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Appunti e note redazionali

Fonti

Gr 19:30

Sommario

In primo Piano

ENNESIME MORTI SOSPETTE NELLE CARCERI ITALIANE

Doppia morte sospetta oggi nelle carceri italiane. A Velletri è giallo sulla morte di un 41enne, deceduto dopo essere stato fermato per resistenza a pubblico ufficiale dai vigili urbani della cittadina laziale. Per l'associazione 'Antigone', che da anni si batte per i diritti e le garanzie nel sistema penale, a causare il decesso del detenuto sarebbero state le botte subite dalla polizia municipale. Diversa, ovviamente ,la versione della polizia di Velletri:”gli agenti sono intervenuti per sedare una rissa, l'uomo è deceduto probabilmente per le percosse ricevute nella rissa con altre persone”. Nel carcere milanese di Opera, invece, un 33enne affetto da paraplegia si sarebbe suicidato stringendosi al collo delle bende legate alla finestra. Protestano le associazioni per i diritti dei carcerati: vista la sua grave malattia l'uomo, solo in cella, avrebbe dovuto accedere a pene alternative compatibili con la sua impossibilità nel muovere le gambe”. Il servizio con Patrizio Gonnella, Presidente di Antigone

Editoriale

NOTIZIE BREVI

ESTERI

CRISI POLITICA: PROVE DI DIALOGO A LA PAZ

Si incontreranno alle 18:00 nel palazzo del governo a La Paz il presidente boliviano Evo Morale e Mario Cossio, governatore (alias prefetto) della regione orientale di Tarija nonchè portavoce delle cinque province “ribelli” che si oppongono alla politica economica di redistribuzione sociale della ricchezza avviata dal governo. Lo ha riferito il ministro della presidenza, Juan Ramon Quintana, precisando che la richiesta dell’incontro è arrivata dallo stesso Cossio a cui il governo ha messo a disposizione un aereo. Il ministro ha espresso soddisfazione per il nuovo atteggiamento del governatore di Tarija, in passato molto più intransigente, e per la scelta di riannodare il dialogo e il confronto politico, dopo i disordini e le violenze provocate nei giorni scorsi dai sostenitori dei governatori ribelli. “Questa volontà di dialogo implica che non possano esistere pre-condizioni o imposizioni” ha poi aggiunto il ministro. Gli ultimi sviluppi negoziali si verificano mentre sul terreno la situazione resta tesa. Blocchi stradali e proteste continuano a isolare alcune zone del paese (soprattutto nell’est) e, nonostante l’invio di militari nel Sud per presidiare i gasdotti, il governo continua a preferire la via del confronto, evitando di esasperare la situazione e limitando al minimo gli interventi di polizia e militari. Le violenze avvenute ieri alle porte di Cobija, capoluogo della regione amazzonica di Pando (nel nord del paese), e costate la vita ad almeno 8 persone, in maggioranza contadini che manifestavano a favore del governo, ha spinto il capo dei “ponchos rossi” (associazione militante dei contadini) a dichiarare lo stato di massima allerta nelle regioni orientale del paese. Intanto dopo l’espulsione decisa ieri dal presidente venezuelano dell’ambasciatore americano a Caracas, in segno di solidarietà al governo della Bolivia, oggi anche Washington ha dichiarato “persona non grata” il diplomatico venezuelano. In realtà già ieri notte, Hugo Chavez aveva chiesto al suo ambasciatore di rientrare.

Usa: sanzioni a Venezuela, congelate attivita' finanziarie

WASHINGTON - Gli Stati Uniti hanno disposto il congelamento di tutte le attività commerciali e finanziariein atto con il Venezuela.In un comunicato il Tesoro americano precisa che le sanzioni prevedono "il congelamento di tutte le attività individuali o di organizzazioni (del Venezuela) sotto giurisdizione americana" e proibiscono "a tutte le attività americane di avere rapporti commerciali o finanziari" con soggetti o organizzazioni a qualsivoglia titolo collegate con il Venezuela.

Disordini per il 35esimo anniversario del golpe: molti arresti e feriti

Durante il 35esimo anniversario del golpe del generale Pinochet, che rovesciò il governo del presidente Salvador Allende, a Santiago del Cile sono stati registrati molti disordini. Il bilancio è di 234 persone arrestate e 38 ferite, di cui 29 carabineros. Un ragazzo di 18 anni riporta un grave trauma cranico, e una donna incinta è stata portata in ospedale per ferite da arma da fuoco. Tra le forze d'ordine ferite, tre sono in condizioni critiche. Scontri e disordini sono stati registrati anche in altre cinque regioni del Paese, e 160 persone sono state arrestate. Nelle periferie della capitale le persone hanno preso d'assalto i supermercati. Inoltre la Chilectra, la compagnia fornitrice dell'energia elettrica, ha fatto sapere che durante la notte 148.200 utenti è rimasto senza luce.

Russia: ex paesi asiatici Urss per forza militare comune

MOSCA - Un gruppo militare comune di dieci battaglioni capace di un rapido dispiegamento di forze per respingere ogni minaccia alla sovranità di ogni Stato membro: é il progetto dell'organizzazione per la sicurezza collettiva (Csto), che riunisce la Russia ed altre quattro repubbliche asiatiche ex sovietiche (Kazakhstan, Uzbekistan, Tagikistan e Kirghizistan), secondo quanto annunciato dal gen. Nikolai Bordiuzha, segretario generale dell'organizzazione.

"Se tutte le parti interessate sono d'accordo, avremo un gruppo di cinque parti nella regione dell'Asia centrale. Sarà un gruppo piuttosto grande, consistente non solo di piccole ma anche di grandi unità", ha spiegato all'agenzia Interfax.

"Tale gruppo dovrebbe essere preparato a respingere qualsiasi minaccia alla sovranità dei nostri Stati", ha proseguito, aggiungendo che il cuore di questo gruppo militare sarà una forza di dispiegamento rapido della Csto, che potrebbe consistere in una decina di battaglioni.

Porsche e Ue spaventano i lavoratori Volkswagen: protestano in 40mila

Per il sindacato Ig Metall è la più grande manifestazione nella storia della Volkswagen. Circa 40.000 dipendenti WV hanno dimostrato stamattina davanti i cancelli della sede centrale della casa automobilistica tedesca a Wolfsburg, nel nord della Germania. Nelle stesse ore, a poche centinaia di metri di distanza, si è riunito il consiglio di sorveglianza di Vw.

I dipendenti chiedono di mantenere in vita la cosiddetta "Legge Vw", la norma che per decenni ha protetto l'azienda dall'ingresso di investitori indesiderati e che la Commissione europea vuole cancellare del tutto. Dopo che, lo scorso anno, la Corte di Giustizia Ue ha bocciato la legge, il Governo tedesco ha elaborato ora un nuovo testo, che assegna di fatto alla Bassa Sassonia (il secondo azionista di Vw dietro Porsche, con circa il 20%) un potere di veto su tutte le decisioni piu' importanti.

Un passo che all'Ue non è piaciuto affatto, tanto che nei giorni scorsi una portavoce del commissario per il Mercato interno, Charlie McCreevy, ha fatto sapere che la Commissione si appresta a deferire nuovamente la Germania alla Corte Ue. I tempi delle istituzioni europee, però, sono lunghi: l'obiettivo dei dimostranti non è l'Ue, quanto Porsche. La casa automobilistica di Stoccarda controlla il 31% di Volkswagen e ha già annunciato di voler salire a oltre il 50%. E i metodi del numero uno di Porsche, Wendelin Wiedeking, incontrano la forte opposizione dei dipendenti di Vw, ma non solo. Secondo indiscrezioni stampa, Ferdinand Piech, capo del consiglio di sorveglianza di Volkswagen e co-proprietario di Porsche, starebbe tramando per sostituire Wiedeking.

Anche Porsche preme sull'acceleratore europeo per eliminare completamente la "Legge Vw". La societa' di Stoccarda ha cercato in mattinata di rassicurare i dipendenti Volkswagen. Anche in caso di scomparsa della norma, ha fatto sapere l'azienda, le decisioni sull'eventuale chiusura di stabilimenti di produzione Vw verranno prese soltanto con una maggioranza di due terzi nel consiglio di sorveglianza. Ma a Wolfsburg la paura è tanta: in gioco un modello di assetto azionario e decenni di gestione aziedale 'copartecipata', che con Porsche potrebbero essere spazzati via. Attraverso il 20% di controllo pubblico, infatti, sono assicurati ai rappresentanti sindacali anche importanti diritti derivanti dagli accordi sulla cogestione (Mitbestimmung) nell'ambito della cosiddetta "economia sociale di mercato".

ITALIA

Morte operai Fs: arresto caposquadra

Per omicidio colposo plurimo, non mise segnali dei lavori (ANSA) - CATANIA, 12 SET -Arrestato Cassaro Castrense caposquadra e responsabile della sicurezza del cantiere vicino alla stazione ferroviaria di Motta S.Anastasia. L'uomo, 58 anni, e' accusato dalla Polfer di omicidio colposo plurimo e di calunnia, per l'incidente del 1 settembre scorso in cui sono morti, travolti dal treno regionale 382 Palermo-Catania, due operai delle Fs, Giuseppe Virgillito e Fortunato Calabrese. Avrebbe omesso di collocare a debita distanza dalla stazione le tabelle di segnalazione dei lavori.

Siparietto


Gr 13:00

In primo Piano

RICORDANDO STEPHEN BANTU BIKO, 31 ANNI DOPO

"Il cantante Peter Gabriel gli dedicò una canzone sulle cui note anche l’arcivescovo anglicano e premio Nobel per la pace, Desmond Tutu, non seppe trattenere le lacrime e il suo volto campeggia ancora sulle t-shirt della gioventù sudafricana. E' Steven Bantu Biko, fondatore, nel 1970 in Sudafrica, del “Black Consciousness Movement”, il “Movimento per la coscienza nera”, e attivista simbolo della lotta all’apartheid". "Biko morì nel corso di un trasferimento da una prigione ad un’altra. Inizialmente le autorità sostennero che non era sopravvissuto allo sciopero della fame. Alcuni giornalisti riuscirono però a provare che la sua morte era stata causata da trauma cranico e la scoperta provocò l’indignazione della comunità internazionale, che per la prima volta adottò delle sanzioni contro il regime dell’apartheid".

Bantu Stephen Biko nacque nel dicembre del 1946, nella provincia del Capo Orientale. Dopo gli studi secondari si iscrisse a medicina all’Università del Natal - sezione separata per i neri, beninteso. Maturava intanto in lui la coscienza politica. Il suo primo impegno fu con l’Unione nazionale degli studenti sudafricani (Nusas). Ma nel 1969 se ne staccò per fondare l’Organizzazione degli studenti sudafricani (Saso). Nella Nusas militavano anche giovani bianchi, la loro presenza era preponderante, Biko si convinse presto della necessità di uno spazio dove i neri in quanto tali si valorizzassero in modo autonomo. Prendeva corpo la Black Consciousness: la “Coscienza (o Consapevolezza) nera”. Il giovane Steve aveva annusato lo spirito del tempo, soprattutto quello che soffiava sull’Africa (la negritudine, Kwame Nhrumah, Amílcar Cabral…), sugli Stati Uniti (Malcolm X, il Black Power e la Black Theology…), sull’America Latina (Paulo Freire e la sua pedagogia degli oppressi). «Per “Coscienza nera” - spiegava Biko - io intendo la rinascita politica e culturale di un popolo oppresso. Ora i neri in Africa sanno che i bianchi non saranno conquistatori per sempre. Questa scoperta li conduce a porsi la domanda: “Chi sono io? Chi siamo?”.

La sfida della decolonizzazione è stata condivisa dai bianchi liberali. Per qualche tempo si sono comportati come portavoce dei neri. Ma poi qualcuno di noi ha cominciato a chiedersi: “Possono forse i nostri amici liberali mettersi al posto nostro?”. La nostra risposta fu: “No!... Finché i bianchi liberali sono i nostri portavoce, non ci sarà nessun portavoce nero”». Da qui all’accusa di razzismo (alla rovescia), il passo era breve. Ma Biko non si lasciò spiazzare: «Ancora oggi - confessava nell’anno della sua morte - noi siamo accusati di razzismo. È un errore. Noi sappiamo che tutti i gruppi interrazziali in Sudafrica hanno rapporti nei quali i bianchi sono superiori, i neri inferiori. Così, per cominciare, i bianchi devono rendersi conto di essere solamente “umani”, non superiori. La stessa cosa per i neri, che devono rendersi conto di essere umani, non inferiori. Per tutti noi questo significa che il Sudafrica non è europeo, ma africano». Grido di libertà è un film che il regista Richard Attenborough (quello di Gandhi) ha costruito proprio sull’amicizia di Biko (la prima interpretazione importante di Denzel Washington) con un giornalista, un bianco liberale. È grazie a lui, del resto, che sappiamo molte cose di Biko, affidate a un libro di memorie. Per Donald Woods (questo il suo nome), che pagò con l’esilio il suo rapporto con Biko, «l’amico che più apprezzavo era un uomo speciale, straordinario. Nei tre anni che lo conobbi, non ebbi mai il minimo dubbio che fosse il leader più importante dell’intero paese. Era saggio, pieno di humour, compassionevole, brillante, altruista, modesto, coraggioso. Il governo non ha mai capito quanto Biko fosse uomo di pace. Il suo costante obiettivo era la riconciliazione pacifica di tutto il Sudafrica».

NOTIZIE BREVI

ESTERI

CRISI POLITICA: TENSIONE RESTA ALTA, MA AMERICA LATINA APPOGGIA LA PAZ

Resta molto tesa la situazione politica in Bolivia, teatro anche ieri di violente proteste contro il governo; qualche buona notizia per il presidente Evo Morales è arrivata però da oltre confine, con la solidarietà o addirittura l’aperto sostegno dei più importanti governi latinoamericani. Secondo gli ultimi bilanci, sono otto le vittime causate nella provincia settentrionale di Pando dagli scontri tra contadini e militanti dell’estrema destra; in merito all’episodio, forse il più grave dall’inizio della crisi, un portavoce della presidenza boliviana ha affermato che le squadre di attivisti sono andate all’attacco con machete, mazze e pistole, causando almeno 20 feriti. La giornata di ieri è stata segnata dalle violenze dei gruppi radicali legati all’opposizione anche nelle altre province “ribelli” dell’est, dove si concentrano i grandi latifondi e i più ricchi giacimenti di idrocarburi. Diversi aeroporti sono rimasti chiusi a causa dei disordini, mentre a risentire delle violenze è ormai anche l’economia: fonti di stampa internazionali hanno confermato la chiusura a titolo precauzionale di un gasdotto che collega la Bolivia all’Argentina e, per consentire le riparazioni di un impianto sabotato nei giorni scorsi, il governo di La Paz ha annunciato che le esportazioni di metano verso il Brasile saranno ridotte del 10% per due o tre settimane. La partita boliviana si gioca anche al tavolo della diplomazia internazionale. Impegnato a favorire una più equa distribuzione delle risorse nazionali a beneficio dei contadini e dei minatori poveri dell’altopiano andino, Morales ha incassato nelle ultime ore appoggi importanti non solo da governi “di sinistra”. Se il presidente venezuelano Hugo Chavez si è detto pronto a “organizzare operazioni di qualunque tipo” pur di “ripristinare il potere del popolo”, l’esecutivo argentino ha espresso “sostegno pieno e incondizionato al governo costituzionale della Bolivia”. Sembrano condividere la stessa linea il Cile e il Brasile, che nei giorni scorsi aveva definito proteste e violenze “atti di grave sfida delle istituzioni e dell'ordine legale”; positivi anche i segnali giunti dai vicini paesi andini, Colombia, Perù ed Ecuador, secondo i quali Morales “saprà trovare una soluzione costituzionale a questa situazione, attraverso un cammino di pace e dialogo, che contribuirà a preservare le istituzioni democratiche e l’unità della Bolivia”. Ad accompagnare gli ultimi sviluppi della crisi è anche il contenzioso tra La Paz e Washington. L’inviato diplomatico americano, accusato di “complottare contro la democrazia con l’obiettivo di dividere il paese”, dovrà lasciare la Bolivia entro 72 ore: lo stesso periodo di tempo concesso all’ambasciatore boliviano per lasciare gli Stati Uniti.

MISSILI SU VILLAGGIO PRESSO CONFINE AFGANO, NUMEROSE VITTIME

Sarebbero almeno 11 le vittime causate all'alba di oggi da un bombardamento aereo su un villaggio pachistano, non lontano dal confine con l’Afghanistan: lo hanno riferito amministratori e funzionari dei servizi segreti locali. Secondo una delle fonti, almeno un missile ha colpito in pieno una casa in un sobborgo di Miranshah, il capoluogo del distretto del Waziristan settentrionale. Sulla base delle ricostruzioni fornite da diverse fonti di stampa internazionali, l’identità delle vittime non è ancora stata accertata, ma appare probabile che a perdere la vita siano stati anche civili. Secondo l’agenzia di stampa americana “Associated Press”, in luglio la Casa Bianca ha autorizzato raid aerei e operazioni di terra più frequenti nelle regioni di confine del Pakistan a partire dalle basi statunitensi in Afghanistan. La scorsa settimana, missili esplosi da alcuni elicotteri giunti da oltre frontiera avevano provocato la morte di una ventina di persone nel distretto del Waziristan meridionale; Islamabad aveva denunciato “una gravissima strage di civili” e l’ennesima “brutale violazione” della propria sovranità nazionale. Ormai da anni gli Stati Uniti e i loro alleati occidentali accusano il governo pachistano di non fare abbastanza contro la guerriglia attiva nelle regioni nordoccidentali, che appoggerebbe i “talebani” in lotta contro il governo afgano.

MILITARI ETIOPICI SPARANO SU CIVILI, VITTIME

Soldati etiopici hanno aperto il fuoco su un gruppo di persone, nella città di Beledwyne, nel sud-ovest della Somalia a ridosso della frontiera con l’Etiopia, uccidendo tre civili. L’episodio è avvenuto all’indomani di un attacco condotto da alcuni uomini armati contro una pattuglia di militari di Addis Abeba, nel quale un soldato aveva perso la vita. La stampa locale riferisce oggi che i militari hanno setacciato il quartiere in cui era stata tesa l’imboscata, sparando in aria e sulle case, generando il panico tra i residenti. Ieri intanto, alla periferia di Afgoye, nella regione della Lower Shabelle, almeno quattro persone sono state uccise e altre due ferite dopo che un commando di uomini armati ha attaccato la caserma di Laanta Buro. Secondo alcuni testimoni, i soldati che si trovavano all’interno del campo hanno reagito al lancio di razzi aprendo il fuoco: i combattimenti avrebbero provocato diverse vittime, almeno due delle quali civili. Non è la prima volta che la popolazione somala denuncia rappresaglie da parte dei militari, somali e etiopici, impegnati a reprimere un’insurrezione di gruppi armati anti-governativi; secondo le organizzazioni umanitarie, solo nell’ultimo anno gli scontri hanno causato la morte di oltre 6000 civili.

Rifiutate cure mediche urgenti: sciopero della fame e della sete di un prigioniero politico basco

Juan Josè Rego, prigioniero politico basco di 69 anni, ha annunciato ieri uno sciopero della fame e della sete, per protestare contro le dure condizioni di detenzione. Secondo quanto riferito dai militanti di Askatasuna ( associazione nata per difendere i diritti dei prigionieri politici), Rego avrebbe dovuto essere trasferito all'ospedale di Donostia, ma un cambio di prigione avrebbe fatto slittare di oltre 10 giorni il suo trasporto. Per questo ha deciso di rifiutare le medicine di cui ha bisogno e di ricorrere allo sciopero della fame come forma di protesta. A lui, come ad altri 14 prigionieri politici baschi, non è stata concessa l'applicazione dell'articolo 92 del codice penale spagnolo, ovvero la liberazione per i prigionieri in gravi condizioni di salute. Askatasuna e il Movimento pro amnistia, che vedono proprio nel trattamento riservato ai detuniti politici ammalati l'esempio più clamoroso "della crudele politica penitenziaria del governo socialista", hanno denunciato le condizioni "insopportabili" di detenzione e hanno chiamato la popolazione alla protesta. Rego è detenuto nel carcere di Mansilla da quando è stato arrestato, nel 1995, e soffre da più di quindici anni di una malattia cerebro-vascolare, di diabete e ipertensione. Nel 2005, poi, è stato colpito da un infarto che lo ha lasciato senza memoria per alcuni mesi e con una mobilità ridotta.

Mutui: Usa, record pignoramenti

Ad agosto +27% su base annua e +12% rispetto a luglio (ANSA) - ROMA, 12 SET - Ancora un record dei pignoramenti negli Usa: ad agosto sono stati 303.879 i mutuatari di case colpiti dalla procedura. E cioe' uno su 416 proprietari di un immobile. E' il livello piu' alto mai riportato da questo tipo di statistica, introdotta nel 2005, e supera dell'11% il precedente record segnato a maggio quando si registrarono 273.001 notifiche. Nel dettaglio, le procedure di pignoramento sono aumentate del 27% ad agosto su base annua e del 12% rispetto a luglio.

ITALIA

ALITALIA, LA CAI SI RITIRA. SACCONI: SITUAZIONE CRITICA

Si fa sempre più sottile il filo dei negoziati tra sindacati e Cai per il futuro di Alitalia. Dopo sette giorni di negoziato, la società della cordata di imprenditori italiani creata per rilevare la compagnia aerea fa sapere che, a suo giudizio, "non ci sono le condizioni per proseguire le trattative". Uno stop pesante, ma non la rottura formale, come ha rilevato il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, che parla di "situazione critica, non definitiva". Anche se avvisa che "la macchina del commissario di Alitalia è inesorabilmente in moto", vale a dire che Augusto Fantozzi potrebbe oggi stesso avviare le procedure per la mobilità dei dipendenti. "Voglio sperare che non diano forfait. Noi ce l'abbiamo messa tutta, ce la stiamo mettendo tutta. Ci vuole senso di responsabilità anche da parte loro, oltre che da parte nostra, e anche da parte del governo", dice il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni.

Un appello che segue di qualche ora le affermazioni del consigliere delegato di Intesa SanPaolo, Corrado Passera, secondo il quale i lavoratori, "in particolare i piloti, non si rendono conto della situazione in cui si trova Alitalia". "Le condizioni oggettive fanno temere il peggio", aveva detto poco prima il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi, e nella notte la rottura con i sindacati "non c'é stata solo perché alla fine è emersa un po' di buona volonta". In attesa che il confronto riparta, gira anche la voce di una contro offerta "a cui - secondo i sindacati - prenderebbero parte i dipendenti stessi con le loro liquidazioni, affiancati da banche di prim'ordine, più soci internazionali interessati".

Per le banche si fa il nome di Unicredit, ma l'istituto di Alessandro Profumo prontamente smentisce: "Non ci sono contatti né incontri, né alcun coinvolgimento per un' offerta alternativa a Cai per Alitalia". Indiscrezioni danno poi alcuni dettagli del piano di esuberi: 870 piloti, più 130 delle attività cargo da esternalizzare; 1.600 assistenti di volo. Tra ammortizzatori e esternalizzazioni i lavoratori coinvolti sarebbero oltre cinquemila.

Per tutta la notte si è lavorato ad una difficile opera di tessitura diplomatica, ma questa mattina Cgil, Cisl, Uil e Ugl, annunciando "insormontabili difficoltà", si sono detti disponibili a "fermare gli orologi e aggiornare la ripresa della trattativa", a patto che tutti gli attori si fermino, anche il commissario straordinario di Alitalia, Fantozzi.

Tragedia ieri nella rotta per Portopalo. Il racconto degli immigrati: "Morti e gettati in mare 13 di noi"

Sarebbero partiti in 72, stipati su un gommone di undici metri, ma sulle coste siciliane sono arrivati in 59. Sarebbero tredici le vittime dell'ultima tragedia sulle rotte dell'immigrazione, uccisi dagli stenti della terribile traversata, in base al racconto degli stranieri sbarcati ieri mattina a Portopalo di Capo Passero.

I migranti sarebbero partiti dalla costa libica dieci giorni prima e sono stati segnalati ieri, intorno alle 7 dalle autorita' maltesi a quelle italiane. Il natante e' stato quindi localizzato a 23 miglia a sud da Portopalo e intercettato poco dopo dalle motovedette della Capitaneria di Porto e della Guardia di finanza che hanno compiuto le operazioni di trasbordo e condotto a terra, intorno alle 10.40, i 59 migranti, tra cui 15 donne e due bimbe, provenienti dalla Nigeria, dal Niger, dal Ghana, dalla Sierra Leone e dal Sudan.

Siparietto


Gr 9:30

ESTERI

ITALIA


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gror080912 (last edited 2008-09-12 17:24:38 by anonymous)