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"E' FINITA LA PACCHIA"?

Da Torino, dall'"Associazione Almaterra" per e-mail purtroppo riceviamo ma pubblichiamo, nella speranza di contribuire anche noi a far sì che "venga fatta chiarezza" prontamente e che davvero questo tipo di sconci non si ripeta mai più nè a Torino ne altrove:

"Vogliamo denunciare un grave episodio, accaduto questa mattina, di cui è stata testimone una Mediatrice interculturale di Moncalieri. Alle 08.30 circa, sul bus 67 (capolinea di Moncalieri), pieno di gente che a quell’ora è diretta a scuola o a lavoro, è salita una pattuglia della polizia, ha intimato a tutti gli stranieri di scendere, ha diviso maschi e femmine con bambini, ha chiesto il permesso di soggiorno. Molte persone avevano con sé solo la carta di identità italiana, altri il permesso di soggiorno, altri ancora né l’uno né l’altro. Tutto l’episodio si è svolto accompagnato da frasi quali : “non ce ne frega niente della vostra carta di identità italiana” , “è finita la pacchia”, “l’Italia non è più il paese delle meraviglie”. Gli agenti hanno fatto salire tutti gli uomini su un cellulare, solo un uomo marocchino, mostrando la carta di identità italiana, si è rifiutato di salire, chiedendo di che cosa veniva accusato e che avrebbe fatto riferimento al suo avvocato. Gli agenti l’hanno lasciato andare. Nessuno dei passeggeri rimasti sull’autobus è intervenuto, anzi, molte delle persone presenti, anche sui balconi delle case intorno e sui marciapiedi, hanno applaudito. Ci aspettiamo che venga fatta chiarezza e che non si ripeta mai più un simile episodio in un paese che si dichiara civile e democratico".

DAL VENEZUELA AL PIEMONTE, INSOLITA STORIA DI AFFITTI E MIGRANTI

“Affittasi trilocale solo a romeni”: è l’annuncio comparso su un portone in una via centrale di Asti; solo poche parole che in questi tempi di ‘allarme sicurezza’ bisogna leggere due volte per assicurasi di avere visto bene. A fare la scelta “controcorrente” è stato un uomo con senso civico e soprattutto dalla memoria lunga. Roberto Argenta è uno psicologo di 56 anni, sposato con due figli, che lavora per l’Asl e più precisamente aiuta i tossicodipendenti a liberarsi dalla droga, ed è anche figlio di emigrati in Venezuela, dove è nato lui stesso. È a quella esperienza familiare che ha pensato quando ha visto la nazione in cui vive scivolare drammaticamente nella paranoia xenofoba. Argenta ricorda che suo padre, un muratore di San Marzanotto, in provincia di Asti, partì negli anni Cinquanta per il Venezuela, in cerca di lavoro, raggiunto poi dalla moglie con due bambini. “Allora in Sud America c’era un forte vena razzista contro gli italiani: ci definivano mafiosi e mangiaspaghetti, pizza e mandolino” ha detto il dottor Argenta al quotidiano ‘La Stampa’. “Mia madre mi raccontò che nelle città apparivano cartelli in spagnolo che avvertivano: si loca, ma non agli italiani”. Ma non è stata la discriminazione altrui che ha convinto Argenta a dare il buon esempio, piuttosto l’aiuto ricevuto. Stipati in quattro in una stanzetta, quando la madre rimase incita del terzo figlio, proprio Roberto, pensò di non potersi permettere di farlo nascere, ma il padre trovò lavoro presso un venezuelano che cercava un portiere per un palazzo, offriva quindi una casa insieme al lavoro e soprattutto non aveva problemi con gli italiani. La decisione di affittare solo a stranieri non è stata una provocazione, ha precisato il dottor Argenta, ma un modo per ricambiare la fiducia e opporsi a un clima di chiusura e pregiudizio che non si può condividere. Tra gli stranieri a cui ha affittato quei 70 quadri in centro – “sempre con regolare contratto per dare garanzie ad entrambi” precisa – l’inquilino più signorile è stato un rumeno che, prima di andarsene, ha ritinteggiato l’appartamento. Suo malgrado, perché il dottor Argenta è persona tanto concreta quanto riservata, la sua storia ha avuto anche la “consacrazione radiofonica nazionale” con un’intervista esclusiva di “Caterpillar”, una delle trasmissioni più briose e seguite di Radiodue, grazie alla quale quell’annuncio di poche righe sta diventando uno slogan contro la xenofobia.

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