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Appunti e note redazionali

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Editoriale

NOTIZIE BREVI ITALIA

Ancora tensione a Torino Oggi, è stato sgomberato l'ostile, la casa occupata di corso Vercelli a Torino gia' sgomberata una prima volta nelle scorse settimane e poi rioccupata. Sei le persone che si trovavano all'interno al momento dell'arrivo delle forze dell'ordine sono state portate in questura. Tutto il materiale che si trovava all'interno dello spazio pare che verrà "gentilmente" donato all’AMIAT (la società che si occupa di amministrare l’immondizia torinese) perchè butti tutto.Corso Vercelli, via pinerolo, via cuneo, corso novara sono ancora fortemente militarizzate. Da qualche giorno, forse approfittando della pausa nel servizio di scorta alle trivelle in Val Susa (ferme dal dopo-corteo del 23 gennaio) ma con un bel po' di "manodopera" disponibile, la questura di Torino ha deciso di dare un nuovo colpo ad alcuni spazi occupati di ultimissima generazione, occupati e sgomberati già più volte. Due giorni fa è stata la volta del Velena squat, rioccupato dal 22 gennaio. Ieri La Boccia, in zona Tesoriera, da tempo sotto progetto di demolizione; oggi l'Ostile rioccupato lo scorso 8 gennaio.

Come risposta a questi sgomberi, una 30ina di ex-occupanti e solidali decide di fare un'irruzione al comitato elettorale di Mercedes Bresso, in corsa per le prossime regionali. La facciata della sede è stata imbrattata con alcune scritte: "Tolte le case prendiamo le strade", "Fascisti" e altri "insulti", la sede occupata. A questo punto sono intervenuti alcuni "addetti alla sicurezza" del Partito Democratico che hanno aperto un po' di teste coi manganelli telescopici. E' quindi intervenuta la polizia e la digos. Sei persone, trattenute subito dopo lo sgombero mattutino,  sono in stato di fermo per invasione di edificio e furto di energia elettrica. Altri 15 i fermati dopo il blitz.

Ancora una volta, sgombero e risposta repressiva al blitz, servono a  Chiamparino e Questura come merce di scambio politica da vendere a giornali, alla Destra politica e all'opinione pubblica reazionaria come prove del "buon lavoro" svolto.

Cagliari: operai Alcoa bloccano aeroporto, scontri con polizia

Risale la protesta degli operai di Portovesme, blocchi stradali sulla statale e blocco dei voli del vicino aeroporto di Cagliari durante le giornate di ieri e oggi tornano ad accendersi i riflettori sulla vertenza per la salvaguardia del posto di lavoro nell'azienda statunitense.

La vertenza Alcoa. La protesta degli operai dell'Alcoa negli ultimi mesi era approdata a Roma, dove i vertici dell'azienda si sono incontrati con il Governo per arrivare ad un accordo sulle forniture di energia. Il nodo fondamentale era il costo elevato dell'energia che secondo l'azienda statunitense non permetteva di essere competitivi sul mercato. Ma come succede in Italia, e soprattutto in Sardegna, l'azienda aveva sempre ricevuto incentivi statali, questi però erano andati contro le leggi sulla concorrenza vigenti in Europa ed erano incappati nelle sanzioni: da qui la decisione della multinazionale di lasciare l'isola e con essa più di 2mila operai, tra azienda e indotto, che porterebbero alla morte un'intera area che versa già in gravi condizioni economiche. L'azienda negli incontri dei giorni scorsi aveva chiesto che, oltre alla diminuzioni del costo dell'energia, venissero eliminate le multe comminate dall'Unione Europea o quantomeno pagate dallo Stato Italiano. Il 27 gennaio l'Alcoa ha annuncia lo stop degli stabilimenti per 6 mesi con conseguente cassa integrazione. Da qui la comprensione da parte degli operai di Portovesme di non avere più la possibilità di contare sull'interessamento (solo di facciata) del Presidente della Regione e del centrodestra isolano ma di poter credere solo ed esclusivamente sulla propria forza. Già nei mesi scorsi, infatti, gli operai avevano, con la forza della determinazione e della rottura, fatto tornare sui propri passi l'azienda attraverso una dura lotta che aveva raggiunto il suo apice nelle manifestazioni di Roma, con il tentativo di sfondamento dei cordoni della polizia, e con l'occupazione dello stabilimento di Portovesme.

Operai di Portovesme in lotta Ora l'iniziativa torna in mano operaia, contro le trattative che si sono arenate su una direzione che non considera i loro interessi, quindi contro la cassa integrazione. Il 26 gennaio, all'arrivo della notizia della chiusura della fabbrica, gli operai si sono immediatamente mobilitati ed incatenati ai cancelli della vicina centrale Enel (indispensabile per la produzione Alcoa) per non permettere l'uscita e l'ingresso delle mezzi. Poi, nelle ore successive, un gruppo di 800 lavoratori hanno bloccato il traffico della statale 131, l'importante arteria che collega il nord e il sud della Sardegna, dando fuoco a delle barricate fatte di copertoni, mentre, contemporaneamente altri lavoratori bloccavano i voli all'interno dell'aeroporto di Elmas. E ancora oggi non si placa la protesta degli operai Alcoa. Centinaia di macchine sono partite all'alba portando operai e familiari all'aeroporto di Cagliari per occupare le piste. Hanno così bloccato un volo Meridiana e uno Ryanair per poi scontrarsi infine con i carabinieri in assetto antisommossa dentro l'aerestazione occupato. L'aeroporto, tuttora chiuso al pubblico, potrebbe rimanere fermo per i prossimi 2 giorni in quanto sembrerebbe siano stati anche danneggiati dei metal-detector.

Agitazione anche a Fusina. Anche gli operai dello stabilimento Alcoa di Fusina, in provincia di Venezia, si sono mobilitati stamane, entrando in sciopero alle 6. Hanno bloccato i cancelli dello stabilimento per impedire l'entrata e l'uscita dei camion delle merci, in modo da fermare la produzione del laminatoio. Si sono registrati momenti di tensione perchè sembra che l'azienda abbia tentato di far chiudere i cancelli, impedendo il ricambio dei lavoratori che si alternano nella protesta. Sulla strada davanti allo stabilimento gli operai hanno dato alle fiamme alcune pile di pneumatici.

ROMA – sale ancora il tasso di disoccupazione

Il tasso di disoccupazione a dicembre é salito all'8,5% dall'8,3% di novembre. Lo rileva l'Istat, precisando che è il dato peggiore da gennaio 2004, inizio delle serie storiche. I senza lavoro sono 2.138.000, 57mila in più rispetto a novembre e 392mila in più rispetto a dicembre 2008. L'Istat segnala che il tasso di disoccupazione a dicembre era di 1,5 punti più alto rispetto al 7% del dicembre 2008 con un incremento percentuale del 22,4%. La disoccupazione giovanile (tra i 15 e i 24 anni) ha raggiunto a dicembre 2009 il 26,2% con un aumento di tre punti rispetto allo stesso mese del 2008. Il tasso di disoccupazione è salito a dicembre rispetto a novembre a fronte di una sostanziale tenuta congiunturale dell'occupazione (+7.000 unità) a causa anche dell'entrata sul mercato di nuove forze di lavoro e della riduzione dell'area di inattività nella fascia tra i 15 e i 64 anni (-0,1% su novembre). A DICEMBRE PERSI 306.000 OCCUPATI (-1,3%) - L'occupazione a dicembre è rimasta sostanzialmente invariata rispetto a novembre, mentre ha perso l'1,3% rispetto a dicembre 2008, pari a 306mila posti in meno. Lo rileva l'Istat precisando che si tratta di dati provvisori e al netto dei fattori stagionali. L'Istat segnala che il tasso di disoccupazione a dicembre era di 1,5 punti più alto rispetto al 7% del dicembre 2008 con un incremento percentuale del 22,4%. La disoccupazione giovanile (tra i 15 e i 24 anni) ha raggiunto a dicembre 2009 il 26,2% con un aumento di tre punti rispetto allo stesso mese del 2008.

L'AQUILA – bertolaso ministro. E dopo il terremoto in abbruzzo è l'unico a tirare un bilancio positivo. Prendo l'impegno di affrontare subito il rilancio economico dell'Abruzzo. E' l'impegno del presidente del Consiglio e del nuovo ministro, perche' il minimo che possiamo fare per il sottosegretario Guido Bertolaso e' promuoverlo da subito ministro. Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi a Coppito, durante la cerimonia per il passaggio delle consegne da Guido Bertolaso al governatore Gianni Chiodi, nuovo commissario per la ricostruzione. La Protezione Civile lascia cosi' di fatto l'Abruzzo, a quasi dieci mesi dal sisma, ed e' proprio il Capo della Protezione Civile a tirare una sorta di bilancio.

ESTERI CONTINUA IL RIPOPOLAMENTO SIONISTA DEI TERRITORI OCCUPATI

Fonti ebraiche riferiscono dell’arrivo di una nuova delegazione di ebrei provenienti dal Sudamerica e dall'Etiopia che lo Stato ebraico ha convinto a venire nei territori palestinesi occupati nel 1948, soprattutto perché gli studi israeliani indicano che, nel prossimo decennio, il numero dei palestinesi nella Palestina storica supererà il numero degli israeliani. La radio israeliana ha confermato l’arrivo a Tel Aviv, nelle ultime ventiquattr’ore, di 240 ebrei dal Sudamerica e dall’Etiopia, aggiungendo che i nuovi arrivati sono stati inviati in diversi centri di accoglienza dello Stato ebraico. È da notare a questo proposito che il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato, durante la conferenza di Ashdod sull’assorbimento degli ebrei importati, che essi "sono ormai parte integrante del tessuto della vita in Israele", sottolineandone il ruolo nel "salvare Israele sotto il punto di vista demografico, della sicurezza, economico e politico".A questo si aggiunge la denuncia di Un’organizzazione per i diritti umani palestinese che riferisce di 22 prigionieri palestinesi che lottano contro la morte nell’ospedale del carcere israeliano di al-Ramla. L’associazione at-Tadàmun Internazionale, in un comunicato stampa diramato lunedì 25 gennaio ha diffuso un elenco contenente i nomi dei prigionieri palestinesi detenuti nell’ospedale del carcere al-Ramla "Mrash" (vicino a Gerusalemme) che versano in condizioni di salute estremamente difficili. L'associazione ha precisato che si tratta di ventidue prigionieri che si trovano permanentemente nell’ospedale del carcere, e che decine di altri prigionieri arrivano in ospedale per cure o esami e poi tornano in cella. L’associazione ha riferito della negligenza medica verso i prigionieri nell'ospedale della prigione; prigionieri che non ricevono le cure necessarie e che non si fidano dei medici israeliani e chiedono perciò un intervento, in nome dei diritti umani, affinché le loro vite siano salve.

I palestinesi protestano contro il muro, dura risposta di Israele Ogni venerdì da cinque anni nei villaggi di confine ci sono delle manifestazioni. Ora la reazione dell'esercito si è intensificata Scontri tra palestinesi ed esercito israeliano in Cisgiordania: in diversi villaggi, come Nilin e Nabi Saleh, i palestinesi protestano tutti i venerdì da cinque anni contro il muro di separazione con Israele. Con loro anche esponenti di associazioni pacifiste che da tempo seguono la vicenda. Negli ultimi giorni, come riferisce il «New York Times», la tensione si è intensificata e i militari hanno fatto ampio uso di gas lacrimogeni, come si vede nelle immagini che si riferiscono alle manifestazione del 29 e 22 gennaio a Nabi Saleh.Mercoledì a Bilin, un villaggio a nord di Ramallah tagliato in due dalla barriera, è stato inoltre arrestato Mohammad Kathib, uno dei principali esponenti del comitato palestinese anti-muro. L'uomo è stato accusato di «istigare la popolazione a comportamenti che minacciano l'ordine pubblico». Israele sostiene che il muro, la cui costruzione è iniziata nel 2002, serve a prevenire eventuali attacchi kamikaze, mentre i palestinesi criticano il fatto che la barriera passa per gran parte dentro il territorio della Cisgiordania rendendo loro impossibile i movimenti. In più, il 10 gennaio il premier israeliano Netanyahu ha ordinato di erigere un altro muro tra Israele e l'Egitto sul modello di quello costruito con la Striscia di Gaza e la Cisgiordania.L'obiettivo è «porre fine all'ingresso di clandestini e terroristi». La struttura sarà formata da tre barriere, ciascuna lunga 250 chilometri: in questo modo la Striscia di Gaza sarà completamente isolata su tutti i lati

Yemen:Migliaia di persone continuano a fuggire ogni settimana dagli scontri tra esercito e ribelli Houti Andrej Mahecic, portavoce del Commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), ha lanciato oggi un allarme per la situazione dei profughi interni in Yemen. "Sono ormai 250mila i civili sfollati dai combattimenti tra truppe governative e ribelli Houtui nel nord del paese. Solo negli ultimi due mesi, i combattimenti, che ora si concentrano a nord-ovest di Saada, hanno spinto nella provincia di Hajjah una media di 7 mila nuovi sfollati a settimana, che si sono ammassati in accampamenti improvvisati lungo le strade". Sia l'Unhcr che la Croce Rossa internazionale hanno grandi difficoltà a portare assistenza ai profughi a causa delle operazioni militari in corso. I combattimenti nel nord contro i ribelli Houti si sono intensificati nelle ultime settimane dopo il coinvolgimento delle forze armate saudite a fianco di quelle yemenite, sostenute anche da consiglieri militari statunitensi.

Si acutizza la tensione tra peru e chile Il neopresidente del chile il multimiliardario Pinera non perde tempo dopo la sua recente elezione per lanciare una nuova politica militarista nella regione. E' di questi giorni la notizia dell'ampliamento della flotta da guerra chilena con 44 nuovi f16 statunitensi. A questo acquisto a fatto seguito la dichiarazione del ministro della difesa chileno Ricardo Ortega che ha avvisato il peru che ora il chile ha la capacità di colpire in maniera forte. I due paesi sono divisi da una dispusta sulle acque territoriali impugnata dal peru davanti al tribunale internazionale dell'aja. Alle dichiarazioni di Ortega ha fatto seguito la risposta del suo pari peruviano che ha affermato che se il chile colpirà il peru rispondera violentemente. L'escalation della tensione nel sud america è vincolata al processo in corso da parte dell'amministrazione Obama di destabilizzare il continente, rendendolo una polveriera a cielo aperto. Dopo gli accordi militari con la Colombia e il processo di sdoganamento dell'hounduras del presidente Lobo espressione degli stessi golpisti che hanno liquidato Zelaya, gli Usa continuano a minacciare il continente laboratorio attuale di una nuova concenzione della partecipazione popolare e della fiera resistenza ai potentati economici internazionali.

Siparietto


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NOTIZIE BREVI

ESTERI

MOGADISCIO: INTENSI COMBATTIMENTI, MOLTI CIVILI TRA LE VITTIME

Almeno 11 persone, tra cui nove civili, sono morte e altre 25 ferite negli intensi combattimenti iniziati alle prime ore di Venerdì nel cuore di Mogadiscio. Lo riferiscono fonti locali, precisando che il bilancio in circolazione sulle radio locali è ancora provvisorio e potrebbe aggravarsi ulteriormente con il passare delle ore. Secondo le ricostruzioni in circolazione, i combattimenti sono iniziati all’alba quando gruppi dell’opposizione armata al governo di transizione somalo hanno lanciato attacchi coordinati contro alcune postazioni militari del governo e dei caschi verdi della missione di pace dell’Unione Africana in Somalia (Amisom). Gli attacchi, iniziati alle due del mattino e proseguiti fino alle quattro, sono stati seguiti da massicci lanci di artiglieria pesante, che sono caduti in zone residenziali nel nord e nel sud di Mogadiscio. Fonti sanitarie hanno riferito di molti feriti ancora bloccati nelle proprie abitazioni o in alcune aree dei quartieri interessati dalle violenze. In una nota il movimento degli ‘Shebab’ (letteralmente ‘giovani’) ha rivendicato gli attacchi, sostenendo di aver inflitto forti perdite all’avversario; il governo ha smentito le perdite, accusando invece gli insorti di aver provocato la morte dei civili.

Afghanistan, talebani attaccano Lashkargah. Si combatte da quattro ore

Un commando di talebani ha attaccato questa mattina la città di Lashkargah, capoluogo della provincia meridionale di Helmand. "Le sparatorie sono iniziate questa mattina alle 10 e un quarto e continuano ancora adesso", riferiscono fonti del locale ospedale di Emergency. "Sembra un attacco nello stesso stile di quello avvenuto a Kabul dieci giorni fa. Un gruppo di talebani, non si sa quanti, sono entrati in città, penetrando in un edificio, forse un centro commerciale, che si trova accanto al Boost Hotel. Alcuni di loro si siano fatti saltare in aria, altri si sono barricati all'interno. Da quattro ore si sentono esplosioni e sparatorie, a tratti molto intense. A combattere contro i talebani sono per ora solo le forze di sicurezza afgane. Ora sono in corso scontri non lontano dal palazzo del governatore: non è chiaro se stanno dando la caccia ai guerriglieri sopravvissuti o se stiano fronteggiando un nuovo attacco. Elicotteri della Nato stanno sorvolando la città, aprendo anche il fuoco, e ora dicono che stanno affluendo convogli delle forze Isaf britanniche, che pare interverranno se gli afgani non riusciranno a gestire la situazione da soli. Per ora abbiamo ricevuto nel nostro ospedale due soldati afgani feriti e quattro civili, tra i quali un bambino arrivato morto, con una scheggia nella testa".

Morto Howard Zinn, una vita contro la guerra

E' morto ieri Howard Zinn, uno tra i più importanti storici statunitensi, professore emerito di Scienze Politiche alla Boston University. Autore del celebre "Storia popolare degli Stati Uniti d'America", libro con il quale ha raccontato le vicende della nazione più potente del mondo partendo non dai presidenti o dalla classe dirigente, ma da quelle persone escluse dalla storia, ovvero i poveri, i nativi americani, gli schiavi di colore, le donne. Dopo aver combattuto nella seconda guerra mondiale, ha speso molto della sua vita a combattere contro la guerra, partecipando all'inizio degli anni '60 al movimento americano per i diritti civili, poi a quello contro la guerra in Vietnam.

ITALIA

Finmeccanica: cassa integrazione per 1.500 lavoratori nel 2010

Nel 2010 la crisi economica costringera 'il Gruppo Finmeccanica a ricorrere alla cassa integrazione. Il provvedimento, ha spiegato il condirettore generale e Chief financial officer di Finmeccanica, Alessandro Pansa nel corso di una conference call con gli analisti sui dati previsionali del 2009 e le prime indicazioni per il 2010, "riguardera' circa 1.500 lavoratori nel settore dell'Aeronautica e in alcuni settori della Difesa e nello Spazio".

Nucleare: le regioni dicono No al governo centrale

La Conferenza delle Regioni ha votato ieri un parere contrario al nucleare. La Conferenza presieduta da Michele Iorio, Presidente del Molise, ha votato per il no a larghissima maggioranza. Contro un parere largamente condiviso vi sono schierate solo le ragioni del Nord e Nord-Est "produttivo" e dei distretti industriali: Lombardia, Veneto e Friuli.

Nonostante ciò il Governo ha già fatto sapere che continuera' per la propria strada, perche' - spiega - «intende andare avanti sul fronte del nucleare. Il parere negativo, ma non vincolante, della Conferenza delle Regioni sul decreto legislativo per il rientro dell'Italia nel nucleare conferma un atteggiamento pregiudizialmente negativo nel confronto sul futuro energetico del Paese»: questo il commento di Stefano Saglia, sottosegretario al ministero dello Sviluppo Economico con delega all'energia.

Non si capisce bene pero' quale possa essere a tutt'oggi l'appiglio del governo, essendo al momento, per Costituzione, delegata alle Regioni la scelta finale sulle forme di energia da usare. Ha dichiarato infatti De Filippo, presidente della Regione Basilicata: Siamo contrari al nucleare, e' una scelta non positiva che non ha esiti immediati e che impatta negativamente su scelte di politica energetica gia' fatte sottolineando anche che la legge e' incostituzionale tanto che undici regioni hanno gia' impugnato il provvedimento davanti alla Consulta.

Siparietto


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ITALIA


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gror100129 (last edited 2010-01-29 18:30:02 by anonymous)