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Milano aggredita leader marocchina Punita per aver manifestato in favore di Hina, la giovane pachistana uccisa dal padre a Brescia
Sono stati due connazionali ad aggredire la vice presidente lombarda dell'Associazione donne marocchine in Italia. Lo hanno fatto vicino alla moschea milanese di viale Jenner, per punirla di aver partecipato ieri alla manifestazione di protesta davanti al tribunale di Brescia dove si svolgeva l'udienza preliminare per l'omicidio della ragazza pakistana uccisa dal padre e dai fratelli per il suo comportamento troppo "occidentale".
"Devi smetterla di parlare di islamismo" le hanno detto i suoi aggressori. "Hina è un prostituta come te". E stringendole il viso con le mani l'hanno avvertita: "Ricorda: la bellezza non dura a lungo". Dounia Ettaib è rimasta molto scossa dall'aggressione ma ha tenuto a replicare che "non sarà questo fatto a fermare l'attività dell'associazione".
La giovane attivista per i diritti delle donne musulmane ieri era a Brescia, insieme ad altre 150 connazionali per manifestare solidarietà alle donne oppresse. Stringeva un cartello come le altre militanti di Acmid con su scritto: "Io sono Hina". Chiedevano al giudice di ottenere la costituzione di parte civile dell'associazione; richiesta che è stata però respinta dalla corte.
E' parere concorde tra gli investigatori che l'aggressione di questo pomeriggio sia la violenta risposta delle fasce più estremiste all'opera di integrazione che Dounia Ettaib e Acmid stanno conducendo da tempo. Le frasi pronunciate dagli aggressori sembrano essere una prova. Ora è alta la preoccupazione tra le attiviste dell'associazione che temono di subire nuove minacce per le loro battaglie contro il fanatismo islamico. Lo stesso che l'11 agosto scorso, spinse il padre di Hina a massacrare con 28 coltellate la figlia e a seppellirne il corpo in giardino.
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Davide, Fabio e Marco, agli arresti domiciliari dal 14 giugno perché autonomi e antifascisti, sono stati scarcerati stamane, 2 luglio. La decisione presa dal Tribunale del Riesame, convocato in seguito a ricorso contro la misura detentiva presentato dal difensore degli arrestati, avv. Roberto La Macchia, è stata quella di tramutare la misura cautelare nell’obbligo settimanale di presentazione alla polizia giudiziaria.
Sfuma così la prospettiva, per il PM Tatangelo, di confinare in casa per tutta l’estate i tre antifascisti, arrestati perché accusati di resistenza a pubblico ufficiale, lesioni aggravate e minacce per quanto accaduto a palazzo nuovo il 14 maggio, quando gli studenti ottennero la cacciata dei fascisti del FUAN dall’università di Torino solo a prezzo di scontri e barricate contro la polizia nell’atrio della sede delle facoltà umanistiche.
Il presidente della corte del Riesame ha motivato la sentenza accreditando il punto di vista del difensore, secondo cui le dichiarazioni degli agenti di ps e della digos sono foriere di dubbi e da approfondire in sede di eventuale dibattimento, mentre ciò che mantiene qualità di prova oggettiva sono i due video filmati dalla polizia, nei quali però non compaiono gli indagati, se non in momenti in cui non commettono alcun gesto qualificabile come “reato”.
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