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Appunti e note redazionali

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Gr 19:30

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Editoriale

NOTIZIE BREVI

ESTERI

Londra, fumo negli occhi

Mentre a Londra si aprivano i lavori della conferenza internazionale sull'Afghanistan - in cui per la prima volta si discuterà di trattative con i talebani - a Kabul un giovane imam, Mohammad Yunus, 36 anni, moriva al volante della sua auto, crivellata dai colpi di mitra sparati da un soldato statunitense dalla torretta del suo blindato, che evidentemente temeva fosse un kamikaze.

L'ennesimo "incidente", che ha immediatamente scatenato una rabbiosa protesta popolare davanti alla base militare Usa di Camp Phoenix. "Ci dispiace molto, ma sono cose che capitano. La famiglia sarà risarcita", è stato il commento ufficiale del comando Nato - che intanto prepara una nuova grande offensiva militare nella provincia meridionale di Helmand per "liberare" dai talebani il distretto di Garmsir: lo stesso dove pochi giorni fa l'esercito afgano aveva sparato sulla folla che protestava contro i violenti rastrellamenti dei marines nei villaggi della zona.

La contraddizione della conferenza di Londra sta tutta qui. Nella capitale britannica, gli Stati Uniti e i loro alleati si dicono pronti a negoziare con il nemico per trovare una soluzione politica al conflitto afgano. Ma in Afghanistan continuano a fare la guerra uccidendo indistintamente talebani e civili, anzi, pianificano un'escalation militare che farà del 2010 l'anno più sanguinoso dall'inizio del conflitto e che, secondo la logica del bastone e della carota, dovrebbe indebolire il nemico fino a costringerlo ad accettare la trattativa. Insomma: o ti arrendi o ti uccido: "Con chi non rinuncia alla violenza - ha spiegato il premier britannico, Gordon Brown - l'unica scelta è la soluzione militare".

Karzai ha annunciato di voler convocare una Loya Jirga (il tradizionale gran consiglio afgano cui partecipano tutti i leader tribali, religiosi, politici e militari del paese) alla quale verranno invitati i leader talebani per avviare un processo di pace, e ha presentato il suo "piano per la riconciliazione nazionale" che consiste in un fondo da almeno mezzo miliardo di dollari (da finanziare con fondi pubblici dei governi occidentali) con i quali "reintegrare" nella società i combattenti talebani comprando la loro resa. Ma il presidente afgano ha anche chiesto che alle truppe straniere di rimanere in Afghanistan "per cinque-dieci anni", fino a quando l'esercito afgano non sarà in grado di sbrigarsela da solo.

Il presidente dell'Anp auspica che alla consultazione partecipi anche Hamas

Abu Mazen non si candidera' alle elezioni per la presidenza dell'Autorita' nazionale palestinese (Anp) del prossimo giugno. Secondo l'agenzia russa RiaNovosti il presidente dell'Anp ha spiegato che la sua e' "una decisione definitiva che non cambiera'". Abu Mazen non ha dato indicazione sul suo successore e ha detto che questo dipendera' dalla volonta' dei quattro milioni di palestinesi che si recheranno alle urne. Il presidente ha auspicato che alla consulazione elettorale partecipi anche Hamas, rivale di Al Fatah, vicino al leader dell'Anp.

Rapporto Onu: decine di Paesi hanno fatto ricorso a centri di detenzione o arresti segreti

Decine di paesi hanno fatto ricorso a centri di detenzione segreti o ad arresti 'illegali' a partire dal 2001, anno dell'attacco alle Torri Gemelle di New York e della nascita della lotta al terrorismo internazionale: lo sostiene un rapporto di esperti in diritti umani dell'Onu, condannando tale pratica e proponendone l'equiparazione a un crimine contro l'umanità. La guerra al terrorismo avviata dall'ex presidente degli Stati Uniti, George W. Bush, ha generato, secondo gli autori del rapporto, la creazione progressiva "ma determinata di un vasto sistema coordinato di detenzioni segrete di sospettati, coinvolgendo non solo le autorità statunitensi ma anche altri governi in quasi tutte le regioni del mondo". Oltre a Stati uniti, accusati di avere carceri segreti in Iraq e in Afghanistan, il rapporto cita tra l'altro l'Algeria, la Cina, l'Egitto, l'Iran, la Russia, la Tailandia, l'Etiopia e lo Zimbabwe, ma anche Gran Bretagna, Italia o Germania per aver nascosto atti illegali di manipolazione giudiziaria, o ancora paesi come Canada, Croazia, Indonesia o Kenya accusati di aver fornito informazioni o partecipato ad arresti di sospettati prima del loro trasferimento verso centri di detenzione segreti. Riferisce la notizia l'agenzia stampa missionaria Misna.

Russia. Nessuna crisi per il mercato delle armi: più 10 per cento

La Russia, tra i leader mondiali nelle esportazioni di armi, ha visto le sue vendite di attrezzature militari crescere del 10 per cento nel 2009. Lo ha reso noto la società russa Rosoboronexport, responsabile per l’export. L’anno scorso, la Russia ha venduto armi per 7,4 miliardi di dollari [5,3 miliardi di euro]. Ha spiegato il direttore generale della Rosoboronexport, Anatoly Issaikin: «Possiamo guardare avanti con ottimismo: i numeri parlano da soli». Dunque la crisi economica e finanziaria che ha colpito la Russia non ha minimamente scalfito le esportazioni di armi. Tra i paesi che sono tradizionali acquirenti di armi dalla Russia ci sono India, Cina, Algeria e Malesia, Venezuela e Siria. La Russia ha aggiunto alla lista di recente anche l’Arabia Saudita e la Libia, come pure alcuni Stati membri della Nato,

ITALIA

ITALIA

Fiat: di nuovo annuncio della chiusura di Termini Imerese

«I lavoratori di Fiat sia ieri sia stamattina - dice Mastrosimone - si sono presentanti sul posto di lavoro, è la Fiat che ne ha impedito l'ingresso. Per noi sono in cassaintegrazione». «Gli operai della Delivery' sono sul tetto del capannone da martedì 19 gennaio - aggiunge Mastrosimone - Per una settimana la Fiat li ha ignorati, continuando l'attività in modo regolare; all'improvviso, solo ieri, sostiene che non è più sicuro. La stessa cosa vale per il blocco delle merci in seguito alla protesta delle mogli dei lavoratori della Delivery: il giorno della protesta, martedì, la Fiat ha prodotto regolarmente, ieri invece ha deciso che non poteva più farlo». Per la Fiom «l'azienda sta discriminando i lavoratori, consente l'ingresso in fabbrica a tutti gli impiegati e ad altre figure professionali mentre impedisce agli operai che chiedono garanzie per il loro futuro di lavorare».

Palermo: Laboratorio Zeta resiste movimenti

Gli abitanti del quartiere di via Boito, dopo lo sgombero del Laboratorio Zeta , rispondono con una grande manifestazione rioccupando l'edificio e restituendo uno spazio al quartiere. Chiaramente, non si potevano spazzare via nove anni di occupazione senza aspettarsi una risposta forte e determinata, con la quale si ribadisce che il Laboratorio Zeta non si tocca!

Progetti e percorsi dal basso hanno caratterizzato questi nove anni, in cui lo Zeta ha saputo costruire momenti di aggregazione e politica, rispondendo a bisogni reali non solo per il quartiere, ma anche per i 30 sudanesi, che all'interno dello spazio autogestito hanno trovato l'accoglienza che mai le istituzioni locali hanno saputo dare ai migranti del territorio palermitano.

Questa forza collettiva, composta da migranti e abitanti del quartiere, non cede né alle pressioni fatte in questi giorni - che vorrebbero assegnare lo spazio all'associazione Aspasia - né tanto meno alle minacce di stampo mafioso fatte agli occupanti dello Zeta.

Nucleare: le regioni dicono No al governo centrale

La Conferenza delle Regioni ha votato ieri un parere contrario al nucleare. La Conferenza presieduta da Michele Iorio, Presidente del Molise, ha votato per il no a larghissima maggioranza. Contro un parere largamente condiviso vi sono schierate solo le ragioni del Nord e Nord-Est "produttivo" e dei distretti industriali: Lombardia, Veneto e Friuli.

Nonostante ciò il Governo ha già fatto sapere che continuera' per la propria strada, perche' - spiega - «intende andare avanti sul fronte del nucleare. Il parere negativo, ma non vincolante, della Conferenza delle Regioni sul decreto legislativo per il rientro dell'Italia nel nucleare conferma un atteggiamento pregiudizialmente negativo nel confronto sul futuro energetico del Paese»: questo il commento di Stefano Saglia, sottosegretario al ministero dello Sviluppo Economico con delega all'energia.

Non si capisce bene pero' quale possa essere a tutt'oggi l'appiglio del governo, essendo al momento, per Costituzione, delegata alle Regioni la scelta finale sulle forme di energia da usare.

Siparietto


Gr 13:00

In primo Piano

NOTIZIE BREVI

ESTERI

Egitto, studentesse rinchiuse perchè indossavano il niqab

Dopo il divieto di portare il velo integrale tensione negli atenei del Cairo

Un gruppo di studentesse egiziane, in attesa di sostenere un'esame alla facoltà di biologia, è stato rinchiuso in una stanza per un'ora dal personale amministrativo. Gli addetti, in modo poco ortodosso, hanno applicato in questo modo la direttiva che vieta nell'università Ain al-Shams del Cairo l'uso del niqab, il velo integrale.

Lo racconta il quotidiano locale al-Masrioon, secondo cui alcuni docenti hanno deciso di rinchiudere le ragazze nel locale durante l'ora in cui si svolgeva un esame di inglese che le giovani avrebbero dovuto sostenere. Due giorni fa, si legge, il gruppo di studentesse ha presentato una denuncia di sequestro di persona alla Procura della Repubblica contro il personale dell'ateneo. In un altro ateneo egiziano, nell'università Kfar al-Sheikh, un gruppo di 500 studentesse con il niqab sta portando avanti da una settimana una protesta dopo la decisione della sicurezza dell'ateno di impedire l'ingresso nelle Facoltà a chi indossa il velo integrale. A iniziare la battaglia contro il niqab in Egitto è stato lo sceicco dell'università islamica di al-Azhar, Muhammad Tantawi, che alcuni mesi fa ha chiesto ad alcune sue studentesse di partecipare ai corsi lasciando il viso scoperto.

Conferenza sull'Afghanistan a Londra

Dalla conferenza dovrebbero emergere le nuove cifre dei rinforzi dei paesi Nato alla missione Isaf in Afghanistan e gli impegni di addestramento delle forze armate e di sicurezza afgane.

Partecipano il presidente afgano Hamid Karzai, il segretario generale dell'Onu Ban Ki Moon, il premier britannico Gordon Brown e il capo del Foreign Office David Miliband, che presiederà la riunione. Oltre a loro, ci saranno i ministri degli Esteri di tutte e 43 gli stati che partecipano alla missione Isaf in Afghanistan guidata dalla Nato, tra tutti spicca il segretario di Stato Usa Hillary Clinton, più esponenti dei vicini del paese centro-asiatico. Per l'Italia c'è il titolare della Farnesina Franco Frattini, che incontrerà in bilaterale il nuovo ministro degli Esteri afgano Zalmay Rasoul.

Questa mattina il presidente Karzai in un'intervista alla Bbc ha spiegato che l'Afghanistan avrà bisogno di sostegno internazionale "almeno per i prossimi 15 anni". A proposito della formazione delle forze armate e di sicurezza del paese asiatico, elemento chiave nella strategia occidentale di un progressivo trasferimento di responsabilità dalla comunità internazionale a Kabul, il presidente afgano ha spiegato che per completare il processo ci vorranno "tra i 5 e i 10 anni".

Karzai ha inoltre detto che "persuaderà" i talebani senza legami con Al Qaeda a "deporre le armi", ma "nel rispetto della Costituzione" del paese. "I talebani che non sono parte di Al Qaeda o di altri reti terroristiche - ha affermato il presidente afgano - che accettano la costituzione e non hanno alcuna ostilità ideaologica con noi, saranno persuasi con tutti i mezzi pacifici a deporre le armi e tornare ad essere parte della comunità internazionale". Comunque, ha precisato il leader di Kabul, "la riconciliazione avrà luogo in accordo con la Costituzione afgana".

Il presidente afgano ha sottolineato che "questa volta è molto diverso dall'epoca sovietica, quella fu un'occupazione. Oggi, invece, quando gli Stati Uniti e i loro alleati sono venuti in Afghanistan, i talebani sono stati ricacciati in meno di un mese e mezzo, lo stesso popolo afgano fece in modo che i talebani fuggissero".

Il presidente afgano, dietro forti pressioni internazionale, dovrebbe presentare un piano in cinque punti di lotta alla corruzione.

Il ministro Frattini dal canto suo vedrà in bilaterale il nuovo capo della diplomazia afgana, Zalmay Rasoul. Previsto anche un incontro, sempre in bilaterale, con il ministro degli Esteri australiano Stephen Smith. Lo riferiscono fonti della Farnesina.

ITALIA

Fiat: di nuovo annuncio della chiusura di Termini Imerese

«I lavoratori di Fiat sia ieri sia stamattina - dice Mastrosimone - si sono presentanti sul posto di lavoro, è la Fiat che ne ha impedito l'ingresso. Per noi sono in cassaintegrazione». «Gli operai della Delivery' sono sul tetto del capannone da martedì 19 gennaio - aggiunge Mastrosimone - Per una settimana la Fiat li ha ignorati, continuando l'attività in modo regolare; all'improvviso, solo ieri, sostiene che non è più sicuro. La stessa cosa vale per il blocco delle merci in seguito alla protesta delle mogli dei lavoratori della Delivery: il giorno della protesta, martedì, la Fiat ha prodotto regolarmente, ieri invece ha deciso che non poteva più farlo». Per la Fiom «l'azienda sta discriminando i lavoratori, consente l'ingresso in fabbrica a tutti gli impiegati e ad altre figure professionali mentre impedisce agli operai che chiedono garanzie per il loro futuro di lavorare».

Palermo: Laboratorio Zeta resiste movimenti

Gli abitanti del quartiere di via Boito, dopo lo sgombero del Laboratorio Zeta , rispondono con una grande manifestazione rioccupando l'edificio e restituendo uno spazio al quartiere. Chiaramente, non si potevano spazzare via nove anni di occupazione senza aspettarsi una risposta forte e determinata, con la quale si ribadisce che il Laboratorio Zeta non si tocca!

Progetti e percorsi dal basso hanno caratterizzato questi nove anni, in cui lo Zeta ha saputo costruire momenti di aggregazione e politica, rispondendo a bisogni reali non solo per il quartiere, ma anche per i 30 sudanesi, che all'interno dello spazio autogestito hanno trovato l'accoglienza che mai le istituzioni locali hanno saputo dare ai migranti del territorio palermitano.

Questa forza collettiva, composta da migranti e abitanti del quartiere, non cede né alle pressioni fatte in questi giorni - che vorrebbero assegnare lo spazio all'associazione Aspasia - né tanto meno alle minacce di stampo mafioso fatte agli occupanti dello Zeta.

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gror100128 (last edited 2010-01-28 18:21:03 by anonymous)