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SI COMBATTE ANCORA A GAZA (5): PRESIDENTE CARITAS CHIEDE “AZIONI IMMEDIATE”
Diritti Umani Diritti Umani, Standard

“Gaza era una vera e propria bomba a tempo che minacciava di esplodere in qualsiasi momento. Purtroppo è quello che sta succedendo da qualche giorno con gi scontri interpalestinesi che sono il risultato di oltre 40 anni di occupazione, di una vita insostenibile, senza alcuna prospettiva di sviluppo economico e soprattutto senza libertà. Vivere nella Striscia di Gaza equivale ad essere chiusi in una prigione”: lo dice alla MISNA Claudette Habesch, presidente della Caritas in Terra Santa contattata a Gerusalemme Est da dove si tiene in contatto con operatori e volontari impegnati a Gaza. “In queste ore drammatiche preghiamo per i responsabili politici palestinesi affinché facciano tutto il possibile per contenere la violenza e giungano al più presto a una soluzione pacifica” prosegue Habesch, facendosi portavoce “del desiderio unanime dei civili palestinesi”; “certamente – aggiunge - le divisioni interne hanno una parte di responsabilità in questa situazione”. Proprio sui civili, prime vittime innocenti, si concentrano le preoccupazioni della presidente della Caritas: “Siamo tutti fratelli e chiediamo ai nostri fratelli di smettere di combattere. I palestinesi hanno bisogno di pane, farmaci, ma in queste condizioni soprattutto di una vera speranza di pace. Come operatori umanitari restiamo al loro fianco e non li lasceremo soli”. Habesch lancia quindi un appello alla comunità internazionale “che si accontenta di stare a guardare”: “Siamo più che mai in emergenza. È giunto il momento di agire concretamente e al più presto, prima che sia troppo tardi”. La nostra interlocutrice evoca anche i timori che gli scontri possano estendersi da Gaza alla Cisgiordania, in particolare a Ramallah e Nablus, “il che complicherebbe ulteriormente lo scenario”. Secondo Habesch, israeliani e palestinesi devono necessariamente apprendere a convivere: “Perderemo o vinceremo insieme” sottolinea, ricordando al contempo che “la costruzione del muro di separazione continua, inglobando anche la terra e le risorse idriche palestinesi senza risultati riguardo alle preoccupazioni israeliane sulla sicurezza”. All’indomani dell’elezione alla presidenza israeliana del Premio Nobel per la Pace Shimon Peres, Habesch così conclude: “Peres è senza dubbio un uomo di grande esperienza e conosce meglio di chiunque altro lo scenario attuale. Sa certamente che occorre fare qualcosa di meglio per il suo popolo e per i palestinesi, i cui destini sono legati a doppio filo”.
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Dalle 6.30 di questa mattina la Digos di Torino ha arrestato 3 compagni dell'Askatasuna e del collettivo universitario autonomo. Dopo aver perquisito le abitazioni li ha tradotti in questura notificando loro il mandato di custodia cautelare ai domiciliari. Davide, Fabio e Marco sono imputati dei reati di violenza e resistenza a Pubblico ufficiale in merito agli scontri avvenuti all'università il 14 maggio quando un presidio antifascista impedì ai fascisti del Fuan di entrare a palazzo nuovo. Ci furono cariche della polizia entro l'atrio dell'università e ci furono alcuni feriti. Due militanti dei Comunisti Italiani, che erano presenti alla manifestazione vennero già denunciati. In merito all'episodio, che ebbe molto eco sui giornali cittadini, vennero presentate alcune interrogazioni in consiglio comunale e in consiglio regionale, di solidarietà con gli studenti e di condanna alla manifestazione fascista.

CORRISPONDENZA DI ROD CON Andrea , dei collettivi universitari autonomi al presidio convocato a Palazzo Nuovo .

'''DOPO 58 GIORNI di sciopero della fame, per rivendicare i diritti sindacali minimi i cobas riescono ad incontrare il governo'''

CORRISPONDENZA

'''MARCIA NO COKE DA TARQUINIA A ROMA'''

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Sommario

In primo Piano

chiamre meri - gaza chiamre adib - invasione kurdistan

Editoriale

NOTIZIE BREVI

ESTERI

SI COMBATTE ANCORA A GAZA (5): PRESIDENTE CARITAS CHIEDE “AZIONI IMMEDIATE” Diritti Umani Diritti Umani, Standard

“Gaza era una vera e propria bomba a tempo che minacciava di esplodere in qualsiasi momento. Purtroppo è quello che sta succedendo da qualche giorno con gi scontri interpalestinesi che sono il risultato di oltre 40 anni di occupazione, di una vita insostenibile, senza alcuna prospettiva di sviluppo economico e soprattutto senza libertà. Vivere nella Striscia di Gaza equivale ad essere chiusi in una prigione”: lo dice alla MISNA Claudette Habesch, presidente della Caritas in Terra Santa contattata a Gerusalemme Est da dove si tiene in contatto con operatori e volontari impegnati a Gaza. “In queste ore drammatiche preghiamo per i responsabili politici palestinesi affinché facciano tutto il possibile per contenere la violenza e giungano al più presto a una soluzione pacifica” prosegue Habesch, facendosi portavoce “del desiderio unanime dei civili palestinesi”; “certamente – aggiunge - le divisioni interne hanno una parte di responsabilità in questa situazione”. Proprio sui civili, prime vittime innocenti, si concentrano le preoccupazioni della presidente della Caritas: “Siamo tutti fratelli e chiediamo ai nostri fratelli di smettere di combattere. I palestinesi hanno bisogno di pane, farmaci, ma in queste condizioni soprattutto di una vera speranza di pace. Come operatori umanitari restiamo al loro fianco e non li lasceremo soli”. Habesch lancia quindi un appello alla comunità internazionale “che si accontenta di stare a guardare”: “Siamo più che mai in emergenza. È giunto il momento di agire concretamente e al più presto, prima che sia troppo tardi”. La nostra interlocutrice evoca anche i timori che gli scontri possano estendersi da Gaza alla Cisgiordania, in particolare a Ramallah e Nablus, “il che complicherebbe ulteriormente lo scenario”. Secondo Habesch, israeliani e palestinesi devono necessariamente apprendere a convivere: “Perderemo o vinceremo insieme” sottolinea, ricordando al contempo che “la costruzione del muro di separazione continua, inglobando anche la terra e le risorse idriche palestinesi senza risultati riguardo alle preoccupazioni israeliane sulla sicurezza”. All’indomani dell’elezione alla presidenza israeliana del Premio Nobel per la Pace Shimon Peres, Habesch così conclude: “Peres è senza dubbio un uomo di grande esperienza e conosce meglio di chiunque altro lo scenario attuale. Sa certamente che occorre fare qualcosa di meglio per il suo popolo e per i palestinesi, i cui destini sono legati a doppio filo”.

ITALIA

Dalle 6.30 di questa mattina la Digos di Torino ha arrestato 3 compagni dell'Askatasuna e del collettivo universitario autonomo. Dopo aver perquisito le abitazioni li ha tradotti in questura notificando loro il mandato di custodia cautelare ai domiciliari. Davide, Fabio e Marco sono imputati dei reati di violenza e resistenza a Pubblico ufficiale in merito agli scontri avvenuti all'università il 14 maggio quando un presidio antifascista impedì ai fascisti del Fuan di entrare a palazzo nuovo. Ci furono cariche della polizia entro l'atrio dell'università e ci furono alcuni feriti. Due militanti dei Comunisti Italiani, che erano presenti alla manifestazione vennero già denunciati. In merito all'episodio, che ebbe molto eco sui giornali cittadini, vennero presentate alcune interrogazioni in consiglio comunale e in consiglio regionale, di solidarietà con gli studenti e di condanna alla manifestazione fascista.

CORRISPONDENZA DI ROD CON Andrea , dei collettivi universitari autonomi al presidio convocato a Palazzo Nuovo .

DOPO 58 GIORNI di sciopero della fame, per rivendicare i diritti sindacali minimi i cobas riescono ad incontrare il governo

CORRISPONDENZA

MARCIA NO COKE DA TARQUINIA A ROMA

"Venerdì, alle 15, partirà da Tarquinia la 'Marcia dei No coke', contro il carbone e per le fonti rinnovabili, organizzata dal Movimento No Coke Alto Lazio. In cinque tappe di circa 20 chilometri ciascuna una rappresentanza del movimento raggiungerà Roma a piedi, accolta lungo il percorso dai gruppi locali del Movimento e da quanti vorranno ribadire il 'No al carbone' e il 'Sì alle fonti rinnovabili'". Lo rende noto il Comitato No Coke Alto Lazio in un comunicato. 131242 giu 07

CORRISPONDENZA

Siparietto


Gr 13:00

In primo Piano

NOTIZIE BREVI

ESTERI

HAMAS ESPUGNA LA SEDE DELLE FORZE DI SICUREZZA

La bandiera verde di Hamas e' stata issata sul tetto dell'edificio della Sicurezza preventiva (una roccaforte delle forze di al-Fatah) nel rione Tel al-Hawa di Gaza. Lo ha riferito all'Ansa un testimone sul posto, secondo cui nelle vicinanze gli scontri proseguono. In seguito la televisione satellitare al-Aqsa di Hamas ha anche mostrato alcune immagini che, a suo dire, sono state riprese all'interno dell'edificio della Sicurezza preventiva.

  • Fonti di Hamas hanno anche riferito che negli uffici era evidente il tentativo degli uomini di al-Fatah di distruggere computer e archivi di documentazione, perché non cadessero nelle mani degli islamici.

ABU MAZEN CONVOCA OLP E FATAH La crisi di Gaza sara' esaminata nelle prossime ore dal presidente palestinese Abu Mazen con il Comitato esecutivo dell'Olp e con il Comitato centrale di al-Fatah, convocati in seduta straordinaria. Fonti vicine ad Abu Mazen hanno anticipato che saranno poi annunciate decisioni.

HAMAS CONTRO INVIO FORZE INTERNAZIONALI Hamas si oppone decisamente all'invio di forze internazionali nella striscia di Gaza.

  • Commentando dichiarazioni in tal senso del Segretario generale delle Nazioni Unite Ban Ki-Moon un portavoce di Hamas, Sami Abu Zuhri, ha avvertito che la opposizione del suo movimento e' totale e che quelle forze sarebbero considerate alla stregua di una forza di occupazione.

Un altro portavoce di Hamas, Fawzi Barhum, ha spiegato all'Ansa che i palestinesi sono rimasti delusi da precedenti spedizioni di forze internazionali nei Territori. Barhum ha menzionato in particolare il Mandato Britannico, la forze dell'Onu dislocate a Gaza fino al 1967 e la forze di osservatori inviata a Hebron, in Cisgiordania. Se il segretario generale dell'Onu Ban Ki-Moon vuole davvero dare un contributo positivo - ha aggiunto Barhum - che operi per rimuovere l'isolamento internazionale all'Anp e allacci contatti con il governo di unita' nazionale di Ismail Haniyeh.

SI COMBATTE A GAZA Duri scontri a fuoco a Gaza City e un graduale ritorno alla calma nel resto della Striscia, ormai sotto il controllo indiscusso di Hamas: questo il quadro della situazione oggi, mentre 1,4 milioni di abitanti della zona cercano di tornare a una parvenza di normalita' dopo diverse giornate di combattimenti in cui sono rimasti uccisi oltre 80 palestinesi.

Nelle zone passate sotto il controllo di Hamas riaprono negozi e mercati e la popolazione ha dunque occasione di provvedere all'acquisto di generi di prima necessita'. A Gaza City invece la battaglia infuria ancora nel cosiddetto 'quadrilatero' composto dai centri nevralgici delle forze di sicurezza rimaste fedeli al presidente Abu Mazen (al Fatah). Da ieri gli edifici della Sicurezza preventiva, dell' Intelligence, della Sicurezza nazionale e gli uffici dello stesso Abu Mazen sono martellati senza sosta da razzi Rpg e colpi di mortaio sparati dai miliziani di Hamas.

Gli echi della battaglia sono percepibili in tutta la citta' di Gaza. Nel frattempo proseguono i tentativi diplomatici egiziani di mettere fine ai combattimenti dopo che nella nottata Abu Mazen e il premier Ismail Haniyeh si sono parlati al telefono. Haniyeh, secondo fonti locali, ha assicurato che fara' il possibile per calmare la situazione, ma la sensazione generale a Gaza e' che prima di tornare ad un tavolo di negoziati Hamas intenda assicurarsi il controllo totale sulla Striscia. Nel frattempo proseguono anche oggi lanci sporadici di razzi da Gaza verso il territorio israeliano. Due razzi sparati contro la citta' israeliana di Sderot non hanno provocato vittime.

In Israele si segue con viva preoccupazione la crisi in corso a Gaza. Secondo il presidente della commissione parlamentare per la sicurezza e la difesa Zahi Hanegbi (Kadima) a Gaza si sta costituendo un avamposto dell'Iran che rappresentera' un serio pericolo per la sicurezza di Israele. Tuttavia un intervento militare israeliano a Gaza viene escluso.

VITTIME IN SCONTRI TRA ESERCITO E GRUPPI ARMATI

Almeno sei guerriglieri e quattro membri di una nuova organizzazione composta paramilitari smobilitati grazie al processo di pace sono rimasti uccisi nelle ultime 24 ore in due distinti scontri con l’esercito governativo nelle regioni settentrionali e orientali del paese. Secondo fonti ufficiali tre combattenti delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc) sono morti in combattimenti nei dipartimenti di Bolívar’, a nord, e Arauca, nell’est: di una sparatoria sarebbe rimasto vittima un guerrigliero conosciuto come ‘La Burra’, capo di una ‘colonna mobile’ delle Farc accusato della morte di cinque persone in un attentato con un camion-bomba e una bicicletta-bomba a Fortul, 400 chilometri a nord-est di Bogotá. Altri tre guerriglieri, appartenenti all’Esercito di liberazione nazionale (Eln), secondo gruppo armato colombiano, sono stati uccisi nella zona rurale di Dibulla, 600 chilometri a nord della capitale. Il governo non ha comunicato invece le circostanze della morte di quattro ex-paramilitari.

ATTACCATE TRE MOSCHEE A SUD DI BAGHDAD

Uomini armati non identificati hanno attaccato e distrutto, dopo aver appiccato un incendio, tre moschee sunnite in due località a sud di Baghdad, in un episodio che appare collegato all’esplosione avvenuta ieri nella città santa sciita di Samarra, 120 chilometri a nord della capitale, che ha provocato gravi danni alla Moschea d’Oro, già bersaglio di un attentato nel febbraio 2006. I centri di culto colpiti – precisa l’agenzia ‘Aswat al-Iraq’ - sono quelli di Grand Iskandariyah Mosque, Hiteen Mosque e Abdullah Mosque nel distretto di Iskanderiyah, 60 chilometri a sud della capitale: “Tre moschee sono state rase al suolo dopo che è stato fatto scoppiare dell’esplosivo al loro interno” ha detto una fonte alla stessa agenzia; non è ancora chiaro se ci siano vittime. Dopo l’esplosione di ieri a Samarra, che ha fatto crollare due minareti rimasti intatti dopo il precedente attacco dello scorso anno, il primo ministro Nouri al-Maliki ha decretato un coprifuoco in tutto il perimetro cittadino per timore di disordini; la stessa misura è stata estesa a Baghdad dove, secondo fonti della sicurezza, durante la notte un ‘commando’ armato ha tentato senza esito di sferrare un attacco contro un’altra moschea sunnita nel centro della città.

ALMENO UNA VITTIMA NEGLI ULTIMI SCONTRI A MOGADISCIO

In uno dei diversi scontri di quartiere accaduti ieri a Mogadiscio, secondo testimoni oculari è stato ucciso un civile che stava tentando di allontanarsi da una zona in cui truppe etiopiche alleate del governo somalo di transizione e gruppi di insorti si stavano scontrando a fuoco; etiopi e reparti dell'esercito regolare somalo avrebbero martellato a lungo le postazioni delle cosiddette Corti islamiche nel centro della capitale e in alcuni quartieri meridionali. La zona dello stadio, una di quelle più spesso coinvolte, e l’area circostante il fabbricato che fu sede del ministero della Difesa sono state a quanto pare il teatro degli scontri più pesanti. Nonostante le diverse massicce operazioni dei soldati etiopici cominciate all’inizio dell’anno - in qualche caso appoggiate anche da cannoniere volanti americane - la presenza e l’attività di miliziani delle Corti Islamiche e di altri gruppi armati continua a fare di Mogadiscio una città nuovamente senza pace né sicurezza.

Usa: sondaggio Nbc-Wsj, approvazione Bush scende al 29%

È sceso al 29% il tasso di approvazione del presidente americano George W. Bush, secondo un sondaggio Nbc News-Wall Street Journal reso noto mercoledì. È la percentuale più bassa registrata finora da questo sondaggio, da cui è inoltre emerso che il tasso di approvazione dell'operato del Congresso è solo del 23%. Un analogo sondaggio di aprile aveva fissato al 35% l'approvazione del presidente, ha detto la Nbc, menzionando un calo del sostegno all'interno dello stesso Partito repubblicano di Bush. Nel sondaggio, il 62% degli interpellati repubblicani ha affermato di approvare l'azione di Bush, contro il 75% in aprile. Dall'indagine è emerso inoltre che gli americani sono sempre più insoddisfatti del Congresso, controllato dai democratici: il 64% ne disapprova l'operato contro solo il 23% che ne è soddisfatto, con un calo di otto punti rispetto ad aprile. Il 68% degli interrogati ritiene che gli Stati Uniti siano sulla strada sbagliata e solo il 19% ritiene che il paese sia guidato nella giusta direzione: per Nbc è la percentuale più bassa in 15 anni. Il sondaggio è stato effettuato su un campione di 1'008 adulti da venerdì a lunedì scorsi, con un margine di errore di 3,1 punti percentuali.

ITALIA

Comunicato Stampa

La mobilitazione delle lavoratrici e dei lavoratori di ACI Informatica, dei PRA e dell’ACI ha imposto al Governo e al Parlamento lo stralcio dal DDL 2272/bis del Titolo IV, quello relativo all’abolizione del PRA. Questo enorme risultato non era per nulla scontato ed anzi molti lo ritenevano del tutto impossibile, invece i fatti hanno dimostrato che le lavoratrici ed i lavoratori quando lottano uniti possono raggiungere qualunque obiettivo. C’è chi ci raccomandava di affidarsi a questo o quel Parlamentare, chi di lasciar fare alle logiche “lobbistiche” o peggio ai vertici aziendali. Ma noi abbiamo fortemente voluto dimostrare a tutte e tutti che i lavoratori possono prendere nelle proprie mani il proprio destino. E’ questo il patrimonio insopprimibile dell’Autorganizzazione delle lavoratrici e dei lavoratori. Certo, siamo consapevoli e grati dell’impegno profuso dai gruppi Parlamentari del PRC, del PdCI, dei Verdi e dell’Udeur e anche di singoli Onorevoli di tutti gli altri gruppi. Come senz’altro è stato importante essere riusciti a mantenere, pur nelle differenze e nelle difficoltà, l’unità con le OO.SS. tutte. Ma la lotta e solo la lotta è lo strumento con cui le lavoratrici ed i lavoratori determinano le proprie condizioni materiali di esistenza: ecco perché i 7 giorni di presidio e di sciopero che hanno sostenuto i lavoratori dell’Aci Informatica, via via appoggiati dai colleghi dei PRA e dell’ACI, sono l’elemento decisivo della lotta per ottenere lo stralcio. Infine vogliamo invitare i giornalisti di giornali, TV e radio - loro che campano grazie ai fondi pubblici, alle tasse che noi paghiamo e nell’interesse dei poteri forti, economici e politici - a vivere con lo stipendio delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti e a stare 10 giorni in sciopero e 7 sotto il sole in presidio senza smettere mai di far sentire la propria voce e poi avere il coraggio di chiamare tutto ciò “le lobby che salvano il PRA”.

“L’unica lotta che si perde è quella che non si combatte”

13 giugno 2007

  • La R.S.U. ACI Informatica

Ambiente, in Italia 91mila decessi

In Italia si registrano 91mila decessi l'anno legati a cause ambientali,secondo le stime dell'Organizzazione mondiale della sanita'(Oms). Insieme alla maggioranza dei Paesi dell'Europa occidentale, l'Italia risulta tra le nazioni meno colpite dall'impatto dei fattori ambientali sulla salute, ma questo non significa che non abbia problemi o progressi da compiere. I dati raccolti dall'Oms rivelano che nel mondo si registrano ogni anno 13 milioni di decessi per cause ambientali.

Siparietto


Gr 9:30

ESTERI

ITALIA


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Appunti e note redazionali

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gror070614 (last edited 2008-06-26 09:54:50 by anonymous)