gr 19.30

MELFI - FIAT

Dopo le cariche di ieri delle forze dell'ordine, che hanno tentato di rimuovere i presidi dei lavoratori della Fiat che stavano bloccano gli accessi allo stabilimento, la notte è passata tranquilla. In due punti, uno piu' vicino alla stabilimento e l'altro secondario, detto anche la Fenice, sono sistemati i presidi con una forte presenza di lavoratori, almeno 2000. Il turno delle sei è andato praticamente deserto, e la produzione resta tuttora ferma. I pochi autobus di linea che sono transitati lungo le strade di accesso all' area industriale erano praticamente vuoti.

Stamani sono arrivati un centinaio di lavoratori dalle fabbriche abruzzesi e campane, da Pomgliano e da altri stabilimenti fiat. Questa notte è arrivata anche una delegazione della FIOM di Brescia. La delegazione si fermerà per alcuni giorni ed ha consegnato 5000 euro per la cassa di resistenza. Domani arriveranno altri pulmann da Arese e Termini Imerese. Sempre domani in tutta la Sicilia sono previste fermate dal lavoro nelle aziende metalmeccaniche in segno di solidarieta' con gli operai, dopo le cariche della polizia. Sciopereranno, la prima ora del primo turno, anche i metalmeccanici del polo chimico di Siracusa, dove gia' la settimana scorsa la categoria era scesa in piazza per la tutela e il rilancio dell' occupazione.

E a catania si è tenuto oggi un sit-in di metalmeccanici davanti alla prefettura in solidarietà con gli operai di Melfi

Sentiamo una corrispondenza realizzata da Radio Onda D'Urto con Rosario della Fiom di Melfi

E sempre oggi, 300 lavoratori hanno presidiato lo stabilimento Fiat di Mirafiori, per esprimere solidarietà agli operai di Melfi. Oltre ai lavoratori Fiat, erano presenti delegazioni di altre fabbriche. Adesione intorno al 60% allo sciopero di 2 ore.

AUDIO - Lo Bascio - delegato rsu del sin cobas, audio realizzato da Radio Onda D'Urto

E mentre intorno agli operai di Melfi si moltiplicano i messaggi di solidarietà e le proteste contro l'irresponsabile e violenta repressione del governo, è cominciato alle 11 a Roma il vertice tra i segretari generali di Cgil, Cisl, Uil, per parlare di Melfi. Secondo quanto riportano le agenzie, Giuseppe Morchio amministratore delegato della Fiat, si è dichiarato "soddisfatto" dell'incontro, nel quale si è deciso di riprendere la produzione e dunque si è ribadita la necessità di rimuovere i blocchi. Che Morchio sia soddisfatto non è certo un buon segno. Quello che è certo è che la Fiom ed i sindacati di base hanno proclamato per mercoledì 28 aprile uno sciopero generale di quattro ore dei metalmeccanici. A Brescia il fermo sarà di 3 ore per le fabbriche cittadine e di 4 per quelle della provincia con corteo alle 9,30 dall'Iveco di via Fiume fino alla prefettura.

Alitalia - Fiumicino

Fiumicino - giornata di mobilitazione anche all'Alitalia. Scipero proclamato dalla Cub a Fiumicino dalle 11 di questa mattina, protesta a cui si sono uniti i lavoratori dell'Alitalia di Napoli. Insieme, nel primo pomeriggio, si sono trasferiti sotto il Centro direzionale dell'Alitalia a Magliana, dove i lavoratori dell'Alitalia e dell'Atitec hanno presidiato l'ingresso, forzato i cancelli e tenuto un'assemblea. Hanno deciso di iniziare una mobilitazione permanente da domani, che terminerà solo quando il governo ritirerà i suoi piani dall'Alitalia. Nel frattempo, il Consiglio di Amministrazione di Alitalia, che si è tenuto alle 15 di oggi è stato aggiornato a lunedì 3 maggio.

Abbiamo sentito Antonio Amoruso della Cub sulle motivazione della mobilitazione.

Genova

Proseguono le udienze contro i 25 manifestanti accusati di devastazione e saccheggio in seguito ai fatti del luglio 2001 a Genova. Oggi si è tenuta, come tutti i martedì, una nuova udienza, anche questa piuttosto breve come le ultime. Oggi si è concluso l'esame in aula delle prove portate dal primo testimone della Procura, un dirigente della polizia municipale che, come saprete, è stato incaricato dalla Procura di assemblare il materiale video e fotografico raccolto in quei giorni. Si tratta di migliaia di immagini tra foto e video che l'agente avrebbe selezionato e portato all'esame in aula, senza che gli avvocati della difesa avessero avuto modo di visionare questa selezione. Proprio per questo, oggi la difesa ha chiesto del tempo per preparare il contro esame dei video, tempo che il Tribunale ha concesso, riconoscendo nel fatto che la difesa non sia mai stata in possesso dei video una chiara lesione del diritto alla difesa. In base a quanto stabilito oggi, dunque Gli avvocati potranno così visionare al più presto il materiale in questione. In merito all'altra richiesta fatta da una parte del collegio della difesa, quella, cioè, di spostare il processo ad altra sede, la Cassazione ha oggi fissato la discussione sul trasferimento al 26 maggio. Se l'istanza di trasferimento fosse accolta, il processo sarebbe temporaneamente sospeso e il luogo sarà Torino.

Roma I precari danno i numeri

Si è svolta dalle ore 16 nell'aula magna dell'ISTAT un'assemblea che vede partecipi precari, ricercatori, cococo, lavoratori a progetto, lavoratori interinali occupanti di case, studenti. Si sta cercando di aprire un nuovo spazio di discussione e di confronto per trasformare una realtà subita passivamente in un momento di lotta per i diritti di cittadinanza. Sentiamo un corrispondente di Radio Onda Rossa.

Mondo

Iraq

IRAQ

IRAQ SCONTRI A NAJAF

Sono decine le persone morte stamani a Kufa, alle porte della città santa sciita di Najaf, in seguito agli scontri tra soldati americani e gli uomini fedeli al leader radicale Moqtada al-Sadr. Secondo la stampa internazionale, che finora è stata in grado di citare soltanto fonti statunitensi, le vittime sarebbero almeno 43, tutti miliziani di Al Sadr. Fonti ospedaliere citate dall'emittente del Qatar 'al-Jazeera', invece, riferiscono che tra i 28 feriti gravi ricoverati presso l'ospedale al-Furat al-Awsat, solo sei sembrano essere miliziani. I medici intervistati dalla televisione araba hanno anche lamentato le difficoltà in cui sono costretti ad operare e hanno lanciato l'allarme causato dalla scarsità di personale medico e medicine. L'operazione militare americana è scattata questa mattina e le forze Usa hanno utilizzato anche elicotteri da combattimento e un aereo da combattimento 'Ac-130' con cui avrebbero distrutto una postazione antiaerea. Intanto le truppe spagnole hanno completato il loro ritiro dalla base di Najaf e si sono raccolte a Diwaniya da dove verranno rimpatriate. Ma la tensione non è alta solo a Najaf: a Falluja, la città del 'triangolo sunnita' in mano agli insorti, è slittato l'avvio dei pattugliamenti congiunti (poliziotti iracheni - soldati americani) previsto dalla tregua firmata la scorsa settimana tra le forze della coalizione e le autorità cittadine. Da ieri, data previsto dell'avvio delle operazioni congiunte, per le strade di Falluja si sono visti soltanto poliziotti iracheni, gli americani, circa duemila marines, continuano a circondare la città.

IRAQ/ BRITANNICI PUNTANO SU 007 E FORZE SPECIAL (2)

IRAQ: EX OSTAGGI GIAPPONESI, GOVERNO VUOLE PUNIRE NOSTRE FAMIGLIE (3)

IRAQ/ MUSSI: STA MATURANDO UNA POSIZIONE FAVOREVOLE AL RITIRO

AFGHANISTAN: KANDAHAR, UCCISI 2 AFGHANI DI ONG E UN SOLDATO

Uccisi due afgani e un soldato Due operatori umanitari e un soldato sono stati uccisi da sospetti talebani nella provincia di Kandahar (Afghanistan meridionale). Lo hanno riferito oggi fonti ufficiali, spiegando che armati a bordo di automobili hanno aperto il fuoco ieri contro l’edificio dell’autorità distrettuale, uccidendo un militare. Poco dopo hanno attaccato l’immobile a fianco, sede dell’agenzia nazionale afgana ‘Coordinamento per l’assistenza umanitaria’ (Cha), che si occupa di progetti sanitari nelle aree rurali, ammazzando due addetti. Nell’aggressione sono anche rimasti feriti sei soldati e due talebani sono morti. Gli altri assalitori sono riusciti a fuggire verso sud. Si tratta dell’ennesimo agguato compiuto in Afghanistan contro personale umanitario, costantemente preso di mira negli ultimi anni da gruppi di talebani riorganizzatisi dopo la caduta del loro regime a dicembre 2001.

- AFGHANISTAN Prima esecuzione capitale dopo la caduta dei talebani Amnesty International ha annunciato oggi che un condannato a morte e' stato giustiziato nove giorni fa. E' la prima esecuzione capitale in Afghanistan dalla caduta del regime dei talebani. La notizia e' stata confermata oggi da Nader Naderi, membro della Commissione indipendente afghana dei diritti dell'uomo.

Usa: femministe contro Bush e la guerra

Lo scorso 25 Aprile, si è tenuta a Washington una marcia per le donne a cui hanno partecipato numerose organizzazioni femministe. Si è trattato di una delle concentrazioni più numerose nella recente storia degli Stati Uniti, più di un milione di donne, che chiedevano protezione da tutti i tipi di violenza e coercizione basati sul genere o sulla sessualita', nonché il pieno rispetto dei diritti riproduttivi, compresi il diritto all'aborto e la parificazione legale dei matrimoni omosessuali e lesbici, argomenti 'caldi' in negli Usa della propaganda elettorale, viste le inclinazioni sessuofobiche e misognene dell’amministrazione Bush e del suo cowboy Swarzenegher. Oltre un milione di donne, abbiamo detto, e poi interventi dal palco con prestigiose rappresentanti del mondo femminile, cantanti, attrici, scrittrici, donne della politica, in una grande chermesse dai toni a stelle e strisce, unite dal denominatore comune di ostacolare un progetto di legge integralista che pretende scindere la figura del feto dalla madre, con le ovvie conseguenze sulla libertà di scelta delle donne. Ma, se di integralismo si parla, il pensiero non può che andare alle recenti vicende belliche e all'ipocrisia con cui l'aministrazione americana vorrebbe presentarsi come paladina della difesa dei diritti della popolazione irachena. Per fortuna alle femministe radunate nelle strade di Washington questo nesso non è sfuggito, e, se durante la guerra in Afghanistan la lobby femminile statunitense, capeggiata da Hilary Clinton, fece le dovute pressioni perchè si intervenisse in aiuto delle oppresse, oggi, in un clima del tutto diverso, la voce delle donne contro la guerra è stata pressoché univoca. In parte la manifestazione è stata strumentalizzata dal clima politico elettorale, certo, e le dichiarazioni di John Kerry, candidato democratico alla presidenza, a favore dell'aborto, arrivano proprio alla vigilia della manifestazione, neanche a farlo apposta... Ma in molte, soprattutto appartenenti ad organizzazioni femministe di base, hanno espresso preoccupazione per l'andamento della guerra e per la situazione dei diritti delle donne in Iraq, dove l'amministrazione Bush si sta alleando con i leader Iraqeni, compresi i membri del Consiglio Governativo ad Interim nominato da Bush stesso e l'Ayatollah Ali Sistani, i quali non solo credono che le donne debbano essere considerate cittadini di seconda classe, ma hanno come punto di accordo comune proprio l'introduzione della legge islamica nel codice di famiglia.

=Canada : le femministe di Manitoba chiedono una tassa sulla pornografia per contribuire a costituire un fondo per i programmi delle donne=

un gruppo di femministe ha chiesto all'amministrazione di Manitoba di istaurate una tassa sulla pornografia come modo per finanziare i progetti delle donne. "Ogni volta che chiediamo più soldi per i programmi di genere, il governo dice di non avere abbastanza risorse" ha detto Jennifer deGroot della piattaforma delle Nazioni Unite per il comitato di azione. La reazione dei produttori di video porno è stata favorevole, in quanto ciò darebbe loro una migliore immagine.

I diritti sessuali sono diritti umani

21 Aprile 2001 - Si è conclusa la scorsa settimana la 60a sessione della Commissione ONU per i Diritti Umani (UNHCHR), dove il Relatore Speciale Yakin Erturk, prendendo atto delle numerosissime denunce fatte dalle donne di quasi tutti i paesi sulla situazione di violenza in cui sono costrette a vivere, ha messo in guardia la Commissione sui diritti umani contro le allarmanti tendenze di conservatorismo politico che minacciano i risultati ottenuti nel campo dei diritti delle donne, evidenziando in particolare come nei conflitti basati su questioni culturali e religiose spesso la violenza contro le donne è giustificata da entrambe le parti in conflitto. Sulla base di questa dichiarazioni, gli attivisti e alcuni governi hanno raggiunto un'importante vittoria nonostante gli sforzi degli oppositori dei diritti sessuali. Infatti e' stata inclusa nella risoluzione contro la violenza sulla donne la riaffermazione che "...le donne hanno il diritto di controllare e decidere liberamente e responsabilmente sulle materie relative alla loro sessualita', compresa la salute sessuale e riproduttiva, senza coercizioni, discriminazioni e violenze." Durante i negoziati, il testo presentato dalla delegazione Canadese ha dovuto superare diversi ostacoli o opposizioni da parte degli USA che volevano indebolire il linguaggio, specie quello riguardante i diritti sessuali. Infatti la risoluzione e' stata approvata solo dopo che due emendamenti della delegazione USA sono stati respinti. Gli emendamenti miravano ad indebolire il linguaggio sulla salute sessuale e riproduttiva, e a cancellare la richiesta di ratificare lo Statuto di Roma sul Tribunale Penale Internazionale che riconosce la violenza sessuale, compreso lo stupro, come un crimine di guerra o un crimine contro l'umanita'. La questione dei diritti sessuali e' emersa in diverse risoluzioni nella sessione di quest'anno. Paul Hunt, il relatore speciale dell'ONU sul diritto alla salute, nel suo rapporto ha sottolineato che "...la sessualita' e' una caratteristica di tutti gli esseri umani. E' un aspetto fondamentale dell'identita' di ciascuno. Essa aiuta a definire cio' che e' una persona." Tuttavia, l'argomento e' stato alla base di polemiche da parte di un piccolo gruppo di delegazioni (USA, Egitto, Pakistan e Arabia Saudita) che hanno tentato di negare agli individui il pieno godimento dei loro diritti umani sostenendo che il Relatore Speciale aveva oltrepassato i compiti del suo mandato affrontando queste questioni. Gli USA hanno anche tentato invano di rimuovere il riferimento al rapporto del Relatore Speciale dalla risoluzione sul diritto alla salute. La bozza di risoluzione sui diritti umani e l'orientamento sessuale che cerca semplicemente di riaffermare i diritti umani da tempo consolidati nel diritto internazionale, invece e' stata nuovamente rimandata alla sessione del prossimo anno su richiesta del Brasile che la aveva anche presentata. Questo e' stato il risultato dell'opposizione di un gruppo di paesi che hanno persino messo in dubbio che la questione appartenesse all'agenda dei diritti umani. Anche il divieto di compiere esecuzioni extragiudiziarie di lesbiche, gay, bisessuali e transessuali ha trovato l'opposizione da parte di un gruppo di paesi. Nonostante cio', la risoluzione sponsorizzata dalla Svezia sulle esecuzioni extragiudiziarie, sommarie o arbitrarie e' stata adottata con un riferimento all'obbligo degli stati di proteggere le persone dall'uccisione per qualsiasi discriminazione, comprese quelle basate sull'orientamento sessuale.

Questa sono le parole che rimangono scritte sulla carta. Molti Stati, governi, regimi, saranno pronti a sottoscriverle, ma la realtà è sempre molto distante dalla affermazioni di principio. Le prossime notizie sono notizie fresche, e offrono un panorama (limitato) della realtà che le donne vivono in alcuni luoghi del mondo, quelli probabilmente più raggiungibili dai mezzi di comunicazione.

Giordania: il governo imprigiona le donne minacciate con crimini d'onore

Le donne Giordane corrono il rischio di essere maltrattate se parlano con uomini sconosciuti, se sposano qualcuno senza l'approvazione della famiglia, se hanno rapporti sessuali pre-matrimoniali, o hanno una gravidanza fuori dal matrimonio. Secondo la stampa, nel 2004 quattro donne sono gia' state uccise per ragioni legate all'"onore" di famiglia, 17 nel 2003, e 22 nel 2002. Di molti altri casi pero' non si viene a conoscenza. Le autorita' governative spesso mandano le donne minacciate in prigione "per difendere la loro stessa sicurezza". Una volta in carcere, vi rimangono finche' un membro maschio della loro famiglia non dichiari che garantira' la loro incolumita'. Secondo le notizie a disposizione, 40 vittime di crimini legati all'onore sono tenute attualmente in custodia protettiva. E’ quanto emerge da un rapporto uscito in questi giorni del Human Rights Watch. Il rapporto documenta le uccisioni o i tentati omicidi di donne da parte dai membri maschi della famiglia che sostengono di difendere "l'onore" della famiglia e da' i dettagli di alcuni casi in cui le donne minacciate rimangono in carcere per anni tenute in custodia protettiva, sottolineando come, al contrario, chi si macchia di questi crimini riceva solitamente punizioni poco severe. Il codice penale Giordano, infatti, prevede pene minori per crimini commessi in "stato di furia" derivante da un "atto illegale o pericoloso" da parte della vittima. Nella pratica, i tribunali applicano queste previsioni a beneficio degli uomini che reputano violato il loro onore. I giudici spesso accettano l'argomento che la vittima ha macchiato l'onore della famiglia nelle sue azioni, e riducono le pene accogliendo la difesa dello "stato di furia" - anche per crimini premeditati che avvengono settimane o mesi dopo il comportamento "disonorevole". Secondo HRW, la polizia e le corti simpatizzano con gli i criminali e continuamente accettano la scusa dell'agire in stato di furia. Il messaggio del governo Giordano e' inequivocabile: gli uomini sono legittimati ad uccidere le loro parenti donne. HRW ha intervistato donne in un carcere di Amman, l'unico penitenziario per donne del paese. Alcune donne passano anche 10 anni in prigione. Molte dicono di volerci rimanere finche' i membri della loro famiglia che le hanno minacciate non muoiono o lasciano il paese. Il governo ha preso pochi provvedimenti per affrontare il problema. E' stata avanzata la proposta di aprire degli edifici per le vittime della violenza domestica, ma e' ancora poco chiaro se le donne minacciate con crimini di "onore" sarebbero ammesse in queste strutture. HRW ha chiesto al governo Giordano di prevenire, indagare e perseguire fino in fondo i crimini di "onore". Il governo dovrebbe adottare misure urgenti per assicurare che le donne detenute "per la loro sicurezza" possano essere rilasciate e che la loro sicurezza sia tutelata dopo il rilascio. Il governo dovrebbe inoltre indagare e punire in modo appropriato tutti gli individui con posizioni di potere de facto che appoggiano o tollerano i crimini di onore e altre violenze contro le donne, compresi i leader tribali e locali.

Ancora condanne in Nigeria.

In alcuni stati del nord della Nigeria, si applica la legge islamica, la quale, tra le altre cose, prevede la condanna a morte nei casi di adulterio e di omicidio. Ricorderete certamente la campagna internazionale avviata, dal 2001, da Amnesty International per i casi di Safya Hussaini e Amina Lawal, due donne condannate alla lapidazione per adulterio. Sono state fortunate, perché la massiccia raccolta di firme in tutto il mondo (oltre 650.000 firme per ciascuna) ha permesso la loro liberazione. Non si può dire lo stesso, però, per altre donne e uomini condannati alla stessa pena per reati simili. Durante il 2002, i Tribunali Superiori della Nigeria del Nord, condannarono alla lapidazione almeno cinque persone. Alcune di queste esecuzioni non sono state ancora effettuate, anche per l’intervento del Tribunale Supremo nigeriano (una sorte di Cassazione, la quale deve esprimersi in merito alle sentenze), che decise che tali condanne erano contrarie ai codici legislativi nazionali, i quali non adottano la Sharia. Ma in molti casi fu un’operazione di facciata, per apparire agli occhi preoccupati di parte della società civile occidentale, come un paese unito e democratico. In ogni caso, le condanne continuano ad essere emesse. Decine e decine di persone hanno subito il taglio della mano per furto o rapina, o flagellazioni per aver bevuto alcol. La maggior parte delle persone condannate, come Safya o Amina, provengono dagli strati poveri della popolazione, sono analfabeti (in Nigeria il 28.7% di uomini e il 45,8% delle donne sono analfabeti) e non hanno ricevuto nessuna assistenza legale né tanto meno sono stati giudicati con un regolare processo. In alcuni casi, come per l’adulterio, è sufficiente che un solo testimone denunci il fatto per far scattare la condanna. Il caso di Safya fu esemplare: la donna fu violentata, ma la sua denuncia non fu nemmeno presa in considerazione, perché un testimone affermò semplicemente che si trattava di adulterio dal momento che il violentatore era un uomo sposato. Questo avviene nel Nord della Nigeria, dove vige un’interpretazione della Sharia particolarmente crudele e restrittiva, ma avviene con il beneplacito dello stato nigeriano, il quale raramente entra nel merito di queste applicazioni fuori legge nel Sud, se non quando spinto da pressioni esterne e internazionali. E’ per questo che Amnesty continua la sua campagna contro le lapidazioni nel nord della Nigeria. L’ultimo caso risale al 21 aprile scorso: Fatima Usman e Ahmadu Ibrahim sono stati condannati per aver avuto rapporti sessuali fuori dal matrimonio. L’esecuzione dovrà essere confermata il prossimo 6 maggio. Ricordiamo che anche in questo caso è possibile firmare la petizione contro la condanna, andando sul sito: http://www.amnistiapornigeria.org

Messico: presentato alla stampa il nuovo documento redatto dal Coordinamento delle Donne Indigene

Il Coordinamento Nazionale delle Donne Indigene del Messico ha annunciato che denuncerà davanti all’Onu, la grave situazione in cui sono costrette a sopravvivere le donne indigene e la mancanza di aiuti e assistenza sanitaria come piano deliberato di sterminio del governo messicano nei confronti delle popolazioni indigene. In una conferenza stampa, alcune rappresentanti del Coordinamento, hanno annunciato che saranno presenti alla Terza Sessione del Foro permanente sulle questioni indigene dell’Onu, prevista a New York per il mese di maggio. Con loro porteranno un documento sulla grave situazione che le pone ai limiti della sopravvivenza. Oltre ai riferimenti al pessimo stato di salute (quella riproduttiva in particolare), le indigene denunciano i pericoli relativi alla militarizzazione crescente. In particolare, le indigene dello stato di Guerrero hanno denunciato le recenti violazioni commesse dai militari e paramilitari nelle loro comunità. Nel documento presentato alla stampa, si protesta anche contro la riforma costituzionale in materia indigena approvata nel 2001, che non affronta il tema dei territori e della loro autonomia, togliendo alle popolazioni indigene qualsiasi possibilità di amministrare i luoghi dove vivono. Si fa inoltre riferimento ai temi dei brevetti, della proprietà intellettuale, dell’uso della tecnologia, e si auspica l’attuazione di provvedimenti che garantiscano le differenze etniche e culturali e il rispetto dei diritti, con particolare attenzione all’educazione bilingue, all’educazione di genere, a quella economica e politica, per favorire un dialogo e una maggiore partecipazione, nonché l’accesso all’informazione, ai finanziamenti, alla proprietà della terra. Una menzione speciale riguarda poi la protezione delle bambine indigene, esposte ai rischi di morte più vari, dalle malattie alle violenze militari. “Convertire le spese militari in spese per una vita degna”, si potrebbe sintetizzare così il senso del documento prodotto dal Coordinamento delle donne indigene. Un suggerimento intriso di saggezza popolare a cui i governi non hanno mai attinto, preferendo restare attaccati agli interessi di potere e di morte che ben conosciamo.

Guatemala: Asesinatos de mujeres están a la orden del día

Torniamo a parlare anche questa settimana degli omicidi di genere in Guatemala. La polizia del Guatemala ha annunciato, infatti, che dall’inizio dell’anno al 20 aprile 141 donne sono state assassinate, dato che farebbe emergere il Guatemala come uno dei paesi con il più alto numero di omicidi di genere nell’emisfero occidentale. Secondo una stima, dal 2001 al 2003 sono state uccise 978 donne tra i 12 e i 64 anni. Queste morti hanno come denominatore comune la tortura prima dell’uccisione. Secondo quanto riferito dalle forze di polizia, queste morti sarebbero procurate per la maggior parte dalle bande giovanili, ma non dello stesso avviso sono le organizzazioni per i diritti umani, in particolare quelle incentrate sulle questioni di genere. Secondo quanto affermano le organizzazioni, le donne uccise negli ultimi tre anni sarebbero oltre 1100, mentre i casi di violenza interfamigliare sarebbero almeno 20000. Questo quadro è allarmante, ed è chiaro che le due cifre debbano essere accostate, perché forniscono un dato complessivo della drammatica situazione della violenza contro le donne, di cui questi terribili omicidi rappresentano “soltanto” la punta di un iceberg. Solo nel 2003 ci furono 5029 denuncie di violenza interfamigliare su donne e bambine, il 60% di tutte le violenze subite dalle donne (oltre 9000 casi) sarebbero dunque state commesse in famiglia. Solo negli ultimi mesi, però, gli omicidi di genere sarebbero arrivati alla ribalta delle cronache, a causa dell’alto numero di uccisioni ravvicinate (sette di queste solo nell’ultima settimana, di cui tre domenica). E’ una situazione che ha subito fatto pensare ad un altro “fenomeno” di eguale portata, quello dei crimini a Ciudad Juarez, tanto che la stampa guatemalteca, in questi giorni, si chiede se Città del Guatemala (dove avvengono la maggior parte di queste uccisioni) non sia una nuova Ciudad Juarez. In quel caso si parla di serial killer, qui di bande giovanili, il risultato, però rimane lo stesso: occultare le vere ragioni per cui si uccidono le donne e deresponsabilizzare gli organi governativi. Anche qui, come nel caso di Chihuahua, sono le organizzazioni di donne a denunciare la connivenza delle forze di polizia con gli assalitori, e il mancato impegno del governo a fare chiarezza. Lo Stato non avrebbe avviato nessuna indagine seria, mostrandosi pressoché indifferente alla situazione e, secondo le organizzazioni di famigliari delle vittime, in almeno dieci casi dell’anno scorso sarebbero coinvolti militari, anche se le istituzioni non vogliono ammetterlo. Le donne vengono stuprate, torturate e uccise, e i loro cadaveri vengono trovati ormai con una media di uno al giorno. Nonostante la gravità della situazione e i richiami quotidiani delle organizzazioni di donne perché lo Stato assuma le proprie responsabilità, niente ancora è stato fatto dalle autorità se non cercare di occultare i crimini o screditare le vittime. Ma le donne sanno bene come la violenza contro di loro sia una violenza derivante prima di tutto dal potere, dal sistema di potere che tiene insieme la società, e che si fonda, appunto, sulla coercizione, sulla misoginia, sulle ingiustizie e sulla repressione. La violenza, in Guatemala, è il risultato di 36 anni di conflitto armato, i cui effetti devastanti vanno ben oltre lo stato di povertà in cui la guerra ha lasciato il paese. Il processo che ebbe fine con gli Accodi di Pace, lasciò spazi di partecipazione sociale e proposte politiche che rimasero sulla carta, e, di contro, il ritorno alle politiche di “sicurezza nazionale” (tradotte in repressione e delitti di lesa umanità) hanno chiuso alle donne e ai movimenti sociali ogni possibilità di riscatto e partecipazione politica. Nel 2000 sono tornate di moda pratiche di sequestro e minacce di morte contro le attiviste e gli attivisti sociali, siano essi sindacalisti, politici o professori universitari. Numerose sedi delle donne sono state prese d’assalto da gruppi di uomini armati, come avveniva al tempo della dittatura. Allo stesso tempo si sono registrati omicidi contro prostitute, bambine, donne lavoratrici, in una spirale di violenza che va piano piano strutturandosi e stabilizzandosi.

gror 13.00/09.30 non se po fà un turno da soli è un caos

BISOGNA CREARE NUOVI SPAZI DI DIALOGO (2)

Mantovano ha definito "una operazione di alleggerimento" quella operata ieri a Melfi dalle forze dell'ordine e ha aggiunto che le "unita' di polizia pongono sempre in essere in queste circostanze i tentativi di convincere i dimostranti a recedere dalla protesta e evitare azioni di forza". Ma la decisione di agire - ha proseguito Mantovano - "e' giunta a causa della dura resistenza dei manifestanti e dopo lunghe e infruttuose trattative". Il sottosegretario agli Interni ha detto che il ministro Pisanu "ha seguito personalmente la vicenda" e "si e' opposto alla pretesa di far entrare i lavoratori tra due ali di scioperanti, perche' cio' e' inammissibile per il suo contenuto intimidatorio nei confronti di chi coloro che scelgono di lavorare e per il pericolo posto all'ordine pubblico".

FIAT: MANTOVANO, ANCORA RIMOZIONI POSTI BLOCCO SE NECESSARIO

Il ministro Pisanu si e' opposto e continuera' ad opporsi alla pretesa di far accedere i lavoratori agli stabilimenti passando attraverso due ali di scioperanti. E' una pretesa inammissibile per il suo contenuto oggettivamente intimidatorio nei confronti dei lavoratori che scelgono di svolgere l'attivita' lavorativa e per il pericolo per l'ordine pubblico insito nella realizzazione di una ipotesi del genere. Lo ha detto nel suo intervento nell'Aula di Montecitorio, il sottosegretario agli Interni, Alfredo Mantovano, che oggi e' venuto a riferire in Aula sulla rimozione dei posti di blocco messa in atto ieri dalle forze dell'ordine a Melfi, dove da giorni e' in corso il fermo dell'attivta' lavorativa negli stabilimenti Fiat in segno di protesta per le condizioni di lavoro. Solo dopo lunghe e infruttuose trattative -ha precisato Mantovano- la polizia ha deciso di rimuovere il posto di blocco resistendo alle provocazioni dei manifestanti ed evitando ulteriori gravi complicazioni. Tale operazione sara' ripetuta ogni qual volta si rendera' necessaria

FIAT MELFI: LA PROTESTA CONTINUA DOPO UNA NOTTE TRANQUILLA = (AGI)- Melfi (Potenza), 27 apr.-

FIAT: TORINO, OPERAI IN PIAZZA PER SCIOPERO DI DUE ORE

Circa 300 lavoratori della Fiat hanno incominciato a uscire dai cancelli dello stabilimento di Mirafiori per aderire alle due ore di sciopero, dalle 9 alle 11, proclamate dalla Fiom a sostegno degli operai in lotta a Melfi. Una parte dei manifestanti sta raggiungendo la porta 5, dove si svolgera' la manifestazione vera e propria, bloccando la circolazione in una parte di corso Agnelli dove la polizia municipale ha deviato il traffico.

FIAT: MELFI- EPIFANI, NO AL MURO CONTRO MURO = ASPETTO UNA MOSSA DELL'AZIENDA Roma, 27 apr.

Il governo convochi le parti e assuma un ruolo di mediazione, oppure la Fiat si renda disponibile ad un confronto vero e abbandoni la strategia della divisione dei sindacati e di una gestione paternalistica e unilaterale della fabbrica. Lo afferma a La Repubblica il leader della Cgil, Guglielmo Epifani, all'indomani del blocco della Fiat di Melfi. Io, per quanto mi riguarda, -continua Epifani- lavorero' per impedire che si vada avanti con questo muro contro muro. La situazione e' particolarmente pesante. Ogni giorno che passa -aggiunge Epifani- e' sempre piu' difficile immaginare forme di lotta alternative. E necessario -sottolinea- che si determini qualche fatto nuovo, che consenta l'apertura di una trattativa vera. FIAT: CEDE IN BORSA (-0,78%) SOTTO 6 EURO, OCCHI SU MELFI

E' ancora negativa Fiat a Piazza Affari dopo lo scivolone di ieri. Mentre tutta l'attenzione e' puntata sulle trattative per portare la vicenda Melfi fuori dall'impasse il titolo e' sceso sotto i 6 euro. In avvio di seduta i titoli del Lingotto mostrano infatti un calo dello 0,78% a 5,96 euro.(

FIAT: MELFI- SACCONI, IL NEGOZIATO PARTA SUBITO = DIALOGO SOLO CON CHI DICE NO ALL'ILLEGALITA'

Io mi sono limitato a chiedere il rispetto della legalita' e che fossero garantiti tanto la libera circolazione di chi intendeva lavorare quanto il diritto del'azienda a non interrompere la produzione. Lo afferma al Quotidiano Nazionale il Sottosegretario al lavoro, Maurizio Sacconi, intervendo sulla crisi della Fiat di Melfi. E riguardo l'accusa di aver sollecitato la polizia a caricare i manifestanti, Sacconi risponde: Questo dimostra l'incultura della legalita' che caratterizza la gran parte della sinistra. La vicenda di Melfi e' emblematica. Sacconi quindi ricorda che l'attuale contratto in vigore negli stabilimenti di Melfi e' un regime sottoscritto da tutte le organizzazioni sindacali. Se qualcuno ha intenzione di rivederlo bene, ma -aggiunge- il metodo del blocco della produzione e' inaccettabile. Spero -prosegue- si apra quanto prima il negoziato con i sindacati che si sono dichiarati disponibili, e mi auguro che ad essi se ne aggiungano altri

IRAQ/ BARZANI: "QUELLO USA E' UN ESERCITO D'OCCUPAZIONE" ZCZC0029/APC 20040427_00029 4 pos gn00 IRAQ/ BARZANI: "QUELLO USA E' UN ESERCITO D'OCCUPAZIONE" Intervista Ap all'attuale presidente del consiglio di governo Baghdad, 27 apr. (Ap) - L'attuale presidente del consiglio di governo iracheno (Cig), Massoud Barzani, ha dichiarato ieri in un'intervista esclusiva concessa all'Associated Press che gli Stati Uniti devono accusare soltanto se' stessi per l'impasse politica a Najaf e a Fallujah, perche' hanno consentito alle truppe di cambiare da "esercito di liberazione" a "esercito d'occupazione". "Il fatto che non deve essere dimenticato è che l'Iraq è oggi sotto occupazione" ha dichiarato Barzani, capo del partito democratico curdo. "L'Iraq non ha oggi la sovranità o l'indipendenza" ha sottolineato. Alla caduta del rais, "un governo provvisorio avrebbe potuto essere immediatamente instaurato.. La sovranità sarebbe stata nelle mani degli iracheni e gli iracheni sarebbero stati in primo piano di fronte agli affari" ha proseguito Barzani. Massoud Barzani ha inoltre rilevato che gli Stati Uniti sono ormai davanti a un dilemma: da un lato, non devono essere troppo deboli nelle città assediate per non dare agli insorti "l'impresisone che stanno prevalendo"; dall'altro canto, devono assicurarsi che i civili non siano messi in pericolo nel caso di uso della forza militare. Gli Stati Uniti devono fare "una chiara distinzione tra i civili e gli elemnti terroristi" ha avvertito Barzani.

Iraq: il piano Brahimi al Consiglio di sicurezza

L'inviato speciale delle Nazioni Unite, Lakhdar Brahimi, presentera' oggi al Consiglio di sicurezza il piano per il trasferimento dei poteri agli iracheni. Brahimi ha elaborato la sua proposta nel corso di complesse trattative con alcune personalita' locali e in colloqui con vari esponenti dei governi della coalizione. Il piano prevede che venga sciolto il Consiglio di governo provvisorio e che l'Onu, d'intesa con le forze della coalizione, si impegni a nominare un nuovo organismo di transizione formato da tecnici. Contemporaneamente, secondo il progetto, verra' istituita un'assemblea consultiva che rappresenti tutte le etnie e i partiti politici del Paese, e che sia in grado di affiancare l'esecutivo sia nella preparazione delle elezioni di gennaio 2005, sia nella redazione della nuova Carta costituzionale. Si tratta di un pacchetto di proposte che, ha precisato Brahimi, hanno valore soprattutto come strumento operativo per la discussione che si terra' in seno al Consiglio di sicurezza.

L'ambasciatore tedesco presso l'Onu, Gunter Pleuger, si e' detto perplesso perche' "ancora non sono chiari i criteri di selezione del nuovo esecutivo e le modalita' di preparazione dello scrutinio elettorale". Gli Stati Uniti hanno sottolineato i limiti del governo provvisorio, cui non viene attribuita potesta' legislativa e capacita' decisionale sui probelmi della sicurezza. Prime reazioni anche dai membri non permanenti del Consiglio. L'ambasciatore algerino Abdala' Baali, pur dichiarando di volere "al piu' presto il passagio di potere agli iracheni", ha detto che attende di conoscere ulteriori dettagli della proposta prima di dare il via ai negoziati. Il rappresentante cileno Heraldo Muñoz infine, si e' soffermato sulla necessita' che il piano sia condiviso da tutti i soggetti dello scenario politico iracheno.

IRAQ: SI COMBATTE A NAJAF, SPAGNOLI COMPLETANO RITIRO

Almeno 43 miliziani fedeli al leader radicale sciita Moqtada Sadr sono rimasti uccisi stamani in violenti combattimenti presso Kufa, alle porte della citta' santa sciita di Najaf in cui Sadr e' arroccato, dove gli americani hanno impiegato anche elicotteri da combattimento e un'aereo cannoniera 'AC-130'. Le forze armate Usa affermano di aver distrutto una postazione antiaerea. Testimoni riferiscono che sono stati colpiti e pesantemente danneggiati diversi edifici e distrutti alcuni veicoli. La citta' santa e' ancora in mano alla Milizia del Mehdi del giovane Sadr, che nelle scorse settimane ha cercato di avviare trattative indirette con le forze della coalizione ma che gli americani hanno dichiarato di ricercare 'vivo o morto'. Intanto le truppe spagnole si sono ritirate dalla loro base di Najaf prima di essere rimpatriate, cosi' come aveva preannunciato il premier spagnolo Jose' Luis Zapatero. Man mano che sono defluiti gli spagnoli, truppe americane hanno preso il loro posto. La tensione e' alta anche a Falluja, la citta' del 'triangolo sunnita' in mano agli insorti, completamente circondata da oltre 2.000 marines americani 'pronti a intervenire', ma dove vige ancora una tregua, sancita da un accordo di pace fra le forze della coalizione e le autorita' cittadine raggiunto la settimana scorsa dopo due settimane di feroci combattimenti. In base a tale accordo da oggi poliziotti iracheni e marines Usa avrebbero dovuto cominciare a fare pattugliamenti congiunti nelle strade per vigilare sull'osservanza dei patti, che prevedevano, fra l'altro, la consegna di tutte le armi pesanti da parte degli insorti. In serata il segretario di Stato Usa, Colin Powell, aveva detto a questo proposito: Stiamo cercando di lavorare con i leader tribali e locali per organizzare pattuglie congiunte tra la coalizione e il personale iracheno, che dovrebbero operare l'una accanto all'altro, e vedere se questo dia fiducia ai cittadini di Falluja. Ma stamani i marines in citta' non si sono visti e in strada sono scesi solo centinaia di poliziotti iracheni. Abbiamo incrementato il numero di poliziotti da oggi perche' da oggi entra in vigore l'accordo, ha spiegato il col. Sabbar al-Janabi, comandante locale di polizia, aggiungendo di voler parlare con i militari Usa per capire se oggi andremo in pattugliamento congiunto con i marines. A Nassiriya dove si trova il contingente italiano, infine, i carabinieri del Gis hanno compiuto un blitz in un'abitazione nel centro della citta'. All'interno sono state trovate armi e munizioni, ma soprattutto documenti considerati di grande interesse investigativo, nell'ambito delle indagini sugli ultimi attacchi subiti dal contingente italiano e dalla sede della Cpa, l'Autorita' provvisoria della coalizioneIRAQ: FALLUJA; POLIZIOTTI IRACHENI INIZIANO PATTUGLIA STRADE (V. ANCHE 'IRAQ: FALLUJA; POWELL, ATTESA...' DELLE 0.29) (ANSA-REUTERS) - FALLUJA (IRAQ), 27 APR -

Centinaia di poliziotti iracheni hanno iniziato a pattugliare le strade della citta' ribelle sunnita di Falluja, che e' circondata dai marines pronti a intervenire e dove un accordo della settimana scorsa fra l'amministrazione a guida Usa e le autorita' cittadine prevede la consegna delle armi pesanti da parte degli insorti. L'accordo prevede anche pattuglie congiunte fra marines e poliziotti iracheni a partire da oggi, ma il capo locale della polizia, interpellato dalla Reuters, ha detto di non aver ancora avuto notizie dagli americani. Abbiamo incrementato il numero di poliziotti da oggi perche' da oggi entra in vigore l'accordo, ha spiegato il col. Sabbar al-Janabi, comandante locale di polizia, aggiungendo di voler parlare con i militari Usa per capire se oggi andremo in pattugliamento congiunto con i marines. Intanto nelle prime ore della giornata si sono svolti nuovi combattimenti appena fuori da Falluja, sulla strada che immette alla citta' da nord, dove sono stati usati elicotteri da combattimento e dove sono stati uditi anche colpi di artiglieria. Non si per ora ha notizia di vittime. Ieri, invece, in scontri armati nella citta' - 50 km a ovest di Baghdad, nel cuore del cosiddetto 'triangolo sunnita' - erano morti otto guerriglieri iracheni e un militare Usa.

IRAQ: FALLUJA; POWELL, ATTESA RISULTATI PATTUGLIE CONGIUNTE (ANSA) - WASHINGTON, 27 APR -

Gli Stati Uniti aspetteranno per vedere se le pattuglie congiunte tra le truppe della coalizione e il personale iracheno possano dare risultati a Falluja prima di decidere su un'eventuale azione militare. Lo ha detto il segretario di stato Colin Powell. Stiamo cercando di lavorare con i leader tribali e locali per organizzare pattuglie congiunte tra la coalizione e il personale iracheno, che dovrebbero operare l'una accanto all'altro, e vedere se questo dia fiducia ai cittadini di Falluja, ha detto Powell al termine di un incontro con il premier georgiano Zurab Zhvania. In un'intervista con l'agenzia Reuters, Powell ha detto che gli Usa prenderanno un po' tempo per esaminare l'impatto sulla situazione delle pattuglie miste prima di decidere su un'azione militare. Nella stessa intervista, il segretario di stato ha ribadito che il governo provvisorio iracheno che assumera' il potere a Baghdad il 1 luglio dovra' lasciare una parte della sovranita' alle forze militari della coalizione. Al termine di un colloquio con il collega danese Per Stig Moeller, Powell ha riferito di aver parlato con l'ospite della risoluzione che gli Usa vorrebbero vedere adottata dall'Onu prima della scadenza del 30 giugno. La risoluzione dovrebbe ampliare le forze di peacekeeping ed assicurare che il futuro governo ad interim approvi la loro presenza. Moeller ha ribadito che il suo Paese non restera' in Iraq se non sara' invitato a farlo.

M.O.: 2 PALESTINESI UCCISI DURANTE RAID ISRAELIANO A TULKAREM

Due miliziani palestinesi della Brigate dei martiri di al Aqsa sono stati uccisi e un terzo gravemente ferito durante un raid delle forze israeliane a Tulkarem. Lo hanno riferito fonti della sicurezza dell'Anp, secondo cui una colonna di una ventina di mezzi corazzati ha fatto irruzione nella citta' cisgiordana alle prime luci del giorno. Le due vittime si chiamavano Amzet Datem, 25 anni e Amzet Amara, 21 anni.

M.O./ ISRAELE, PROTESTA ALL'ONU CONTRO DICHIARAZIONI BRAHIMI ZCZC0005/APC 20040427_00005 4 pos gn00 M.O./ ISRAELE, PROTESTA ALL'ONU CONTRO DICHIARAZIONI BRAHIMI

Siamo desolati che il nostro presidente sia un idiota, non abbiamo votato per lui. E' quanto si legge sulle etichette interne di una borsa prodotta da un imprenditore americano, Tom Bihn, e che ha suscitato l'ira dei supporter di George W. Bush, il presidente in questione. Il 'microscopico affronto', scritto in francese, ha attirato l'attenzione dei media americani e delle centinaia di migliaia di internauti dopo che un cliente di Seattle ha fotografato e messo in rete il discreto insulto. Inutile dire che le vendite sono raddoppiate, tanto da spingere l'originale businessman statunitense a lanciare sul mercato una linea di T-shirt con la stessa iscrizione, rigorosamente in lingua francese. Il ricavato delle vendite sara' devoluto all'associazione di ex combattenti di Seattle

ESERCITO: ELICOTTERI A BASSA QUOTA SUI CIELI DI ROMA

IL GIORNO DEI FATTI: 28 APR 1945 - MORTE DI MUSSOLINI

Catturato dai partigiani vicino Dongo mentre tenta di fuggire su un camion travestito da militare tedesco, viene fucilato Benito Mussolini. Con lui cadono l'amante Claretta Petacci e un gruppo di gerarchi repubblichini. Si conclude cosi' tragicamente l'esperienza del fascismo iniziata nel 1922.

gror040427 (last edited 2008-06-26 10:01:25 by anonymous)