gror 13.00

FIAT Uniti insieme nella lotta per un futuro migliore. Cosi' si e' concluso il breve intervento di uno dei rappresentanti della delegazione di lavoratori delle fabbriche Opel di Bochum e Eisenach in Germania intervenuta alla manifestazione promossa dai sindacati metalmeccanici torinesi a sostegno della vertenza Fiat. Il delegato tedesco si e' rivolto alle tute blu di Mirafiori che stanno bloccando la stazione ferroviaria del Lingotto: le vostre proteste e le vostre manifestazioni sono giuste perche' bisogna lottare per ogni posto di lavoro per questo portiamo la nostra solidarieta' alla vostra lotta. Anche noi in Germania siamo messi sotto pressione da GM per lo smantellamento dei posti di lavoro perche' anche alla Opel nei prossimi anni sono a rischio 20 mila posti. Tutte le multinazionali sono in crisi -ha continuato il delegato- e purtroppo siamo noi a doverne pagare le conseguenze anche se non abbiamo colpa della crisi del capitalismo. In Germania -ha concluso- stiamo discutendo sulla riduzione a 30 ore di lavoro a parita' di stipendio perche' riteniamo che questa sarebbe una soluzione per creare nuovi posti di lavoro. Mobilitazioni Fiat in tutte le fabbriche oggi, in vista della decisione di giovedì sulla cassa integrazione, ma anche del primo incontro, definito tecnico, con il ministro delle attività produttive marzono. A torino, gli operai hanno bloccato oggi la tangernziale e la ferrovia del lingotto, a melfi si sono incontrati gli operai di temini e quelli dello stabilimento lucano. Sono arrivati questa mattina all'alba, poco dopo le 4.30, a Melfi gli oltre cinquecento operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese che lottano da due mesi contro la chiusura della fabbrica. Le tute blu hanno impedito l'avvio del primo turno di questa mattina nello stabilimento lucano. Accanto a loro ci sono anche diversi operai di Melfi, l'unica fabbrica a non essere toccata dalla crisi della casa automobilistica torinese. Davanti ai cancelli di Melfi, c'e' una cucina da campo allestita dalla Cgil di Bologna che assicurera' agli operai della Fiat di Termini Imerese il vitto fino a giovedi' prossimo, data prevista per le procedure per la cassa integrazione a zero ore. Intanto, davanti alla fabbrica siciliana, sono rimasti altri operai e, soprattutto, le donne del 'Comitato per la lotta', che continuano a presidiare i cancelli. L' attivita' produttiva nello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat - dove si producono Punto e Lancia Y - e' completamente bloccata dall' inizio del primo turno di oggi, all' alba. Fonti dell' azienda hanno confermato che in fabbrica non c' e' nessuno.

Intanto è in corso l'incontro tra le parti oggi, in una riunione che comunque si annuncia senza prospettive di soluzione, e già determinata dalla sfiducia dei sindacati.

PALESTINA

Una palestinese di 65 anni e' stata uccisa oggi da colpi d'arma da fuoco esplosi da un soldato israeliano a El Bire, nei pressi di Gerusalemme. La donna, Fatima Mohammed Hussein, era insieme con un'amica che, invece, e' rimasta ferita, stando a quanto riferito da fonti palestinesi. Le due donne, residenti ad Atara, nel nord del distretto di Ramallah, sono state prese di mira mentre si avvicinavano a un posto di controllo israeliano. Dai primi elementi raccolti, di cui ha riferito la radio israeliana, sembrerebbe che la donna percorreva in macchina una strada interdetta agli automobilisti palestinesi perche' porta all'insediamento ebraico di Bet El. Questa versione contraddice un'altra di fonte palestinese, secondo cui militari israeliani hanno aperto il fuoco per disperdere una manifestazione di studenti palestinesi e le due donne sono state colpite da proiettili vaganti.

Prosegue l'attivita' dell'esercito israeliano nei territori palestienesi per smantellare la rete del movimento di resitenza all'occupazione. Nel corso della notte sono stati arrestati in diverse localita' della Cisgiordania dodici sospettate di fare parte dii Hamas e della Jihad islamica e di una formazione armata legata a Fatah, la corrente maggioritaria dell'Olp che fa capo al presidente Yasser Arafat. L'esercito israeliano ha precisato che gli arresti sono stati eseguiti nelle zone di Betlemme, Hebron e Nablus, alcune delle principali citta' autonome palestinesi rioccupate dopo l'ondata di attentati dei giorni scorsi.

IRAQ

Oggi al sesto giorno di ispezioni alla ricerca di armi di distruzione di massa in Iraq, gli esperti dell'Unmovic sono entrati per la prima volta in un palazzo presidenziale, quello di al-Sojoud, che si trova nel quartiere di Kark, nel centro di Baghdad. La visita e' durata meno di due ore, il che induce a pensare che all'interno del sito non sia stato trovato nulla di cio' che gli ispettori cercavano. La squadra di esperti, a bordo di sei jeep bianche con le insegne dell'Onu, e' giunta davanti al grande cancello d'ingresso dipinto di nero e d'oro poco prima delle 09:00 locali (le 07:00 in Italia) ma hanno dovuto aspettare qualche minuto prima che le guardie, che non erano state avvertite e non avevano ricevuto ordini in merito, si decidessero ad aprire le porte. Gli esperti erano come di consueto accompagnati da funzionari del Comitato di controllo nazionale, la controparte irachena dell'Unmovic. I giornalisti, come avvenuto anche nel corso delle precedenti ispezioni, sono stati lasciati all'esterno e hanno solo potuto intravedere un grande parco ricco di palme e altri alberi. L'ispezione e' durata un'ora e tre quarti e quando gli ispettori sono usciti dal complesso non hanno fatto dichiarazioni alla stampa. La Risoluzione 1441 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu attribuisce agli ispettori il diritto d'accesso a questi complessi, simboli della sovranita' nazionale e che nelle passate ispezioni hanno costituito un grosso motivo di attrito tra Onu e Iraq.

L'Iraq ha oggi accusato gli Stati Uniti di star cercando di ricattare gli esperti dell'Unmovic incaricati di effettuare ispezioni per il disarmo iracheno mettendo in dubbio il loro lavoro. L'accusa e' venuta dal ministro degli esteri iracheno Naji Sabri il quale, in un'intervista pubblicata oggi dal settimanale al-Rafidain (I due fiumi), ha affermato che il linguaggio sprezzante utilizzato dai funzionari americani a proposito della ripresa delle ispezioni Onu sul disarmo tende a ricattare il lavoro degli ispettori stessi. L'Iraq - ha concluso Sabri - mettera' a disposizione tutto quanto e' necessario per consentire agli ispettori di svolgere adeguatamente il loro compito. Altre dure critiche all'amministrazione di Washington sono venute dal quotidiano ufficiale al-Iraq il quale - in un editoriale in prima pagina - ha respinto, definendole menzogne, le accuse americane secondo cui l'Iraq disporrebbe di armi di distruzione di massa. Il maledetto Bush e la sua banda sionista - ha scritto il giornale - mentono un milione di volte al giorno quando affermano che l'Iraq possiede armi di distruzione di massa come se l'Iraq non avesse altro da fare che mettersi a sviluppare tali armi.

Irak : George W. Bush durcit le ton

Le président américain, George W. Bush, a affirmé lundi que les signes donnés jusqu'ici par l'Irak sur sa volonté de désarmer n'étaient pas encourageants, et a rappelé que les Etats-Unis étaient prêts à mener une coalition militaire contre Saddam Hussein. "Jusqu'ici, les signes ne sont pas encourageants. Le régime qui a tiré sur des pilotes américains et britanniques ne prend pas la voie du respect" des résolutions des Nations unies lui enjoignant de désarmer, a affirmé M. Bush lors d'un discours au Pentagone à l'occasion de la signature de la loi de programmation militaire 2003. "Un régime qui envoie des lettres remplies de protestations et de faussetés ne prend pas le chemin du respect" des décisions de l'ONU, a ajouté le président américain. "Nous nous opposons à un régime unique en son genre qui possède des armes de meurtre à grande échelle, qui les a utilisées et qui pourrait les fournir à des réseaux terroristes", a-t-il affirmé. Son vice-président, Richard Cheney, a également donné lundi de la voix contre Saddam Hussein, affirmant que son régime avait des liens avec l'organisation terroriste Al-Qaida d'Oussama Ben Laden. Lors d'un discours à Denver (Colorado, centre), Richard Cheney a déclaré à propos de Saddam Hussein que "son régime a eu des contacts à haut niveau ces dix dernières années avec Al-Qaida et a aidé à l'entraînement de terroristes d'Al-Qaida". Tant le président que son vice-président ont affirmé que l'Irak pouvait décider à n'importe quel moment de fournir des armes biologiques ou chimiques à des terroristes. "C'est pour cela que la guerre contre le terrorisme ne sera pas gagnée tant que l'Irak ne sera pas, de manière totale et vérifiable, privé de ses armes de destruction massive", a déclaré Richard Cheney. SADDAM HUSSEIN DOIT FAIRE SES PREUVES Cette nouvelle offensive verbale des dirigeants américains contre Bagdad intervient alors que l'échéance du 8 décembre se rapproche. D'ici à dimanche, l'Irak doit fournir une liste complète de ses programmes de développement d'armes de destruction massive et de missiles balistiques. "Cette déclaration doit être crédible et complète ou bien le dictateur irakien démontrera au monde une fois encore qu'il n'a pas changé de comportement", a souligné lundi le président Bush.

Son porte-parole, Ari Fleischer n'a toutefois pas laissé beaucoup de portes de sortie à l'Irak. "Si Saddam Hussein indique qu'il a des armes de destruction massive en violation des résolutions des Nations unies, nous saurons qu'une fois encore il a trompé le monde. S'il dit qu'il n'en a pas, alors nous verrons s'il dit quelque chose que nous pensons être en mesure de démentir", a-t-il affirmé lundi lors d'un point de presse.

Selon lui, Washington possède des informations sur ce que Saddam Hussein possède. "Ce n'est pas un secret, nous l'avons dit plusieurs fois, vous avez entendu le président répéter qu'il a des armes biologiques et chimiques et des missiles qui ont une portée dépassant 150 kilomètres, trois violations des engagements qu'il a pris auprès des Nations unies", a indiqué Ari Fleischer.

George W. Bush a cependant répété lundi que "la guerre était la dernière option" retenue par l'administration américaine et que les Etats-Unis "recherchaient la paix".

INSPECTION D'UN PALAIS PRÉSIDENTIEL

Ces déclarations surviennent alors que les missions d'inspection de désarmement de l'ONU en Irak se poursuivent. Pour le président américain, les Etats-Unis n'en attendent qu'un seul résultat, à savoir la preuve que Saddam Hussein est décidé à coopérer. Les inspecteurs en désarmement de l'ONU qui ont repris la semaine dernière leur mission en Irak se sont rendus mardi matin sur le site d'un des palais présidentiels, ont indiqué des témoins. Une équipe d'inspecteurs a pénétré dans le palais Al-Sejoud situé dans le quartier de Karkh, dans le centre de Bagdad. L'inspection a duré deux heures. Les experts onusiens avaient constaté la veille l'absence d'équipements laissées par la précédente mission d'inspection il y a quatre ans, durant la visite d'une base de missiles en banlieue de Bagdad.

Con 24 ore di anticipo rispetto allo scadere dell'ultimatum imposto dall'Onu, l'Iraq consegnerà la lista completa dei suoi armamenti. A dirlo è il generale Hossam Mohammed Amin capo dell'ufficio di collegamento tra Iraq e ispettori delle Nazioni Unite. Il documento conterrà "nuovi elementi", ma negherà qualsiasi presenza sul territorio iracheno di armi di distruzione di massa. Intanto il ministero degli interni del Kuwait ha fatto sapere che questa mattina una imbarcazione irachena ha aperto il fuoco contro una motovedetta guardiacostiera kuwaitiana. Secondo il racconto fatto da una fonte del ministero "due unità della guardiacostiera erano in pattugliamento nella zona di mare settentrionale presso l'isola di Warba quando da un'imbarcazione irachena che si trovava nella zona sono stati esplosi colpi nella loro direzione". I colpi d'arma da fuoco non hanno provocato vittime, ma un militare kuwaitiano è rimasto leggermente ferito quando le due motovedette si sono urtate dopo l'aggressione. CECENIA

Il governo russo ha ridotto gli stanziamenti per la ricostruzione della Cecenia per il prossimo anno proprio quando dovrebbe partire un processo di stabilizzazione politica, denuncia Anatoli Popov, capo della direzione federale per la ricostruzione della repubblica caucasica dove e' in atto una sanguinosa guerriglia separatista. Popov, in un'intervista al quotidiano 'Vremia Novostei' afferma che nel 2003 il bilancio statale prevede uno stanziamento di 3,5 miliardi di rubli (circa 115 milioni di Euro) contro i 4,5 miliardi di rubli (150 milioni di Euro) per l'anno in corso. Secondo Popov la riduzione dei fondi - che sono gia' solo briciole di cio' che sarebbe necessario e costituiscono appena lo 0,1% delle spese di bilancio - provochera' un rallentamento dei lavori in corso e un aumento sensibile della disoccupazione gia' altissima, con un ulteriore aggravamento della situazione politica. Il direttore dei servizi segreti russi (Fsb), Nikolai Patrushev ha intanto denunciato uno storno di fondi per 700 milioni di rubli dagli stanziamenti per la ricostruzione della Cecenia. Secondo Popov solo per togliere le macerie di Grozny, la capitale quasi completamente distrutta della repubblica, ci vogliono 490 milioni di rubli (circa 16 milioni di Euro) mentre per quest'anno ne sono stati stanziati solo 40 milioni. Popov ha reso noto che si sta elaborando un piano per ricostruire Grozny, riducendo pero' le dimensioni della citta', che potra' ospitare 250.000 abitanti contro gli oltre 300.000 attuali e i quasi 450.000 dell'epoca sovietica. Se i fondi resteranno all'attuale livello, ha concluso Popov, per ricostruire soltanto gli edifici abitativi di Grozny ci vorranno almeno sette anni. La ricostruzione fisica, economica e sociale della Cecenia fa parte del piano di normalizzazione per la repubblica caucasica voluto dal presidente russo Vladimir Putin e che prevede anche un processo politico che deve iniziare a marzo con un referendum ed essere seguito da elezioni presidenziali. Tale processo esclude dichiaratamente qualsiasi dialogo con la guerriglia.

===GR 19.30===

TUTTE E TUTTI LIBERI

Scarcerati oggi dal tribunale del riesame di catanzaro presieduto dal giudice Maurizio Salustro, tutti i compagni e le compagne ancora detenuti, o aigliarresti domiciliari, in seguito all’inchiesta partita dal tribunale di cosenza.Tutti fuori, dunque. L'elenco delle reazioni e dei commenti battuto dalle agenzie di stampa è lunghissimo: soddisfazione degli avvocati difensori (ma bisogna attendere il dispositivo della sentenza, tra dieci giorni); gioia al centro sociale napoletano Ska; gioia a Cosenza; commenti positivi dei politici di sinistra e di centrosinistra, sia di quelli che si sono dati da fare per questo risultato, sia di quelli che hanno aspettato sulla sponda del fiume. Una reazione, però, è più interessante delle altre: quella del presidente del tribunale del riesame. Il giudice Maurizio Salustro ha detto che la scarcerazione non demolisce l'inchiesta. Commento tecnico, in prima battuta, che però vuol dire, con ragionevole probabilità una cosa: la liberazione di Francesco Caruso, Francesco Cirillo, Lidia Azzarita e degli altri che erano ancora in carcere, nonché l'annullamento dell'arresto di Claudio Dionesalvi, Gianfranco Tallarico, Anna Curcio e degli altri già scarcerati, non è avvenuto, come chiedevano i difensori, per "mancanza dei gravi indizzi di coplevolezza", ma, probabilmente, perché il tribunale del riesame ha considerato inopportuno e inutile l'arresto. Il solo arresto. Non l'inchiesta in sé (cosa che del resto non gli competeva giudicare). L'inchiesta resta. E farà il suo corso. È solo finito il primo tempo. Nessun commento finora dalla Procura della Repubblica di Cosenza alla decisione del Tribunale del riesame di Catanzaro. Sono infatti irrintracciabili sia il procuratore Alfredo Serafini che il sostituto Domenico Fiordalisi, il magistrato che ha chiesto ed ottenuto dal Gip l'emissione dei provvedimenti. E anche Alessandro Bravin, uno dei giudici del Tribunale del riesame di Catanzaro, non ha voluto commentare il provvedimento: 'non ci e' consentita - ha detto - alcuna dichiarazione'.

ARCHIVIATO PROCESSO GIULIANI

Il pm Silvio Franz ha chiesto stamane l'archiviazione, per legittima difesa, della posizione del carabiniere Mario Placanica, indagato per omicidio volontario per la morte di Carlo Giuliani, avvenuta il 20 luglio 2001 durante il G8. Nonostante l' inchiesta si avvii a scivolare nella piu' completa impunita', emergono, grazie a delle indagini indipendenti, elementi che mettono in forte dubbio le conclusioni a cui e' arrivata la magistratura. il processo si chiude prima ancora di aprirsi. La verità su Genova resta in archivio. Esulta Scajola, l'ex ministro: «Ne eravamo certi». Heidi Gaggio non ha ancora letto le pagine della richiesta firmata da Franz, ma ha ben chiara la portata di questo: «Dal punto di vista emotivo ripeto sempre che il male è stato fatto a Carlo e a noi il 20 luglio del 2001. Il male al Paese e quella parte delle forze dell'ordine democratiche è stato fatto con la richiesta di archiviazione»

La notizia della richiesta di archiviazione per l'omicidio di Carlo Giuliani non è giunta inaspettata. Da tempo girava la voce che il pubblico ministero Silvio Franz fosse intenzionato a mettere una pietra su tutta la vicenda. E tuttavia non per questo è stata accolta con rassegnazione o con fatalismo dai genitori di Carlo che da 16 mesi si battono perché su quanto accaduto a Genova nei giorni del G8 si faccia piena luce.

SGOMBERO A FIRENZE

Sgombero questa mattina a Firenze di una casa occupata dal maggio scorso da un gruppo di studenti. 8Dopo il blocco degli sfratti in vista del Social Forum Europeo, è ripresa la politica repressiva delle istituzioni fiorentine. Ascoltiamo una corrispondenza che abbiamo registrato stamattina proprio mentre era in corso lo sgombero.

FIAT

Mobilitazioni Fiat in tutte le fabbriche oggi, in vista della decisione di giovedì sulla cassa integrazione, ma anche del primo incontro, definito tecnico, con il ministro delle attività produttive marzono. 8A torino, gli operai hanno bloccato oggi la tangernziale e la ferrovia del lingotto, a melfi si sono incontrati gli operai di temini e quelli dello stabilimento lucano. Sono arrivati questa mattina all'alba, poco dopo le 4.30, a Melfi gli oltre cinquecento operai dello stabilimento Fiat di Termini Imerese che lottano da due mesi contro la chiusura della fabbrica. Le tute blu hanno impedito l'avvio del primo turno di questa mattina nello stabilimento lucano. Accanto a loro ci sono anche diversi operai di Melfi, l'unica fabbrica a non essere toccata dalla crisi della casa automobilistica torinese. Davanti ai cancelli di Melfi, c'e' una cucina da campo allestita dalla Cgil di Bologna che assicurera' agli operai della Fiat di Termini Imerese il vitto fino a giovedi' prossimo, data prevista per le procedure per la cassa integrazione a zero ore. Intanto, davanti alla fabbrica siciliana, sono rimasti altri operai e, soprattutto, le donne del 'Comitato per la lotta', che continuano a presidiare i cancelli. L' attivita' produttiva nello stabilimento di Melfi (Potenza) della Fiat - dove si producono Punto e Lancia Y - e' completamente bloccata dall' inizio del primo turno di oggi, all' alba. Fonti dell' azienda hanno confermato che in fabbrica non c' e' nessuno.

Non sono ancora noti gli esiti dell'incontro tra le parti oggi, in una riunione che comunque si annuncia senza prospettive di soluzione, e già determinata dalla sfiducia dei sindacati.

PALESTINA

Una palestinese di 65 anni e' stata uccisa oggi da colpi d'arma da fuoco esplosi da un soldato israeliano a El Bire, nei pressi di Gerusalemme. La donna, Fatima Mohammed Hussein, era insieme con un'amica che, invece, e' rimasta ferita, stando a quanto riferito da fonti palestinesi. Le due donne, residenti ad Atara, nel nord del distretto di Ramallah, sono state prese di mira mentre si avvicinavano a un posto di controllo israeliano. Dai primi elementi raccolti, di cui ha riferito la radio israeliana, sembrerebbe che la donna percorreva in macchina una strada interdetta agli automobilisti palestinesi perche' porta all'insediamento ebraico di Bet El. Questa versione contraddice un'altra di fonte palestinese, secondo cui militari israeliani hanno aperto il fuoco per disperdere una manifestazione di studenti palestinesi e le due donne sono state colpite da proiettili vaganti.

Prosegue l'attivita' dell'esercito israeliano nei territori palestienesi per smantellare la rete del movimento di resitenza all'occupazione. Nel corso della notte sono stati arrestati in diverse localita' della Cisgiordania dodici sospettate di fare parte dii Hamas e della Jihad islamica e di una formazione armata legata a Fatah, la corrente maggioritaria dell'Olp che fa capo al presidente Yasser Arafat. L'esercito israeliano ha precisato che gli arresti sono stati eseguiti nelle zone di Betlemme, Hebron e Nablus, alcune delle principali citta' autonome palestinesi rioccupate dopo l'ondata di attentati dei giorni scorsi.

IRAQ

Oggi al sesto giorno di ispezioni alla ricerca di armi di distruzione di massa in Iraq, gli esperti dell'Unmovic sono entrati per la prima volta in un palazzo presidenziale, quello di al-Sojoud, che si trova nel quartiere di Kark, nel centro di Baghdad. La visita e' durata meno di due ore, il che induce a pensare che all'interno del sito non sia stato trovato nulla di cio' che gli ispettori cercavano. La squadra di esperti, a bordo di sei jeep bianche con le insegne dell'Onu, e' giunta davanti al grande cancello d'ingresso dipinto di nero e d'oro poco prima delle 09:00 locali (le 07:00 in Italia) ma hanno dovuto aspettare qualche minuto prima che le guardie, che non erano state avvertite e non avevano ricevuto ordini in merito, si decidessero ad aprire le porte. Gli esperti erano come di consueto accompagnati da funzionari del Comitato di controllo nazionale, la controparte irachena dell'Unmovic. I giornalisti, come avvenuto anche nel corso delle precedenti ispezioni, sono stati lasciati all'esterno e hanno solo potuto intravedere un grande parco ricco di palme e altri alberi. L'ispezione e' durata un'ora e tre quarti e quando gli ispettori sono usciti dal complesso non hanno fatto dichiarazioni alla stampa. La Risoluzione 1441 del Consiglio di Sicurezza dell'Onu attribuisce agli ispettori il diritto d'accesso a questi complessi, simboli della sovranita' nazionale e che nelle passate ispezioni hanno costituito un grosso motivo di attrito tra Onu e Iraq. Il governo iracheno ha anche reso noto che inviera' la lista degli armamenti all'Onu il 7 dicembre, un giorno prima della scadenza posta dalla Risoluzione 1441. L'annuncio e' stato dato dal gen. Hussam Mohammed Amin, responsabile del Comitato di controllo nazionale controparte irachena dell'Unmovic, il quale ha ribadito che l'Iraq non dispone di armi di distruzione di massa e ha detto che la dichiarazione che il suo Paese sottoporra' all'Onu avra' nuovi elementi non necessariamente connessi a tali armi.

L'Iraq ha oggi accusato gli Stati Uniti di star cercando di ricattare gli esperti dell'Unmovic incaricati di effettuare ispezioni per il disarmo iracheno mettendo in dubbio il loro lavoro. L'accusa e' venuta dal ministro degli esteri iracheno Naji Sabri il quale, in un'intervista pubblicata oggi dal settimanale al-Rafidain (I due fiumi), ha affermato che il linguaggio sprezzante utilizzato dai funzionari americani a proposito della ripresa delle ispezioni Onu sul disarmo tende a ricattare il lavoro degli ispettori stessi.

APPROFONDIMENTI del MARTEDI:

il 25 novembre a Parigi

Oltre alle tante iniziative svoltesi il 25 novembre, di cui martedi scorso abbiamo parlato, aggiungiamo quella della Sezione SLURP 122 di Lesbiennerage (lesbicheirate,come nome di una via): In occasione della "giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne" che noi abbiamo rinominato "giornata internazionale contro le violenze fatte alle donne e alle lesbiche dagli uomini", le SLURP (Sindacato di Lesbiche Utenti della Rete Parigina) hanno fatto un'azione nella metro di Parigi, chiedendo, con la diffusione di un questionario e di un volantino, la solidarietà delle donne e delle lesbiche tra loro, per mettere fine alla violenza degli uomini che: Inizia a casa, prosegue in strada, si perpetua al lavoro, si nasconde nella famiglia, si mostra nella metro, si propaga nei media, si cela nei tribunali, termina all'obitorio.

Il movimento per la vita si affaccia ai castelli Romani

Emissarie del movimento per la vita provano a prendere spazio all’interno del consultorio di Frascati; per fortuna le stesse operatrici del consultorio rendono pubblico il tentativo di acquistare nuova visibilità, comunicandolo all’assemblea delle donne dei consultori dei Castelli Romani. Ascoltiamo la voce di una compagna del collettivo “Le Rosse” dei Castelli.

gror031202 (last edited 2008-06-26 10:00:26 by anonymous)