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Tar: "Niente donne in Giunta? Ma i maschi non possono ricorrere" Straordinaria sentenza in Molise: due consiglieri uomini sollevano il problema sulla scia di Taranto. Decisione: "Non hanno interesse" "Masculi chi masculi". Il Tar del Molise sul punto ha deliberato. Chiamato da due maschi a pronunciarsi sull'assenza di donne nella giunta provinciale di Isernia, ha rilevato carenza di interesse. Siete maschi e difendete le donne?

Paese che vai Tar che trovi. Ogni giudice ha un convincimento, e ciascun convincimento è preso, figurarsi!, a norma di legge. Nasce così una forma di giurisprudenza territoriale che subisce modifiche con l'avanzare dei chilometri. Se a Taranto l'assenza di donne in giunta provinciale, violazione della norma che assicura le cosiddette quote-rosa, è stata un'omissione da sanare in trenta giorni, come recitava l'ordinanza del Tar di Lecce; a Isernia, per l'appunto, le donne possono aspettare anche altri trent'anni. Non c'è urgenza. E non c'è impar condicio.

Nelle tre memorabili paginette sfornate dal Tar di Campobasso è assunto il principio che i maschi non devono interessarsi ai fatti delle donne. Tecnicamente manca "l'interesse legittimo" dei ricorrenti, due consiglieri provinciali di Isernia, a discutere e contestare. I due avevano scritto al Tar esponendo quel che segue: Isernia è l'unica Provincia d'Italia che vede ai posti di comando solo maschi. Maschi non solo in giunta, ma maschi, tutti maschi, anche in consiglio provinciale. Maschi in segreteria, maschi in ogni corsia. Maschi in alto e in basso. Dal momento che lo statuto (articolo 26 comma 5) prevede la presenza femminile, "voglia codesto onorevole Tribunale annullare il provvedimento di costituzione della Giunta provinciale e ordinare l'integrazione al femminile".

I due consiglieri si erano fatti forza dopo aver conosciuto la decisione del tribunale amministrativo pugliese di imporre al presidente della Provincia di Taranto la presenza rosa. Decisione accolta con un plauso persino dal destinatario dell'ordine, il presidente della Provincia appunto; commentata con soddisfazione dal ministro per le Pari opportunità. Analizzata, condivisa da tutti e illustrata come segno visibile di progresso all'Italia intera. Anche lì la riduzione nell'Istituzione di una quota percentuale di testosterone era stata causata da un esposto sottoscritto da un maschio, rappresentante di un comitato civico. Dunque un maschio, l'avvocato tarantino Romano, che ricorreva vittorioso a favore delle donne (tarantine).

I molisani hanno seguito alla lettera la vicenda. Sicuri di averla anch'essi vinta hanno invocato il vincolo statutario, l'onere che ricade in capo a colui che preside la Giunta: adeguare i suoi componenti e - ritenendo la legge uguale per tutti e valida sia a sud che a nord dello Stivale - hanno richiesto il provvedimento cautelare.

Che non c'è stato per due ordini di motivi. Il primo - fondamentale - l'abbiamo spiegato. I magistrati molisani scrivono a pagina 3 dell'ordinanza: "Il ricorso non appare assistito da sufficienti motivi di fondatezza in quanto i consiglieri provinciali di sesso maschile che hanno proposto gravame non appaiono legittimati a dolersi della violazione delle norme previste a tutela della rappresentanza femminile". Ecco il punto: i fatti delle donne sono, per l'appunto, fatti di donne. Sei maschio? E allora taci. I magistrati hanno anche fatto di conto e rilevato ancora che, nell'ipotesi di accoglimento del ricorso, i due maschi "non potrebbero trarne alcuna concreta utilità giuridica essendo loro preclusa la possibilità di aspirare a nomine riservate a soggetti di sesso femminile".

La filosofia giurisprudenziale molisana accoglie così l'idea autarchica del conflitto di genere. Le donne con le donne e i maschi con gli altri maschi. Ciascuno si curi gli affari propri. Nel solco di questa interpretazione anche l'appagata nota del presidente della Provincia Luigi Mazzuto (Pdl). Dopo aver considerato che la vittoriosa resistenza davanti al Tar contro l'intrusione dei due maschi si deve alla qualità dell'ufficio legale in cui "operano anche donne", ha segnalato, nel gioioso e soddisfatto comunicato stampa, che nonostante ce l'abbia messa tutta a candidare qualcuna alle elezioni, "bisogna prendere atto che le donne non votano le donne".

Sventato l'inciucio di genere, Isernia traccia la linea: di qua i maschi, di là le femmine. In fila e senza fare confusione.

(9 novembre 2009)

lunedì 9 novembre 2009 Amnesty international ha attivato un appello di richiesta di protezione per Norma Cruz che in Guatemala lavora per un’organizzazione dei diritti delle donne. Norma Cruz è la direttrice della Fondazione dei sopravvissuti (Fundación Sobrevivientes), un’organizzazione che fornisce servizi di assistenza alle donne che subiscono violenza. In particolare, insieme con altre sue colleghe riceve messaggi con minacce di morte. La Fondazione dei sopravvissuti gestisce un centro di crisi per le vittime di violenza sessuale e offre sostegno a coloro che hanno il coraggio di intraprendere un’azione legale per portare i responsabili di fronte alla giustizia. Nonostante nell’ultimo decennio, in Guatemala, il numero di donne assassinate sia cresciuto in modo esponenziale, lo stato non ha fornito una protezione adeguata a tutte coloro che si trovavano in una situazione di rischio. > >

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PALESTINA

Report da Batir

Il nostro viaggio oggi ci ha portato nel villaggio di Batir, poco distante dal campo di Dheisheh. Il villaggio, completamente circondato dagli insediamenti, ha riacquisito le proprie terre confiscate nel '48, solo dopo la contrattazione con lo stato occupante e cedendo unicamente sulla costruzione della ferrovia israeliana. Mescolati ad un folto gruppo di ragazzi/e del campo, entusiasti di passare una giornata immersi nel verde distante dal grigiore quotidiano, tra grida euforiche e un sali e scendi caotico dal bus, siamo arrivati in poco tempo dalla famiglia che dovevamo incontrare. Il rituale del caffé non è mancato all'accoglienza e raccolte le energie, tutti/e insieme, compresi i/le bambini/e, ci siamo diretti/e all'uliveto. Il lavoro si è svolto sotto un caldo sole invernale che ha rallegrato tutti/e, in un contesto rurale caratterizzato dalla presenza anche di palestinesi che non avevano mai visto quei campi e in un clima di condivisione forte che lasciava intuire a tutti la Palestina che potrebbe essere. Scoccata l'ora del pranzo, seduti tra gli ulivi, donne, uomini e bambini/e hanno consumato un pranzo scaldato sulle pietre, un pranzo come momento raro di socialità tra persone che l'oppressione dell'occupazione tende a dividere ed isolare. Terminato il lavoro abbiamo deciso di passeggiare tra gli ulivi per conoscere meglio il territorio; siamo così arrivati in una gola terrazzata e coltivata grazie alla presenza di una sorgente ed un sistema di canali risalenti al periodo dei romani. Abbiamo poi risalito la pendenza dal lato opposto e il paesaggio aperto e incontaminato strideva con quello claustrofobico che abbiamo percepito nella vita quotidiana del campo profughi. Durante il nostro percorso abbiamo incontrato un frantoio moderno e lo abbiamo visitato,dopo questa immersione totale nella vita contadina palestinese siamo tornati tra gli stretti vicoli di Dheisheh... impossibile sentirsi liberi senza la loro libertà.

Report da Nihlin

A vent'anni dalla caduta del Muro di Berlino, il Muro dell'Apartheid continua a opprimere

Di L.M. (*) , da Bil'in.

Venerdì 6 novembre, in occasione del ventesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino, gli abitanti di Bil’in, accompagnati da decine e decine di attivisti internazionali e israeliani, hanno protestato contro il Muro dell’apartheid che da oltre cinque anni opprime le loro vite. I manifestanti hanno marciato dalla moschea fino alla postazione dei soldati portando un muro fatto di polistirolo con la scritta “Berlin 1989, Bilin ?” e “ Non importa dove, non importa quanto alti, abbattere tutti i muri”. Alcuni manifesti dicevano “Ich bin Biliner”, ricordando la famosa frase “Ich bin Berliner’. Diversi cori sono stati scanditi e discorsi al megafono ricordavano quanto l’unico desiderio sia quello di vivere in pace, ottenendo come unica risposta una pioggia continua di lacrimogeni. I manifestanti hanno posizionato il muro di fronte al cancello, al di là della recinzione, in modo da farlo abbattere dai soldati stessi. L’azione ha avuto il risultato sperato visto che i soldati per rimuovere il cancello lo hanno fatto cadere accompagnati dalle urla di giubilo dei dimostranti e sommersi dai lacrimogeni lanciati dai loro stessi commilitoni. Crca venti anni fa, Bil'in ha dovuto subire la perdita delle sue terre, espropriate dallo stato di Israle per costruire delle colonie illegali. Poi sette anni fa la decisione di Israele di costruire una barriera tra i Territori occupati e lo stato ebraico, che però non segue il tracciato che ufficialmente segna i confini dello stato che di fatto è riuscito ad annettere ulteriore terra palestinese. Solo a Bil'in, degli oltre 40.000 ettari rimasti dopo la costruzione delle colonie, il muro ne ha annessi più della metà. In cinque anni di proteste nei villaggi che sorgono lungo il tracciato del muro, 23 manifestanti sono stati uccisi dall’esercito durante delle manifestazioni pacifiche.

EL SALVADOR INONDAZIONI: ANCORA ZONE ISOLATE, PROSEGUONO RICERCHE E SOCCORSI

Proseguono le ricerche e le attività di soccorso dell’esercito e della protezione civile nelle zone del centro del Salvador maggiormente colpite dalle forti piogge dei giorni scorsi legate al passaggio dell’uragano ‘Ida’. Fonti locali fanno sapere che nella zona centrale di San Vicente vi sono ancora alcuni villaggi isolati raggiunti finora solo dagli elicotteri delle forze armate, mentre tutte le vie terrestri restano chiuse. Proprio le difficoltà legate al maltempo che sta proseguendo e all’isolamento di alcune aree, fa sì che i bilanci in circolazione siano ancora provvisori e confusi. Se, infatti, secondo la protezione civile il numero di morti confermato è salito a 130, i dati raccolti dagli uffici di medicina legale del paese parlano di 145 morti, mentre la Procura fa sapere di aver identificato finora 124 vittime. Intanto è salito a quasi 14.000 il numero delle persone danneggiate, molte delle quali rimaste senza un tetto e ospitate da alberghi e strutture pubbliche. Per gestire con più libertà gli aiuti e avviare la ricostruzione, ieri il Parlamento di San Salvador ha approvato all’unanimità, in una sessione straordinario, lo Stato di calamità pubblica e di emergenza in tutto il paese decretato dal presidente. Con questa misura il governo potrà attingere liberamente ai fondi di tutti i ministeri per finanziare i soccorsi e avviare un regime temporale di esenzione di imposta nelle zone più colpite.

Obama ha deciso: in Afghanistan altri 30-35mila soldati Washington, 10-11-2009

Se non saranno i 40mila chiesti dal generale Stanley McChrystal, saranno pochi meno. Barack Obama manderà almeno trentamila uomini in Afghanistan, ma l'annuncio non sarà dato prima della conclusione del tour del presidente Usa in Asia. Lo dà per certo la tv Fox News secondo cui tra la richiesta "ad alto rischio" di inviare 15mila soldati di rinforzo e quella "a medio rischio" di dispiegarne 45mila, il presidente avrebbe optato per una via di mezzo. Cbsnews cita una fonte militare vicina al generale McChrystal: il numero delle truppe "alla fine sarà molto vicino a quello indicato" dal comandante delle forze americane in Afghanistan A partire dovrebbero essere la 101ma divisione aviotrasportata da Fort Campbell e la 10ma divisone di montagna da Fort Drum per un totale di 23mila uomini ai quali si andrebbero ad aggiungere altri settemila uomini da dispiegare a Kandahar.

ITALIA

ROMA

Corrispondenza dal presidio dei Compagni di Eutelia, quinto operatore di telecomunicazioni in Italia che sta dismettendo tutto il settore IT mettendo a rischio quasi duemila posti di lavoro. Stamattina all'alba e' stato aggredito da un commando di poliziotti guidato da Samuele Landi, il proprietario dell'azienda, che sono entrati negli uffici dell'azienda tentando di sgomberare il presidio.

Corrispondenza Eutelia -> gr19,30 -> novembre -> 091110 -> eutelia.mp3

Da Ponte Galeria

Non fa mica tanto caldo, a Roma, in questi giorni. Eppure dentro a sette delle baracche del Cie di Ponte Galeria è una settimana che sono accesi i condizionatori d’aria. E sparano aria fredda, come avrebbero dovuto fare questa estate. «Non li possiamo spegnere, non dipende da noi», hanno risposto pazientemente crocerossini e poliziotti alle rimostranze dei reclusi. Dipende dai tecnici della ditta che li ha istallati, ma la direzione del Cie non ce li ha mica i soldi per pagarli. E così i condizionatori sparano aria gelida sui reclusi, dalla mattina alla sera. E i reclusi protestano e strepitano, ma inutilmente: del resto, non dipende da nessuno. Come se non bastasse la pioggia filtra dai tetti delle baracche. Quando piove fuori, piove anche dentro, e i prigionieri sono costretti a passare il proprio tempo ad asciugar pozzanghere e ad evitare le gocce che scendono dal soffitto. L’altroieri uno di loro è scivolato sul pavimento zuppo e si è spaccato la gamba. Anche lì proteste, e ancora una volta a vuoto: nessuno ci può far nulla, né la polizia, né l’esercito, né la Croce Rossa. Ci vorrebbero dei muratori, e nessuno ha i soldi per pagarli. E poi ha senso ristrutturare un Centro come quello di Ponte Galeria, che addirittura il Prefetto suggerisce di chiudere al più presto? E invece i reclusi – ingrati! – protestano e litigano e si arrabbiano. «Spegnete i condizionatori,» si ostinano a chiedere, «e fate sparire tutta quest’acqua che si infiltra dappertutto». Hanno insistito tanto che, questo pomeriggio, la Croce Rossa li ha accontentati: da un’oretta i condizionatori sono spenti e non si vede neanche più l’acqua che scende dai soffitti. Ma non si vede proprio niente, in realtà. Già, perché la direzione ha fatto togliere la corrente: «Stasera tutti al buio, rompicoglioni pretenziosi che non siete altro.» Aggiornamento 9 novembre. Alla fine la direzione di Ponte Galeria si è decisa a riattaccare la corrente e poi addirittura a spegnere i condizionatori d’aria. Solo che ora i faretti delle stanze rimangono accesi tutta la notte, puntati sulle facce dei reclusi quasi fosse un lunghissimo interrogatorio. Per il resto piove ancora, e di accendere il riscaldamento non se ne parla neanche. Se avete un attimo di tempo ascoltate questa testimonianza, registrata nel pomeriggio da Radio Onda Rossa: http://www.autistici.org/ondarossa/archivio/silenzioas...

Nuovo calo della produzione industriale in Italia. Nel mese di settembre - secondo i dati dell'Istat - l'indice della produzione ha segnato una diminuzione del 5,3 per cento rispetto ad agosto 2009; tornando cosi' sui livelli raggiunti a luglio scorso.

La variazione congiunturale della media degli ultimi tre mesi rispetto a quella dei tre mesi immediatamente precedenti e' pari a piu' 4,0 per cento; questo aumento segue la riduzione del 3,3 per cento registrata nel secondo trimestre del 2009. L'indice della produzione corretto per gli effetti di calendario ha registrato a settembre una diminuzione tendenziale del 15,7 per cento (i giorni lavorativi sono stati 22 come a settembre 2008), mentre nei primi nove mesi la variazione rispetto allo stesso periodo del 2008 e' stata di meno 20,3 per cento (i giorni lavorativi sono stati 190 come nel 2008). L'indice grezzo della produzione industriale ha registrato una diminuzione del 15,3 per cento rispetto a settembre 2008. Nel confronto tendenziale relativo al periodo gennaio-settembre, l'indice e' diminuito del 20,5 per cent

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