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AFGHANISTAN: 8 SOLDATI UCCISI, 7 FERITI IN DUE ATTENTATI

E' di almeno otto soldati governativi uccisi e di altri sette feriti il bilancio complessivo di due distinti attacchi dinamitardi avvenuti nella provincia di Kunar dell'Afghanistan nord-orientale, al confine con le aree tribali semi-autonome del Pakistan settentrionale, covo dei miliziani dell'ex regime afghano dei Talebani e dei loro alleati di al-Qaeda. Lo ha reso noto il governatore provinciale Asadullah Wafa, che ha imputato gli attentati ai "nemici dell'Afghanistan": in entrambi i casi i veicoli delle vittime sono finiti su ordigni nascosti lungo il ciglio della strada che stavano percorrendo, non e' chiaro se mine anti-carro oppure bombe azionate a distanza. La zona e' la stessa da cui il mese scorso parti' il raid aereo americano sul villaggio pakistano di Damadola, situato appena al di la' della frontiera, nell'area tribale del Bajaur: obiettivo era il numero due dell'organizzazione terroristica di Osama bin Laden, l'ideologo egiziano Ayman al-Zawahiri, e forse furono eliminati cinque elementi di primo piano del gruppo, ma Zawahiri sfuggi' al bombardamento e persero invece la vita diciotto civili.

PAKISTAN: ALTRI 2 MORTI IN SCONTRI SCIITI-SUNNITI

Altre due persone sono morte e tre sono rimaste ferite a causa degli scontri tra estremisti sunniti e sciiti che continuano a infuriare nella zona del villaggio pakistano di Hangu, situato nella provincia settentrionale della North West Frontier, a circa 200 chilometri dalla capitale Islamabad. Lo hanno reso noto fonti ospedaliere locali, secondo cui le nuove vittime in particolare sono state causate dagli intensi bombardamenti di mortaio che per tutta la notte hanno colpito un altro villaggio, Ibrahimzai, situato una decina di chilometri a est di Hangu. Ieri nella medesima localita' ignoti miliziani avevano bloccato quattro camion e ne avevano ucciso a sangue freddo i conducenti, prima di dare i veicoli alle fiamme. Il totale di coloro che hanno perso la vita in 24 ore e' salito dunque a non meno di 33, mentre lesioni hanno riportato quasi sessanta abitanti. Il bilancio peggiore resta quello dell'attentato che a Hangu aveva preso di mira un gruppo di fedeli sciiti, in processione per celebrare il primo giorno della Ashura, la ricorrenza piu' importante del loro calendario.

HAITI – La Comunità economica dei paesi caraibici (Caricom) potrebbe riammettere Haiti nel blocco regionale, una volta accertato che le elezioni generali del 7 febbraio sono state “libere e trasparenti”: lo ha detto Knowlson Gift, ministro degli Esteri di Trinidad e Tobago, già a favore della reintegrazione del paese prima dell’appuntamento con le urne insieme a Barbados. La decisione potrebbe giungere oggi stesso in occasione di un vertice della Caricom in corso a Port of Spain. La Comunità non ha mai riconosciuto il governo ‘ad interim’ haitiano insediatosi dopo il rovesciamento del presidente Aristide.

COLOMBIA – Circa 200.000 soldati e 127.000 poliziotti vigileranno le attese elezioni legislative del 12 marzo e presidenziali del 28 maggio, soprattutto nelle regioni del Putumayo (sud) e del Guaviare (sudest) dove si riscontra una massiccia presenza di guerriglieri Farc. L’operazione, denominata ‘Plan Democracia’, “coprirà l’interno paese come mai avvenuto prima” ha fatto sapere il ministro di Giustizia, Sabas Pretelt. Misure di sicurezza sono state adottate anche per proteggere l’incolumità dei candidati che avranno a disposizione 120 auto blindate. Sono 25 milioni, su una popolazione totale di 44, gli aventi diritto al voto.

ONU: PIÙ RIFUGIATI A CAUSA DEL ‘PLAN COLOMBIA’

Il ‘Plan Colombia, l’ambizioso programmi anti-droga – ampliatosi in seguito in anti-guerriglia - finanziato dagli Stati Uniti ha incrementato il flusso di profughi verso Ecuador e Venezuela: lo ha denunciato il rappresentante dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati in America Latina, Philippe Lavanchy, descrivendo le “condizioni drammatiche” in cui sono costretti a vivere migliaia di civili colombiani. “Da quando si è iniziato ad applicare il ‘Plan Colombia’ (nel 2000, ndr) i profughi sono aumentati. La Colombia dice che sono diminuiti, ma la realtà è un altra. Il problema continua” ha detto Lavanchy in una conferenza stampa nella capitale ecuadoriana, Quito. Il rappresentante Onu ha riferito che l’Ecuador, con circa 250.000 richieste di asilo, è il paese più colpito dalle conseguenze del conflitto armato colombiano negli ultimi sei anni; seguono il Venezuela (200.000 richieste), Panama (40.000) e Costa Rica (20.000), senza contare gli sfollati interni, stimati in 3 milioni. “La comunità internazionale deve capire che questa regione necessita della dovuta attenzione; questo tipo di problemi non esiste solo in Asia o Africa” ha aggiunto Lavanchy, dubitando che il governo colombiano possa apportare soluzioni. “Quando una persona è un rifugiato significa che non è protetto dalle autorità del suo paese. È molto improbabile che la Colombia si assuma le sue responsabilità al di fuori del suo territorio nazionale” ha concluso.

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