gr 19.30

TERNI Dopo lo scioperodi ieri nuove mobilitazioni: audio.

M.O.: SALITE A 6 LE VITTIME ISRAELIANE DELL'ATTENTATO A KARNI

L'attentato, il primo grave attacco dopo l'elezione di Abu Mazen alla guida dell'Autorità nazionale Palestinese, è stato rivendicato dalle Brigate Ezzedin al Qassam (braccio armato di Hamas), le Brigate dei martiri di Al Aqsa (legate a fatah) e le Brigate Salaheddin (braccio armato dei Comitati di Resistenza popolare, che riuniscono doversi gruppi militanti nella Striscia di Gaza). L'attacco è iniziato ieri sera con lo scoppio di un potente ordigno -almeno 120 chili di esplosivo secondo gli esperti- che ha distrutto la porta di separazione fra il lato israeliano e quello palestinese del valico. Tre palestinesi armati, con indosso cinture esplosive, sono penetrati nel varco e hanno aperto il fuoco sugli israeliani al lavoro nel terminal delle merci. Sono intervenuti i soldati che hanno ucciso i tre aggressori. In un primo tempo si riteneva che i morti israeliani fossero cinque, ma poi è stato rinvenuto un sesto corpo. lo Stato ebraico reagisce con fermezza e annuncia tempi duri per le organizzazioni radcali palestinesi. Israele - ha precisato il ministro per i Trasporti Meir Shtreet - non ha intenzione di tollerare nuovi attacchi delle organizzazioni militanti palestinesi. Questa mattina il ministro della Difesa Shaul Mofaz ha annunciato la chiusura fino a nuovo ordine, dei valichi di Erez, Karni e Rafah, che collegano la Striscia di Gaza con Israele e l'Egitto. E' morto in un ospedale di Londra Sud, Rom Hurndall, 22 anni, il pacifista britannico in coma dall'aprile scorso quando venne ferito dal fuoco dell'esercito israeliano presso un campo profughi palestinese. Lo rende noto la Bbc. Un soldato israeliano è sotto inchiesta militare dalla fine dell'anno per il ferimento del pacifista e per altri crimini. La famiglia di Hurndall, dopo la morte di Tom, ora ha chiesto che il soldato venga incrinato anche per "omicidio". La famiglia del giovane pacifista ucciso ha anche chiesto che sulla vicenda sia aperta una inchiesta indipendente.

IRAQ

Middadiyah (Iraq), 14 gen. - Otto braccianti iracheni che viaggiavano a bordo di un furgone hanno perso la vita stamane a Middadiyah, un piccolo centro dell'Iraq settentrionale, in uno scontro frontale con un carro armato Abrams delle forze Usa. Altri tre sono rimasti feriti. "Il carro armato Usa ha colpito il furgone sulla strada principale... il tank marciava a centro strada per evitare possibili esplosioni di ordigni. Il furgone e' andato in larga parte distrutto", ha raccontato un testimone. Secondo la versione di un portavoce militare statunitense il furgone si e' scontrato con il carro armato mentre sorpassava un veicolo piu' lento. - Un militare statunitense, il sergente Cardenas Alban, e' stato condannato ad un anno di carcere, privato del grado e radiato per cattiva condotta per aver ucciso un giovanissimo iracheno gia' gravemente ferito. Il processo si e' svolto davanti ad una corte marziale allestita a Baghdad nella base della prima divisione di cavalleria a Camp Liberty, a Baghdad. L'episodio, avvenuto nel corso della rivolta sciita nel quartiere di Sadr City della capitale irachena, risale all'anno scorso e un altro militare statunitense, il sergente Johnny Horne, era gia' stato processato e condannato a tre anni di carcere, degradato e radiato con disonore per lo stesso episodio. Incriminato per gli stessi reati, omicidio premeditato e cospirazione a fini delittuoso, un terzo militare, il tenente Erick Anderson, in attesa di processo davanti alla corte marziale. Il 18 agosto 2004, i tre erano di pattuglia a Sadr City quando videro un gruppo di iracheni in un camion per la spazzatura: ritenendo che stessero mettendo una mina sulla strada aprirono il fuoco, provocando diverse vittime. Alban e Horne poi finirono uno degli iracheni, gravemente ferito per i colpi sparati in precedenza per "risparmiargli ulteriori sofferenze". L'Olanda ha confermato oggi di voler ritirare a meta' marzo i suoi 1.350 militari dislocati nel sud dell'Iraq sotto comando britannico. La conferma e' venuta all'Aja dal ministro degli esteri Bernard Bot che aveva piu' volte preannunciato il ritiro a scanso di eventi imprevedibili che per ora, a suo dire, non sono in vista. Bot ha pero' ammesso che vi sono due partiti della maggioranza di centro-destra che stanno premendo sull'esecutivo per lasciare il contingente in Iraq. La missione olandese doveva scadere gia' nel giugno scorso ed era stata rinnovata per soli otto mesi dal Parlamento nonostante gli Usa, in particolare a novembre, avessero auspicato una nuova proroga.

ITALIA-IRAQ

L'Italia pone un'altra importante bandiera nel processo di ricostruzione e normalizzazione della vita in Iraq. I governi dei due Paesi hanno appena siglato un nuovo accordo che riconosce all'Italia il ruolo di partner privilegiato nel vasto e complesso processo di modernizzazione tecnologica dello Stato, ossia l'e-Government. Lucio Stanca, ministro per l'Innovazione e le Tecnologie, e Rashad Mandan Omar, ministro per la Scienza e la Tecnologia, al termine della visita a Roma di una delegazione governativa (ne facevano parte anche i direttori generali dei ministeri della Pianificazione e delle Comunicazioni) hanno firmato un memorandum d'intesa con cui il Ministro per l'Innovazione e le Tecnologie con l'attivo supporto del Ministero degli Affari Esteri già nelle prossime settimane avvierà la seconda parte di un progetto per dotare il Governo di Baghdad di una moderna infrastruttura digitale.

Per quanto riguarda la prima fase, il ministro Stanca ha reso noto che “in questi giorni il team di Innovazione Italia Spa (società di Sviluppo Italia) su incarico del Ministero degli Affari Esteri sta già completando l'installazione degli apparati telematici che daranno vita ad una vera e propria ‘rete di governo'. Essa già dalle prossime settimane consentirà il collegamento tra 13 ministeri, ma entro la primavera saranno connessi una trentina tra ministeri ed enti pubblici.

25 ACCUSE DI GENOCIDIO PER MASSACRO DI TLATELOLCO

Tempo due mesi e ci saranno 25 nomi di persone accusate di genocidio per il massacro avvenuto il 2 ottobre 1968 in piazza Tlatelolco a Citta' del Messico. Lo ha assicurato Ignacio Carrillo Prieto, il procuratore speciale che sta conducendo l'inchiesta su quell'episodio sanguinoso della 'guerra sporca'. Chiamata cosi' dai messicani, la 'guerra sporca' e' stata condotta contro gli oppositori del governo tra gli anni '60 e '70: in quegli anni, secondo la commissione nazionale per i diritti umani, sono scomparsi almeno 275 attivisti. In particolare, nei disordini di piazza Tlatelolco, scoppiati proprio alla vigilia dei Giochi Olimpici di Citta' del Messico, secondo il governo morirono 30 persone, mentre per i difensori dei diritti umani i manifestanti uccisi furono molti di piu'. In quello che e' considerato il 'massacro' simbolo degli abusi del governo autoritario messicano, potrebbe essere coinvolto anche l'ex presidente Luis Echeverria (1970-1976), prossimo a compiere 83 anni questo mese e all'epoca ministro dell'Interno.

CARACAS RICHIAMA AMBASCIATORE IN COLOMBIA

Sale la tensione tra Venezuela e Colombia, dopo la cattura di Rodrigo Granda, considerato il ‘ministro degli Esteri’ delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), avvenuta a Caracas il 13 dicembre scorso: il governo di Caracas ha ordinato l’arresto di otto militari della Guardia nazionale e richiamato per consultazioni il suo ambasciatore a Bogotá, Carlos Santiago Ramirez, dopo l’ammissione del ministro della Difesa colombiano, Jorge Uribe, di aver pagato una somma di denaro, non meglio precisata, per l’arresto di Granda. “Quello che è accaduto in Venezuela è un vero e proprio sequestro, organizzato già da tempo dai nostri vicini con la partecipazione di funzionari colombiani” ha detto il vice-presidente José Vicente Rangel, aggiungendo: “Si è trattato di una violazione della nostra sovranità nazionale da parte di agenti della forze dell’ordine colombiani, a cui hanno partecipato anche esponenti della forza pubblica venezuelana”. Inizialmente, la polizia colombiana aveva riferito che la cattura di Granda era avvenuta a Cúcuta, capitale del dipartimento colombiano di Norte de Santander: il presidente venezuelano Hugo Chávez aveva smentito la notizia, precisando invece che l’arresto aveva avuto luogo a Caracas e ingaggiando un acceso ‘botta-e-risposta’ con le autorità colombiane. Il ministro Uribe era stato costretto a rettificare, dichiarando che Granda in effetti era stato fermato in territorio venezuelano e di seguito trasferito a Cúcuta, in cambio del pagamento di una ‘ricompensa’ ad agenti della sicurezza venezuelani.

BOLIVIA CONCLUSE PROTESTE SOCIALI, SINDACATI CHIEDONO DIMISSIONI DEL PRESDENTE

Si è concluso con la richiesta delle dimissioni del capo dello Stato Carlos Mesa lo sciopero di 48 ore convocato dai principali sindacati regionali a Santa Cruz, considerata il ‘motore economico’ della Bolivia: il ‘comitato civico’, sceso in piazza per protestare contro il recente aumento del prezzo del combustibile tra il 10 e il 23%, ha rilanciato la battaglia per ottenere l’autonomia, sostenendo che “Mesa è inadatto a governare”. Di fronte al rifiuto del presidente di tornare sui propri passi, i promotori dello sciopero hanno minacciato nuove agitazioni nei prossimi giorni. L’altro fronte della protesta, concentrato a El Alto, sull’altopiano della capitale, ha ottenuto invece dal governo l’impegno a rivedere il contratto siglato nel 1997 con l’impresa ‘Aguas del Illimani’, filiale della multinazionale francese ‘Suez Lyonnaise des Eaux’, accusata di essere incorsa in gravi disservizi e aver incrementato arbitrariamente le tariffe per l’erogazione dell’acqua potabile, a cui attualmente non hanno accesso oltre 40.000 famiglie della zona. La decisione non è bastata a convincere i ‘campesinos’ dell’altopiano, guidati da Felipe Quispe, pronti a marciare su La Paz da lunedì prossimo contro la politica economica del governo. Secondo il massimo dirigente dell’opposizione e capo dei ‘cocaleros’ (produttori di coca) del Chapare, Evo Morales, se Mesa non revocherà gli aumenti di benzina e gasolio “sarà necessario andare subito a nuove elezioni”.

INIZIA IN SPAGNA STORICO PROCESSO CONTRO EX-GERARCA DEL REGIME SCILINGO

La magistratura spagnola aprirà questa mattina una pagina inedita nella sua storia giudiziaria quando l’ex-tenente della Marina argentina Adolfo Scilingo, 58 anni, siederà sul banco degli imputati per rispondere di gravi violazioni dei diritti umani durante l’ultima dittatura (1976-’83): si tratta del primo ex-gerarca argentino processato in un Paese straniero, grazie a una storica sentenza emessa dalla ‘Corte Nacional’ spagnola nel 1998 che, sancendo il principio di ‘giustizia universale’ per i crimini di lesa umanità, stabilì la competenza della magistratura spagnola, anche in caso di reati consumati al di fuori del territorio nazionale. L’avvocato dell’accusa Carlos Slepoy, intellettuale argentino detenuto negli anni del regime, chiederà 6.626 anni di carcere per Scilingo, "una pena esemplare – ha precisato – dal momento che il codice penale spagnolo non prevede detenzioni superiori ai 30 anni". Si stima che le udienze saranno oltre una ventina, dato l’elevato numero di testimoni chiamati a deporre, oltre 150, tra cui anche il Premio Nobel per la Pace argentino, Adolfo Pérez Esquivel. Giunto in Spagna nel 1995, Scilingo si auto-incriminò pubblicamente, ammettendo di aver gettato nell’Oceano almeno una trentina di ‘desaparecidos’ durante i cosiddetti ‘voli della morte’. "Erano narcotizzati. Li spogliammo e quando il comandante diede l’ordine aprimmo i portelloni e li lanciammo uno per uno" disse all’epoca l’ex-tenente al giornalista argentino Horacio Verbitsky, che ripropose la sua testimonianza nel libro ‘El Vuelo’. ARGENTINA GOVERNO “VOLTA PAGINA” EMETTENDO NUOVE OBBLIGAZIONI Da oggi sarà possibile acquistare le nuove obbligazioni emesse dal governo di Buenos Aires, che due giorni fa ha lanciato la sua offerta per rimborsare poco meno di 82 miliardi del debito nazionale, del quale nell’aprile del 2002 era stata dichiarata l'insolvenza. Secondo fonti locali, l'acquisto delle nuove obbligazioni – in sostituzione di titoli dei quali erano stati sospesi i pagamenti – finirà il prossimo 25 febbraio. Una soluzione "eccezionale e senza precedenti" l’ha definita il ministro dell’Economia Roberto Lavagna, affermando che "è l’unica compatibile con la crescita dell’Argentina". Il sottosegretario alle Finanze del governo di Buenos Aires, Guillermo Nielsen, ha detto che si tratta di "un’offerta equa che garantisce il trattamento giusto ai creditori"; ha inoltre precisato che non ci sarà una nuova operazione di ‘concambio’, cioè di sostituzione dei vecchi titoli dichiarati all’epoca insolventi. Secondo le autorità argentine, questa ipotesi permetterebbe al Paese sudamericano di "voltare pagina" nella propria storia economica, dopo la crisi che, cominciata alla fine del 2001, colpì centinaia di migliaia di creditori, in gran parte cittadini che avevano investito i loro risparmi in titoli di Stato.

GR ORE 9,30

IRAQ

Rischia la Corte marziale, ma in Iraq non vuole tornarci, il sergente Kevin Benderman, che, nella primavera del 2003, fu tra i protagonisti della presa di Baghdad. Benderman, nell'esercito da nove anni, si rifiuta di fare un secondo turno di servizio con la sua unita' in Iraq. Il sergente si dichiara obiettore di coscienza, asserendo che quanto ha gia' visto in Iraq l'ha cambiato e l'ha reso moralmente contrario alla guerra. Se la sua richiesta non sara' accolta, finira' davanti ai giudici militari.

PALESTINA

Un elicottero da combattimento israeliano ha lanciato stasera due missili contro un edificio appartenente alla Jihad islamica a Deir el Balah, nel sud della striscia di Gaza, causando il ferimento di un palestinese. Lo hanno reso noto fonti della sicurezza palestinese. Il raid e' in risposta all'attentato suicida palestinese contro una postazione dell'esercito israeliano presso il punto di passaggio di Karni, tra Israele e la striscia di Gaza, che ha causato diversi morti, tra i quali - a quanto sembra - almeno due soldati. L'edificio colpito dai missili israeliani, che ospita un' istituzione caritativa del gruppo radicale paletsinese, e' stato gravemente danneggiato. Una guardia di frontiera israeliana e' stata condannata da un tribunale di Gerusalemme a 14 mesi di reclusione per sevizie contro due palestinesi. Lo si e' appreso da fonti giudiziarie. I fatti risalgono all'11 settembre scorso ed hanno portato all'arresto di cinque guardie di frontiera (che dipendono dalla polizia). Gli imputati sono sospettati di aver portato, sotto minaccia, in un edificio abbandonato i palestinesi, che avevano fermato a un posto di controllo a Abu Dis (periferia di Gerusalemme est). La guardia condannata ieri, in particolare, ha rovesciato addosso ai palestinesi un secchio in cui aveva urinato. I due - avevano detto fonti giudiziarie dopo l'arresto delle guardie - erano stati anche bruciati con sigarette e costretti a saltare dal secondo piano dell'edificio. Non si conosce per ora la sorte delle altre quattro guardie

FIAT: GM ANNUNCIA AZZERAMENTO QUOTA PARTECIPAZIONE

General Motors ha annunciato di aver effettuato una svalutazione di 220 milioni della propria partecipazione in Fiat Auto Holding B.V.. Con questa iniziativa, di fatto il gruppo americano azzera il valore del proprio investimento nel gruppo torinese. L'azzeramento - cosi' come riporta gran parte della stampa oggi - e' il frutto di precedenti svalutazioni che GM aveva effettuato via via che la crisi di Fiat peggiorava. Nell'ottobre del 2002, il valore dell'investimento era stato gia' ridotto da 2,4 miliardi di dollari a 220 milioni di dollari. La notizia, resa nota ieri a Detroit in occasione di un incontro tra Richard Wagoner e la comunita' finanziaria sara' esaminata - secondo quanto scrive Repubblica - a Torino in un incontro tra l'amministratore delegato del Gruppo Fiat, Sergio Marchionne, e il presidente Luca Cordero di Montezemolo. La svalutazione di 220 milioni di dollari sara' inserita nei risultati del quarto trimestre del 2004 che saranno resi noti il prossimo 19 gennaio.

ORE 13,00

CARACAS RICHIAMA AMBASCIATORE IN COLOMBIA

Sale la tensione tra Venezuela e Colombia, dopo la cattura di Rodrigo Granda, considerato il ‘ministro degli Esteri’ delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), avvenuta a Caracas il 13 dicembre scorso: il governo di Caracas ha ordinato l’arresto di otto militari della Guardia nazionale e richiamato per consultazioni il suo ambasciatore a Bogotá, Carlos Santiago Ramirez, dopo l’ammissione del ministro della Difesa colombiano, Jorge Uribe, di aver pagato una somma di denaro, non meglio precisata, per l’arresto di Granda. “Quello che è accaduto in Venezuela è un vero e proprio sequestro, organizzato già da tempo dai nostri vicini con la partecipazione di funzionari colombiani” ha detto il vice-presidente José Vicente Rangel, aggiungendo: “Si è trattato di una violazione della nostra sovranità nazionale da parte di agenti della forze dell’ordine colombiani, a cui hanno partecipato anche esponenti della forza pubblica venezuelana”. Inizialmente, la polizia colombiana aveva riferito che la cattura di Granda era avvenuta a Cúcuta, capitale del dipartimento colombiano di Norte de Santander: il presidente venezuelano Hugo Chávez aveva smentito la notizia, precisando invece che l’arresto aveva avuto luogo a Caracas e ingaggiando un acceso ‘botta-e-risposta’ con le autorità colombiane. Il ministro Uribe era stato costretto a rettificare, dichiarando che Granda in effetti era stato fermato in territorio venezuelano e di seguito trasferito a Cúcuta, in cambio del pagamento di una ‘ricompensa’ ad agenti della sicurezza venezuelani.

CONCLUSE PROTESTE SOCIALI, SINDACATI CHIEDONO DIMISSIONI DEL PRESDENTE

Si è concluso con la richiesta delle dimissioni del capo dello Stato Carlos Mesa lo sciopero di 48 ore convocato dai principali sindacati regionali a Santa Cruz, considerata il ‘motore economico’ della Bolivia: il ‘comitato civico’, sceso in piazza per protestare contro il recente aumento del prezzo del combustibile tra il 10 e il 23%, ha rilanciato la battaglia per ottenere l’autonomia, sostenendo che “Mesa è inadatto a governare”. Di fronte al rifiuto del presidente di tornare sui propri passi, i promotori dello sciopero hanno minacciato nuove agitazioni nei prossimi giorni. L’altro fronte della protesta, concentrato a El Alto, sull’altopiano della capitale, ha ottenuto invece dal governo l’impegno a rivedere il contratto siglato nel 1997 con l’impresa ‘Aguas del Illimani’, filiale della multinazionale francese ‘Suez Lyonnaise des Eaux’, accusata di essere incorsa in gravi disservizi e aver incrementato arbitrariamente le tariffe per l’erogazione dell’acqua potabile, a cui attualmente non hanno accesso oltre 40.000 famiglie della zona. La decisione non è bastata a convincere i ‘campesinos’ dell’altopiano, guidati da Felipe Quispe, pronti a marciare su La Paz da lunedì prossimo contro la politica economica del governo. Secondo il massimo dirigente dell’opposizione e capo dei ‘cocaleros’ (produttori di coca) del Chapare, Evo Morales, se Mesa non revocherà gli aumenti di benzina e gasolio “sarà necessario andare subito a nuove elezioni”.

INIZIA IN SPAGNA STORICO PROCESSO CONTRO EX-GERARCA DEL REGIME SCILINGO

La magistratura spagnola aprirà questa mattina una pagina inedita nella sua storia giudiziaria quando l’ex-tenente della Marina argentina Adolfo Scilingo, 58 anni, siederà sul banco degli imputati per rispondere di gravi violazioni dei diritti umani durante l’ultima dittatura (1976-’83): si tratta del primo ex-gerarca argentino processato in un Paese straniero, grazie a una storica sentenza emessa dalla ‘Corte Nacional’ spagnola nel 1998 che, sancendo il principio di ‘giustizia universale’ per i crimini di lesa umanità, stabilì la competenza della magistratura spagnola, anche in caso di reati consumati al di fuori del territorio nazionale. L’avvocato dell’accusa Carlos Slepoy, intellettuale argentino detenuto negli anni del regime, chiederà 6.626 anni di carcere per Scilingo, "una pena esemplare – ha precisato – dal momento che il codice penale spagnolo non prevede detenzioni superiori ai 30 anni". Si stima che le udienze saranno oltre una ventina, dato l’elevato numero di testimoni chiamati a deporre, oltre 150, tra cui anche il Premio Nobel per la Pace argentino, Adolfo Pérez Esquivel. Giunto in Spagna nel 1995, Scilingo si auto-incriminò pubblicamente, ammettendo di aver gettato nell’Oceano almeno una trentina di ‘desaparecidos’ durante i cosiddetti ‘voli della morte’. "Erano narcotizzati. Li spogliammo e quando il comandante diede l’ordine aprimmo i portelloni e li lanciammo uno per uno" disse all’epoca l’ex-tenente al giornalista argentino Horacio Verbitsky, che ripropose la sua testimonianza nel libro ‘El Vuelo’.

gror050114 (last edited 2008-06-26 09:48:36 by anonymous)