho fischiato, ma in piedi e a tempo di musica per accompagnare l'orchestra». Anche le norme sulla prostituzione (che non è vietata) non saranno tanto facili da applicare. Diventa reato l'adescamento sulla pubblica via, sia attivo che passivo. Ma cos'è un adescamento «passivo»? La legge dice così: «...incitare a relazioni sessuali con qualunque mezzo». Ma se è «passivo», se non si commettono «atti» di adescamento, può essere una semplice provocazione nell'abbigliamento, una minigonna, una scollatura, uno spacco, chissà. Nell'attesa di vedere come si regolerà la Police, la pena è stata fissata in due mesi di galera e 3 mila 750 euro di multa. Niente pene per i clienti (che qualche deputata socialista voleva invece sanzionare), ma durezza con gli sfruttatori e con chi affitta locali e roulotte (fino a dieci anni e un milione di multa). Le prostitute straniere e senza permesso saranno rispedite in patria; quelle che denunceranno sfruttatori e schiavisti avranno permesso di soggiorno e di lavoro. Galera anche per chi sfrutta i mendicanti (tre anni a chi lo fa da solo, fino a dieci alle bande organizzate) ma anche per i mendicanti che usano animali per raccattare denaro: sei mesi di carcere e 3 mila 750 euro di ammenda. Tre anni anche a chi è in contatto con qualcuno che mendica e non ha di che giustificare mezzi economici e stile di vita. Pugno duro anche con i nomadi: sei mesi di galera e 3 mila 750 euro per chi si installa abusivamente con tende e caravan su terreni pubblici e privati. Requisizione della vettura (non della roulotte, per non privare nessuno del tetto, come chiedeva l'Abbé Pierre), ma contemporaneamente obbligo ai comuni di attrezzare aree di parcheggio. Multe e galera (due mesi) per gli squatter e le bande di ragazzi che nelle case popolari passano ore e ore negli ingressi degli edifici. E´ una pratica, quasi un gioco di banlieue: gli inquilini sono costretti a fendere una piccola folla che spinge, sputa, afferra qualcosa dalle borse della spesa, smanaccia le ragazze. Presto, si sentiranno tutti più sicuri. Parola di Sarkò.

Marco Camenisch

Liberta' per Marco Camenisch, liberta' per tutte/i Le lotte, le iniziative, i presidi, i volantinaggi , gli invii massicci di fax e cartoline di solidarietà internazionale al carcere fortezza di Thorberg a sostegno di Marco Camenisch, entrato in sciopero della fame per protestare contro l'isolamento e la durissima detenzione carceraria hanno aperto una breccia nel muro di silenzio e di indifferenza nel quale lo si voleva seppellire. Mercoledì 22 dicembre Marco è stato di nuovo trasferito al carcere di Pfaffikon dove le condizioni di detenzione sono meno pesanti. Sta comunque continuando lo sciopero della fame contro l'isolamento. Invitiamo a sostenere solidalmente la campagna che, nell'ottica della liberazione di Marco, concretamente nell'immediato pone i seguenti obbiettivi per una carcerazione meno dura: - Il trasferimento al carcere di Lugano raggiungibile senza grossi problemi dalla anziana madre e dalla moglie. - Fine della censura e delle forti limitazioni della corrispondenza. - Colloqui con persone non strettamente familiari. - Ricusazione della magistrata Claudia WiderKehr, in quanto figlia del presidente della NOK (azienda elettrica a suo tempo danneggiata dai sabotaggi di Marco), ravvisando nel suo ruolo istituzionale la possibilità di influenzare negativamente l'esito del processo. Processo previsto a fine anno e che lo vede accusato dell'omicidio di un doganiere svizzero in Val Poschiavo, pochi chilometri dall'abitazione dei suoi familiari e dalla tomba del padre dove lui sfortunatamente si era recato in quel periodo di latitanza. La sua figura di latitante si è ben prestata come capro espiatorio per un caso di omicidio irrisolto costruendo su di lui un infame castello accusatorio che costituiscono una pesante ipoteca per la sua libertà. Fare cancellare questa montatura è oggi l'obiettivo prioritario in ogni iniziativa di solidarietà. PRESIDIO NAZIONALE DI SOLIDARIETA' il 1 febbraio a Milano in Via Palestro, 2 dalle ore 11 in poi, davanti al principale consolato svizzero in Italia. Per chi dalla Toscana non ha la possibilità di raggiungere Milano, in contemporanea è stato indetto un presidio a Firenze il 1 febbraio dalle 14 in poi davanti alla procura, in piazza della Repubblica.

LIBERTA' PER MARCO E' LIBERTA' PER TUTTI/E E LOTTA PER UNA SOCIETA' LIBERATA DA PROFITTO INQUINAMENTO E GALERE.

Scrivete a: Marco Camenisch Hornlistrasse 55 8330 PFAFFIKON - Suisse

INDIVIDUALITA' RIBELLI - Pietrasanta ALPI IN RESISTENZA - Sondrio

Per reperire in rete notizie riguardanti il carcere si suggeriscono i seguenti siti:

Papillon, sito dell'associazione culturale Papillon formata da detenuti del carcere di rebibbia Nuovo Comnplesso - Roma. Il sito e' continuamente aggiornato con notizie sul carcere dall'Italia e dall'estero. http://www.papillonrebibbia.org/

Filiarmonici, contro ogni carcere http://www.ecn.org/filiarmonici

Segretariato Sociale, portale dedicato al Terzo Settore con una sezione specifica sul carcere. http://www.segretariatosociale.it/

Redattore sociale, agenzia quotidiana d'informazione sulle tematiche del disagio sociale. Aggiornamenti continui. Ha una sezione "carcere". Richiede una registrazione gratutita per la quale e' sufficiente inserire un ID e una password a scelta. http://www.redattoresociale.it/Sitomirror/vis/prehome.htm

Fuoriluogo, del Forum Droghe. E' chiaramente orientato maggiormente sulle tematiche antproibizioniste, ma spesso riporta notizie sul carcere. L'aggiornamento non e' molto frequente. http://www.fuoriluogo.it/

Vita, settimanale non-profit dedicato al volontariato, sul sito aggiornamenti continui di notizie. Esiste una sezione specifica con notizie riguardanti il carcere. http://web.vita.it/home/

Ristretti.it, sito sul carcere curato dal Centro di documentazione Due Palazzi di Padova (carcere cittadino) e suddiviso in diverse aree tematiche. Gli aggiornamenti sono assai rari, ma spulciando le diverse sezioni si trova qualcosa di abbastanza recente. http://www.ristretti.it/

AVoC, Associazione volontari carcere Bologna, buona rassegna stampa settimanale. http://www.smart.it/Marcello/AVoC/AVoC.htm

Il Due, versione on line del magazine del carcere milanese di San Vittore. Aggiornamenti non tanto frequenti con notizie da S. Vittore e dall'universo carcere in generale. http://www.ildue.it/

Camera dei Deputati, servizio di Rassegna Stampa. Consultabile ogni giorno dalla mattina presto una rassegna stampa suddivisa per temi (tra cui Giustizia). Possibilita' di effettuare ricerche nell'Archivio. http://www.camera.it/index.asp?content=/primapagina/primapagina/rassegna

notizie_sul_carcere (last edited 2008-06-26 09:56:27 by anonymous)