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La Striscia in quarantena
Rischio epidemie: mancano cloro per depurare le acque e disinfettanti per desalinizzare
  
  
  
L'isolamento forzato dei territori palestinesi sta causando una crisi umanitaria per la carenza di elettricità e rifornimenti alimentari, ma minaccia di provocare anche una grave crisi sanitaria.

La compagnia che gestisce le risorse idriche della Striscia di Gaza, Beit al Sahel, ha lanciato un appello per l'imminente minaccia di epidemie e malattie, causate della pessima qualità dell'acqua. La causa del deterioramento viene indicata nell'embargo israeliano sul territorio controllato da Hamas, che ha determinato la sospensione delle forniture di cloro e disinfettanti. Il direttore della compagnia, Mondher Bushlak, ha spiegato in una conferenza stampa che 52 pozzi della Striscia sono stati chiusi per mancanza di cloro, usato per fumigare le acque e renderle potabili. “La popolazione è già stata avvisata che occorre bollire l'acqua prima di berla” ha aggiunto. In concreto, l'acqua dei rubinetti non è potabile per il 30 percento della popolazione, e il 30 percento dei pozzi è stato chiuso forzatamente. Boshlak spiega di aver mandato appelli a molte organizzazioni umanitarie, tra cui l'Unrwa e la World Health Organization, per fare pressioni affinchè Israele consenta l'accesso dei rifornimenti di cloro, ma anche di disinfettanti. Questi ultimi sono necessari per la desalinizzazione delle acque, secondo il direttore di Beit al Sahel ne servirebbero 60mila litri, ma i macchinari per la desalinizzazione sono bloccati anche dalla carenza dell'energia elettrica necessaria al loro funzionamento. I pozzi sono inquinati e gli impianti di desalinizzazione sono bloccati; un'alternativa potrebbero essere i bacini di drenaggio in costruzione, ma i cantieri sono stati bloccati dall'assedio israeliano, che non lascia passare nemmeno i materiali per l'edilizia.

La chiusura dei valichi di frontiera tra Gaza e Israele, infatti, prevede il blocco di tutte le merci “non di prima necessità” dirette verso la striscia, una definizione che include sia le sostanze chimiche che i rifornimenti di carburante e i medicinali.

I rifornimenti di cloro e disinfettanti mancano dallo scorso 21 gennaio e le conseguenze di questo verranno patite da 1milione e mezzo di persone.

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Brasile - 11.3.2008 10:32:00
Riscattati oltre 1500 lavoratori schiavi impiegati in azienda di energia rinnovabile
  
  
  
Ridotti in schiavitù per l'energia rinnovabile. Oltre 1500 lavoratori costretti a sopportare condizione infraumane, senza cibo e con turni estenuanti, sono stati ‘riscattati’ dalle unità mobili del ministero del Lavoro negli stati centro-orientali di Goiás e Mato Grosso. Lo riferisce l'agenzia di stampa Misna. Contattati da intermediari, i cosiddetti gatos, facevano i braccianti nel raccolto della canna da zucchero in diverse piantagioni gestite dall'azienda Brenco-Compagnia brasiliana per l'energia rinnovabile. La canna era destinata alle fabbriche di combustibile etanolo, nelle località di Mineiros e Alto Taquarí. Il procuratore del lavoro Antonio Carlos Cavalcante ha annunciato che tre querele civili, ognuna per un valore di cinque milioni di reais (circa 5,7 milioni di euro) sono state sporte contro l’azienda per “danni morali colletivi”. I lavoratori liberati, ha segnalato la coordinatrice dell'operazione Jaqueline Carrijo, “pativano la fame e il freddo, erano stipati in baracche con pessime condizioni igieniche”. Il vice-presidente esecutivo dell'azienda, Rogerio Manso, ha confermato “l'esistenza di alcuni problemi rilevati dagli inquirenti, ma in via di risoluzione”. La Brenco, a quanto sostiene il quotidiano Folha di San Paolo, è stata fondata nel 2006 con un capitale iniziale di 200 milioni di dollari e conta tra i suoi principali investitori l'ex-presidente Usa Bill Clinton, Stephen Case di America Online, l'ex-presidente della Banca Mondiale James Wolfensohn e Vinod Khosla di Sun Microsystem. L'azienda si prefigge di raggiungere entro il 2015 una produzione di quattro miliardi di litri di etanolo, pari al 20 percento della produzione attuale del Brasile, primo esportatore mondiale di questo combustibile cosiddetto pulito.

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In primo Piano La Striscia in quarantena Rischio epidemie: mancano cloro per depurare le acque e disinfettanti per desalinizzare

L'isolamento forzato dei territori palestinesi sta causando una crisi umanitaria per la carenza di elettricità e rifornimenti alimentari, ma minaccia di provocare anche una grave crisi sanitaria.

La compagnia che gestisce le risorse idriche della Striscia di Gaza, Beit al Sahel, ha lanciato un appello per l'imminente minaccia di epidemie e malattie, causate della pessima qualità dell'acqua. La causa del deterioramento viene indicata nell'embargo israeliano sul territorio controllato da Hamas, che ha determinato la sospensione delle forniture di cloro e disinfettanti. Il direttore della compagnia, Mondher Bushlak, ha spiegato in una conferenza stampa che 52 pozzi della Striscia sono stati chiusi per mancanza di cloro, usato per fumigare le acque e renderle potabili. “La popolazione è già stata avvisata che occorre bollire l'acqua prima di berla” ha aggiunto. In concreto, l'acqua dei rubinetti non è potabile per il 30 percento della popolazione, e il 30 percento dei pozzi è stato chiuso forzatamente. Boshlak spiega di aver mandato appelli a molte organizzazioni umanitarie, tra cui l'Unrwa e la World Health Organization, per fare pressioni affinchè Israele consenta l'accesso dei rifornimenti di cloro, ma anche di disinfettanti. Questi ultimi sono necessari per la desalinizzazione delle acque, secondo il direttore di Beit al Sahel ne servirebbero 60mila litri, ma i macchinari per la desalinizzazione sono bloccati anche dalla carenza dell'energia elettrica necessaria al loro funzionamento. I pozzi sono inquinati e gli impianti di desalinizzazione sono bloccati; un'alternativa potrebbero essere i bacini di drenaggio in costruzione, ma i cantieri sono stati bloccati dall'assedio israeliano, che non lascia passare nemmeno i materiali per l'edilizia.

La chiusura dei valichi di frontiera tra Gaza e Israele, infatti, prevede il blocco di tutte le merci “non di prima necessità” dirette verso la striscia, una definizione che include sia le sostanze chimiche che i rifornimenti di carburante e i medicinali.

I rifornimenti di cloro e disinfettanti mancano dallo scorso 21 gennaio e le conseguenze di questo verranno patite da 1milione e mezzo di persone.

NOTIZIE BREVI

ESTERI

Brasile - 11.3.2008 10:32:00 Riscattati oltre 1500 lavoratori schiavi impiegati in azienda di energia rinnovabile

Ridotti in schiavitù per l'energia rinnovabile. Oltre 1500 lavoratori costretti a sopportare condizione infraumane, senza cibo e con turni estenuanti, sono stati ‘riscattati’ dalle unità mobili del ministero del Lavoro negli stati centro-orientali di Goiás e Mato Grosso. Lo riferisce l'agenzia di stampa Misna. Contattati da intermediari, i cosiddetti gatos, facevano i braccianti nel raccolto della canna da zucchero in diverse piantagioni gestite dall'azienda Brenco-Compagnia brasiliana per l'energia rinnovabile. La canna era destinata alle fabbriche di combustibile etanolo, nelle località di Mineiros e Alto Taquarí. Il procuratore del lavoro Antonio Carlos Cavalcante ha annunciato che tre querele civili, ognuna per un valore di cinque milioni di reais (circa 5,7 milioni di euro) sono state sporte contro l’azienda per “danni morali colletivi”. I lavoratori liberati, ha segnalato la coordinatrice dell'operazione Jaqueline Carrijo, “pativano la fame e il freddo, erano stipati in baracche con pessime condizioni igieniche”. Il vice-presidente esecutivo dell'azienda, Rogerio Manso, ha confermato “l'esistenza di alcuni problemi rilevati dagli inquirenti, ma in via di risoluzione”. La Brenco, a quanto sostiene il quotidiano Folha di San Paolo, è stata fondata nel 2006 con un capitale iniziale di 200 milioni di dollari e conta tra i suoi principali investitori l'ex-presidente Usa Bill Clinton, Stephen Case di America Online, l'ex-presidente della Banca Mondiale James Wolfensohn e Vinod Khosla di Sun Microsystem. L'azienda si prefigge di raggiungere entro il 2015 una produzione di quattro miliardi di litri di etanolo, pari al 20 percento della produzione attuale del Brasile, primo esportatore mondiale di questo combustibile cosiddetto pulito.

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