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Africa, Ciad dichiara stato di guerra con il Sudan

Il Ciad ha detto oggi che con il vicino Sudan esiste uno "stato di belligeranza" a seguito di attacchi contro una città di frontiera da parte di ribelli che, afferma, sono armati dal governo sudanese.

"Il Ciad è oggi in uno stato di belligeranza con il Sudan", ha detto il governo in una dichiarazione che definisce il presidente sudanese Omar Hassan el Beshir "un nemico del Ciad".

Il ministro degli esteri Ahmat Allam-Mi ha detto che l'ambasciatore sudanese a N'djamena è stato convocato oggi al ministero e gli è stato consegnato un memorandum che "elenca le aggressioni del Sudan contro il Ciad".

Il Ciad ha accusato il governo sudanese di aver diretto due attacchi il 18 dicembre da parte di ribelli ciadiani contro la città di Adre, al confine orientale con il Sudan. Ha anche detto che le sue forze hanno respinto gli attacchi uccidendo 300 attaccanti, inseguendo i ribelli all'interno del Sudan e distruggendo le loro basi lì. "Il governo esorta il popolo ciadiano a mobilitarsi contro l'aggressione sudanese", dice ancora il comunicato del governo.

ETIOPIA-ERITREA: TENSIONE RESTA ALTA NONOSTANTE ULTIMATUM ONU

“La situazione militare nella zona cuscinetto che divide Etiopia ed Eritrea resta tesa e potenzialmente volatile”: lo hanno detto i vertici della Missione delle Nazioni Unite nei due paesi del Corno d’Africa, precisando che il clima nella Zona di sicurezza temporanea (Tsz) non è mutato. Nella nota, l’Unmee fa sapere che una parte delle truppe etiopi avrebbe avviato un ritiro parziale degli uomini e dei mezzi dispiegati nelle ultime settimane a ridosso della frontiera, come richiesto dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Il massimo organo decisionale, la scorsa settimana aveva lanciato un ultimatum (che scadrà questa notte) nei confronti dei due governi chiedendo il ritiro delle truppe dalla zona di confine e invitando Asmara a ritirare le misure adottate nei confronti dei caschi blu e che nelle ultime settimane hanno fortemente limitato le possibilità operative della missione Onu in territorio eritreo. In realtà, nessuno dei due governi africani sembra aver intenzione di rispondere pienamente alle richieste del Palazzo di Vetro, che a questo punto potrebbe prendere, nei prossimi giorni, sanzioni nei confronti di una o di entrambe le parti.

Iraq. Rumsfeld: primo graduale disimpegno, a primavera 2006 nel paese meno di 138mila soldati americani

Meno militari in Iraq in tempi rapidi. E' qunto ha deciso il presidente americano George W. Bush, secondo quanto annunciato dal segretario alla Difesa Donald Rumsfeld a Falluja. E' la prima volta che Rumsfeld annuncia un ritiro delle truppe al di sotto di 138.000 unità.

Rivolgendosi ai militari americani a Fallujah, Rumsfeld non ha rivelato le dimensioni esatte della diminuzione, ma funzionari del Pentagono hanno rivelato che potrebbe aggirarsi intorno a 7.000 effettivi.

In particolare, due brigate dell'esercito che si tenevano pronte per essere inviate sul terreno delle operazioni, resteranno nelle loro basi -rispettivamente a Fort Riley (Kansas) e in Kuwait. Con il taglio annunciato oggi, il numero delle brigate impiegate in combattimento scenderà da 17 a 15.

"In seguito a questi cambiamenti, vi sarà in Iraq una riduzione delle forze entro la primavera del 2006 dagli attuali 160.000 a meno di 138.000" effettivi, ha precisato Rumsfeld. Collaboratori dello stesso Rumsfeld hanno detto che il Pentagono fornirà in seguito dati più precisi sul ritiro delle truppe Usa dall'Iraq.

Secondo Rumsfeld, inoltre, ulteriori riduzioni di truppe saranno prese in considerazione "nel corso del 2006", dopo l'insediamento del nuovo governo iracheno e la sua disponibilità a discutere della futura presenza militare americana.

Migliaia di sunniti sono scesi in piazza oggi nelle principali città irachene per protestare contro gli asseriti brogli che starebbero falsando l'esito delle elezioni politiche del 15 dicembre. La capitale Baghdad, Tikrit, Samarra e Mossul, nell'estremo nord del Paese, sono le località dove la mobilitazione è stata maggiore. Secondo la polizia irachena, non vi sono stati incidenti, a parte un grosso cartellone elettorale incendiato a Samarra.

La protesta era stata sollecitata da una coalizione di 35 gruppi politici che contestano la validità delle elezioni, i cui risultati parziali per ora assegnano, come del resto era nelle previsioni, una netta affermazione alla lista unitaria sciita. La protesta finora si era limitata alle dichiarazioni di partiti e esponenti politici.

Non sono solo i sunniti a mettere in dubbio la regolarità del voto e a chiedere tra l'altro un'inchiesta internazionale, ma anche i cosiddetti schieramenti laici, il principale dei quali fa capo all'ex premier Iyad Allawi. Se le richieste del gruppo dei 35 venissero respinte, si affermna in un comunicato diffuso ieri, non resterebbe "altra scelta che di boicottare il prossimo Parlamento". Robert Ford, un diplomatico americano a Baghdad, ha detto oggi che i reclami depositati dovranno ricevere risposta. "È importante che le elezioni siano credibili per tutti", ha detto.

IRAQ: ATTENTATO CONTRO MOSCHEA SCIITA A BALADRUZ,10 MORTI

Almeno 10 persone sono rimaste uccise e altre quattro ferite in un altro attacco della guerriglia a Baladruz, localita' a nord-est di Baghdad, nella zona di Baquba, ove in mattinata erano gia' stati assaltati prima un posto di blocco e poi una caserma. Secondo quanto riferiscono fonti militari Usa a Baladruz un attentatore suicida a bordo di una bicicletta aveva tentato di penetrare in una moschea sciita e, bloccato nel cortile, si e' fatto saltare in aria sul posto. Lo hanno riferito fonti governative locali. Fonti irachene avevano riferito che nell'attentato c'erano stati 4 morti e 8 feriti.

Usa: torture; Congresso vara in via definitiva nuove regole

Le nuove regole sulle torture, che la Casa Bianca ha dovuto accettare controvoglia cedendo alle pressioni del Senato, sono state approvate in via definitiva dal Congresso degli Stati Uniti, nell'ambito della voluminosa legge di bilancio per la difesa. Un emendamento proposto dal senatore repubblicano John McCain al bilancio del Pentagono è stato al centro di un duro scontro politico nei mesi passati.

L'emendamento - ora approvato - prevede il divieto assoluto del ricorso a metodi crudeli, disumani e degradanti nella detenzione e negli interrogatori di prigionieri nemici, nell'ambito della guerra al terrorismo. Camera e Senato si sono opposti ai tentativi della Casa Bianca, soprattutto del vicepresidente Dick Cheney, di far cadere o ammorbidire l'emendamento, creando al suo interno accorgimenti per consentire alla Cia di proseguire nella sua azione.

Alla fine, nei giorni scorsi, il presidente George W.Bush dopo aver minacciato il veto ha accolto l'indicazione del Congresso sulle torture.

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gror051223 (last edited 2008-06-26 09:48:39 by anonymous)